A Bologna la V Biennale di Fotografia dell’Industria e del Lavoro: 10 esposizioni nel centro storico e una al MAST

A Bologna dal 14 ottobre al 28 novembre 2021 si tiene la quinta edizione della Biennale di Fotografia dell’Industria e del Lavoro promossa e organizzata da Fondazione MAST con 10 esposizioni nel centro storico e una al MAST.

La Fondazione MAST presenta la quinta edizione di Foto/Industria, la prima Biennale al mondo dedicata alla fotografia dell’Industria e del Lavoro, che si svolgerà a Bologna dal 14 ottobre al 28 novembre, con la direzione artistica di Francesco Zanot: 10 mostre in sedi storiche del centro cittadino e una al MAST.

www.fotoindustria.it


JAN GROOVER, Senza titolo / Untitled, 1985
© Musée de l’Elysée, Lausanne – Jan Groover Archives

Titolo di Foto/Industria 2021 è FOOD, un tema di fondamentale importanza per il suo inscindibile legame con macroscopiche questioni di ordine filosofico e biologico, storico e scientifico, politico ed economico.
Al centro della Biennale si trova il soggetto dell’industria alimentare: il bisogno primario del cibo si sovrappone a quello delle immagini in un percorso che si sviluppa all’interno di una materia insieme senza tempo e di stringente attualità. Un settore in rapido sviluppo che risponde alle più importanti trasformazioni in atto su scala globale: la questione demografica, il cambiamento climatico e la sostenibilità. Fotografia e gastronomia si fondono dalla teoria alla pratica innescando una serie di riflessioni sulla complessità della “questione alimentare”.

“Il cibo è un fondamentale indicatore per analizzare e comprendere intere civiltà – scrive nel testo introduttivo del Photo book / Ricettario della Biennale il direttore artistico Francesco Zanot -. Le modalità attraverso cui gli alimenti vengono prodotti, distribuiti, venduti, acquistati e consumati sono in costante cambiamento e racchiudono pertanto alcuni caratteri distintivi di un’epoca, un periodo storico o un ambito culturale e sociale… Il cibo è linguaggio. Come la fotografia, gli alimenti incorporano e diffondono messaggi. Il risultato è un cortocircuito: qualsiasi fotografia di cibo è il frutto di un processo di ri-mediazione. Inoltre, fotografia e cibo hanno un legame speciale con la tecnologia. La fotografia nasce come tecnica. Camera oscura, pellicola e obiettivo sono conquiste dell’ingegno umano messe al servizio della scienza, dell’arte, della memoria e della trasmissione di informazioni. Per quanto riguarda il cibo, il punto di svolta è costituito dalla comparsa dell’agricoltura, che conduce dal nomadismo alla coltivazione e all’allevamento stanziali attraverso una serie di profonde innovazioni tecniche”.

Tra i principali argomenti oggetto delle 11 mostre che ripercorrono un secolo di storia dagli anni Venti ad oggi, figurano: l’industria alimentare e il suo impatto sul territorio; il rapporto tra alimentazione e geografia; la meccanizzazione della coltivazione e dell’allevamento; la questione del grano; l’alimentazione organica e naturale; i mercati e le tradizioni locali; la pesca nei mari e nei fiumi.

ANDO GILARDI
Giovani donne portano zucche sulla testa. “Le zucche, d’estate sono mangime, d’inverno cibo”. Quando il gallo canta a Qualiano, ampia fotoinchiesta di Gilardi sulla sindacalizzazione dei braccianti agricoli, in questo paese particolarmente sentita. Qualiano (Napoli), ottobre 1954.
© Fototeca Gilardi
HERBERT LIST
Grandi tranci di tonno vengono puliti a mano e inscatolati, Favignana, Italia / The big tuna steaks are trimmed by hand and placed into big tins, Favignana, Italy, 1951
Collezione MAST. Courtesy of The Herbert List Estate / Magnum Photos

Undici fotografi tutti di caratura internazionale.


