Luigi Furini – Volevo solo lavorare

Che cosa sta succedendo nel mondo del lavoro? Partendo anche dalla propria esperienza personale, oltre che dalla sua inchiesta, Luigi Furini esplora un mondo che si rivela spesso tanto crudele e assurdo da diventare ridicolo. Un viaggio nella giungla di chi è troppo vecchio per le imprese e troppo giovane per avere la pensione, tra i “mobbizzati ” dell’unico paese europeo senza una legge in materia, tra i giovani precari, tra i lavoratori poveri e gli “scoraggiati”, cancellati anche dalle liste del collocamento.

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Firenze, Palazzo Strozzi e Museo del Bargello: Verrocchio, il maestro di Leonardo

Firenze, Palazzo Strozzi, con una sezione speciale al Museo Nazionale del Bargello
Verrocchio, il maestro di Leonardo
a cura di Francesco Caglioti e Andrea De Marchi
Promossa e organizzata da Fondazione Palazzo Strozzi e Musei del Bargello con la collaborazione della National Gallery of Art, Washington DC
9 marzo – 14 luglio 2019

Andrea del Verrocchio e bottega –  L’arcangelo Raffaele e Tobiolo 1470-1472 

Dal 9 marzo al 14 luglio 2019 Verrocchio, il maestro di Leonardo presenta per la prima volta a Palazzo Strozzi, con una sezione speciale al Museo Nazionale del Bargello, straordinari capolavori di Andrea del Verrocchio, a confronto serrato con opere capitali di precursori, artisti a lui contemporanei e discepoli, come Desiderio da Settignano, Domenico del Ghirlandaio, Sandro Botticelli, Pietro Perugino, Bartolomeo della Gatta, Lorenzo di Credi e Leonardo da Vinci. Nel 2019 si celebra il cinquecentesimo anniversario della morte di quest’ultimo, il suo più grande allievo, e l’esposizione di Palazzo Strozzi e del Museo Nazionale del Bargello si offre come uno dei più importanti eventi a livello internazionale nell’ambito delle celebrazioni leonardiane.

Curata da due tra i maggiori esperti del Quattrocento, Francesco Caglioti e Andrea De Marchi, la mostra comprende oltre 120 opere tra dipinti, sculture e disegni, con prestiti provenienti da oltre settanta tra i più importanti musei e collezioni private del mondo come il Metropolitan Museum of Art di New York, la National Gallery of Art di Washington DC, il Musée du Louvre di Parigi, il Rijksmuseum di Amsterdam, il Victoria and Albert Museum di Londra, le Gallerie degli Uffizi di Firenze. La mostra costituisce la prima retrospettiva mai dedicata a Verrocchio, mostrando al contempo gli esordi di Leonardo da Vinci, con sette sue opere, alcune delle quali per la prima volta esposte in Italia. Una mostra straordinaria che offre uno sguardo sulla produzione artistica a Firenze tra il 1460 e il 1490 circa, l’epoca di Lorenzo il Magnifico.

Artista emblematico del Rinascimento e prototipo del genio universale, Verrocchio sperimentò nella sua bottega tecniche e materiali diversi, dal disegno alla scultura in marmo, dalla pittura alla fusione in bronzo. Egli formò un’intera generazione di maestri, con i quali ha sviluppato e condiviso generosamente il proprio sapere. Nella storia dell’arte solo Giotto, Donatello e Raffaello hanno dato origine a una “scuola” paragonabile a quella di Verrocchio. Tramite il suo insegnamento si formarono artisti che hanno diffuso in tutta Italia, e fuori, il gusto e il linguaggio figurativo fiorentino, come testimoniano opere quali il David in prestito dal Museo Nazionale del Bargello, uno dei simboli assoluti dell’arte del Rinascimento e della città di Firenze stessa, e il Putto col delfino, in prestito dal Museo di Palazzo Vecchio, opera capitale e modello di naturalezza. Alla scultura si affiancano dipinti supremi come la Madonna col Bambino della Gemäldegalerie di Berlino o la Madonna col Bambino e angeli e l’Arcangelo Raffaele e Tobiolo della National Gallery di Londra: capolavori presentati insieme per la prima volta, che attestano lo straordinario talento di Verrocchio nel campo della pittura, in cui diviene punto di riferimento per i suoi celebri allievi. Formidabile, inoltre, la selezione di disegni e dipinti su lino provenienti da alcuni dei più importanti musei del mondo, che permetteranno un confronto vivo e diretto tra i lavori del maestro e quelli dei suoi allievi, come nel caso della celebre Dama dal mazzolino del Bargello posta accanto allo studio di Braccia e mani femminili di Leonardo da Vinci, generosamente concesso in prestito da Sua Maestà la Regina Elisabetta II. Parte fondamentale della mostra sono infatti opere del giovane Leonardo, che negli anni Settanta lavorò nella bottega di Verrocchio, contribuendo al passaggio verso la Maniera Moderna, uno dei temi più avvincenti dell’arte di tutti i tempi. L’esposizione si propone di illustrare l’inesauribile vena creativa del maestro in un intreccio profondo e continuo tra pittura e scultura, presentando la sua opera nel dialogo costante con allievi fuori dal comune, per i quali la sua bottega fu luogo di intensa sperimentazione e condivisione.

