Chiara Devoti – Viaggiare, ricordare, narrare e rappresentare

Il lavoro si propone di evidenziare come il viaggio (quale che ne sia la sua origine, dallo studio, al lavoro, al diletto), imprima nella memoria del viaggiatore un ricordo – non sempre necessariamente veritiero e certo – ma al contrario profondamente contrassegnato dalla propria sensibilità, formazione, provenienza. Dai taccuini di schizzi che vengono a posteriori ‘messi in bella’, alle raccolte di incisioni appositamente realizzate, fino ai ‘carnets de voyage’, la memoria assume codificazioni, modelli, a tratti ripetitivi, in altri casi innovativi, fino alla costruzione di paesaggi di mito, in larga misura inventati, nella maggior parte dei casi stereotipati.

CONTINUA A LEGGERE SU ACADEMIA.EDU (OPPURE SCARICA IL LIBRO): Viaggiare, ricordare, narrare e rappresentare: modelli e soluzioni di trasmissione degli esiti del viaggio

IMMAGINE DI APERTURA – Copertina del volume



Milano: Perché siamo come tronchi nella neve

Il tumore al seno è la malattia oncologica più diffusa fra le donne in tutto il mondo; gli studi più recenti confermano che il numero dei casi diagnosticati è in aumento, a tutte le latitudini. In Italia, ad esempio, si ammalano di carcinoma al seno più di 50 mila donne ogni anno. È per questo che l’Associazione Praevenus, associazione nata nel 2019 con l’obiettivo di estendere la cultura della prevenzione e sostenere tutte quelle donne che vivono o che hanno già avuto l’esperienza del cancro al seno, ha deciso di organizzare un progetto che unisce arte e prevenzione.

MILANO – SOCIETÀ UMANITARIA
17 – 30 GIUGNO 2021

UN PROGETTO AL FEMMINILE
PER SENSIBILIZZARE LA PREVENZIONE DEL CANCRO AL SENO

Nel Chiostro dei Glicini, una mostra e un’asta dal titolo

Perché siamo
come tronchi nella neve

con opere di ventuno artiste in favore dell’Associazione Praevenus.
Sabato 19 e sabato 26 giugno, visite senologiche di prevenzione gratuite in Umanitaria.

Adelisa Selimbasic, Maria, olio su tela, 50x70cm , 2020

Dal 17 al 30 giugno (con inaugurazione su invito mercoledì 16) la Società Umanitaria di Milano (via Francesco Daverio 7) ospiterà la mostra Perché siamo come tronchi nella neve, a cura di Luca Zuccala e Andrea Tinterri, col patrocinio del Comune di Milano, che presenterà i lavori di ventuno artiste – Luisa Badino, Irene Balia, Elisa Bertaglia, Chiara Calore, Anna Capolupo, Linda Carrara, Sabrina Casadei, Barbara De Vivi, Chiara Enzo, Alice Faloretti, Beatrice Gelmetti, Silvia Giordani, Beatrice Meoni, Elisa Muliere, Marta Naturale, Greta Pllana, Nazzarena Poli Maramotti, Vera Portatadino, Adelisa Selimbasic, Chiara Sorgato, Sophie Westerlind – che restituiscono un ampio panorama sulla pittura contemporanea italiana; linguaggi spesso differenti capaci di comporre un quadro esaustivo sull’attuale ricerca pittorica nazionale.

“Abbiamo vissuto sedici mesi sospesi dalla pandemia, ora che il peggio è passato ritengo fondamentale riportare l’attenzione sui temi della prevenzione oncologica in generale e nello specifico della prevenzione del tumore al seno”, afferma Mario Rampa – senologo e Presidente dell’Associazione Praevenus ETS.

“Ogni anno questa malattia colpisce oltre 54000 donne e poco meno di 900 uomini del nostro Paese – prosegue Rampa -. La diagnosi precoce è ancora oggi l’arma più potente che abbiamo, e per fare diagnosi precoce servono bravi medici e soprattutto una forte volontà delle nostre donne a intraprendere un percorso di prevenzione. La forte volontà scaturisce dalla conoscenza e dalla cultura, così ho pensato di parlare alle nostre ragazze, alle donne del futuro attraverso questa iniziativa che prevede un’asta delle opere esposte il cui ricavato servirà a realizzare un cortometraggio che, attraverso un linguaggio semplice e immediato possa diffondere la cultura del prendersi cura di sé e della prevenzione”.

Durante i sabati 19 e 26 giugno, il dottor Mario Rampa “trasferirà” il suo studio nei chiostri di via Francesco Daverio 7 per offrire gratuitamente al pubblico informazioni e visite senologiche di prevenzione.

