Mediterraneo: quanta storia contiene il mare?

di Paolo Pantani         

Quella del Mediterraneo è una storia grande. Basta lasciarsi guidare da oggetti: dal più antico e condiviso – il pane – all’alfabeto, alla bussola, l’anfora, la moneta, la chitarra, la padella, il corallo, l’abaco, la valigia … Che cos’è il Mediterraneo? Un “mare tra le terre”. Un mare interno, come altri nel mondo. Eppure, questo spazio, compreso tra lo stretto di Gibilterra e le coste del Medio Oriente, tra Venezia e Alessandria d’Egitto, ha qualcosa di speciale. Non soltanto perché è il “nostro” mare, il “mio” mare. Le acque del Mediterraneo sono una barriera tra i tre continenti che vi si affacciano, l’Europa, l’Asia e l’Africa, ma sono soprattutto un luogo di incontro e di passaggio.
Quante civiltà, quanta gente, religioni, vite, amori, terrori, passioni e paure si sono incontrati su questo mare! Per secoli. Per millenni. Possiamo ripercorrerne la storia sulle tracce di semplici oggetti, quotidiani e strani, ordinari o curiosi. Che ci parlano, forte, tanto. Oggetti, storie come una stella polare, ci fanno da guida nella navigazione attraverso fatti, episodi, avvenimenti. E si intrecciano, si mescolano fino a creare una grande trama che ci racconta cosa è stato questo mare attraverso i secoli.

Soffermiamoci su tre aspetti.
– L’alfabeto cumano è stata la base dell’alfabeto etrusco e poi di quello latino, un terzo del sistema operativo di base della cultura del mondo, ma non troviamo una “Alphabet Town” turistica a Cuma, solo ruderi e abusivismo diffuso.
– In secondo luogo, la moneta. La prima moneta metallica dovrebbe essere stata coniata nel 685 A.C. in Lidia, antica regione dell’Asia Minore: si trattava di una moneta senza figure o scritte. In seguito, i greci coniarono monete d’argento con la figura di Poseidone, il dio del mare. Già all’inizio del V secolo avanti Cristo la moneta era diffusa in tutto il bacino del Mediterraneo e Cuma è stata la prima colonia greca del mondo occidentale.
– Poi, in terzo luogo: l’identità. Il Mediterraneo è spazio storico-geografico sempre più affollato di opportunità e di occasioni, di mescolanze etniche, di coesistenze culturali, di circolazione delle idee, mobilità delle persone, vicende religiose e politiche. In questo orizzonte, per esempio, il mondo valdese e l’eco delle stragi che lo colpirono a fine Cinquecento cominciano solo oggi a trovare una loro ben precisa e riconoscibile collocazione storica. Una grande vicenda umana e di fede!

L’ alfabeto, la moneta, l’identità: sono tre chiavi di lettura di tutti noi, macroregionalisti mediterranei: la cultura, l’economia e il nostro “idem sentire”. Una identità molto composita anche a livello macro, la quale ha bisogno di una propria macroregione, affinchè si abbia uno sviluppo socio-economico sostenibile e duraturo nella nostra area. La Macroregione Mediterranea è soprattutto un fatto etico. La morale è l’insieme dei principi generali che guidano il nostro comportamento e le nostre relazioni, l’etica è la pratica, la modalità della loro applicazione. È difficile dare una definizione dell’etica perché l’etica non è solo morale, ma soprattutto propensione a fare il bene, a preoccuparsi degli altri. L’etica, secondo Max Weber, ha generato lo spirito del capitalismo. Ma ora occorre riformarlo, eticamente, appunto, civicraticamente.

Venaria Reale (Torino) – Ercole e il suo mito

Ercole e il suo mito
Venaria Reale (Torino)
13 settembre 2018 – 10 marzo 2019
Sale delle Arti, II piano
Mostra organizzata da: Swiss Lab for Culture Projects e Consorzio Residenze Reali Sabaude, in collaborazione con AntikenMuseum di Basilea, MuseumsLandSchaft di Assia-Kassel e Museo Archeologico Nazionale di Napoli.

La rassegna, curata da un comitato scientifico presieduto da Friedrich-Wilhelm von Hase e composto da Gabriele Barucca, Angelo Bozzolini, Paolo Jorio, Darko Pandakovic, Laura Pasquini, Gerhard Schmidt, Rüdiger Splitter, Claudio Strinati, Paola Venturelli, è organizzata da Swiss Lab for Culture Projects e Consorzio Residenze Reali Sabaude, in collaborazione, fra gli altri, con l’Antikenmuseum und Sammlung Ludwig di Basilea (CH), il Museumslandschaft di Hessen-Kassel (D), il Museo Archeologico Nazionale e il Museo Filangieri di Napoli.

L’esposizione illustra il mito dell’eroe greco e dei temi a esso legati, con un’ampia selezione di oltre 70 opere, tra ritrovamenti archeologici, gioielli, opere d’arte applicata, dipinti e sculture, manifesti, filmati e molto altro, provenienti da istituzioni pubbliche e da collezioni private, capaci di coprire un arco cronologico che, dall’antichità classica giunge fino al XX secolo.