IMMAGINE DI APERTURAAndrea del Verrocchio (Firenze, 1435 circa – Venezia, 1488), Madonna col Bambino, 1470 o 1475 circa, Tempera e olio su tavola, 54.6 x 75.8 cm, Be rlino, Staatliche Museen zu Berlin, Gemäldegalerie | © Staatliche Museen zu Berlin, Gemäldegalerie / Christoph Schmidt

Quando la fotografia si serviva… su di un piatto d’argento

Argento, mercurio ed oro costituiscono gli elementi in gioco del primo procedimento fotografico di successo: la dagherrotipia, frutto di un vero e proprio miracolo tecnologico ottocentesco e oggi più che mai riconosciuta come un bene unico ed insostituibile del patrimonio culturale mondiale. Era il 1839 e la diffusione pubblica dell’invenzione della dagherrotipia, nata nel pieno della civiltà industriale, introdusse un nuovo medium, tra i più universali e in continua evoluzione, attraverso il quale il nostro sguardo posato sul mondo si è definitivamente modificato.

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PHOTOGRAPHY ON A SILVER PLATE

 

Honoré de Balzac – La casa del gatto che gioca

La casa del gatto che gioca (La Maison du chat-qui-pelote) è un romanzo di Honoré de Balzac. Costituisce l’opera di apertura delle Scènes de la vie privée (Scene di Vita Privata), il primo gruppo di opere costituenti La Comédie humaine. Inizialmente intitolato Gloire et Malheur (Gloria e Sfortuna), questo breve romanzo fu completato a Maffliers nell’Ottobre del 1829 e pubblicato dall’editore Mame-Delaunay nel 1830. La prima edizione fu seguita da quattro edizioni revisionate. L’edizione finale, pubblicata da Furne nel 1842, apparve col titolo di La Maison du chat-qui-pelote e fu essa stessa sottoposta a correzioni mai terminate. L’idea per la storia nacque dalla merceria gestita dai Sallambiers, ramo materno della famiglia di Balzac. L’opera è dedicata a Mademoiselle Marie de Montheau.

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HONORÉ DE BALZAC
LA MAISON DU CHAT-QUI-PELOTE – 1829

Ferrara, Castello Estense: L’arte per l’arte – Dipingere gli affetti

Ferrara, Castello Estense
L’arte per l’arte – Dipingere gli affetti: la pittura sacra a Ferrara tra Cinque e Settecento
Mostra a Cura di Giovanni Sassu con la collaborazione di Tito Manlio Cerioli e Romeo Pio Cristofori
26 Gennaio 2019 – 26 Dicembre 2019

Ippolito Scarsella (1551-1620), Martirio di Santa Margherita, 1611, tela cm 246,5 x 156,5, Ferrara, Azienda Servizi alla Persona, inv. DOC51 (in deposito presso i Musei di Arte Antica)

Torna al Castello Estense di Ferrara “L’arte per l’arte”, il progetto del Comune di Ferrara, promosso in collaborazione con la Fondazione Ferrara Arte, dedicato alla valorizzazione del patrimonio storico e artistico della città reso inaccessibile dopo il sisma del 2012. Dopo le opere di De Pisis, Boldini, Previati e Mentessi delle Gallerie d’Arte Moderna, protagoniste delle prime due esposizioni del progetto l’Arte per l’Arte, l’attenzione si sposta ora verso il periodo dal Cinque al Settecento. Le sale riccamente affrescate dell’ala sud e dei Camerini del Castello ospiteranno infatti la quadreria di proprietà dell’ASP – Azienda Servizi alla Persona di Ferrara, depositata presso i Musei di Arte Antica.