Tre artisti italiani: Ando Gilardi
, tra le figure più eclettiche e originali della storia della fotografia italiana, è il protagonista della mostra “Fototeca” al MAST con una combinazione di reportage fotografici e materiali estratti dal pioneristico archivio iconografico che ha fondato nel 1959 (la mostra proseguirà fino al 2 gennaio 2022); Maurizio Montagna ha realizzato “Fisheye” appositamente per questa Biennale, progetto dedicato al fiume Sesia e alla sua valle (Collezione di Zoologia del Sistema Museale di Ateneo – Università di Bologna); Lorenzo Vitturi in “Money Must Be Made” fotografa Balogun, il mercato di strada di Lagos in Nigeria, uno dei più grandi del mondo (Palazzo Pepoli Campogrande – Pinacoteca Nazionale di Bologna).

Otto artisti stranieri: Hans Finsler, considerato tra i padri della fotografia oggettiva degli anni ’30, ha realizzato nel 1928 la serie “Schokoladenfabrik” su commissione dell’azienda dolciaria Most (Fondazione Cassa di Risparmio in Bologna Genus Bononiae – San Giorgio in Poggiale); Herbert List, fotografo tedesco membro della Magnum Photos. Nella mostra “Favignana” sono esposte 41 immagini sulla mattanza dei tonni avvenuta nell’isola nel 1951 (Fondazione Cassa di Risparmio in Bologna Genus Bononiae – Palazzo Fava, salone “Mito di Giasone e Medea”); il francese Bernard Plossu ha fotografato spezzoni di vita in tutto il mondo e ritratti legati a persone e cibo nella quotidianità in “Factory of Original Desires” (Fondazione Cassa di Risparmio in Bologna Genus Bononiae – Palazzo Fava, sale “Le avventure di Enea”); Mishka Henner, “In the Belly of the Beast” è un’esposizione sul rapporto tra uomo, animali e tecnologia in un processo incessante fatto di consumo, digestione e scarto (Palazzo Zambeccari – Spazio Carbonesi); il giapponese Takashi Homma nella mostra “M + Trails” da un lato raccoglie e mette a confronto le facciate dei negozi di McDonald’s nel mondo soffermandosi su differenze e analogie, dall’altro immortala le tracce di sangue lasciate dai cacciatori di cervi in Giappone (Padiglione dell’Esprit Nouveau); l’olandese Henk Wildschut con “Food” si concentra sulle più avanzate tecnologie dell’industria alimentare sviluppate per aumentare il volume della produzione (Fondazione del Monte di Bologna e di Ravenna – Palazzo Paltroni); l’artista americana Jan Groover, nota per le sue nature morte, con “Laboratory of forms“ è oggetto di una retrospettiva a partire dalle celebri nature morte riprese nella cucina della sua abitazione, che dialogano con le opere del pittore bolognese Giorgio Morandi custodite nelle sale del MAMbo – Museo d’Arte Moderna di Bologna (la mostra proseguirà fino al 2 gennaio 2022); la ricercatrice e attivista palestinese Vivien Sansour presente “Palestine Heirloom Seed Library”, un progetto per salvaguardare antiche varietà di semi e per proteggere la biodiversità (Palazzo Boncompagni).

Il Photo Book / Ricettario.

La Biennale Foto/Industria 2021 è accompagnata da una pubblicazione a metà tra fotografia e libro di ricette pensate dallo chef e scrittore Tommaso Melilli, che interpreta le immagini e i temi di ogni mostra attraverso una ricetta originale. “Questo volume – afferma Francesco Zanot – è anch’esso un ibrido. Serve a mettere insieme una cena speciale per gli ospiti, ma anche per esplorare, a partire dalle immagini proposte, il passato e il presente di una materia che ci riguarda tutti i giorni della nostra vita”.

Programma eventi.

