Christophe André – 40 libri per 40 emozioni

«In questo libro vorrei invitarvi a prestare un’attenzione tranquilla e costante alla vostra vita interiore, a questo vostro modo di essere come siete e di attraversare il mondo. Nella società di oggi, impregnata di materialismo e di apparenze, questo percorso diventa essenziale e fecondo: per il nostro equilibrio emotivo, la nostra creatività, le nostra empatia e la nostra libertà.»

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Lucca, Fondazione Ragghianti: L’artista bambino.

Lucca, Fondazione Ragghianti
L’artista bambino. Infanzia e primitivismi nell’arte italiana del primo Novecento
A cura di Nadia Marchioni
Dal 17 marzo al 2 giugno 

Dal 17 marzo al 2 giugno la Fondazione Ragghianti ospita la grande mostra L’artista bambino. Infanzia e primitivismi nell’arte italiana del primo Novecento. Curata da Nadia Marchioni, l’esposizione esplora la “regressione” verso il disegno infantile e la volontà di recuperare un linguaggio di stampo primitivista da parte di importanti artisti dei primi decenni del XX secolo. Partendo dagli arcaismi di pittori toscani votati allo studio dei maestri del Duecento e del Trecento, la mostra sviluppa un appassionante percorso attraverso le opere di artisti affascinati dal mondo infantile, di cui riprendono – in varie forme e stili – la semplicità, la poesia e la soavità dei colori e dei soggetti rappresentati.

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Luca Giorgi, Pietro Matracchi – Le torri di San Gimignano

Le condizioni di vulnerabilità dei siti e delle strutture rimesse in luce possono essere peggioramenti a causa di trasformazioni involontarie o volontarie. Il contenimento dei processi degenerativi può essere legato alle frasi che si nascono prima e durante gli scavi. L’esperienza di un individuo non è mai stata così difficile da sopportare. potrebbe non essere più possibile fare rimedio.

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IMMAGINE DI APERTURA – Foto delle torri tratta da p.8 del libro.

Firenze, Museo dell’Opificio delle Pietre Dure – Il Novecento per il Museo dell’Opificio delle Pietre Dure

Firenze, Museo dell’Opificio delle Pietre Dure
Il Novecento per il museo dell’opificio delle pietre dure
Mostra a cura di Sandra Rossi, Annalisa Innocenti
Dal 11 Dicembre 2018 al 04 Maggio 2019

Opificio delle Pietre Dure, Laboratorio di restauro di Mosaico e commesso in pietre dure (su bozzetto di Lando Bartoli)
Composizione con poliedro e cono (1952) pietre tenere, cm 15,8 × 20,4
Firenze, Museo dell’Opificio delle Pietre Dure

Il Novecento per il Museo dell’Opificio delle Pietre Dure a cura di Sandra Rossi e Annalisa Innocenti, mostra che si svolgerà dall’11 dicembre 2018 al 4 maggio 2019 al Museo dell’Opificio delle Pietre Dure

Nei primi anni ’50 del Novecento all’Opificio delle Pietre Dure maturarono alcune esperienze di rilancio della tecnica del commesso. L’obiettivo era quello di rinnovare in chiave contemporanea l’antica tradizione della Manifattura, nata nel 1588 con Ferdinando I de’ Medici, arricchendo inoltre di nuove istanze artistiche e culturali la collezione del Museo, che aveva riaperto dopo la guerra solo nel 1952, con il nuovo allestimento del direttore Lando Bartoli e dello storico dell’arte Edward A. Maser.

Con questo intento il 10 novembre del 1953 fu bandito un concorso per formelle in pietre dure e tenere e bozzetti da realizzarsi in commesso. Risposero con entusiasmo alcuni giovani artisti fiorentini partecipi e aggiornati rispetto alle proposte figurative di quel momento così ricco di forze vitali.