Si tratta di un vero e proprio capitale artistico, pressoché sconosciuto eppure di grande rilevanza storica, che l’esposizione al Castello mira a restituire al grande pubblico. L’esperienza di visita assumerà i contorni di un viaggio nel tempo affascinante e sorprendente che spazierà dal tramonto del dominio Estense fino al secolo dei Lumi. Le tappe di questo itinerario ci condurranno al cospetto dei due importanti protagonisti della rivoluzione naturalistica di inizio Seicento: Ippolito Scarsella detto Scarsellino e Carlo Bononi. La soave magnificenza del primo e la dolente bellezza del secondo, caratterizzano la Ferrara di quegli anni facendone uno dei più intriganti centri artistici dell’epoca. Contestualmente, faremo la conoscenza di personalità cronologicamente precedenti e parallele come, ad esempio, Giuseppe Mazzuoli detto il Bastarolo, il cui il manierismo castigato è fondamentale nella seconda metà del Cinquecento, Gaspare Venturini, pittore molto attivo per i duchi e per committenti religiosi, e l’enigmatico Giuseppe Caletti, curiosa figura di artista “maledetto” operante nella prima metà del Seicento. La seconda metà del XVII secolo è caratterizzata dal mitigato universo figurativo di Giuseppe Avanzi, pittore di mediazione che schiuderà il sipario al Settecento dove si imporranno le singolari personalità di Giacomo Parolini e Giuseppe Zola.

L’esposizione di queste opere è stata preceduta da una campagna di manutenzioni e restauri eccezionale: dopo i recenti recuperi delle tele di Scarsellino curati dai Musei di Arte Antica, in previsione dell’esposizione sono state ben 34 le tele restaurate e 14 quelle per le quali sono state approntate manutenzioni. Un risultato a dir poco eccezionale, raggiunto grazie ai finanziamenti messi a disposizione dalla Fondazione Ferrara Arte, dall’ASP – Azienda Servizi alla Persona, dal CFR e dal CIAS dell’Università degli Studi di Ferrara, con le operazioni conservative dirette dai Musei di Arte Antica sotto l’Alta Sorveglianza della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio di Bologna. Ma perché Dipingere gli affetti? Per una doppia evocazione simbolica. La prima riguarda il linguaggio: le opere che saranno esposte in Castello si muovono nel solco degli orientamenti successivi al Concilio di Trento che delegavano all’arte il basilare compito di mediare tra il fedele e la religione, tra il visibile e l’invisibile, attraverso forme naturalistiche, emotive e familiari, nelle quali l’uomo del Sei e Settecento si potesse riconoscere. La seconda attiene alla vocazione umanitaria che animava i luoghi da cui esse erano originariamente collocate. Non delle chiese qualsiasi, ma gli altari, le cappelle e gli ambienti di istituti religiosi che ponevano al centro del loro operare l’aiuto verso gli altri, fossero essi orfani, indigenti, bisognosi o donne in difficoltà. Un insieme di esperienze animato da figure di primo piano della corte Estense – da Alfonso II a Barbara d’Austria, fino a Margherita Gonzaga – ma anche di una fetta consistente della nobiltà e della borghesia cittadina, impegnata nell’attività di carità e solidarietà.

Ed è così che protagonista di questa mostra sarà anche la città di Ferrara, nel tentativo di ricomporre il tessuto connettivo di un’«araldica della beneficenza» (per usare una felice definizione di Andrea Emiliani) che costituì la manifestazione più tangibile di quella pietas sei e settecentesca animata da empatica affettività e impegno sociale. Un attivismo che portò ad ornare alcuni dei luoghi sacri più rappresentativi, oggi quasi tutti scomparsi o mutati per fattezze o destinazioni d’uso, come i conservatori femminili di Santa Barbara e di Santa Margherita, o l’Opera Pia della Povertà Generale. Un vero e proprio viaggio nel tempo, insomma, alla ricerca delle radici moderne di Ferrara. Questo vale non solo sotto il profilo storico-artistico, ma anche dal punto di vista sociale: il fatto che queste opere siano state ereditate dall’ASP – Azienda Servizi alla Persona di Ferrara, e che quest’ultima abbia collaborato e sostenuto la realizzazione del progetto espositivo, rappresenta il filo rosso che collega l’attività umanitaria degli antichi Istituti caritatevoli, con l’attuale declinazione delle politiche attive per il welfare della città.

