Cremona: Orazio Gentileschi. La fuga in Egitto e altre storie

10 Ottobre 2020 – 31 Gennaio 2021
Cremona, Pinacoteca Ala Ponzone
Orazio Gentileschi. La fuga in Egitto e altre storie
Mostra a cura di Mario Marubbi

Orazio Gentileschi: Riposo durante la fuga in Egitto, olio su tela, Vienna, Kunsthistoriches Museum

Dal 10 ottobre 2020 al 31 gennaio 2021, per la prima volta, alla Pinacoteca Ala Ponzone di Cremona, si possono ammirare l’una di fianco all’altra due versioni del “Riposo durante la fuga in Egitto”, capolavori di Orazio Gentileschi. In una straordinaria mostra promossa dal Comune di Cremona attraverso i suoi Civici Musei, con la curatela da Mario Marubbi.
Accanto alle due magnifiche tele, la prima del Kunsthistorisches Museum di Vienna e la seconda di collezione privata, la mostra propone una selezione di altri dipinti, sculture, avori, incisioni sulla popolare “Fuga” tramandata dal solo Vangelo di Matteo ma protagonista dei Vangeli apocrifi.

Due tele eguali, di mano di Orazio Gentileschi, realizzate l’una dopo l’altra, dedicate al racconto del “Riposo durante la fuga in Egitto”. Un tema che, così come splendidamente ricreato dal Gentileschi, affascinò diversi committenti. Tanto che, accanto alle due versioni riunite a Cremona, se ne conoscono altre due, l’una al Louvre e al Birmingham Museum la seconda. Dipinti che sono riconosciuti tra i più intriganti del primo Seicento italiano.
Le due versioni esposte all’Ala Ponzone risalgono al momento in cui Orazio Gentileschi – forse il più precoce, intelligente e spregiudicato interprete tra i pittori caravaggeschi – godeva di enorme fama internazionale. Fama accresciuta a Parigi, dove era stato chiamato alla corte di Maria de’ Medici, e ampliata a Londra dove era stato chiamato da George Villiers, primo duca di Buckingham.
La caduta di Re Carlo I d’Inghilterra provocò anche quella del suo potente ministro e la sua “Fuga in Egitto” venne messa all’asta da George Cromwell ad Anversa nel 1646. Finì nelle collezioni dell’arciduca Leopoldo Gugliemo, per il suo castello di Praga, e infine al Kunsthistorisches Museum di Vienna.
Anche la seconda versione non ebbe pace. Dopo vari passaggi, nell’Ottocento il dipinto finì anch’esso nella collezione dei Duchi di Buckingham, a sostituire il gemello finito a Praga. Riproposto sul mercato, entrò a far parte della collezione di Paul Getty a Malibu e oggi è uno dei tesori di una collezione privata di Mantova.
Per la prima volta nella storia, le due versioni “Buckingham” del “Riposo durante la fuga in Egitto” vengono esposte vis a vis, grazie al prestito concesso dal museo viennese che, in cambio, riceverà dai Civici Musei di Cremona uno dei loro capolavori, il “San Francesco” di Caravaggio. E, naturalmente, grazie alla disponibilità del collezionista che conserva l’altra versione del dipinto.
Occasione ghiotta per tutto il pubblico ma ancora di più per gli esperti cui la mostra cremonese offre l’opportunità davvero unica di poter ammirare, affiancate, le due magnifiche tele. Va segnalato come gli studi sin qui condotti abbiano assegnato la primogenitura alla versione conservata nella collezione mantovana.
L’opportunità di una simultanea visione dei due dipinti consente anche di ripercorrere il tema iconografico della Fuga in Egitto e dei molteplici episodi ad esso collegati, mettendo a fuoco una riflessione teologica e soprattutto iconografica sul tema delle Storie dell’infanzia di Cristo attraverso i secoli, a partire dal Medioevo.
In mostra, le due tele di Orazio Gentileschi vengono affiancate da una selezione molto precisa di avori, sculture, miniature, dipinti e incisioni sul tema nelle sue varie declinazioni iconografiche.
Il racconto della fuga in Egitto, tramandato dal solo Vangelo di Matteo, è tra quelli più amati dagli artisti e dai loro committenti. Un interesse che portò al fiorire di una cospicua letteratura e stimolò una serie straordinaria di invenzioni pittoriche, attingendo non solo al beve passo tramandato

IMMAGINE DI APERTURAOrazio Gentileschi: Riposo durante la fuga in Egitto, olio su tela, Ex J P Getty Museum

Paul Gauguin – Nafea faa ipoipo (Quando ti sposi?)