I risultati sono presentati in una piccola mostra ospitata nelle stanze del Museo dell’Opificio delle Pietre Dure allestita su progetto dello studio P&M architecture srl di Firenze. La mostra è accompagnata da un catalogo edito da Sillabe, nel quale si ripercorrono e contestualizzano quelle vicende di metà ‘900 proponendo un’analisi che interessa gli aspetti tecnici e più propriamente storico-critici. Un microcosmo che testimonia la rinascita dell’interesse per le arti applicati di quel quel preciso periodo storico, attraverso la rivalutazione di un’arte cosiddetta “minore” che “minore” non è mai stata.
Sono esposti in mostra al piano superiore del Museo 4 bozzetti a colori, 3 disegni con relativi lucidi e 16 formelle in pietre dure e tenere. Conclude la serie delle 23 opere la formella il cui bozzetto di Alvaro Monnini, vinse il primo premio del concorso. (Fig. 8)
Monnini fu il più lirico e narrativo tra gli esponenti dell’Astrattismo classico, e il modello rappresenta una sintesi molto efficace della sua pittura, con la presenza del segno a pettine che ne divenne poi quasi un emblema. Il tema scelto, la danza, conteneva in sé e nell’andamento frammentato dello spazio il senso ritmico che fu da quel momento in poi sempre protagonista delle sue più riuscite composizioni e che si portava dietro anche la memoria del dinamismo futurista.

La formella fu realizzata nel laboratorio dell’Opificio da Giancarlo Raddi delle Ruote e Piero Frizzi, che, per scegliere le pietre più adatte, si recarono appositamente a Montaione e lì individuarono l’alabastro che sarebbe stato poi utilizzato nelle vesti delle ballerine, negli alberi e nella cornice.
La piccola mostra permette anche di ripercorrere i passaggi esecutivi caratteristici da sempre della tecnica che ha reso l’Opificio famoso nel mondo.

IMMAGINE DI APERTURA – Opificio delle Pietre Dure, Laboratorio di restauro di Mosaico e commesso in pietre dure, Piero Frizzi, Giancarlo Raddi delle Ruote (su bozzetto di Alvaro Monnini) Danza (1954) pietre dure e tenere, cm 36 × 26,2 Firenze, Museo dell’Opificio delle Pietre Dure.

La Carta di Fabriano: un sistema produttivo rimasto intatto da centinaia d’anni

Fabriano è una delle pochissime città al mondo dove ancora oggi la carta viene fabbricata a mano a testimonianza della volontà di non recidere i legami con una tradizione ultracentenaria. Qui nacque la prima carta occidentale, merito delle innovazioni tecnologiche che questo territorio apportò alla fabbricazione del prodotto.

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LA CARTA DI FABRIANO

Al Museo di “Messina nel Novecento” l’Ensemble di chitarre “Arcangelo Corelli”

La collaborazione tra il conservatorio “Arcangelo Corelli” e il Museo di “Messina nel Novecento” si inserisce in una più ampia attività di promozione dell’Istituto musicale che sempre più afferma la propria presenza quale polo d’eccellenza nel territorio. «La rassegna – afferma il direttore del Conservatorio M° Antonino Averna – si pone l’obiettivo di proporre al pubblico, oltre che programmi solistici, Originali scelte di repertorio interpretati da ensemble cameristici Meno consueti, talvolta proposti dagli stessi studenti che, Nel rispetto della propria autonomia, Hanno il piacere di condividere con i compagni la gioia di fare musica». Domenica 14 aprile 2019, si è esibito l’eccezionale Ensemble di Chitarre “Arcangelo Corelli”. La formazione nasce nel 2016 all’interno del Conservatorio della città di Messina da un’idea del maestro Nicola Oteri, docente di chitarra presso il medesimo Istituto che ne cura la preparazione musicale. La formazione è composta da otto giovani chitarristi: Emanuele Barillaro, Alessandro Ariosto, Antonino Salerno, Rosario De Gaetano, Gabriele Calabrò, Paolo Magazù, Daniele Ruta, Angelo Forganni. Scopo del gruppo è quello di divulgare non soltanto un repertorio tradizionale, ma anche presentare nuove composizioni di autori contemporanei. Il successo che l’inedita formazione sta riscuotendo ha già spinto diversi compositori a scrivere per loro. Presentiamo il brano Vocalise di Michele Amoroso, incluso nel disco “Sei Corde Sullo Stretto”, progetto discografico promosso dal Conservatorio “Arcangelo Corelli”. Il brano che segue, intitolato Tunis, Tunisie è opera del compianto compositore tunisino Roland Dyens, fra i chitarristi classici più apprezzati al mondo. In queste note possiamo ascoltare le sonorità del Mediterraneo, che accomunano i popoli che si affacciano sulle sue sponde.