IMMAGINE DI APERTURAIppolito Scarsella (1551-1620), Madonna di Reggio e Santi, 1600 circa, tela cm 144,5 x 112,5, Ferrara, Azienda Servizi alla Persona, inv. DOC18 (in deposito presso i Musei di Arte Antica)

Grand Tour: un’esperienza ricca di emozioni

Seguendo l’onda emotiva suscitata dalle prime sensazionali scoperte a Pompei e ad Ercolano intorno alla metà del XVIII secolo, cresce il numero di viaggiatori che dall’Europa si spostano in Italia per ammirare le vestigia del passato. Grazie alla sensibilità dei sovrani borbonici le città sepolte dall’eruzione del Vesuvio del 79 d.C. tornano alla luce con le loro splendide pitture, immagini di un mondo che si credeva scomparso per sempre. Il Grand Tour, il viaggio alla scoperta dei siti antichi italiani, fu un vero e proprio movimento culturale, che affiancò l’affermarsi del neoclassicismo nella letteratura e nell’arte. L’antico detta il gusto e diventa un modello imprescindibile di bellezza ed armonia. I rampolli delle nobili famiglie europee completavano il loro percorso di istruzione con questo viaggio, a volte pericoloso e faticoso, che poteva durare anche anni. Un’esperienza certamente ricca di emozioni, compiuta in nome del sapere e della conoscenza, da un lato, e dell’evasione e del diletto, dall’altro. La Sicilia è una delle mete privilegiate, che attrae con il fascino irresistibile delle sue rovine. Il patrimonio monumentale siciliano offriva inoltre la singolare opportunità di incontrare la civiltà greca, senza dovere affrontare un pericoloso viaggio in Grecia, all’epoca sotto la dominazione turca. Molti viaggiatori riempiono i taccuini della loro esperienza a contatto con l’antichità e, talvolta, corredano le loro impressioni di illustrazioni. Studenti di arte, incisori e vedutisti lasciano preziose testimonianze delle loro “visioni di antico” nei luoghi d’arte italiani.

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IL GRAND TOUR

Stefano Erzegovesi – Il digiuno per tutti

Tanti libri si limitano a dire che il digiuno fa bene, questo libro ci insegna come farlo davvero. Lo psichiatra e nutrizionista Stefano Erzegovesi ha messo a punto il sistema definitivo, semplice ed efficace per spegnere la fame e accendere la mente. Non si tratta di una dieta ma di un vero e proprio metodo, basato su un giorno di digiuno, o meglio di magro, alla settimana.

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Adam Rutherford – Umani

Umani racconta la storia di come siamo diventati le creature che oggi siamo, con quella capacità, questa sì unica, di indagare su ciò che ci rende ciò che siamo. Aggiornato alle ultimissime scoperte in campo antropologico, Umani è un saggio elettrizzante e fresco, che mostra quanto di inequivocabilmente animale persista in noi e quanto di straordinariamente umano ci renda diversi.

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Primo strumento digitale per esplorare il Codice Atlantico di Leonardo

www.codex-atlanticus.it

Un nuovo sito internet sviluppato da The Visual Agency in collaborazione con la Veneranda Biblioteca Ambrosiana, consente di avere una visione d’insieme del capolavoro del genio fiorentino. L’applicazione, attraverso una visualizzazione assolutamente innovativa basata sugli argomenti trattati, permette di sfogliare il Codice Atlantico e mettere in luce l’evoluzione del pensiero leonardesco negli anni.

In occasione delle celebrazioni per i cinquecento anni dalla scomparsa di Leonardo da Vinci, The Visual Agency, società milanese di information design specializzata in infografica e data visualization, in collaborazione con la Veneranda Biblioteca Ambrosiana, ha concepito, progettato e sviluppato un innovativo strumento che consentirà di approfondire, come mai si era fatto in precedenza, il Codice Atlantico di Leonardo da Vinci, il vero “tesoro leonardiano” conservato alla Biblioteca Ambrosiana. Dal 15 aprile 2019, infatti, è online www.codex-atlanticus.it, un sito internet in italiano e inglese, in grado di offrire una visione panoramica e di dettaglio dell’evoluzione del pensiero leonardesco negli anni.