(prenotazione obbligatoria fino a esaurimento posti alla mail prevenzione@umanitaria.it)

Durante tutto il corso dell’esposizione sarà possibile presentare offerte scritte per le opere in mostra. Mercoledì 30 giugno è in programma alla Società Umanitaria l’asta delle opere esposte di cui parte del ricavato sarà destinato alla produzione del cortometraggio “Fenice Rosa” rivolto agli studenti delle medie superiori e delle università sul tema della prevenzione.

Perché siamo come tronchi nella neve è l’incipit di un breve racconto di Franz Kafka:

Perché siamo come tronchi nella neve. Apparentemente vi sono appoggiati, lisci, sopra, e con una minima scossa si dovrebbe poterli spingere da una parte. No, non si può, perché sono legati, solidamente al terreno. Ma guarda, anche questa è solo un’apparenza.

Un titolo che interpreta il progetto dell’esposizione, ovvero una narrazione che insiste sulla vulnerabilità dell’essere umano, sulla sua intrinseca fragilità. Ma il racconto è solo il punto di partenza, una constatazione a cui reagire innescando meccanismi virtuosi di protezione individuale e collettiva. Per questa ragione alle artiste coinvolte è stato consigliato di lavorare sulla dimensione del rifugio, come forma di protezione e sicurezza. Un tema ampio, aperto a sollecitazioni biografiche, di cronaca, letterarie, filosofiche. Il rifugio è anche lo spazio in cui poter pensare al cambiamento, ad una rivoluzione in atto, ad uno slancio, ad un’azione. Il rifugio è uno spazio di possibilità, di pensiero.

L’Associazione Praevenus nasce nel marzo 2019 per diffondere la cultura della prevenzione e sostenere tutte quelle donne che vivono o che hanno già avuto l’esperienza del cancro al seno.

Praevenus onlus con questo progetto intende:

  • Realizzare un docu-film al fine di sensibilizzare al tema della malattia oncologica mammaria, dell’importanza della prevenzione e della necessità di un volontariato formativo.
  • Ideare, attivare e coordinare un numero verde per rispondere a quesiti e problematiche e per fornire una immediata e diretta assistenza.
  • Promuovere attività di informazione sulla prevenzione per il tumore al seno in ambienti istituzionali e non.
  • Sensibilizzare le istituzioni sul tema della prevenzione, della lotta e della cura al tumore al seno.
  • Reperire fondi che consentano all’Associazione di espandere la sua mission attraverso azioni sul territorio.

IMMAGINE DI APERTURA – Chiara Enzo, Un istinto. Dittico, 2021. Tempera, pastello e matite colorate su cartoncino incollato su tavola, cm 19 x 19 e cm 19 x 13

Zeila Tesoriere – Atlante Nuovo Edificio Pubblico

Genealogia breve, introduttiva ad una nuova idea di edificio pubblico. Si leggono gli inizi sparsi di trasformazioni progressive che oggi vanno condensate in nuovi edifici, in cui pubblico e privato superino un secolare antagonismo per attivare nuove capacità di esercizio, gestione, manutenzione, trasformazione delle architetture. Ridisegnati dagli studenti del mio Laboratorio IV di progettazione architettonica AA 2018-19, ogni settimana un approfondimento. Presentazione in seminario finale.

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IMMAGINE DI APERTURA – Copertina del volume



Miriam Mafai – Il giornalista

«Un mestiere finito. Dequalificato. Asservito: ai partiti, ai potentati economici, alla pubblicità. Burocratizzato. Senza più prestigio né credibilità. Malpagato.»«… si dice tra di noi che il primo consiglio da dare a un giovane che voglia fare il giornalista è di nascere figlio di giornalista, o figlio di un amico di un grande giornalista. Non sempre questo consiglio è seguìto, e qui cominciano i guai.»«… non sono sicura che non ci fossero brillanti giornalisti tra coloro che in tutti questi anni hanno bussato invano alla porta delle redazioni. Non sono sicura che abbiano vinto la corsa i migliori. E mi chiedo se questo lungo tirocinio, questa lunga attesa non selezionino negli aspiranti, anziché lo spirito critico e la passione per il mestiere, la tendenza al conformismo e l’accortezza a tacere.»Miriam Mafai

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IMMAGINE DI APERTURA – copertina del libro 



