Édouard Manet – Olympia

Olympia, 1863, Musée d’Orsay, Parigi

IL DIPINTO

Olympia è un dipinto del pittore francese Édouard Manet, realizzato nel 1863 e conservato al museo d’Orsay di Parigi. Manet preparò con grande cura e dedizione la stesura del dipinto, con il quale probabilmente ambiva alla celebrità. Pensava all’Olympia già durante il viaggio in Italia del 1857, in occasione del quale copiò la Venere di Urbino di Tiziano, tradizionale simbolo dell’avvenenza femminile e della fedeltà domestica. Il motivo di un corpo femminile nudo, disteso contro cuscini e appoggiato su un fianco, aveva in effetti una lunga tradizione figurativa, elaborata soprattutto nel corso dalla pittura veneziana del Cinquecento. La seconda fonte iconografica del dipinto va rintracciata nella Maja di Francisco Goya, della quale prese ispirazione per la schiettezza del personaggio. Manet ne fece anche in questo caso una copia, non partendo dall’originale (si sarebbe recato in Spagna assai tardivamente) bensì dalle varie stampe che comunque circolavano nella Parigi dell’Ottocento, e la titolò Giovane donna in costume spagnolo. Un’ulteriore referenza va infine colta ne La grande odalisca del venerato Jean-Auguste-Dominique Ingres, che Manet ebbe agio di studiare al Louvre.

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Édouard Manet, ritratto da Henri Fantin-Latour, 1867, Art Institute of Chicago, Chigago, Illinois, Stati Uniti

L’ARTISTA

Édouard Manet (Parigi, 23 gennaio 1832 – Parigi, 30 aprile 1883) è stato un pittore francese, considerato il maggiore interprete della pittura pre-impressionista. Édouard Manet nacque il 23 gennaio 1832 in un lussuoso hôtel particulier al n. 5 di rue des Petits Augustins (l’odierna rue Bonaparte), a Parigi, in una famiglia colta e benestante. Il padre, Auguste Manet (1797-1862), era un alto funzionario del ministero della Giustizia, mentre la madre, Eugénie-Desirée Fournier (1811-1895), era la figlia di un diplomatico di stanza a Stoccolma (i due si erano sposati il 18 gennaio 1831, un anno prima della nascita di Édouard, che fu il loro primogenito). Manet, in ogni caso, avrà anche due fratelli minori, Eugène (1833) e Gustave (1835). Pur abitando praticamente di fronte all’École des Beaux-Arts, tempio dell’arte ufficiale, papà Auguste disprezzava la pittura e fece di tutto per ostacolare la vocazione del figlio. Fu così che, dopo aver studiato per qualche anno all’Institut Poiloup di Vaugirard, nel 1844 il giovane Édouard venne accompagnato al prestigioso collegio Rollin, dove conobbe Antonin Proust. Fra i due nacque subito un’amicizia destinata a perdurare profonda e a dar luogo anche a una feconda passione artistica, coltivata da entrambi con assidue visite al museo del Louvre, che scoprirono grazie a Edouard Fournier. Fournier era uno zio materno di Manet che, resosi conto delle attitudini del nipote, fece di tutto per incoraggiarle: fu in questo modo, in effetti, che il giovane Édouard ampliò i propri orizzonti figurativi, coltivando assiduamente il disegno mediante la copia dei grandi maestri del passato, come Goya, Greco e Velázquez, tra gli autori più autorevoli presenti nel museo spagnolo di Luigi Filippo al Louvre.

