Marc Chagall – Dans mon pays, 1943

L’opera presente nelle collezioni della Gam fu eseguita durante l’esilio di Chagall e della sua famiglia negli Stati Uniti, dove era approdato nel 1941 per sfuggire le persecuzioni nazifasciste, accogliendo l’invito del Museum of Modern Art di New York. In America il pittore di Vitebsk ritrova numerosi colleghi artisti sfuggiti alla guerra, tra cui Léger, Masson, Mondrian, André Breton e fin da subito inizia ad esporre opere in gallerie e musei americani, oltre a realizzare scenografie per balletti con musiche di Čajkovskij e Stravinskij.

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Guido Gozzano – La leggenda dei sei compagni

Estratto da “La danza degli gnomi e altre fiabe”

C’era una volta un vecchio signore, senza più fortuna, che aveva tre figli. Il primogenito disse un giorno al padre:
– Voglio mettermi pel mondo, alla ventura.
– Sia come tu vuoi – disse il padre, – ma non posso darti più di dieci scudi.
– È poco, ma farò che mi bastino.
Desiderio prese i dieci scudi e partì.
Giunto in città vide un uomo che gridava per le vie un bando del re. Il re cercava chi sapesse costruirgli una nave che andasse per mare e per terra. Ricompensa: la mano della principessa.
– Voglio tentare – disse Desiderio, e si propose al banditore.
Fu condotto alla reggia e all’indomani gli fu data un’accetta per abbattere il legno necessario all’impresa.
Lavorò tutto il mattino, e a mezzodì sedette all’ombra d’un vecchio castagno, per mangiare il suo tozzo di pane.
Una gazza lo guardava curiosa, scendendo di ramo in ramo. Ella diceva nel suo roco cicaleccio:
– Un briciolo anche a me! Un briciolo anche a me!
E protendeva il becco verso le mani di Desiderio, supplicando.
– Lasciami in pace, bestia importuna! – gridò Desiderio impaziente.
La gazza risalì di due rami.
– Che lavoro stai facendo?
– Dei cucchiai, se ti piace! – le rispose Desiderio, beffandola.
– Cucchiai! Cucchiai! – gridò la gazza, risalendo di ramo in ramo.
E disparve.
Terminato il pasto, Desiderio si rimise all’opera, ma ad ogni colpo staccava dall’albero una scheggia in forma di rozzo cucchiaio. E non gli riusciva di far altro. Tentò e ritentò, poi capì di essere vittima di qualche incantesimo.
– Quella gazza dannata mi ha stregato l’accetta!
Gettò via lo stromento e fece ritorno alla casa paterna.
– Già di ritorno, figlio mio? – gli disse il padre.
– Sì. Ho pensato che la vita con voi, nella mia casa, era preferibile a qualunque avventura.
E tacque del bando, e della gazza misteriosa.
Saturnino, il secondogenito, volle partire a sua volta.
Il padre non gli diede che cinque scudi.
Giunto in città s’incontrò col banditore e volle tentare l’impresa. Si propose al banditore, e dopo aver lavorato tutto un mattino si sedette ai piedi del castagno centenario, sbocconcellando il suo pane.
Ed ecco la gazza scendere di ramo in ramo
– Un briciolo anche a me! Un briciolo anche a me!
– Lasciami in pace, bestia importuna!
E come la gazza si protendeva agitando le ali, Saturnino la minacciò con la mano.
La gazza risalì tra i rami.
– Che fai tu qui?
– Grucce per le tue gambe, gazza curiosa! – gli rispose il giovane beffandola.
– Grucce! Grucce per le mie gambe! – gridò l’uccello risalendo tra le fronde.
E disparve.