“La data visualization è la principale competenza della nostra agenzia – afferma Matteo Bonera, Creative Director The Visual Agency – ed è stata applicata a questo progetto di digital humanities, diventando un linguaggio di analisi e sintesi capace di fare luce sulla complessità di un’opera così articolata”. “Il progetto sviluppato da The Visual Agency – dichiara mons. Francesco Braschi, dottore della Biblioteca Ambrosiana -, a cui il Collegio dei Dottori ha voluto dare il suo convinto supporto, per i suoi caratteri di innovazione, rigorosità e accessibilità a chiunque, corrisponde pienamente alla missione affidata da Federico Borromeo alla Biblioteca Ambrosiana. Il nostro fondatore, infatti, più di quattro secoli fa aveva ben chiaro il proprio progetto culturale, ovvero unire la più elevata qualificazione a livello accademico e scientifico con la più alta capacità nella divulgazione e condivisione della conoscenza in tutte le sue forme: teologico-filosofica, storica, letteraria, artistica”.

“Poter “svelare” in modo accessibile e accattivante i temi trattati nel Codice Atlantico – continua monsignor Braschi – significa avvicinare i visitatori della Biblioteca e gli utenti del sito a una comprensione più veritiera di Leonardo e della sua opera, troppo spesso frettolosamente e superficialmente ridotti al rango di “icona” ultimamente incomprensibile. Nel riconoscere il genio di Leonardo, Federico Borromeo non mancava di sottolineare come la mancanza di veri amici, capaci di incanalare la sua insaziabile sete di conoscenza, gli avesse impedito di far fruttare appieno i suoi talenti. Un giudizio prezioso, che ci permette di trarre dalla frequentazione di questo straordinario personaggio un aiuto a comprendere anche la nostra vita”.

I visitatori di www.codex-atlanticus.it potranno sfogliare il Codice partendo da una panoramica generale organizzata per materie trattate e anno di stesura delle pagine. Selezionando una particolare materia o argomento è possibile evidenziare le pagine interessate. Molto interessante è la funzione che consente di organizzare il Codice seguendo l’ordine cronologico nel quale è stato redatto. Selezionando una pagina specifica è possibile vedere le immagini di recto e verso del foglio, approfondire gli argomenti trattati e risalire alle pagine simili. L’accesso al sito è gratuito e non richiede una registrazione ed è ottimizzato per la fruizione attraverso dispositivi mobili e tablet. Inoltre, nella sala Federiciana della Biblioteca Ambrosiana, che accoglie a rotazione alcuni dei fogli più significativi del Codice Atlantico, è presente un totem con schermo sensibile al tatto, per ricreare in situ le stesse esperienze di visita a di approfondimento, che si possono avere sul sito www.codex-atlanticus.it.

L’intero progetto si basa su una ricerca svolta sul volume Il Codice Atlantico di Leonardo da Vinci: indici per materie e alfabetico di Augusto Marinoni, a cura di Pietro C. Marani. La grande mole di informazioni ricavata è stata elaborata per ottenere i dati relativi alla datazione e all’individuazione degli argomenti trattati  in ogni singolo foglio del codice (organizzati in cinque materie: Architettura e Arti Applicate, Fisica e Scienze Naturali, Geometria e Algebra, Scienze Umane, Strumenti e Macchine) e per creare un enorme database che consente di risalire, a partire da ogni frammento di pagina, all’anno in cui era stato scritto, alla materia e alla sotto-materia di cui trattava.

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Una nuova luce sulla più grande opera di Leonardo da Vinci

Cappello di Paglia di Signa: maestria nell’intreccio delle fibre vegetali

L’intreccio delle fibre vegetali è una delle più antiche attività dell’uomo, che ispirandosi alla natura realizzò nel tempo contenitori delle fogge più varie e copricapo per ripararsi dal sole.  Nel 1714 a Signa, Domenico Michelacci detto Bolognino, cominciò a coltivare grano marzuolo, dalla spiga piccola con chicchi minuti, per ottenere paglia da intrecciare. Lo seminò fitto, affinché nel cercare la luce crescesse in lunghezza, ed in solchi poco profondi, per poterlo poi facilmente sbarbare ancora flessibile prima che il culmo ingrossasse e la spiga granisse. Il Michelacci, avvalendosi della maestria diffusa nell’intreccio della paglia per fare cappelli, ne fece fare una gran quantità, utilizzando gli ultimi internodi di quegli steli. Presentò quindi quei bei prodotti sulla piazza di Livorno, ottenendo immediatamente un grandissimo successo, confermatosi in breve specialmente in Inghilterra, che ne commissionò sempre maggiori quantità.

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IL CAPPELLO DI PAGLIA DI SIGNA