Ridisegnare la casa: i negozi di Bing e Meier-Graefe in omaggio alla donna emancipata

di Sergio Bertolami

22 – La Maison de l’Art Nouveau e La Maison Moderne

Nel loro Journal (1851-1870) i fratelli Edmond e Jules de Goncourt, avevano annotato più volte notizie riguardanti le proprie collezioni di stampe orientali. Vi si legge: «Tutto ciò che [i giapponesi] fanno è prendere da ciò che osservano. Loro rappresentano quanto vedono: l’effetto incredibile del cielo, le strisce su di un fungo, la trasparenza di una medusa». Trentacinque anni più tardi l’idea si conservava ancora intatta. Scriveva Peter Altemberger su Ver Sacrum: «I giapponesi dipingono un ramo fiorito ed è tutta la primavera. Da noi si dipinge tutta la primavera e ne esce appena un ramo fiorito». L’influenza esotica aveva fortemente contrassegnato le creazioni delle industrie artistiche francesi: bronzi, ceramiche, cristalli, mobili, tessuti, carte da parati. Persino le sculture rispecchiavano il nuovo gusto. L’accademico Alexandre Falguière aveva, infatti, rappresentato L’Asia in stile giapponese. Era una delle sei statue realizzate per la serie I sei Continenti all’Esposizione Universale di Parigi del 1878. Tutti i grandi atelier artistici avevano preso in prestito dai giapponesi i motivi esotici: nelle opere di alta oreficeria di Bouilhet o di Christofle, nei gioielli di lusso di Falize, nei raffinati cristalli di Baccarat. Questo esotismo di espandeva anche fuori di Francia: negli Stati Uniti a New York con i gioielli di Tiffany, in Inghilterra a Worcester con la porcellana “bone china ”, in Belgio a La Louvière con le ceramiche Boch Frères.

Panorama dell’esposizione universale del 1878

Bing fece di meglio. Basta riassumere brevemente il suo percorso, per rendersi conto. Aveva preso il controllo degli affari parigini di famiglia subito dopo la guerra franco-prussiana e per rinsaldare la posizione aveva anche ottenuto la cittadinanza francese nel 1876. Il suo primo contatto con l’arte giapponese come collezionista si può datare intorno al 1860; la commercializzazione vera e propria fu avviata negli anni Settanta dell’Ottocento; l’apertura del negozio in rue Chauchut coincise con l’Esposizione Internazionale di Parigi del 1878; il primo viaggio in Giappone nel 1880 gli permise di acquisire arte giapponese, sia antica che contemporanea. Sappiamo bene che alcuni commercianti – come Madame de Soye per La Porte Chinoise – si accontentavano di scegliere la propria merce orientale fra quanto regolarmente era scaricato nei porti francesi. Altri, invece, come i fratelli Sichel (Auguste, Philippe e Otto), ad esempio, passavano diversi mesi nel lontano arcipelago per stringere contratti d’affari ed ottenere prodotti migliori e più vari. Ma nessuno come Siegfried Bing era riuscito a stabilire rapporti commerciali con i collezionisti privati giapponesi di antichità, le cui aziende erano ancora fuori dalla portata degli stranieri. Per questo aprì uffici a Yokohama e Kobe, e ciò gli permise di espandere le proprie vendite d’arte giapponese anche ai musei, in Francia e all’estero. Questi rapporti diretti permisero di pubblicare fra maggio 1888 ed aprile 1891 un elegante mensilmente in tre lingue, Le Japon artistique, sottotitolato Document d’art et d’industrie.

Le Japon artistique

A chi si rivolgeva questo nuovo periodico? È Bing stesso a precisarlo: «Si rivolge in particolare alle tante persone che, a qualsiasi titolo, sono interessate al futuro delle nostre arti industriali, in particolare a voi, modesti lavoratori o grandi manifatturieri, che avete un ruolo attivo in questa parte della nostra forza produttiva. Nelle nuove formule artistiche che ci sono arrivate dalla costa più estrema dell’Estremo Oriente, dobbiamo cercare qualcosa di più di un piacere platonico [che tanto interessa] i nostri dilettanti dall’umore contemplativo. Vi troveremo esempi degni a tutti gli effetti di essere seguiti, non certo per scuotere le basi del nostro vecchio edificio estetico, ma per arrivare ad aggiungere una forza in più a tutte quelle di cui per secoli ci siamo appropriati per sostenere il nostro genio nazionale». Tuttavia, occorreva esprimere una predilezione tra i tanti modelli che si erano fatti strada negli ultimi anni in Europa: «Tra questi modelli, dovremo ora scegliere quelli che, con il sapore della terra, si uniscono anche alla bellezza eclettica che non ha patria; un’attenzione particolare dovrebbe essere data ai soggetti che si adatteranno senza sforzo alle esigenze e ai costumi della nostra cultura occidentale, evitando tutto ciò che servirebbe semplicemente a provocare peccati ciechi o pastiche umilianti […] I nostri produttori sono troppo saggi per lasciare inutilizzata una tale abbondanza di risorse preziose, e tra disegnatori industriali e illustratori di libri, tra architetti e decoratori, produttori di carta da parati o fantasia, tra stampatori di tessuti e tessitori di seta, ceramisti, bronzieri e orafi, come finalmente tra tutta la folla di operai impiegati in un centinaio di piccole industrie, non ce n’è uno che non troverà proficua consultazione da una raccolta di documenti che riassume il lavoro di diverse generazioni di valorosi artisti». Il ragionamento di Bing si innestava sensatamente nell’arte del suo tempo: se l’eclettismo aveva carattere universale, perché «la beauté éclectique n’a pas de patrie», allora anche dalla cultura giapponese si potevano cogliere i frutti giusti.