La Biennale è come di consueto accompagnata da un programma di eventi con ingresso gratuito su prenotazione: visite guidate con gli artisti, talk, workshop di fotografia, performance, proiezioni, tavole rotonde e attività didattiche. I mediatori culturali presenti nelle sedi delle mostre sono studenti dell’Accademia di Belle Arti di Bologna, che collabora da anni con la Fondazione MAST.

Foto/Industria, promossa e prodotta dalla Fondazione MAST, nasce nel 2013 con l’intento di sostenere e diffondere la cultura della fotografia e condividere con la città la missione culturale della Fondazione, ente non profit internazionale legato al gruppo industriale Coesia, concepita come tramite tra l’impresa e la comunità.

Il MAST (Manifattura di Arti, Sperimentazione e Tecnologia) è un luogo di condivisione e collaborazione che ospita diverse attività, tra cui la PhotoGallery che con la propria collezione di fotografia industriale e del lavoro curata da Urs Stahel e con l’allestimento di mostre temporanee, è oggi l’unica istituzione al mondo dedicata alla fotografia del lavoro.


FOTO/INDUSTRIA 2021
V BIENNALE DI FOTOGRAFIA DELL’INDUSTRIA E DEL LAVORO
FOOD
14 ottobre – 28 novembre 2021
www.fotoindustria.it

Ingresso gratuito

Ufficio Stampa:
press@fondazionemast.org – T. 051 6474212 – C. 333 2114486
Lucia Crespi – lucia@luciacrespi.it – T. 02 89415532

Alla Biblioteca Regionale di Messina: Claudio D’Angelo – Gli Shekelesh e la rivoluzione dei Popoli del Mare

Sabato 13 p.v., alle ore 17, la Biblioteca Regionale di Messina presenterà, nel rispetto di ogni misura anti-Covid e previa esibizione del Green Pass, l’ultima pubblicazione del ricercatore e saggista Claudio D’Angelo: “Gli Shekelesh e la rivoluzione dei Popoli del Mare”. Una disquisizione alla scoperta delle nostre radici siciliane, attraverso teorie del tutto nuove, sarà poi motivo di dibattito e confronto.

Post dell’evento sono già presenti sulle pagine social della Biblioteca:
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Chi non potrà prenderne parte in presenza, potrà scrivere sui social commenti e domande da rivolgere all’Autore durante l’incontro.

Nei giorni a seguire sarà disponibile il video.

Ufficio Relazioni con il PubblicoIl
Funzionario Direttivo: Maria Rita Morgana 
urpbibliome@regione.sicilia.it
tel.090674564 

IMMAGINE DI APERTURA – Locandina

Pierre-Auguste Renoir – La Grenouillère, 1869

Galleria d’arte sotto forma di puzzle.
A cura di Laura Gentile

Una differente versione del medesimo tema, sempre realizzata da Pierre-Auguste Renoir nel 1869, oggi conservata nella Oskar Reinhart Collection a Winterthur

La Grenouillère e Bain à la Grenouillère sono due quadri dipinti quasi contemporaneamente e nello stesso luogo nel 1869 da Pierre-Auguste Renoir e Claude Monet, rispettivamente due pittori francesi. Entrambi sono annoverati tra le prime opere in cui i principi dell’impressionismo furono pienamente applicati. Il dipinto di Renoir può ora essere ammirato al Museo Nazionale di Stoccolma, quello di Monet al Museum of Modern Art di New York.

Intorno al 1870, il concetto di svago iniziò ad assumere un nuovo significato tra la borghesia parigina, soprattutto la domenica. Molti andavano “fuori” a passeggiare lungo la Senna, in cerca di luce e aria fresca. La costruzione di nuove ferrovie e altre forme di trasporto lo rendevano sempre più possibile.