IMMAGINE IN APERTURAGli applausi finali ai musicisti e agli organizzatori della serata, fra i quali il Kiwanis Messina rappresentato dal presidente Mariella Di Giorgi. Apprezzati dal pubblico gli interventi del compositore M° Michele Amoroso e del Prof. Cosimo Inferrera, presidente dell’Associazione Europea del Mediterraneo. (Nella foto, da sinistra a destra: Amoroso, Inferrera, Di Giorgi, Caristi, sullo sfondo alcuni dei chitarristi).

Cagliari, Museo Archeologico Nazionale di Cagliari / Palazzo di Città – Le civiltà e il Mediterraneo

Cagliari, Museo Archeologico Nazionale di Cagliari / Palazzo di Città
Le civiltà e il Mediterraneo
Mostra a cura di Yuri Piotrovsky, Manfred Nawroth
Dal 14 Febbraio 2019 al 16 Giugno 2019
WEBSITE

Una spettacolare mostra per guardare dalla Sardegna alle Civiltà del Mediterraneo all’alba della Storia. Intrecci, confronti, dialoghi dal bacino delMare Nostrum alle montagne del Caucaso. Oltre 550 opere da importanti Musei internazionali e dalle collezioni sarde, per connettere la cultura nuragica ai grandi processi di civilizzazione della protostoria.

“Che cos’è il Mediterraneo?” si chiede lo storico Fernand Braudel, e risponde: “Mille cose insieme. Non un paesaggio, ma innumerevoli paesaggi. Non un mare, ma un susseguirsi di mari. Non una cultura ma una serie di culture accatastate le une sulle altre. Viaggiare nel Mediterraneo significa sprofondare nell’abisso dei secoli, perché è un crocevia antichissimo”.

DA DOVE SIAMO PARTITI
Due eventi in questo ultimo triennio hanno avvolto la Sardegna di una luce propria, in un contesto culturale e di interesse turistico di grande rilievo.
Con la mostra del 2015 “Eurasia – fino alle soglie della storia”, Cagliari ha avviato un’importante relazione con il Museo Statale Ermitage – i cui capolavori si sono incrociati con quelli sardi e di altre regioni italiane – aprendo il cammino ad un ragionamento sullo sviluppo delle civiltà in epoca preistorica nel contesto Euroasiatico, intravedendo legami e connessioni intraculturali e restituendo alla Sardegna un ruolo assolutamente centrale negli incroci di civiltà.

Quindi, con il convegno del 2017 “Le Civiltà e il Mediterraneo – grandi musei a confronto” promosso dall’Assessorato del Turismo della Regione Autonoma Sardegna, si sono gettate le basi di una riflessione internazionale di più vasta portata sul tema,che ha coinvolto studiosi ed esponenti di prestigiosi musei, strategici nella ricognizione delle civiltà del Mediterraneo in età preistorica e nella ridefinizione del ruolo dell’Isola e delle sue culture in questo contesto.
Una tematica sostanziale dal punto di vista culturale e turistico, che ha reso desiderabile lo sviluppo di nuove prospettive e che ha spinto l’Assessorato del Turismo Artigianato e Commercio a sottoscrivere insieme a Mibac, Polo Museale della Sardegna, al Comune di Cagliari e alla Fondazione di Sardegna, un protocollo di collaborazione culturale pluriennale con il grande Museo di San Pietroburgo, con il coinvolgimento di Ermitage Italia, per ampliare i fronti di ricerca e di studio, dando conto del ruolo e della storia sarda, quale occasione di promozione internazionale e di affermazione identitaria. 
Si riconosce in tal modo una centralità della Sardegna come punto di osservazione verso l’esterno, per confermare non solo le sue radici profondamente mediterranee, ma quale avamposto delle connessioni tra le varie civiltàsviluppatesi nel Mediterraneo.
Con questa prospettiva e grazie agli studi fin qui effettuati, è nato dunque il progetto del grande evento espositivo “Le Civiltà e il Mediterraneo” – dal 31 gennaio 2019nelle sedi del Museo Archeologico Nazionale di Cagliari e di Palazzo di Città- che ha coinvolto importanti musei internazionali, mettendo in luce connessioni e differenze, in modo da restituire un’immagine della Sardegna fondante e attrattiva.