Manifesto della mostra del 1899 curata da Bing alla Grafton Gallery di Londra

L’appello di Bing non rimase inascoltato. Molte delle grandi Maison dell’epoca si rivolsero al naturalismo del “filo d’erba” d’ispirazione giapponese, tralasciando le artificiose composizioni floreali di bouquet e ghirlande in Stile secondo Impero. Ecco, dunque, le nuove produzioni in vetro di Gallé o Lalique, i gioielli di Henri Vever, le porcellane di Limoges di Robert Haviland o quelle di Sèvres, i vasi di Tiffany a New York. Ma in quell’appello Bing stava delineando anche il suo futuro impegno personale. Poteva, infatti, spingere al massimo i propri interessi, verso una nuova visione dell’arte, facendo affidamento su di una straordinaria rete di colleghi ed amici, giovani e anziani, francesi, belgi, tedeschi. Il viaggio di Bing a Bruxelles nel 1893, in compagnia dello scrittore e critico Meier-Graefe, per incontrare l’artista van de Velde permise di definire i presupposti per la creazione della nuova galleria Art Nouveau. Il viaggio negli Stati Uniti nel 1894, dove conobbe Louis Comfort Tiffany, confermò che il sogno fino ad allora serbato doveva essere intrapreso. Meier-Graefe apparteneva ad una generazione più giovane della sua, per questo agì come un interprete delle nuove idee, quando insieme decisero che per raggiungere un vasto pubblico occorreva modernizzare gli interni delle case contemporanee, rendendole pratiche, quanto esteticamente gradevoli.

Maison Bing, di proprietà di Siegfried Bing, al 22 di rue de Provence, all’angolo di rue Chauchat, costruito nel 1895 da Louis Bonnier e distrutto nel 1922.

Il progetto si concretizzò nel 1895, allestendo La Maison de l’Art nouveau, al n. 22 di rue de Provence, appena voltato l’angolo di rue Chauchat dove al n.19 riscuoteva successo con la sua arte giapponese. In occasione del primo Salon dell’Art Nouveau, nel 1896, Meier-Graefe pubblicò non meno di tre articoli per la rivista Das Atelier su ciò che visse in prima persona nella nuova galleria d’arte. Bing aveva invitato artisti di tutta Europa a presentare opere, commissionò un manifesto all’artista svizzero Félix Vallotton e chiese all’artista belga Georges Lemmen di realizzare una stampa per la quale lui stesso chiarì quali fossero i suoi obiettivi estetici: «L’Art Nouveau si sforzerà di eliminare ciò che è brutto e pretenzioso in tutte le cose che attualmente ci circondano per donare il gusto perfetto, il fascino e la bellezza naturale, anche agli oggetti utilitari meno importanti».

Pubblicità pubblicata nel 1895 sulla rivista d’arte Pan
Ingresso alla Maison Art Nouveau al 22 rue de Provence a Parigi nel 1895.

Henry van de Velde progettò la maggior parte degli interni del negozio, mentre Tiffany & Co. spedì i suoi vetri policromi per le finestre e i pannelli decorativi. La galleria di Bing presentava intere stanze allestite nel nuovo stile Art Nouveau ed esponeva tessuti disegnati da William Morris e mobili di Georges de Feure. Nulla fu lasciato al caso, rinnovando il preesistente edificio e l’azienda. Meier-Graefe su Das Atelier, commentò le varie novità, in particolare l’importanza delle innovazioni che caratterizzavano le stanze. Il negozio esponeva non più singoli oggetti d’arte, ma varie tipologie d’interni, che Bing aveva commissionato all’architetto belga. Sottolineò l’impatto estetico della sala da pranzo e delle stanze più piccole posizionate su entrambi i lati. Un elogio particolare lo riservò ai vetri di Tiffany, che a suo avviso avevano superato il Sol Levante: «Qui, il Giappone è per la prima volta sconfitto, tutte le sue ceramiche non hanno minimamente questa meravigliosa, chiara magia di colore […] qui il colore viene fuori puro e con la massima audacia». Con queste parole Meier-Graefe esaltava il ruolo di Bing quale mecenate delle nuove arti. Questa era ormai la nuova linea d’azione, perché agli inizi del 1898, Bing prese seriamente in considerazione di aprire, a supporto del negozio, anche un suo atelier, come aveva fatto Louis Comfort Tiffany in America e molti altri che lavoravano in Europa. Bing decise di assumere validi progettisti ed artigiani che sapevano realizzare progetti conformi alla sua visione, in modo da discostarsi dal semplice ruolo di importatore, di commerciante, di promotore di opere create da artisti di vari paesi e di varie convinzioni, per arrivare a definire una concezione unitaria, totale, che si accordasse alle proprie idee riguardo al design moderno della casa. Bing lanciò i suoi atelier alla fine del 1898.