Quando Saturnino riprese il lavoro, ad ogni colpo che dava nel legno non riusciva che a staccarne schegge in forma di grucce minuscole.
– Eccomi segno della magia di quell’uccellaccio.
Saturnino gettò l’accetta e riprese deluso la via del ritorno.
Gentile, il terzogenito, un fanciullo pallido e taciturno, volle tentare a sua volta la sorte.
– E tu speri di vincere – disse il padre – là dove furono sconfitti i tuoi fratelli maggiori?
– Il destino può essermi benigno. Lasciami partire.
Gentile va in città, ode il bando, si propone al banditore. Ed eccolo nella foresta, dopo un mattino di lavoro, che sbocconcella il suo pane sotto il castagno venerando.
– Un briciolo anche a me! Un briciolo anche a me!
Alzò gli occhi e vide la gazza protesa verso di lui.
– Avrai la tua parte, povera bestiola!
E sminuzzò il pane e lo gettò sull’erba. La gazza, mangiando, lo interrogava:
– Che stai facendo qui?
E Gentile narrò i casi suoi e il bando e il tentativo.
– Buona fortuna e bella nave! – gridò la gazza risalendo di ramo in ramo.
– Che Dio t’ascolti!
Gentile si rimise all’opera e ad ogni colpo d’accetta che dava nei tronchi, egli staccava un pezzo della nave già lavorato e scolpito per incanto. E le varie parti s’attiravano, s’univano fra di loro come se fossero calamitate.
– Ecco l’aiuto di qualche magia favorevole! – pensava Gentile, esultando.
Prima del tramonto la nave prodigiosa era pronta, ed egli vi salì, prendendone il timone e dirigendola attraverso i campi, i fiumi, le valli, i laghi, fra lo sbigottimento dei contadini.
A mezza via incontrò un uomo che rodeva un osso.
– Che stai facendo? – gli domandò Gentile.
– Muoio di fame!
– Sali con me e avrai di che sfamarti.
E l’uomo salì sulla nave.
Poco più lungi incontrarono un altro uomo presso una fontana.
– E tu che stai facendo?
– Ho prosciugato, col bere, tutta questa sorgente, ed ora attendo che si riempia, perché ho ancora sete.
– Sali con me e avrai di che dissetarti.
E il bevitore prodigioso salì sulla nave.
Non molto lontano incontrarono un altro individuo che aveva una pietra da macina a ciascun piede e che correva tuttavia come un daino.
– Che significa questo? – gli chiese Gentile.
– Voglio prendere una lepre che deve passare di qui.
– E tu, imbecille, ti leghi una pietra da macina alle gambe?
– Sì, perché corro troppo in fretta, e nonostante le pietre da macina alle gambe, avanzo sempre di qualche miglio la lepre da prendere.
– Questa è buffa! Vuoi salire sulla nave con noi?
Anche il corridore insuperabile salì sulla nave.
Verso il tramonto incontrarono un altro individuo che teneva in mano un arco teso e fissava un oggetto invisibile per loro.
– Uomo dell’arco, che stai facendo?
– Prendo di mira una lepre che vedo lassù, su quella montagna.
– Tu ci vuoi beffare…
In quel momento la freccia partì e l’uomo disse:
– Ecco… L’ho uccisa… Ma di qui alla montagna ci sono sette miglia e temo che altri passi e se la prenda.
– Presto, Primosempre – disse Gentile – corri e vedi se la lepre è uccisa o se costui è un fanfarone…
Primosempre partì e ritornò poco dopo con la lepre.
– Sei un arciere insuperabile – disse Gentile, rivolgendosi ad Occhiofino. – Vieni con noi e dividi le nostre avventure.
Occhiofino salì sulla nave che proseguì il cammino.
Poco dopo s’incontrarono in un altro sconosciuto, con l’orecchio applicato contro la terra.
