di Sergio Bertolami
12 – La ricerca d’inconsueti traguardi espressivi.
Uno striscione sventolava: “Spianare la strada ai giovani talenti!”. Era il 1889, l’anno in cui fu istituito il primo Salone di Monaco al Glaspalast. Non era importante che desse vita a una nuova serie di mostre, quanto che fossero d’arte moderna. Un giovane pittore, fiducioso, inviò per la prima volta i suoi lavori a un evento pubblico. Fra i visitatori i soliti parrucconi accademici scuotevano la testa per disapprovazione. Stavolta, però, Bruno Piglhein, direttore della giuria faceva la differenza e la mostra rivelò, immancabilmente, come quel giovane 26enne, sconosciuto ai più, avesse intravisto una direzione del tutto nuova col suo Guardiano del Paradiso. Grazie a questo dipinto Franz von Stuck assurse a gloria, vinse la medaglia d’oro del Münchener Jahresausstellung 1889 ed anche la notevole somma di 6000 marchi. Non da poco, soprattutto per il figlio di un modesto mugnaio, che si era mantenuto all’accademia disegnando vignette per la rivista umoristica Fliegende Blätter. Sparuti lettori lo conoscevano come disegnatore e come illustratore. Come pittore, però, attirò l’ammirazione di tutti, e più che altro l’attenzione dei critici. La sua opera imponente – 250×167 cm – suscitò meraviglia per l’abilità artistica e la tecnica insolita. L’impasto, simile a smalto dietro la spada infuocata dell’angelo, restituiva lo splendore sensoriale di un paradiso scintillante di rosa, azzurro e giallo. L’opera suscitò scalpore, perché da una parte rompeva con la tradizione – con la pittura allegorica, con la pittura storica, con la popolare pittura Lederhosen di genere contadino – dall’altra non poteva neppure considerarsi aderente ai nuovi movimenti tanto vituperati dall’accademia e lodati dall’avanguardia monacense: il naturalismo o l’impressionismo. Piuttosto, Franz von Stuck sembrava essere più vicino a Böcklin, il maestro di Zurigo, il “pittore dell’anima e della mente”, mentre con un occhio guardava ai preraffaelliti inglesi e ai simbolisti francesi. In effetti, con Arnold Böcklin condivideva affinità interiori: gli aveva schiuso le porte di una bellezza mai immaginata, gli aveva arricchito il mondo di nuovi valori.
Un anno dopo il fortunato debutto, nella seconda mostra di Monaco, quella del 1890, fu ancora un angelo a sconcertare il pubblico. Un angelo caduto. Stuck nel grande Palazzo di vetro delle esposizioni che lo aveva consacrato presentò, infatti, il suo Lucifero. Il demone incarnava il pathos dell’odio. Seduto, con le ali ripiegate, piantava sugli spettatori due occhi verdi, brillanti, vendicativi. Re Ferdinando di Bulgaria, impressionato, nel 1891 acquistò il dipinto per il suo palazzo, e una volta raccontò a Stuck che a corte si facevano il segno della croce quando ci passavano accanto. Raggomitolato Lucifero simboleggiava l’esatto opposto dell’autorevole angelo a guardia delle porte del paradiso. Livido di rancore per il senso di colpa, era ritratto come il genio del male, non certo come il consueto diavolo caprone della tradizione ecclesiastica. Commentava Nietzsche, a ragione, che la figura seduta, con le gambe unite e la mano a coppa sul mento, rammentava indubbiamente uno dei Dannati nel Giudizio Universale di Michelangelo o Il pensatore di Rodin del 1880. Nonostante i consensi unanimi, Stuck aderì alla Secessione di Monaco del 1892, di cui Bruno Piglhein, il suo scopritore al Glaspalast, fu il primo presidente. Il successivo 1893 fu cruciale per la carriera del giovane pittore. Gli fu concesso il titolo di professore e la prima Mostra della Secessione, sostenuta persino dal Principe reggente Luitpold di Baviera, lo rese partecipe di un clamoroso successo. Ora Stuck credeva che fosse finalmente maturato il tempo per ricevere, col dipinto esposto, il riconoscimento decisivo al quale aspirava. Non si sbagliava affatto, perché è il suo capolavoro assoluto. Da quel momento in poi le porte del successo furono definitivamente aperte. A suo merito, occorre aggiungere che sebbene Stuck abbia aderito alla Secessione, rimase sempre in buoni rapporti con i colleghi del Künstlergenossenschaft.