Planimetria della Maison Bing con i due ingressi da rue Chauchat e da rue de Provence

La data precisa d’inizio dei laboratori Art Nouveau è difficile da stabilire. Gabriel P. Weisberg (Redesigning The home, Bing’s art nouveau workshops) ci informa che nel 1897 Bing stava predisponendo cornici, specchi e vari altri oggetti utili per la casa, facendo rilevare che i disegni erano in fase di completamento nei propri atelier. In altri documenti comparivano richieste per forniture di tappeti, carta da parati, compresa una serie coordinata di mobili disegnata da Henry van de Velde. Alcuni di questi primi modelli sono documentati in un album fotografico che Marcel Bing (suo figlio) ha donato al Musée des Arts décoratifs di Parigi, nel 1908. Per ospitare i laboratori, Siegfried Bing ottenne di sopraelevare la preesistente costruzione, e una volta conclusi i lavori non perse tempo nel pubblicizzare le manifatture su La Revue Illustrée. Diverse foto e grafici nell’articolo mostrano gruppi di designer, ebanisti e gioiellieri, concentrati nel lavoro. Tuttavia, come indicato dalle planimetrie del terzo piano, nonostante la ristrutturazione, le officine non erano poi così grandi da ospitare troppi artigiani. Quindi, intorno al 1899-1900, per fare fronte alla ricchezza di idee dei giovani progettisti, Bing iniziò ad affidare a sempre più aziende esterne le realizzazioni.

Atelier di progettazione

Con i suoi laboratori d’arte bene organizzati e con gli accordi stretti con le principali aziende produttrici di tessuti e ceramiche, Bing e l’amico Meier-Graefe, nel 1899 si resero presto conto di avere aperto un nuovo mercato. Anche il negozio di Meier Graefe, La Maison Moderne, sempre a Parigi, fu aperto nel 1899, a settembre. Rispondeva all’esigenza di soddisfare una clientela più giovane rispetto a quella di Bing. Ambedue erano contrari agli interni tradizionali strapieni di cianfrusaglie. Annotava Meier-Graefe: «Il gusto moderno odia tutto ciò che sembra bric-à-brac, che soffoca in questo interminabile bric-à-brac, che ha caratterizzato le case parigine durante il Secondo Impero […] Il gusto moderno guarda prima di tutto allo spazio; preferisce la luce, l’aria e il colore». Il colore, appunto, era diventato il fattore determinante nella creazione di un senso di unità nella decorazione degli interni. D’altra parte, lo scopo delle case era di viverci, e per questo motivo avrebbero dovevano trasmettere la qualità della presenza artistica. Gli oggetti, utili o decorativi, avrebbero dovuto essere realizzati dalla mano di un artista, non dalla macchina. Né più né meno di quanto avveniva in Giappone, dove l’oggetto più semplice, utilizzato in casa, metteva in mostra qualità artistiche. Era tutto questo una sorta di marketing ante litteram, uno specifico programma propagandistico rivolto alle donne moderne, alla quali era demandata la guida della casa. Ecco perché i manifesti che pubblicizzavano questi due negozi si incentravano su di una nuova figura femminile. Non una donna fatale, ma una donna vestita in modo elegante, moderna, capace di esprimere emancipazione e seduzione nel contempo, una musa ispiratrice delle varie arti innovative come la ceramica, il vetro, i tessuti, i mobili.

Maurice Biais, La Maison Moderne, ca. 1901-02. Manifesto. Parigi, Musée de la Publicité

Quando nel 1900 Bing si trovò a promuovere in modo influente la Maison de l’Art nouveau all’Exposition Universelle all’Esplanade des Invalides, era giunto il momento ineguagliabile per affermare le nuove idee. «Doveva dimostrare visivamente di aver capito che le donne, specialmente le donne alla moda, erano quelle che avrebbero avuto i mezzi per riempire le loro case con i mobili, gli oggetti d’arte, le sculture e i dipinti, che vendeva nella sua galleria. Natura e Giappone, quegli aspetti che Bing aveva utilizzato nelle precedenti campagne pubblicitarie, si combinavano in queste immagini con la nuova donna che era diventata l’icona dell’epoca della Belle Epoque» (Gabriel P. Weisberg).