– Che stai facendo? – gli chiese Gentile.
– Ieri ho seminato dell’avena e l’ascolto crescere…
– Che udito fine! – disse Gentile. – Se tu vuoi, sali sulla nave; credo che sei compagni come noi possono far grandi cose.
Eccoli dunque in sei sulla nave prodigiosa: Gentile, Mangiatutto, Bevitutto, Occhiofino, Finorecchia, Primosempre. La nave si mise in cammino e giunse trionfale in città, fra i cittadini sbigottiti e festanti.
Gentile scese dinanzi alla reggia e si presentò al Re.
– Maestà, eccovi servita. Vostra figlia è mia.
Il Re ammirava la nave, ma gli pesava concedere la figlia a quel poveretto randagio.
– Questo non basta, figliuolo. Prima di aver la sua mano si devono soddisfare altre prove ancora…
– Accetto le nuove prove.
– Sta bene – disse il re. – Io ho dunque nelle mie stalle cinquanta buoi, e occorre che tu, o uno dei tuoi compagni, li mangi da solo in otto giorni.
– Tenteremo, Sire.
Gentile affidò l’impresa a Mangiatutto e quattro giorni dopo le stalle erano vuote.
Il Re era contrariato d’aver perduto la prova e le bestie.
– Non basta – disse a Gentile. – Dopo il pasto bisogna bere; ho nelle mie cantine cinquanta botti di vino inacidito. Tu, o uno dei tuoi compagni deve berlo da solo, in otto giorni.
– Bevitutto, questo è affar tuo.
E in otto giorni le cantine erano vuote.
– Chi è, dunque, costui e i suoi compagni? – pensava il re inquieto, e non sapeva come disfarsene.
Uno dei ministri lo consigliò.
– Maestà, voi avete nella vostra cucina un cuoco insuperabile alla corsa. in cinque minuti va ad attingere acqua a dieci miglia di qui, e ritorna con gli otri pieni. Proponete allo sconosciuto una gara con lui.
Il Re fece chiamare Gentile e gli propose la gara.
– Sarà fatto – rispose Gentile, e delegò la cosa a Primosempre.
All’indomani il cuoco e Primosempre partirono insieme e questi giunse assai per tempo alla fontana, con grande ira del cuoco, che si credeva insuperabile alla corsa. Mentre si riposavano sull’erba, dopo aver riempito gli otri, il cuoco, che s’intendeva anche di magia, addormentò Primosempre col fissarlo a lungo; e partì con gli otri, dopo avergli deposte due pietruzze verdi sulle palpebre, perché non si svegliasse.
Ma Finorecchia era in ascolto e informava gli amici di quanto accadeva lontano.
– Finorecchia, che stanno facendo?
– Il cuoco e Primosempre si sono seduti ansanti e conversano presso la fontana. Primosempre s’addormenta, e russa forte. Il cuoco ritorna di corsa verso la reggia.
– Occhiofino, guarda e dacci notizia.
– Il cuoco è a mezza via e Primosempre dorme supino, con due pietruzze sugli occhi.
– Prendi il tuo arco – ordinò Gentile – e togli da gli occhi di Primosempre le pietruzze malefiche, perché si svegli. Bada di non ferirlo!
L’arciere prodigioso tese l’arco e sbalzò le pietre dalle palpebre del compagno addormentato.
Questi si svegliò con un sussulto, prese gli otri, e partì con tale velocità che arrivò prima ancora del cuoco, fra lo stupore del Re e dei cortigiani.
– Sia dunque – disse il Re, vinto ormai. E rivolgendosi verso Gentile: – Amo meglio aver per genero che per nemico un uomo della tua abilità.
Le nozze splendide ebbero luogo nella settimana. E Primosempre, Mangiatutto, Bevitutto, Finorecchia, Occhiofino furono fatti ministri.