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Visite virtuali: elezioni a Pompei

Frammento di intonaco con iscrizione dipinta

Seguendo l’onda emotiva suscitata dalle prime sensazionali scoperte a Pompei e ad Ercolano intorno alla metà del XVIII secolo, cresce il numero di viaggiatori che dall’Europa si spostano in Italia per ammirare le vestigia del passato. Grazie alla sensibilità dei sovrani borbonici le città sepolte dall’eruzione del Vesuvio del 79 d.C. tornano alla luce con le loro splendide pitture, immagini di un mondo che si credeva scomparso per sempre. Il Grand Tour, il viaggio alla scoperta dei siti antichi italiani, fu un vero e proprio movimento culturale, che affiancò l’affermarsi del neoclassicismo nella letteratura e nell’arte. L’antico detta il gusto e diventa un modello imprescindibile di bellezza ed armonia. I rampolli delle nobili famiglie europee completavano il loro percorso di istruzione con questo viaggio, a volte pericoloso e faticoso, che poteva durare anche anni. Un’esperienza certamente ricca di emozioni, compiuta in nome del sapere e della conoscenza, da un lato, e dell’evasione e del diletto, dall’altro. La Sicilia è una delle mete privilegiate, che attrae con il fascino irresistibile delle sue rovine. Il patrimonio monumentale siciliano offriva inoltre la singolare opportunità di incontrare la civiltà greca, senza dovere affrontare un pericoloso viaggio in Grecia, all’epoca sotto la dominazione turca. Molti viaggiatori riempiono i taccuini della loro esperienza a contatto con l’antichità e, talvolta, corredano le loro impressioni di illustrazioni. Studenti di arte, incisori e vedutisti lasciano preziose testimonianze delle loro “visioni di antico” nei luoghi d’arte italiani.

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Édouard Manet – Colazione sull’erba

Colazione sull’erba, 1862-1863, Musée d’Orsay, Parigi

IL DIPINTO

Colazione sull’erba (Le petite déjeuner sur l’herbe) è un dipinto del pittore francese Édouard Manet, realizzato nel 1863 e conservato al museo d’Orsay di Parigi. Manet preparò la Colazione sull’erba con molta cura e dedizione. Già quando si recò all’Aia per ammirare i capolavori di Rembrandt eseguì alcune varianti del quadro Suzanne al bagno. Le copie dimostrano una maggiore libertà compositiva ed espressiva rispetto alla tela del maestro olandese: in una di queste Manet vi introdusse un vecchio che spia furtivamente la donna, e un’altra fu ritoccata con l’aggiunta di diverse amiche di fiducia. Se l’elaborazione ebbe già inizio nei Paesi Bassi, il progetto del dipinto fu definitivamente formulato nell’agosto 1862 quando, ad Argenteuil, Manet vide alcune fanciulle nuotare nella Senna. «Pare che io debba fare un nudo. Sia, lo farò, in un’atmosfera trasparente e con persone come quelle che vediamo laggiù». Se per l’apparato paesaggistico Manet si ispirò a uno scenario realmente esistente, si pensa l’île Saint-Ouen, per la struttura formale e compositiva fece ricorso all’eredità dei maestri del passato. La Colazione sull’erba, infatti, si propone come una rilettura di due famosi esempi rinascimentali: il Concerto campestre di Tiziano e alcune incisioni di Marcantonio Raimondi tratte dal Giudizio di Paride di Raffaello.

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Édouard Manet, ritratto da Henri Fantin-Latour, 1867, Art Institute of Chicago, Chigago, Illinois, Stati Uniti