Pubblicità del negozio di Bing all’Esposizione Universale di Parigi nel 1900

IMMAGINE DI APERTURA – L’orologio al Musée D’Orsay – Foto di Guy Dugas da Pixabay 

La sezione aurea potrebbe davvero essere nata in Africa?

“Intorno al mondo” è il titolo che abbiamo pensato per caratterizzare alcune nuove pagine di Experiences. Riguarderanno temi sui quali vale riflettere e che possiamo trovare navigando i migliori siti web del globo, sulle riviste culturali e sui quotidiani internazionali. Saranno fonti autorevoli, selezionate, interessanti e originali. Tali fonti permetteranno di osservare aspetti differenti dall’usuale, oppure fonti che porteranno l’attenzione su questioni che già conoscevamo e che avevamo trascurato, argomenti che sentivamo comunque vicini alla nostra sensibilità. Tutto vero. Noi di Experiences, per onestà intellettuale, vorremmo però fare di più. Cercheremo anche di sorprenderci in prima persona (e al contempo sorprendere chi condivide le nostre idee), scoprendo realtà oggettive che non conoscevamo per niente e che faremo in modo di comprendere. Anche se potrebbero sconvolgere il nostro abituale modo di pensare.

THE CONVERSATION

La sezione aurea potrebbe davvero essere nata in Africa?

Il design rimane una professione in gran parte bianca, con i neri ancora ampiamente sotto-rappresentati. Questo potrebbe essere attribuito al fatto che i principi prevalenti del design, fino a qualche anno fa, sembravano essere vicini alle tradizioni occidentali, con presunte origini nell’antica Grecia e nelle scuole tedesche, russe e olandesi, considerate come i modelli del settore. Una “estetica nera” sembrava improbabile. Ma cosa succederebbe a scoprire che un’estetica africana è profondamente radicata nel design occidentale? Non da oggi, ma da sempre!



LITERARY HUB

Perché così tanti romanzieri scrivono di scrittori?

David Laskin si sofferma su di un inflessibile paradosso letterario. Fare di uno scrittore il protagonista del proprio romanzo. Perché? Semplice: c’è qualcosa di irresistibile nel vedere uno scrittore esaltato, deriso, punito, perplesso, frustrato, insultato e vendicato sulla pagina.



AEON

Il Ratto di Europa di Tiziano (circa 1559-62). 
Per gentile concessione dell’Isabella Stewart Gardner Museum, Boston

Dovremmo censurare l’arte?

Abbattere dipinti sessisti o monumenti razzisti solleva tanti problemi quanti ne risolve. C’è un modo migliore per combattere l’odio? Non è un discorso semplice. In verità, la censura è sempre piena di problemi, in generale, per non parlare poi della censura artistica, che è molto più complessa.  Quindi abbiamo bisogno di trovare nuovi modi per segnalare la nostra inquietudine, il nostro disgusto e l’indignazione per l’arte che perpetua l’ingiustizia sociale. Scopriremo come fare? Leggiamo.

IMMAGINE DI APERTURA: Foto di OpenClipart-Vectors e fevzizirhlioglu da Pixabay

Gustavo Vitali: Il Signore di Notte – Un appassionate thriller storico nella Venezia dei dogi

Venezia, 16 aprile 1605. Viene rinvenuto nella sua modesta dimora il cadavere di un nobile caduto in miseria, primo delitto di un giallo fitto fitto che ha come sfondo la Venezia alle soglie del Barocco. Sul luogo si precipita il protagonista del racconto, Francesco Barbarigo. Come “Il Signore di Notte”, dà il titolo al racconto e richiama espressamente la magistratura incaricata dell’ordine pubblico, sei giudici e insieme capi della polizia. Si tratta di una persona realmente vissuta ai tempi così come i principali personaggi della storia che, al contrario, è di pura invenzione. Questo particolare ha comportato un copioso lavoro di ricerca come documentato nella bibliografia del libro.

È solo il primo dei delitti che affiorano in una trama intensa ed intrigante. Sono coinvolte le figure più varie, da quelle di primo piano, a quelle defilate nei contorni. L’autore apre così un’ampia carrellata su aristocratici ricconi e quelli che vivacchiano malamente, mercanti, usurai, bari, prostitute e altri. Nella vicenda tutti recitano i rispettivi ruoli e la contestualizzano in quella società veneziana che si era appena lasciata alle spalle un secolo di splendore per infilarsi in un lento declino. Compaiono anche personaggi sgradevoli, come i “bravi”, perché il tempo del declino è anche il loro, accomunati agli sgherri da una violenza sordida e sopraffattrice.