Una delle destinazioni più popolari dei parigini era “La Grenouillère” (letteralmente: lo stagno delle rane), uno stagno vicino a Bougival. Si trovava sulla Senna, appena a monte di Le Port-Marly, vicino a Louveciennes, dove Renoir soggiornava allora con i suoi genitori, e alla frazione di Saint-Michel, dove Monet era andato a vivere alla fine del 1868. La Grenouillère era così popolare che anche Napoleone III e l’imperatrice Eugenia ogni tanto vi si recavano. Di solito, tuttavia, il pubblico era composto da visitatori più giovani e distaccati della borghesia benestante, che cercavano il loro intrattenimento lontano dalle preoccupazioni della vita quotidiana. La Grenouillère era regolarmente oggetto di vignette sulle riviste, spesso raffigurata come un luogo in cui la moralità civica era rilassata e dove si poteva amoreggiare.

Nell’estate e prima dell’autunno del 1869, gli amici Monet e Renoir sistemano regolarmente i loro cavalletti a La Grenouillère per dipingere, attratti dall’atmosfera rilassata e dalla luce solare. Entrambi i pittori realizzarono diversi quadri a seconda del tema, di solito seduti appena fuori dal trambusto, a volte cambiando leggermente posizione, in modo che più opere affiancate formassero quasi una sorta di panorama. Le opere qui discusse, con la rappresentazione centrale del pontone, il ristorante che si estende sul fiume a destra e il noleggio di barche in primo piano (i bagni a sinistra sono fuori vista), sono i più noti e sono considerati quelli di maggior successo dal punto di vista artistico.

I due dipinti risalgono a un periodo in cui l’Impressionismo, di cui Renoir e Monet furono importanti esponenti, stava appena iniziando ad assumere il suo carattere definitivo. Le peculiarità erano quasi tutte presenti in queste opere: l’attenzione all’atmosfera e all’impressione passeggera, la pennellata spontanea e sciolta, gli spessi strati di pittura, la pittura en plein air e soprattutto: una particolare attenzione agli effetti della luce solare. Colpisce anche la tecnica del “taglio” sui lati e sulle barche davanti, influenzata dalla fotografia e dall’incisione giapponese, che ha dato alle opere un tocco di modernità.

Le due scene sono inequivocabilmente simili, non solo per il soggetto, dipinto da punti di vista quasi identici, ma anche in termini di stile. Tuttavia, c’erano già chiare differenze che si sarebbero rivelate esemplari per rivelare la cifra stilistica tra Renoir e Monet.

In termini compositivi, ad esempio, Monet sembra chiaramente prestare maggiore attenzione a ciò che si vede intorno al pontone, in particolare al gioco atmosferico tra luci e ombre. Le sue figure appaiono come accenti nel paesaggio circostante, in contrasto con le miscele sottilmente tenui della sua tavolozza. Il suo stile disinvolto e abbozzato fornisce l’idea del movimento e la sensazione di vicinanza. Con la sua pennellata più ampia è in grado di rappresentare i riflessi increspati della luce del sole nell’acqua meglio del suo amico Renoir. A volte queste spazzate astratte sembrano giacere quasi liberamente sull’acqua, il che crea anche un’idea di spaziosità.

Renoir presta chiaramente maggiore attenzione agli eventi sociali e all’interazione tra le persone, come aspetto della vita moderna. Disegna anche le sue figure in modo più preciso e delicato, con le quali riesce giustamente a toccare l’atmosfera animata della compagnia. È anche più forte nella composizione dei colori, un aspetto che diventerà poi il suo marchio di fabbrica.

Tuttavia, le differenze tra le due opere sono velate dalle somiglianze. Il modo in cui Monet e Renoir dipingevano le loro opere a Grenouillère, con potenti spruzzi di colore, si adattava perfettamente alla rumorosa turbolenza di una folla rumorosa e al gioco di riflessi di luce colorata sulla superficie inquieta dell’acqua. Il concetto di “impressione” ha trovato qui il suo decisivo equivalente. “Nei quadri di La Grenouillère – scrive lo storico dell’arte Peter Feist – nasce quello che cinque anni dopo prese il nome di Impressionismo.

LEGGI SU WIKIPEDIA: La Grenouillère