L’ARTISTA

Édouard Manet (Parigi, 23 gennaio 1832 – Parigi, 30 aprile 1883) è stato un pittore francese, considerato il maggiore interprete della pittura pre-impressionista. Édouard Manet nacque il 23 gennaio 1832 in un lussuoso hôtel particulier al n. 5 di rue des Petits Augustins (l’odierna rue Bonaparte), a Parigi, in una famiglia colta e benestante. Il padre, Auguste Manet (1797-1862), era un alto funzionario del ministero della Giustizia, mentre la madre, Eugénie-Desirée Fournier (1811-1895), era la figlia di un diplomatico di stanza a Stoccolma (i due si erano sposati il 18 gennaio 1831, un anno prima della nascita di Édouard, che fu il loro primogenito). Manet, in ogni caso, avrà anche due fratelli minori, Eugène (1833) e Gustave (1835). Pur abitando praticamente di fronte all’École des Beaux-Arts, tempio dell’arte ufficiale, papà Auguste disprezzava la pittura e fece di tutto per ostacolare la vocazione del figlio. Fu così che, dopo aver studiato per qualche anno all’Institut Poiloup di Vaugirard, nel 1844 il giovane Édouard venne accompagnato al prestigioso collegio Rollin, dove conobbe Antonin Proust. Fra i due nacque subito un’amicizia destinata a perdurare profonda e a dar luogo anche a una feconda passione artistica, coltivata da entrambi con assidue visite al museo del Louvre, che scoprirono grazie a Edouard Fournier. Fournier era uno zio materno di Manet che, resosi conto delle attitudini del nipote, fece di tutto per incoraggiarle: fu in questo modo, in effetti, che il giovane Édouard ampliò i propri orizzonti figurativi, coltivando assiduamente il disegno mediante la copia dei grandi maestri del passato, come Goya, Greco e Velázquez, tra gli autori più autorevoli presenti nel museo spagnolo di Luigi Filippo al Louvre.

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Al m.a.x. museo di Chiasso (Svizzera) – ALBERTO GIACOMETTI

Al m.a.x. museo di Chiasso (Svizzera)
Dal 9 giugno 2020 al 10 gennaio 2021
ALBERTO GIACOMETTI

Alberto Giacometti André du Bouchet – Illustration retenue pour le frontispice pour André du Bouchet, Dans la chaleur vacante, Paris, 1961 – Probable illustration créée (mais non retenue) pour André du Bouchet, Le Moteur blanc, Paris, 1956 – 1955-1956 Acquaforte 16,7 x 12,2 cm, le coup de planche. Collezione Eberhard W. Kornfeld, Berna

La stagione espositiva 2020 del m.a.x. museo di Chiasso (Svizzera) si apre nel segno di Alberto Giacometti (1901-1966), uno fra i più rilevanti artisti del XX secolo.

Dopo la sosta forzata a causa dell’emergenza Coronavirus, che ne aveva rimandato l’inaugurazione, martedì 9 giugno 2020 si apre una mostra, curata da Jean Soldini e Nicoletta Ossanna Cavadini, che, fino al 10 gennaio 2021, presenta, per la prima volta, l’intero corpus grafico dell’artista svizzero: sono esposti oltre quattrocento fogli e numerosi libri d’artista, provenienti dalle principali istituzioni internazionali che conservano le opere di Alberto Giacometti e da importanti collezionisti privati.
L’ambiente creativo dell’artista e dell’uomo è inoltre restituito dalle suggestive fotografie realizzate dall’amico Ernst Scheidegger che, dal 1943, ha documentato con immagini e filmati l’attività artistica e la vita privata di Giacometti.
La rassegna documenta la straordinaria padronanza di Giacometti delle varie tecniche grafiche, dalla xilografia all’incisione a bulino, dall’acquaforte alla puntasecca. Sebbene sia conosciuto soprattutto come scultore e pittore, Giacometti realizzò, nondimeno, molte incisioni, espressione di una profonda ricerca artistica.
Giacometti, infatti, vedeva nel disegno e nella sua trasposizione sulla matrice, il fondamento estetico e concettuale su cui costruire le sue opere pittoriche e plastiche. Com’ebbe modo di affermare lo stesso artista, “di qualsiasi cosa si tratti, di scultura o di pittura, è solo il disegno che conta”.
Ognuna delle quattro sezioni in cui è suddiviso il percorso espositivo, propone un dipinto, un disegno o una scultura particolarmente significativa per comprendere il rapporto tra i diversi mezzi di espressione.
La mostra è organizzata in collaborazione con la Fondation Giacometti di Parigi, l’Alberto Giacometti-Stiftung di Zurigo, la Fondation Marguerite et Aimé Maeght di Saint-Paul-de-Vence (Francia), il Museo d’Arte dei Grigioni di Coira (Svizzera), il Museo Ciäsa Granda di Bregaglia (Svizzera), la Fondazione Marguerite Arp di Locarno (Svizzera), la Civica Raccolta delle Stampe “Achille Bertarelli” di Milano, la Galerie Kornfeld di Berna (Svizzera), l’Alberto Giacometti Museum di Sent (Svizzera).