Sempre nell’ottica di addentrare il libro nella sua epoca, ecco l’aggiunta di brevi divagazioni su curiosità, usi e costumi, aneddoti, fatti e fatterelli. Costituiscono un bagaglio di informazioni sulla storia della Serenissima, senza interrompere la narrazione e senza che gli attori si defilino da questa.

Un discorso a parte merita la figura del protagonista. Se qualcuno spera nello stereotipo dell’eroe positivo, resterà deluso. Il Barbarigo è un uomo contorto che affronta le indagini con una superficialità pari solo alla sua spocchia. Vorrebbe passare come chi sa il fatto suo, spargere sicurezza, ma nel suo intimo covano ansie e antichi dolori. Non sa come cavarsi dagli impicci, cambia idea e umore da un momento all’altro, insegue ipotesi stravaganti e indaga su persone del tutto estranee al delitto. Il linguaggio è spiccio, crudo, spesso beffardo e dissacratorio, mette in ridicolo difetti e difettucci del protagonista e insieme quelli della società del tempo.

Sull’onda dell’improvvisazione e di una acclarata incapacità non si fa mancare nulla, nemmeno una relazione disinvolta, o quella che lui vorrebbe tale, con una dama tanto bella, quanto indecifrabile. Non capisce nulla neppure di questo strambo amore che gli causa presto nuovi turbamenti.

Cosicché nelle indagini, come pure nel letto, finisce con il collezionare una serie di disfatte clamorose fino a quando in suo aiuto accorre un capitano delle guardie che ha tutta l’esperienza e l’astuzia che mancano al magistrato. Tuttavia i due dovranno faticare ancora un bel pezzo per scrivere la parola fine a tutto il giallo che nel frattempo si è infittito di colpi di scena, agguati e delitti, compresi quelli che riemergono dal passato. Il finale sarà inaspettato e sorprendente.

IMMAGINE DI APERTURA – Elaborazione grafica libro

Minari è un film che parla del sogno americano? No, degli emigrati in America

“Intorno al mondo” è il titolo che abbiamo pensato per caratterizzare alcune nuove pagine di Experiences. Riguarderanno temi sui quali vale riflettere e che possiamo trovare navigando i migliori siti web del globo, sulle riviste culturali e sui quotidiani internazionali. Saranno fonti autorevoli, selezionate, interessanti e originali. Tali fonti permetteranno di osservare aspetti differenti dall’usuale, oppure fonti che porteranno l’attenzione su questioni che già conoscevamo e che avevamo trascurato, argomenti che sentivamo comunque vicini alla nostra sensibilità. Tutto vero. Noi di Experiences, per onestà intellettuale, vorremmo però fare di più. Cercheremo anche di sorprenderci in prima persona (e al contempo sorprendere chi condivide le nostre idee), scoprendo realtà oggettive che non conoscevamo per niente e che faremo in modo di comprendere. Anche se potrebbero sconvolgere il nostro abituale modo di pensare.

MINIMA & MORALIA

L’intelligenza di Minari

Minari è un film drammatico americano del 2020, scritto e diretto da Lee Isaac Chung. Rappresenta una versione semi-autobiografica dell’educazione infantile dello stesso Chung. La trama segue una famiglia di immigrati sudcoreani che si trasferisce dalla California all’Arkansas, in un loro nuovo appezzamento di terreno agricolo, che il capofamiglia spera di coltivare, producendo ortaggi coreani da vendere nei supermercati di Dallas. Cosa significa Minari? “Il minari è qualcosa di meraviglioso. È magico, va nel kimchi, nella minestra, nello stufato. È una specie di prezzemolo che cresce dappertutto ed è per tutti. Poveri e ricchi possono mangiarlo”. Lo spiega così, ai nipotini, Soon-ja, la stramba nonna coreana del film Minari.



THE GUARDIAN

A caccia di libri tra le rovine: come i bibliotecari ribelli della Siria hanno trovato speranza

In una città assediata dal regime di Assad, un piccolo gruppo di rivoluzionari ha trovato una nuova missione: costruire una biblioteca con i libri salvati dalle macerie. Per chi è bloccato in città, i libri hanno offerto una fuga fantasiosa dagli orrori della guerra.