Nafea faa ipoipo, 1892, Fondazione Beyeler, Riehen, Svizzera

IL DIPINTO

Nafea faa ipoipo è un dipinto di Paul Gauguin del 1892; olio su tela di dimensioni 105 x 77,5 cm. Il titolo, tradotto dalla lingua del posto (tahitiano), significa “Quando ti sposi?”. Infatti, Gauguin, giunto a Tahiti nel 1891 ma deluso dall’operato colonialista francese che, nella capitale “Papeete” aveva già esercitato una forte influenza, si era stabilito in un villaggio interno in cui il progresso e la civiltà occidentale si faceva sentire meno. L’opera è stata conservata nel Kunstmuseum di Basilea fino al 6 febbraio 2015, quando fu venduto, secondo alcune fonti non del tutto attendibili, per 300 milioni di dollari, circa 265 milioni di euro, divenendo il quadro più caro di sempre. L’opera fu acquistata da un consorzio di musei del Qatar, che pochi anni prima si era aggiudicato per 250 milioni di dollari una delle versioni del dipinto I giocatori di carte di Cezanne.

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Autoritratto con il Cristo giallo, 1889, Museo d’Orsay, Parigi

L’ARTISTA

Paul Gauguin (Parigi, 7 giugno 1848 – Hiva Oa, 8 maggio 1903) è stato un pittore francese, considerato tra i maggiori interpreti del post-impressionismo. Eugène-Henri-Paul Gauguin nacque il 7 giugno 1848 a Parigi, al n. 56 di rue Notre-Dame-de-Lorette, celebre strada di Montmartre. La madre, Aline Marie Chazal (1831-1867), discendeva da una famiglia spagnola con diramazioni in Perù, stato presso il quale godeva di notevole prestigio politico e benessere finanziario: la madre della Chazal era infatti Flora Tristan, una scrittrice molto nota dall’animo ribelle e avventuroso, impegnata politicamente (supportava con calda simpatia la causa del socialismo sansimoniano) e socialmente (era infatti una femminista ante litteram e una sostenitrice dell’amore libero). Il padre, Clovis Gauguin, era un giornalista al servizio della rivista Le National animato da un solido credo repubblicano, che gli costò tuttavia notevoli attriti con la presidenza di Napoleone III. Nel 1849 la stanchezza del parlamentarismo e della Repubblica, attraversata com’era da fortissimi conflitti intestini, era palese a tutti i Francesi, e altrettanto trasparenti erano le ambizioni di Napoleone III di far rivivere lo spirito bonapartista dello zio defunto e di restaurare l’Impero con un colpo di stato. Clovis Gauguin, spaventato da un clima politico così teso, nello stesso anno decise di approfittare delle ramificazioni peruviane della famiglia della moglie e di trasferirsi a Lima, in Sud America, insieme a Flora, a Paul e alla primogenita Marie. Papà Clovis morì il 30 ottobre 1849 durante il viaggio in piroscafo: ciò, tuttavia, non compromise la fanciullezza del giovane Gauguin, che si consumò in un’agiatezza idilliaca e in un borgo splendidamente pittoresco, quale era Lima, che poi egli stesso rievocherà nei suoi scritti colorandolo della sua grande nostalgia di emigrato.

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Elena Papagna: Cerimoniale e cerimonie di corte nel Settecento napoletano

In cosa consiste un cerimoniale di corte? L’autrice ci fornisce una miriade di esempi: «Strumento di comunicazione politica non verbale, il cerimoniale consisteva in un articolato complesso di norme e procedure tese a regolamentare manifestazioni solenni di carattere sia religioso sia civile. Nelle corti di antico regime si prefiggeva in primo luogo di rappresentare il potere, enfatizzando la figura del sovrano e conferendo alla sua persona e ai simboli della regalità una posizione di spicco sulla scena pubblica nel corso delle celebrazioni che si svolgevano tanto in luoghi chiusi ove il re, sfarzosamente abbigliato, compariva solitamente assiso in trono, collocato sopra una predella o un tappeto e sovrastato da un baldacchino, quanto in luoghi aperti ove, per esempio, occupava il nucleo centrale dei cortei che si dipanavano lungo un circuito urbano incentrato sulla reggia, avvalendosi di prestigiose cavalcature o di sontuose carrozze addobbate in modo da rimarcare l’indiscussa preminenza dell’occupante. Il cerimoniale, in secondo luogo, serviva a fissare gerarchie, a stabilire precedenze tra i partecipanti alle manifestazioni, nonché ad armonizzare, distinguendole, le diverse componenti sociali, potenzialmente rivali, ricorrendo aduna miriade di dettagli apparentemente insignificanti, ma chiaramente percepibili dallo sguardo attento dei contemporanei. Indicava, infine, i legami intercorrenti tra il sovrano e i diversi segmenti del suo seguito, le cui posizioni di forza e di prestigio venivano rese quasi palpabili dalle rigide norme della prossemica, che regolavano la vicinanza al re, e dai ruoli svolti nel corso delle celebrazioni».

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IMMAGINE DI APERTURA – Particolare della copertina del libro.