Catalogo bilingue (italiano-inglese) Albert Skira (Milano-Ginevra).

BIOGRAFIA

Alberto Giacometti nasce nel 1901 in Val Bregaglia, nella Svizzera di lingua italiana. Era figlio del pittore Giovanni Giacometti. Dopo la frequentazione della scuola d’arte di Ginevra e alcuni viaggi di studio in Italia, elegge Parigi sua città di riferimento senza mai dimenticare Stampa, il luogo degli affetti familiari dove conservò sempre un atelier oltre a quello più noto di Rue Hippolyte-Maindron, vicino a Montparnasse. S’iscrive all’Académie de la Grande-Chaumière che frequenta tra il 1922 e il 1925. Intanto, entra in contatto con l’arte neosumera, africana, precolombiana, con l’opera di Costantin Brancusi, Raymond Duchamp-Villon, Henri Laurens, Jacques Lipchitz, André Masson. Continua il suo interesse per l’arte egizia che già lo aveva colpito nel 1920 al Museo archeologico di Firenze. Subisce il fascino del Cubismo per aderire poi al movimento surrealista con le sue libere associazioni erotico-poetiche. Nel 1930 espone con Jean Arp e Joan Mirò nella galleria di Pierre Loeb a Parigi. Conosce intellettuali come Louis Aragon, Georges Bataille, Michel Leiris. Giacometti torna poi a dare preminenza alla figura umana; nelle opere di questo periodo sviluppa una ricerca quanto mai originale, che ha il suo perno nell’apparenza che è il nocciolo come lui stesso afferma. L’esistente gli si manifesta con una violenza che trova nell’essere umano la sua espressione più chiara determinando un rapporto inedito con spazio e tempo. Prossimo e autonomo rispetto a personaggi di primo piano come Jean-Paul Sartre, Simone de Beauvoir, Samuel Beckett, Giacometti continuerà incessantemente le sue ricerche, anche negli ultimi anni della sua vita. Nel 1962 otterrà il Gran Premio della Scultura alla Biennale di Venezia e tre anni dopo il Grand Prix des Arts a Parigi. Sempre nel 1965, il Museum of Modern Art di New York gli dedicherà una mostra antologica.
Alberto Giacometti muore a Coira (Svizzera) nel 1966.

IMMAGINE DI APERTURAALBERTO GIACOMETTI, Photograph by Ernst Scheidegger © 2020 Stiftung Ernst Scheidegger-Archiv, Zurich

Eugène Boudin – Donne sulla spiaggia di Berck

Donne sulla spiaggia di Berck, 1881, National Gallery of Art, Washington

IL DIPINTO

Donne sulla spiaggia di Berck è un’opera del pittore Eugène Boudin eseguita nel 1881. Il quadro venne eseguito dal pittore Eugène Boudin nel 1881 per il collezionista impressionista Albert Pontremoli, cugino del noto architetto Emmanuel Pontremoli. In seguito alla morte di Albert Pontremoli avvenuta a Parigi nel 1923, la sua importante collezione privata che comprendeva quadri di Claude Monet, Camille Pisarro, Camille Claudel, Eugène Delacroix venne messa all’asta a Londra e Parigi nel 1924.

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Eugène-Louis Boudin

L’ARTISTA

Eugène-Louis Boudin (Honfleur, 12 luglio 1824 – Deauville, 8 agosto 1898) è stato un pittore francese. Eugène Boudin nacque da una famiglia di umili origini e nel 1835 si trasferì a Le Havre, dove lavorò come apprendista presso una tipografia, riuscendo poi ad aprire un negozio di colori e dedicandosi alla pittura. Nel 1848 compie un lungo viaggio nella Francia settentrionale e nelle Fiandre, approfondendo gli studi sulla tecnica pittorica. Nel 1850 ottiene una borsa di studio comunale che gli permette di studiare a Parigi, sotto la guida di Constant Troyon; questa esperienza gli consente di affiancare una solida formazione tecnica alla sua gioia e passione di dipingere la natura.