LITERARY HUB

SWISHER SWEETS

di LAURA NEWMAN

Un titolo sarcastico? Swisher Sweets è uno dei produttori di sigari più famosi al mondo. Ma non è di questo che parla la storia, se è vero che la Newman ha fondato il “Comitato per l’eroina”, un gruppo che produce e gestisce spot pubblicitari per educare i genitori sulle droghe a cui i loro figli hanno maggiori probabilità di essere esposti. La storia che leggerete è stata finalista al Virginia Woolf Award for Short Fiction di LitMag, ed è estratta dall’ultima raccolta di racconti di Laura Newman The Franklin Avenue Rookery for Wayward Babies , su persone comuni che lottano contro eventi straordinari. 

IMMAGINE DI APERTURA: Foto di OpenClipart-Vectors e fevzizirhlioglu da Pixabay

Corse Dreamer – Corsica – La storia dimenticata

Un antenato che non ti aspetti o che forse solo immagini. Una corsa che parte nell’ottocento ed arriva ai giorni nostri attraverso due personalità ingegnose e perseveranti, tra aromi di terra e profumi di Corsica.

“Un atleta è ai blocchi di partenza della finale olimpica dei 100 metri piani, uno stadio gremito, il Covid-19 ormai dimenticato; in mezzo a tanto clamore, una bandiera corsa ed una statunitense sventolano sugli spalti dello stadio parigino. Il suo sguardo incrocia più volte quello dei propri rivali, la tensione sale, il sudore riga le fronti e ne inumidisce i petti. Solo lo sparo della partenza spezza l’incantesimo di questa tensione; gli atleti volano lungo le corsie rettilinee, finitamente parallele tra loro” …

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IMMAGINE DI APERTURA – copertina del libro 



In difesa delle fette biscottate… E altro ancora

“Intorno al mondo” è il titolo che abbiamo pensato per caratterizzare alcune nuove pagine di Experiences. Riguarderanno temi sui quali vale riflettere e che possiamo trovare navigando i migliori siti web del globo, sulle riviste culturali e sui quotidiani internazionali. Saranno fonti autorevoli, selezionate, interessanti e originali. Tali fonti permetteranno di osservare aspetti differenti dall’usuale, oppure fonti che porteranno l’attenzione su questioni che già conoscevamo e che avevamo trascurato, argomenti che sentivamo comunque vicini alla nostra sensibilità. Tutto vero. Noi di Experiences, per onestà intellettuale, vorremmo però fare di più. Cercheremo anche di sorprenderci in prima persona (e al contempo sorprendere chi condivide le nostre idee), scoprendo realtà oggettive che non conoscevamo per niente e che faremo in modo di comprendere. Anche se potrebbero sconvolgere il nostro abituale modo di pensare.

EATER

In difesa delle fette biscottate

Il fascino delle fette biscottate non è in ciò che sono intrinsecamente, è in ciò che possono essere. Sebbene siano così fragili che praticamente si sbriciolano sotto il peso del tuo respiro, le fette biscottate possono assumere più peso di quanto sia apparentemente possibile.



THE CRITIC

Emergere dall’ombra della Confraternita dei Preraffaelliti

Nata nel 1829, Elizabeth (‘Lizzie’) Siddal non ha mai visto una sua poesia pubblicata nel corso della sua vita. Tra il 1850 e il 1852 si unì alla Confraternita dei Preraffaelliti, facendo da modella per Holman Hunt e Millais, per il quale ha rappresentando la figura di Ofelia. Dal 1853 posò solo per Dante Gabriel Rossetti, di cui divenne musa e amante. Molti studi interdisciplinari si sono concentrati sul recupero culturale di poetesse dimenticate del diciannovesimo secolo. Il libro di Anne Woolley rappresenta un tentativo per colmare questa pecca. L’autrice prende, infatti, Elizabeth Siddal e la trasforma nella leggenda della Confraternita dei Preraffaelliti, per farla risorgere a pieno titolo.



LITERARY HUB

IL PASSEGGERO

ULRICH ALEXANDER BOSCHWITZ, TRAD. PHILIP BOEHM

Il racconto è tratto dal romanzo di Ulrich Alexander Boschwitz, The Passenger , tradotto dal tedesco da Philip Boehm. Boschwitz è nato a Berlino nel 1915 e ha studiato alla Sorbona di Parigi. Durante il suo soggiorno ha scritto due romanzi. Si stabilì poi in Inghilterra nel 1939, ma fu internato in Australia come “nemico straniero” tedesco allo scoppio della seconda guerra mondiale . Nel 1942, gli fu permesso di tornare in Inghilterra, ma la sua nave fu silurata da un sottomarino tedesco e morì insieme a tutti i 362 passeggeri. Aveva ventisette anni.

IMMAGINE DI APERTURA: Foto di OpenClipart-Vectors e fevzizirhlioglu da Pixabay