L’iniziativa acquista un particolare significato alla luce dei lavori di restauro in corso della “Fontana d’Ercole”, fulcro del progetto secentesco dei Giardini della Reggia, un tempo dominata dalla Statua dell’Ercole Colosso, e da cui inizia idealmente la visita.
Il percorso alla Venaria si apre con una sezione che ripercorre l’origine del mito in epoca pagana, con una serie di ritrovamenti archeologici di grande pregio e raffinatezza, come vasi, anfore, coppe, realizzate nella regione greca dell’Attica tra il 500 e il 300 a.C., provenienti dall’Antikenmuseum di Basilea, che raffigurano diverse imprese canoniche dell’eroe; tra queste spiccano la monumentale anfora del Pittore di Berlino, una delle massime espressioni della ceramica ateniese e l’hydria (vaso) attribuita al Gruppo dei Pionieri.

La mostra prosegue con la parte che testimonia la diffusione della rappresentazione della leggenda erculea in àmbito romano, con alcune statuette in bronzo o in terracotta, oltre a una testa colossale di Ercole in riposo, copia della seconda metà del I secolo a.C. di un’opera di Lisippo risalente al 320/310 a.C.

O ancora, il calco in gesso del gruppo bronzeo di Ercole con la cerva di Cerinea di Lisippo dalla Skulpturhalle di Basilea o due intonaci dipinti provenienti dall’Augusteum di Ercolano, oggi conservati al Museo Archeologico Nazionale di Napoli, che raffigurano Eracle con il Cinghiale e con il Leone di Nemea. Chiudono la sezione due coppe in argento realizzate da Gianmaria Buccellati, sbalzate e cesellate con le fatiche di Ercole, le cui forme si ispirano a quelle di altrettanti scyphus rinvenuti a Pompei nella casa del Menandro e di cui in mostra si possono vedere i passaggi di fabbricazione, ancor oggi identici a quelli antichi.

La mostra di Venaria analizza quindi il passaggio tra il mito pagano di Ercole e il recupero che ne fece il cristianesimo nel Medioevo, quando la figura del semidio dalla forza straordinaria e dal carattere esemplare è associata a quella del Salvatore, al punto che la discesa agli inferi di Ercole per strappare Alcesti a Thanatos, prefigura la discesa di Cristo nel Limbo per liberare le anime dei giusti, così come le sue vittorie contro gli animali mitologici annunciano la vittoria del Redentore sul demonio. In questa sezione s’incontra un prezioso cofanetto in avorio, prodotto da una bottega costantinopolitana nella prima metà dell’XI secolo, raffigurante l’eroe che strangola il leone e solleva Anteo, il gigante figlio di Poseidone e di Gea che perdeva la sua forza se non toccava terra, proveniente dal Museo Archeologico nazionale di Cividale del Friuli.

Una sala della residenza sabauda sarà inoltre dedicata alla persistenza del mito di Ercole in capolavori di arte decorativa, come ventagli, elmi, boccali, coppe, cassoni, e altro. Qui spicca un prezioso e raffinato boccale tratto da un monoblocco di avorio proveniente dalla Kunstkammer dei granduchi di Baden oggi conservato al Badisches Landesmuseum di Karlsruhe in Germania.

La celebrazione dell’eroe invincibile proseguirà in epoca moderna, attraverso le opere pittoriche e plastiche, a partire dal Rinascimento, come L’Apoteosi di Ercole (1539) delGarofalo, e proseguendo nel Seicento con la scultura di scuola romana Ercole Fanciullo con il serpente, pezzo molto suggestivo della Fondazione Dino ed Ernesta Santarelli e nel Settecento con due pregevoli manufatti in terracotta dorata di Lorenzo Vaccaro, forse importanti committenze del vicerè spagnolo Don Gaspar de Haro allora a Napoli, e oggi custodite nel Museo Filangieri.

Un focus speciale sarà riservato a Gregorio de Ferrari, pittore del barocco genovese, qui per la prima volta con tutte le cinque grandi tele raffiguranti Ercole durante le sue più celebri fatiche e il momento in cui viene accolto nell’Olimpo, provenienti dalla Galleria Nazionale di Palazzo Spinola di Genova.

Particolarmente interessanti saranno gli approfondimenti che analizzeranno, da un lato, la presenza della statuaria erculea nei giardini e dall’altro le piante a essa collegate, a cura di Darko Pandakovic, attraverso alcuni esempi che si ritrovano in parchi di residente private e di palazzi aristocratici, come Palazzo Pitti a Firenze, Le Tuileries a Parigi, il Castello di Powis in Gran Bretagna, o La Venaria stessa e, dall’altro, l’influenza che l’eroe ebbe nella storia dell’architettura, grazie a un video-passeggiata raccontata da Claudio Strinati.

La rassegna prosegue con una sezione dedicata alla città tedesca di Kassel, che ha nella gigantesca statua dell’eroe greco uno dei suoi simboli; dal suo museo provengono alcuni cammei del Sei/Settecento e in questa occasione verrà presentato un eccezionale filmato aereo della reggia e del parco che furono voluti da Guglielmo I d’Assia-Kassel.

Chiudono idealmente l’esposizione una curiosa sezione che, ricostruendo un’ambiente di foyer cinematografico anni ‘50/60, testimonia il rifiorire negli ultimi decenni dell’interesse sul mito di Ercole, con i grandi film, cosiddetti del “peplo”, prodotti a Cinecittà negli anni sessanta e poi ancora recentemente a Hollywood, che videro impegnati attori quali Giuliano Gemma o Arnold Schwarzenegger, oltre alla trasposizione in disegni animati di Walt Disney.