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Le Passeggiate del Direttore: il villaggio di Deir el-Medina

Cosa c’è di meglio di una web serie per tenervi compagnia? A grande richiesta, vi presentiamo LE PASSEGGIATE DEL DIRETTORE, la prima stagione di una serie firmata dal Museo Egizio, un viaggio nella storia suddiviso in brevi episodi. 

Il Museo Egizio di Torino è il più antico museo, a livello mondiale, interamente dedicato alla civiltà nilotica ed è considerato, per valore e quantità dei reperti, il più importante al mondo dopo quello del Cairo. Nel 2004 il ministero dei beni culturali l’ha affidato in gestione alla “Fondazione Museo Egizio di Torino”. Nel 2019 il museo ha fatto registrare 853 320 visitatori, risultando il sesto museo italiano più visitato. Nel 2017 i Premi Travellers’ Choice di TripAdvisor classificano l’Egizio al primo posto tra i musei più apprezzati in Italia, al nono in Europa e al quattordicesimo nel mondo.
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Le Passeggiate del Direttore: il villaggio di Deir el-Medina

IMMAGINE DI APERTURA – Ingresso del museo egizio, Torino (Fonte Wikipedia)

Marco Malvaldi – Il castello dalle mille botole. Favola per far restare svegli i bambini

«In un periodo in cui si inizia a parlare di ripartenza, in cui fra non molto gli adulti ricominceranno a lavorare, ai bambini mi sembra che non ci pensi quasi nessuno. Per cui ho pensato di scrivere una favola per loro, e anche per voi, se volete leggerla ad alta voce. Se poi vi piacesse, potreste fare una donazione al reparto di terapia intensiva di Livorno: ve lo dico da pisano» (M. M.).

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IMMAGINE DI APERTURA: Foto di Mohamed Hassan da Pixabay 

Jean-François Millet – L’Angelus

L’Angelus, 1858-1859, Museo d’Orsay, Parigi

IL DIPINTO

L’Angelus (L’Angélus) è un dipinto a olio su tela (55×66 cm) di Jean-François Millet, realizzato nel 1858-1859 e conservato nel Museo d’Orsay di Parigi. L’opera, una delle più note di Millet, raffigura una coppia di contadini che interrompono il duro lavoro dei campi al suono delle campane, mostrati nella loro devozione, intenti nella preghiera. «Angelus» (per esteso Angelus Domini) è il nome dato al suono delle campane che, tre volte al giorno (alba, mezzogiorno e tramonto), invitano i fedeli a recitare una devozione in ricordo del mistero perenne dell’Incarnazione. È, per l’appunto, quello che stanno facendo i due contadini ritratti nel dipinto, che al suono delle campane della chiesa di Chailly-en-Bière, appena accennata sullo sfondo, hanno sospeso per un attimo la raccolta delle patate e si sono raccolti silenziosamente in preghiera; abbandonati gli strumenti di lavoro (la carriola con i sacchi sopra, il rastrello, il cesto pieno di verdure), entrambi sono completamente assorti nell’orazione, tanto che presentano il capo chino e le mani giunte al petto.