IMMAGINE DI APERTURA: Illustrazione di Mystic Art Design da Pixabay

Valentina Petri – Il segreto di Piallato

A scuola da qualche giorno Piallato è irriconoscibile. Certo, durante le lezioni mantiene la sua classica posizione “piallata” sul banco per nascondersi dalle interrogazioni, ma per il resto del tempo se ne sta in disparte. Non scherza con i compagni, risponde a tutti in modo scontroso. Non mangia nemmeno più il suo gigantesco panino quotidiano… Cosa sarà successo? Un piccolo mistero da risolvere per la prof e gli studenti di “Portami il diario”.

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IMMAGINE DI APERTURA di kmicican da Pixabay  

Philippe Daverio a Milano: omaggio al critico d’arte scomparso di recente

Visita la mostra online: https://www.philippedaverioamilano.it/

Tutti ricordano Philippe Daverio, famoso critico d’arte scomparso il 2 settembre 2020 all’età di settant’anni. Milano gli dedica una mostra alla Cittadella degli Archivi, a cura di Nicola Manna, nell’ambito del ciclo espositivo InArchivio, che dal 2018 si propone di far conoscere al pubblico il materiale documentario conservato per riportare all’attenzione le esposizioni svoltesi in passato nel capoluogo lombardo e nel suo Comune. Il fondo archivistico, costituito da oltre trecento faldoni, raccoglie documenti amministrativi riguardanti mostre e iniziative culturali predisposte dal Comune di Milano dai primi anni Settanta agli anni Novanta. La mostra, in particolare, raccoglie ed espone documenti che ripercorrono l’attività di assessore espletata da Philippe Daverio che ricoprì anche un ruolo politico quale assessore della giunta Formentini, a Milano, dal 1993 al 1997. Tra le grandi manifestazioni realizzate sono da annoverare Alexej von Jawlensky, Da Monet a Picasso, Richard Avedon e Omaggio a Leo Castelli. Occorre anche citare eventi come il Carnevale degli animali, che ha portato a Milano l’arte circense d’oltralpe, tanto cara a Daverio nativo dell’Alsazia. Agli avvenimenti pubblici si affiancano i restauri, come quello del PAC, oppure la scelta di Palazzo Reale quale polo per le grandi esposizioni, soprattutto la Sala delle Cariatidi, e la conclusione dei lavori del Nuovo Piccolo Teatro inaugurato nel 1998.

La mostra su Philippe Daverio, che rimarrà aperta fino al 20 marzo 2021, è stata realizzata in collaborazione con il Dipartimento di Studi Storici e il Master in Digital Humanities dell’Università degli Studi di Milano e, chiaramente, con la famiglia Daverio. Al momento è possibile visitarla soltanto online, ma sfogliando le pagine web si ha già una idea di quanto si potrà ammirare in presenza nel prossimo futuro (Covid permettendo). Oltre ai documenti vi troveremo una rassegna stampa, molte fotografie e persino un abito dello stesso Daverio con l’immancabile papillon. Il suo abbigliamento eccentrico, sempre di buon gusto, ha caratterizzato il valido divulgatore soprattutto nelle sue apparizioni televisive nel corso di trasmissioni di grande successo. È inoltre possibile seguire un video inedito, una sorta di passeggiata virtuale per Milano registrata durante il lockdown della primavera 2020. Scorgeremo nel volto del critico i segni della malattia che lo ha sottratto ai suoi estimatori. I documenti ufficiali esposti sono conservati nel Fondo Mostre della Cittadella degli Archivi, le fotografie e gran parte della rassegna stampa sono state rese disponibili dal PAC e da Palazzo Reale, così come gli oggetti personali e il video sono stati accordati dalla famiglia Daverio.

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IMMAGINE DI APERTURA – Elaborazione grafica con al centro una foto in mostra ad opera di Maurizio Maule/Fotogramma .