Sorta di continente in miniatura per diversificazione territoriale e climatica,come altre grandi isole, la Sardegna ha sviluppato specifiche forme di civiltà straordinarie e comunicanti, che in questa mostra si confrontano con le altre contestuali civiltà mediterranee e riconettono i fili di antichi dialoghi.
Questa regione, che è sempre stata ritenuta isolata e lontana dai contatti più fecondi,
si rivela invece punto di scambio materiale e culturale e centrale nel sistema delle relazioni geopolitiche, di cui la Sardegna torna protagonista e artefice al tempo stesso.

DOVE SIAMO ARRIVATI. LA GRANDE MOSTRA DI GENNAIO 2019

Un complesso di oltre 550 reperti è dunque il fulcro del progetto espositivo “Le Civiltà e il Mediterraneo”, curato da Yuri Piotrovsky del Museo Statale Ermitage,Manfred Nawroth del Pre and Early History-National di Berlino, in collaborazione conCarlo Lugliè, docente all’Università di Cagliari e Roberto Concas, direttore del Museo Archeologico Nazionale di Cagliari. Il nucleo centrale dell’esposizione è dedicato all’archeologia preistorica sarda – circa 120 opere rappresentative dell’evoluzione delle culture dal Neolitico alla metà del primo millennio a.C. – mentre gli altri reperti, sono chiamati a rappresentare diverse culture e aree del Mediterraneo e del Caucaso, nel medesimo arco temporale e provengono da grandi musei archeologici afferenti per geografia o collezioni: il Museo Archeologico Nazionale di Napoli, il Museo del Bardo di Tunisi, il Museo Archeologico di Salonicco, il Museo di Berlinoe ovviamente il Museo Statale Ermitage di San Pietroburgo, a documentare come il bacino del Mediterraneo non sia stato un luogo chiuso ma contaminante e in continua evoluzione.
Un corpus espositivo di grande significato e fascino; un evento culturale internazionale unico e fondamentale per la valorizzazione della storia, della cultura e dell’arte della Sardegna, organizzato da Villaggio Globale Internationalcon un allestimento contemporaneo, scenografico e visionario firmato da Angelo Figus.
Un viaggio nel tempo, nello spazio, nella storia delle civiltà che si sono intessute in quel Mare Nostrum che appare matrice primigenia, luogo permeabile di culture, arti e saperi.

COSA CI ASPETTA. TEMI E TESTIMONIANZE
Vasellame in terracotta, elementi in ceramica, armi e utensili, oggetti di culto e antichi idoli, monili e, soprattutto, straordinari oggetti in bronzo di diverse provenienze approderanno a Cagliari per ricordare le antiche rotte e ritrovare porti già conosciuti. Nell’età del bronzo s’intensificano i traffici e gli scambi che univano, in modo diretto o mediato, i centri minerari, in particolare dello stagno e del rame, ai centri di produzione, arrivando a coinvolgere gran parte del continente europeo e le regioni asiatiche e imponendo società via via più complesse e meglio organizzate. Il rame grezzo era modellato in forme diverse a seconda dei periodi e delle cerchie artigianali. 
I lingotti a pelle di bue (oxhide ingots), dalla caratteristica forma quadrangolare con apici sviluppati comodi per il trasporto sulle spalle o per lo stivaggio – cronologicamente inquadrati tra il XIV e il XI secolo a.C. – sono stati rinvenuti a Cipro, in Anatolia, nel mar Nero, a Creta, nell’Egeo, in Grecia, in Sicilia, in Sardegna, in Corsica e Francia meridionale, e in alcune regioni dell’entroterra europeo dislocate lungo il corso dei grandi fiumi che dovevano fungere da vie di penetrazione.
Il centro di irradiazione viene identificato nell’isola di Cipro, che possiede ricchissimi giacimenti di rame purissimo, ed è interessante notare l’altissima concentrazione di lingotti a pelle di bue di provenienza cipriota in una terra ricca di rame come la Sardegna già a partire dal Bronzo recente.
Questa diffusione, a cui si accompagna un massiccio apporto di tecniche metallurgiche di matrice cipriota, avvalora l’immagine di un mar Mediterraneo solcato da un complesso sistema di rotte che ne fanno un prezioso ed efficace apparato connettivo tra Occidente e Oriente, lungo il quale si spostano uomini, merci e idee. 
Tra i protagonisti di questi movimenti, che si ascrivano a una prevalente componente medio-orientale (cipriota-levantina e poi fenicia), spiccano i Micenei, che nel lungo arco di tempo corrispondente al periodo della formazione dei regni palatini, dal loro sviluppo fino alla crisi che ne segna la fine nel XII secolo a.C., lasciano nel Mediterraneo i segni del loro passaggio alla ricerca prevalentemente di metallo e beni di lusso. L’indicatore immediato di questi movimenti è la ceramica micenea, di argilla tornita e depurata, con decorazione dipinta a vernice brillante, che compare già dalle fasi più antiche (XVII-XV secolo a.C.) in Sicilia e in Italia, ma anche in Anatolia occidentale.Nella fase di maggior espansione della potenza micenea si assiste in Occidente alla produzione di una ceramica di imitazione che ha fatto ipotizzare l’esistenza di botteghe artigianali italo-micenee e di nuclei stanziali micenei.