Dopo un angelo paradisiaco e uno caduto, ora non poteva che rappresentare la caduta dell’uomo di fronte alla figura di una donna fatale, dipinta «per farti impazzire». È questo sotteso erotismo, che Thomas Mann descrive nella novella Gladius Dei quando i passanti di Monaco di Baviera rimanevano attratti da una singolare fotografia esposta in una delle vetrine. Inquadrata in una cornice dorata, riproduceva la tela di uno straordinario artista, capace di fondere erotismo e religione. Nell’idea dello scrittore era una Madonna, moderna e priva di convenzioni, dalla femminilità inebriante. Nell’interpretazione di Stuck erano invece Eva e il serpente, che in un tutt’uno incarnavano il senso del peccato. E, infatti, il Peccato s’intitola questo quadro che ha trascinato folle di ammiratori alla Neue Pinakothek, dove l’opera fu installata subito dopo essere stata acquistata. In uno dei suoi libri migliori, L’anno dei bellissimi inganni, il poeta Hans Carossa descrisse così la profonda impressione che questo famoso lavoro produceva sugli spettatori del tempo, come lui. «La fama del dipinto ci ha spinto attraverso le gallerie; non ci fermammo da nessuna parte e aprimmo gli occhi solo quando finalmente ce lo trovammo di fronte. Era esposto su di uno speciale cavalletto nella sua ampia e monumentale cornice d’oro, […] e ora fissavamo la notte dei capelli e del serpente, che non lasciavano scorgere troppo il pallido corpo femminile. Il viso in ombra con il bianco-bluastro degli occhi scuri inizialmente mi parve passare in second’ordine rispetto alla lucentezza metallica del serpente attorcigliato, con la sua testa malvagia e ben delineata e l’opaca orditura a scacchi del dorso, su cui una delicata linea blu correva come una cucitura. […] Ci sono opere d’arte che rafforzano il nostro senso di comunità, e ce ne sono altre che ci seducono nell’isolamento. La pittura di Stuck apparteneva a quest’ultimo gruppo».
Non stiamo parlando solo di un quadro dalla cornice dorata, ma di una vera e propria installazione imponente, con due colonne doriche che conferiscono sacralità. Quest’aura di venerabilità fu ulteriormente riproposta da Stuck nel suo atelier, quando montò una seconda versione del Peccato come un “altare dell’arte”, dove nell’ordine sottostante pose a sinistra la scultura di una Ballerina (l’eternamente femminile) e a destra un Atleta (la virile mascolinità). Tra le due, la testa di un bambino, a personificare l’innocenza. In seguito, scrive Edwin Becker, Stuck inserì alcune conchiglie Nautilus, che in quanto a simboli erotici non lasciavano nulla all’immaginazione. Il dettaglio piccante era che l’altare stava proprio di fronte alla camera delle modelle, che amava fotografare nella loro nudità.
L’atelier storico di Stuck si trovava all’interno della sontuosa villa che, a soli trentacinque anni, poté edificare al n. 60 della Prinzregentenstraße. Questo dà la misura dell’enorme successo dell’artista. Stuck concepì personalmente la villa nel 1897/98 e, sempre su suo disegno, nel 1914/15 fece aggiungere un nuovo edificio-studio prospiciente il giardino interno, una combinazione di modelli pompeiani con opere d’arte moderna. Nel 1928, poco prima della sua scomparsa, già reputato il “principe pittore degli artisti”, fu insignito honoris causa anche del titolo di architetto dall’Università Tecnica di Monaco. Stuck ideò l’immagine architettonica della villa, ispirandosi al quadro di Böcklin La villa sul mare, e per le decorazioni interne, per i mobili che disegnò appositamente, per le opere d’arte che la impreziosivano, ricevette una medaglia d’oro all’Esposizione Universale di Parigi del 1900. Così come era stato premiato, sempre con una medaglia d’oro, alla Esposizione Mondiale di Chicago nel 1893, quando aveva fatto conoscere il nuovo corso artistico della Secessione di Monaco. Non erano formali questi premi, ma il riconoscimento di una svolta vera. Basti pensare che il principio fondamentale di questa villa d’artista è l’opera d’arte totale nella quale trovano accordo fra loro l’esistenza, la natura, le arti e l’architettura, la musica e il teatro. Dal 1992 Villa Stuck è diventata il terzo museo della città di Monaco: luogo aperto a tutti i visitatori, con una collezione permanente di opere di Franz von Stuck ed esposizioni temporanee sulle arti applicate del XX secolo, fonte d’ispirazione artistica e opportunità di scambio museale.
IMMAGINE DI APERTURA – L’orologio al Musée D’Orsay – Foto di Guy Dugas da Pixabay