Antonino Mazzaglia – Il paesaggio storico: fra legislazione, tecnologie e complessità

Il paesaggio nella sua evoluzione storica, determinata dalla continua interazione dell’uomo con l’ambiente naturale, costituisce uno degli ambiti di maggiore interesse della moderna ricerca archeologica. All’analisi e all’interpretazione dei paesaggi storici sono stati dedicati, sia in Italia, che all’estero, notevoli sforzi, che hanno conferito all’archeologia dei paesaggi una maturità di tecniche e di metodologie di ricerca che poche altre specializzazioni, fra quelle nate in seno alla disciplina, possono oggi vantare. Tuttavia, posto alla confluenza di molteplici interessi, il paesaggio è stato oggetto di profonde modifiche nell’uso e nella percezione delle comunità che in esso vivono e agiscono. Oggetto di numerose ridefinizioni legislative a livello nazionale e internazionale il paesaggio ha, infine, spesso mutato fisionomia, crescendo in complessità, parallelamente ad uno sviluppo tecnologico il quale ha interessato, in modo particolare, il settore del rilievo strumentale e dei sistemi di gestione e condivisione dei dati. Ciò ha innescato molteplici cambiamenti nel modo di condurre le ricerche, richiedendo un costante adattamento delle basi teoriche e metodologiche che sostengono lo studio e l’interpretazione dei paesaggi.

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Il paesaggio storico: fra legislazione, tecnologie e complessità

IMMAGINE DI APERTURA – Copertina del libro a cura di Daniele Malfitana, Archeologia Quo vadis? Riflessioni metodologiche sul futuro di una disciplina, Catania 2018.

Pompei: il termopolio della Regio V tra nature morte, resti di alimenti e vittime dell’eruzione

“Pompei, ultima scoperta”, docufiction realizzata dall’appena nata Direzione Rai Documentari, con le immagini esclusive del Thermopolium, andato in onda in prima serata su Rai2 ha galvanizzato l’attenzione degli italiani. «I dati di ascolto del documentario su Pompei sono un segnale per la cultura e una pagina importante per il servizio pubblico. La Rai deve continuare a scommettere su programmi di qualità che rafforzano il legame degli italiani col patrimonio culturale». Con queste parole il ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo, Dario Franceschini, ha commentato il successo della trasmissione.

La scoperta archeologica è una ulteriore testimonianza della vita quotidiana a Pompei. Il Termopolio, oggi diremmo una tavola calda, è riemerso nello slargo che fa da incrocio tra il vicolo delle Nozze d’argento e il vicolo dei Balconi, nuovo ambiente di scavo della Regio V sul quale il documentario si è incentrato. Le decorazioni del bancone di vendita raffigurano su un prospetto, la bella figura di una Nereide (divinità marina) a cavallo, mentre sull’altro lato del bancone compaiono immagini inerenti alle attività di vendita. I termopoli erano molto diffusi nel mondo romano, tanto che nella sola Pompei se ne contano almeno ottanta. I cittadini avevano l’abitudine di consumare il prandium (il pasto) fuori casa. Lungo la via si fermavano al banco dove all’aperto si servivano bevande e cibi caldi, come sta ad indicare il nome stesso, di origine greca, formato dalle parole termos caldo e poleo vendo. I cibi erano conservati in grandi dolia (giare) incassate nel bancone di mescita in muratura. Si potevano gustare animali d’allevamento oppure cacciagione. L’ambiente della taverna era certamente di richiamo grazie al suo bancone a forma di “elle”, decorato da variopinte raffigurazioni che rappresentavano le attività che si svolgevano nella bottega. Né più né meno che un’insegna commerciale. Oltre ai dipinti sono state rinvenute anfore intatte e vasi con i resti degli alimenti e delle pietanze già cucinate. In uno dei riquadri riaffiorati è riprodotto l’ambiente della locanda, così come doveva mostrarsi ai frequentatori, con il banco con gli avventori, contenitori in vetro e in ceramica, mensole. In altri riquadri pittorici due anatre germane sul piano di vendita sono pronte per essere arrostite o farcite, e altre pietanze da assaporare. In un angolo è rappresentato un “cave canem” ovvero l’avvertimento di fare attenzione al un cane posto al guinzaglio. Sulla cornice qualche mattacchione ha graffito anche un insulto verso il padrone del locale, forse uno schiavo di recente reso libero, che suona letteralmente «Nicia cacatore invertito». I resti dell’uomo sulla cinquantina sono stati rinvenuti, insieme a quelli del suo cagnolino, nel retro del locale, disteso su una branda, schiacciato probabilmente dal crollo del solaio. Un altro corpo è stato rinvenuto presso il bancone.