In diversi siti, tra cui Antigori di Sarroch in Sardegna, artigiani micenei potrebbero essersi integrati nelle comunità protostoriche italiane già prima che il collasso dei regni aumentasse la propensione a migrare fuori dalla madrepatria.
Presso il nuraghe Antigori di Sarroch, oltre all’abbondante materiale proveniente dal Peloponneso, Creta e Cipro, è stata individuata anche una classe di ceramica di imitazione e di produzione locale.
Alcune tipologie di vasi, come per esempio le anfore a staffa, sembrano indicare un collegamento con il sito di Cannatello in Sicilia (dove oltretutto è presente ceramica nuragica di importazione) e con gli empori dell’Africa settentrionale, quasi a segnare una rotta ideale che arriva in Sardegna toccando le sponde meridionali del Mediterraneo, alternativa rispetto a quella settentrionale che privilegia lo Ionio e l’Adriatico. Questa rotta sarà la stessa che alcuni secoli dopo seguiranno i prospectors fenici alla ricerca di giacimenti metalliferi verso la Spagna, rotta in cui la Sardegna avrà comunque un ruolo centrale.
A evidenziare infatti i contatti e le relazioni tra l’Isola e il Sud est spagnolo, durante l’età del bronzo, ci saranno in mostra (provenienti dal Museo di Berlino) anche importanti reperti della civiltà di El Argar, sviluppatasi in quell’area dal 2200 a.C. e connotata da insediamenti estesi, con un’architettura in pietra paragonabile a quella del Mediterraneo orientale e con una tipologia di spade che mostra evidenti contatti con la civiltà nuragica.
È proprio in questo periodo infatti che la Sardegna, al centro del Mediterraneo e con un ruolo incisivo nei flussi commerciali – come dimostrano i materiali di produzione nuragica rinvenuti in questi ultimi anni fuori dall’isola – dà prova di grande vitalità con la fioritura di una delle più originali culture della protostoria italiana, quella nuragica.
Il Nuragico è esclusivo della Sardegna e si caratterizza soprattutto per il suomonumento simbolo, il nuraghe, ma anche per i suoi straordinari bronzetti e per le tombe dei giganti .
Non esistono architetture analoghe a quelle sarde: un vero e proprio unicumnonostante le similitudini che si possono rilevare. Un esempio di “vicinanza” è quello con le fortezze costruite nel Caucaso meridionale nella tarda età del bronzo e nella prima età del ferro. Pur lontane, le terre caucasiche hanno certamente avuto contatti con le civiltà mediterranee.

L’Ermitage, le cui collezioni sono straordinarie, è sempre stato e rimane uno deipionieri della ricerca archeologica nel Caucaso e del suo inserimento nel contesto culturale mediterraneo.
Dalla cultura di Majkop nella Ciascaucasia, con i suoi eccezionali kurgan, alla straordinaria produzione metallurgica della cultura di Koban le terre caucasiche rivelano, con i loro repertori decorativi dai motivi geometrici e con raffigurazioni di animali fantastici e non – buoi arieti, lupi, rane etc. – elementi di connessione non banali con le civiltà del mediterraneo e forse anche con la civiltà nuragica.
Come non sorprenderci della somiglianza dei bronzetti di tori nuragici al celebretoro di Majkop? Con le suggestioni del mito di Prometeo o di quello degli Argonauti alla ricerca del Vello d’Oro l’esplorazione dei collegamenti nella protostoria, tra Mediterraneo e Caucaso, si carica di mille suggestioni.