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Autoritratto, 1845-1846, Museo del Louvre, Parigi

L’ARTISTA

Jean-François Millet (Gréville-Hague, 4 ottobre 1814 – Barbizon, 20 gennaio 1875) è stato un pittore francese, considerato uno dei maggiori esponenti del Realismo. Jean-François Millet nacque il 4 ottobre 1814 a Gréville-Hague, in Normandia, primogenito di Jean-Louis-Nicolas e Aimée-Henriette-Adélaïde Henry Millet, entrambi poveri contadini. Millet iniziò la sua precoce ma irregolare formazione su iniziativa dei genitori, che lo affidarono ad alcuni precettori privati, per poi proseguire gli studi a Cherbourg, dove giunse nel 1833 a studiare pittura sotto la guida del ritrattista Paul Dumouchel, senza per questo trascurare di aiutare la famiglia nel duro lavoro dei campi. Nel 1835 passò a Lucien-Théophile Langlois, un emulo di Baron Gros, e nel 1837 grazie a una borsa di studio si trasferì a Parigi per frequentare l’École des Beaux-Arts sotto la direzione del pittore Paul Delaroche. Fu nella capitale francese che Millet esordì senza gloria, al Salon del 1839.

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Visite virtuali: La scoperta delle pitture

Il fascino di Pompei rivive su Google Arts & Culture. In questa pagina presentiamo le pitture di Pompei e ne raccontiamo la storia delle scoperte. 

Carlo di Borbone, da pochi anni asceso al trono di Napoli, autorizzò Roque Joaquin de Alcubierre – ingegnere spagnolo incaricato della costruzione del palazzo reale di Portici – a utilizzare quattro dei settecento operai impegnati nei lavori a condurre indagini nel sottosuolo, dopo i fortuiti rinvenimenti di alcuni manufatti antichi. Fu così, quasi per caso, che nel 1738 fu scoperta l’antica città di Ercolano, sepolta dall’eruzione del Vesuvio del 79 d.C. Dieci anni dopo, nel 1748, si cominciò a scavare a Pompei, e l’anno successivo a Stabia.

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Jean-François Millet – Le spigolatrici

Le spigolatrici, 1857, Musée d’Orsay, Parigi

IL DIPINTO

Le Spigolatrici (Des glaneuses) è un dipinto ad olio su tela (83,5×111 cm) del pittore francese Jean-François Millet, realizzato nel 1857 e conservato al Musée d’Orsay di Parigi. Il dipinto ritrae in primo piano tre donne, curve nei campi, che raccolgono le spighe sfuggite alla mietitura, mentre alle loro spalle la luce del Sole illumina il campo, dove c’è una piccola fattoria, sotto un cielo terso. Il mondo rurale è da sempre stato uno dei temi più amati da Jean-François Millet, pittore impegnato socialmente, che nel 1857 lo traspose su pittura in un’opera intitolata appunto Des glaneuses dit aussi Les glaneuses [Alcune spigolatrici detto anche le spigolatrici]. Il dipinto fu presentato al Salon di Parigi dello stesso anno, dove diede scandalo e suscitò l’animosità dell’Ottocento borghese che, essendo ricco, mal gradiva la rappresentazione della povertà che era, indirettamente, un atto di accusa nei loro confronti.

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Autoritratto, 1845-1846, Museo del Louvre, Parigi

L’ARTISTA

Jean-François Millet (Gréville-Hague, 4 ottobre 1814 – Barbizon, 20 gennaio 1875) è stato un pittore francese, considerato uno dei maggiori esponenti del Realismo. Jean-François Millet nacque il 4 ottobre 1814 a Gréville-Hague, in Normandia, primogenito di Jean-Louis-Nicolas e Aimée-Henriette-Adélaïde Henry Millet, entrambi poveri contadini. Millet iniziò la sua precoce ma irregolare formazione su iniziativa dei genitori, che lo affidarono ad alcuni precettori privati, per poi proseguire gli studi a Cherbourg, dove giunse nel 1833 a studiare pittura sotto la guida del ritrattista Paul Dumouchel, senza per questo trascurare di aiutare la famiglia nel duro lavoro dei campi. Nel 1835 passò a Lucien-Théophile Langlois, un emulo di Baron Gros, e nel 1837 grazie a una borsa di studio si trasferì a Parigi per frequentare l’École des Beaux-Arts sotto la direzione del pittore Paul Delaroche. Fu nella capitale francese che Millet esordì senza gloria, al Salon del 1839.

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