Nel Termopolio sono stati rinvenuti oggetti da dispensa e da trasporto, come nove anfore, una patera di bronzo, due fiasche, un’olla di ceramica comune da mensa. Il pavimento dell’ambiente era rivestito da uno strato di cocciopesto (ovvero frammenti in terracotta pestata e mista a cementante), decorato a tratti con inserzioni di marmi policromi (alabastro, portasanta, breccia verde e bardiglio). Massimo Osanna, Direttore del Parco Archeologico di Pompei dal 2016, ha anticipato, nel corso delle conferenze stampa, l’intenzione di rendere molto presto visitabile al pubblico questa nuova area di scavo. «L’idea, pandemia permettendo è quella di aprire l’accesso al Termopolio a Pasqua 2021, facendo passare i visitatori dal cantiere di restauro della grande Casa delle Nozze d’argento, chiusa al pubblico ormai da decine di anni».

LEGGI LA SCHEDA SUL SITO DEGLI SCAVI: Riaffiora per intero il termopolio della Regio V

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Silvia Ippolito – La Befana: antenata donatrice, Nonna del fuoco, Vecchia/Strega d’Inverno

La Befana: una tradizione di origine remota, squisitamente italiana, e nondimeno per lo più soppiantata, al giorno d’oggi, dal primato – si noti, maschile – di Babbo Natale, figura più recente e nel complesso più rassicurante di quella che talvolta si presenta nel folklore come una vera e propria madre/strega distruttrice e pericolosa, persino divoratrice dei fanciulli cui fa visita, la notte del 6gennaio, a cavallo della sua scopa. In effetti, nonostante la Befana stessa sia stata sottoposta, quanto Babbo Natale/San Nicola a tentativi di “cristianizzazione” – si pensi alla sua identificazione con Sant’Agata o alla sua prossimità con la Santa Lucia del 13 dicembre -, questa risulta prima di tutto «erede di personaggi, funzionali all’interno delle culture contadine, ma inquietanti e inaccettabili perla Chiesa» (Erberto Petoia, Storia e leggende di Babbo Natale e della Befana, p. 18), e non potrà probabilmente mai liberarsi di quelle radici – eretiche, pagane, quindi stregoniche e demoniache – che le appartengono.

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La Befana: antenata donatrice, Nonna del fuoco, Vecchia/Strega d’Inverno

IMMAGINE DI APERTURA – Foto di efes da Pixabay

Zitti, zitti presto a letto la Befana è qui sul tetto

Questa sera è la più magica dell’anno per i bambini che attendono l’arrivo di quella vecchina che viaggia su di una scopa. Ve le ricordate le filastrocche sulla Befana? Ne abbiamo impastate un po’ di quelle filastrocche. Su internet ne troverete a iosa, per farlo anche voi. Noi abbiamo continuato ad impastare, e preparare, anche la ricetta del carbone, che non si trova in miniera, ma in cucina. Quello dolce naturalmente! Ve lo proponiamo per inserirlo in una calza di dolci, trastulli e giocherelli. Perché vale ricordare dove stanno in gran scompiglio cavallucci e pupazzetti, palle bambole e confetti. Lei li pone tra gli alari degli spenti focolari…
La Befana vien di notte con le scarpe tutte rotte, ha un cappello alla romana e anche le toppe alla sottana. La Befana di Torino ha due buchi nel calzino, mentre quella di Milano ha le toppe nel pastrano. La Befana è una vecchietta, linda arzilla e piccoletta; va discinta e in man la sacca, porta scarpe alla polacca. Lo sciallino ha sulla vesta e la cuffia porta in testa…

Zitti, zitti presto a letto
la Befana è qui sul tetto,
sta guardando dai camini
se già dormono i bambini,
se la calza è già appesa,
se la luce è ancora accesa!