Yoshinori Nagumo – Il magico potere del digiuno

«Per oltre 170.000 anni la storia dell’umanità è stata una lotta contro l’estinzione, vinta grazie ai ‘geni della sopravvivenza’ che si attivano in presenza di condizioni a rischio, permettendoci di sopravvivere a lunghi periodi di digiuno, di riprodurci con più frequenza durante le carestie, di proteggerci dalle epidemie e di reagire al cancro. Al contrario, in un corpo ipernutrito questi geni sortiscono l’effetto opposto: accelerano l’invecchiamento, riducono la fertilità e indeboliscono il sistema immunitario.»Yoshinori Nagumo

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L’Europa tra frammentazione neo-nazionalista e integrazione continentale

#Europa – #Europae
L’Europa tra frammentazione neo-nazionalista e integrazione continentale
, che si terrà giovedì 9 maggio, dalle 9:00 alle 14:00, presso la Sala dell’Istituto di Santa Maria in Aquiro, Piazza Capranica, 72 – Senato della Repubblica
ROMA

Il 9 maggio si celebra la Festa dell’Europa, il giorno in cui, nel 1950, il Ministro degli Esteri francese Robert Schuman presentava un piano di cooperazione economica europea, la nota “dichiarazione Schuman”, che generò la Comunità europea del carbone e dell’acciaio, primo mattone per la costruzione dell’attuale Unione Europea.

Il processo di unificazione sociale, culturale e politico dei paesi membri dell’Unione, nel corso degli ultimi venti anni è progredito tra accelerazioni e improvvise frenate. Ha subito i contraccolpi della globalizzazione dei mercati e i terremoti geopolitici. Oggi, alla vigilia della prossima tornata elettorale, l’Unione sembra essere in cerca di una sua identità.

La crescita del peso elettorale dei partiti “populisti” e “sovranisti”, l’uscita di alcuni Paesi dall’Unione Europea, tra i quali il Regno Unito, e le ricorrenti proposte di referendum contro l’Euro o la stessa Unione, ci presentano una Europa frammentata e divisa, proprio in un momento storico in cui i maggiori attori globali presentato le caratteristiche dello Stato-continente, come gli Usa, la Russia, la Cina e l’India.

Pertanto, proprio nel giorno della Festa dell’Europa, Vision & Global Trends – International Institute for Global Analyses, nell’ambito del Progetto Platform Europe, ha inteso organizzare, in collaborazione con la Senatrice Laura Garavini, presidente del Gruppo interparlamentare Federalisti Europei, un seminario di studio dal titolo “#Europa – #Europae. L’Europa tra frammentazione neo-nazionalista e integrazione continentale”, al fine di riflettere su tali temi e individuare gli elementi che caratterizzeranno il futuro e il destino dell’Unione Europea.


Per registrarsi all’evento scrivere a: info@vision-gt.eu
WEBSITE www.vision-gt.eu

PARTECIPANO

Laura Garavini, Presidente Gruppo interparlamentare Federalisti europei
Ettore Rosato, Vice Presidente della Camera dei Deputati
Tiberio Graziani, Presidente Vision & Global Trends
Paolo Ponzano, Segretario generale del Movimento Europeo Italia
Maria Grazia Melchionni, Cattedra Jean Monnet, Università Sapienza di Roma, Direttore RSPI, Rivista di Studi Politici Internazionali
Giuseppe Bettoni, Università “Tor Vergata” di Roma, Institut Français de Géopolitique
Valeria Fedeli, Gruppo interparlamentare Federalisti europei
Fabrizio Noli, Caposervizio Esteri Radio Rai
Dieter Steger, Gruppo interparlamentare Federalisti europei
Filippo Romeo, Analista, Vision & Global Trends
Gianni Pittella, Gruppo interparlamentare Federalisti europei
Lisa Caramanno, Analista, Vision & Global Trends