Quando scende è sola-sola,
svelti, sotto le lenzuola!
Li chiudete o no quegli occhi?
Altrimenti… che balocchi?
Se non fate presto i buoni
solo cenere e carboni.

I fanciulli in sul mattino,
tutti corrono al camino
e a quei doni misteriosi
restan timidi e pensosi,
esclamando: “Cosa strana!
Chi sarà questa Befana?”.

Carbone dolce della Befana – Come prepararlo

INGREDIENTI:
1 Albume
500 gr. di Zucchero semolato
100 gr. di Zucchero a velo
1 Cucchiaio di Alcool puro o Vodka
Colorante alimentare a piacere
Acqua Q.B.

Consigli:
– Usate uno stampo piccolo e alto come quello per plumcake
– Siate rapidi dopo aver unito i due composti
– Preferibilmente usate coloranti in polvere, non renderanno liquida la glassa
– Fate attenzione con la cottura del caramello, potrebbe bruciare in pochi istanti

IMMAGINE DI APERTURA – Foto di GraphicMama-team da Pixabay 

Hieronymus Bosch – Trittico dell’Adorazione dei Magi

Il trittico aperto raffigura Maria che tiene in grembo Gesù e i tre Re Magi, in un modo che evoca le opere di Jan van Eyck (1390-1441 circa). Sul pannello di sinistra c’è Peeter Scheyfve, protetto da San Pietro e con il suo motto “Uno per tutti”, e sulla destra la sua seconda moglie, Agneese de Gramme, protetta da Sant’Agnese. Sul retro, con il tema della Messa di San Gregorio in semigrisaglia, sono inclusi altri due donatori. Il giovane è il figlio dei presidi, Jan Scheyfve, e il vecchio deve essere Claus Scheyfve, il padre di Peeter, morto prima del 1495, appartenente all’alta borghesia di Anversa. Le offerte dei re e i loro costumi includono scene dell’Antico Testamento che prefigurano l’Adorazione dei Magi nella Bibbia pauperum ( Bibbia dei poveri). El Bosco mette in mostra la sua abilità di pittore, evidente nell’opulenza dei costumi dei maghi e delle loro offerte, nella ricchezza dei materiali e nel modo magistrale con cui traduce i tocchi di luce con pennelli finissimi, come se disegnato, come si trova nel gruppo del sacrificio di Isacco.

CONTINUA LA LETTURA SULLA SCHEDA DEL MUSEO DEL PRADO A MADRID  Tríptico de La Adoración de los Magos

 

Trittico chiuso
Trittico aperto

Desy Icardi – Il fantasma del lettore passato

I protagonisti de L’annusatrice di libri tornano in questo racconto natalizio vivace ma anche commovente, particolarmente adatto a queste strane Feste. Cosa farà l’avvocato Ferro la notte di Natale? Riuscirà a stare senza libri fino a dopo Santo Stefano rispettando un fioretto fatto suo malgrado?
E Madama Peyran? Festeggerà come ha in mente da tempo facendo una sorpresa ad Adelina?

Torino, dicembre del 1959. In libreria si aggirano strani figuri: l’avvocato Ferro è contrariato dalla frenesia natalizia che si è impossessata della gente e gli impedisce di chiacchierare amabilmente, come d’abitudine, con il suo libraio di fiducia. Ovunque c’è aria di festa ma l’ottantottenne bibliofilo vorrebbe solamente starsene a in casa a leggere tutto il giorno, tra gli adorati libri che continua a collezionare compulsivamente. I suoi piani però verranno sconvolti da un invito inaspettato e da un libro che lo metterà faccia a faccia con il suo spirito di lettore…

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IMMAGINE DI APERTURA di Georgi Dyulgerov da Pixabay