Una fondazione per Bottega Finzioni – La prima Fondazione narrativa italiana

Dopo 10 anni di intensa attività nell’ambito della narrazione, Bottega Finzioni, la nota scuola di scrittura e casa di produzione si trasforma e diventa una Fondazione.

Dopo un’attività decennale nell’ambito della scrittura narrativa, televisiva, radiofonica e cinematografica, Bottega Finzioni (con sede a Bologna) si trasforma in Fondazione Bottega Finzioni: è la prima fondazione narrativa italiana, direttamente ispirata alle grandi realtà internazionali, quali 826 Valencia di San Francisco, Ministry of Stories di Londra, Narrative Initiative di New York, Letterenfonds di Amsterdam.

Fondazione Bottega Finzioni nasce in memoria del prof. Paolo Fabbri, noto semiologo e intellettuale italiano. Gli intensi legami umani e professionali nati negli anni tra il Direttore Michele Cogo, Paolo Fabbri e Umberto Eco hanno portato allo sviluppo dell’attività di Bottega Finzioni: un amore e una passione per la parola accomunata dalla voglia e necessità di trasmettere sapere e conoscenza. Nelle aule di Bottega si respira ancora questa grande eredità e la narrazione continua a trarre ispirazione da curiosità, ironia, creatività e impegno sociale.

Fondazione Bottega Finzioni, che si avvale del Patrocinio della Regione Emilia-Romagna, vanta tra i soci fondatori il Comune di Bologna, l’Università di Bologna, Fondazione Finanza Etica di Banca Etica, l’attrice Matilda De Angelis oltre a due grandi società di produzione italiane quali IBC Movie ed Indigo Film, solo per citarne alcuni. Sostengono il progetto della Fondazione: Banca di Bologna, FAAC, CER GAS e Fondazione Unipolis che sostiene Bottega Finzioni dal 2014.

PERCHÈ UNA FONDAZIONE?

Bottega Finzioni in questi oltre dieci anni di attività è diventata un punto di riferimento a livello nazionale nell’ambito della scrittura di mestiere; un prestigio confermato dalle numerose collaborazioni, come quella con Sky Arte, Rai Fiction, Mondadori, La Feltrinelli e molte altre, e dai numerosi progetti sviluppati all’interno delle aule: dalle produzioni per cinema e tv, agli albi illustrati per bambini e ragazzi, fino ad arrivare a racconti, romanzi, documentari, programmi radio e corti. Da questo bagaglio di esperienza (letteraria, cinematografica televisiva, radiofonica, teatrale, giornalistica, pubblicitaria, multimediale) e dal grande know how acquisito negli anni, Bottega Finzioni ha scelto di trasformarsi in una Fondazione per “ampliare il proprio raggio d’azione”, mettendo a disposizione la grande fucina di talenti e la creatività al servizio della comunità e del terzo settore, in ambiti differenti della società e apparentemente “lontani” dal mondo della scrittura, come la sanità e il sociale.

Fondazione Bottega Finzioni nasce con l’obiettivo principale di promuovere, divulgare ed applicare la narrazione come strumento imprescindibile di crescita ed evoluzione della persona e delle comunità, soprattutto in relazione alle cosiddette aree di fragilità.

La narrazione è infatti una pratica sociale ed educativa che da sempre risponde a molteplici e complesse funzioni: dal “fare memoria” alla condivisione di esperienze collettive, dall’apprendimento al puro intrattenimento. Fondazione Bottega Finzioni diventa quindi promotrice di questo importante strumento di crescita, sviluppo e innovazione culturale, sociale ed economica, preparandosi ad affrontare le nuove sfide del futuro con nuovi modelli di governance. 

In Italia di Fondazioni narrative come Fondazione Bottega Finzioni non ce ne sono, e a Bologna mancava del tutto una realtà culturale che sapesse coniugare i linguaggi della narrazione a finalità sociali e inclusive. Da qui è nata la necessità di diventare una Fondazione, giuridicamente competitiva e moderna: Fondazione Bottega Finzioni è difatti la prima Fondazione di partecipazione bolognese, racchiudendo in sé alcuni elementi propri della fondazione, combinati con peculiarità dell’associazione. In questo modo realizza un nuovo modello di organizzazione sociale, rappresentando una sintesi dove possono trovare posto gli enti pubblici, le società e le organizzazioni con scopi non lucrativi.

In un momento di crisi”, ha affermato Maurizio Marinelli, Presidente della Fondazione Bottega Finzioni, “ci siamo detti che dovevamo istituzionalizzare questa attività per metterla in una relazione più coerente con gli interlocutori che ne possono comprendere la funzione sociale e culturale. Un’attività che ha l’obiettivo di creare professionalità attraverso la scrittura. Il nostro scopo è dunque quello di costruire le basi solide e sostenibili di un progetto estremamente potente all’interno dell’industria culturale, perché l’Emilia Romagna, e Bologna in particolare, è un importante centro di produzione culturale e la scrittura ne è la base”.

La Fondazione Bottega Finzioni ha lo scopo di dare continuità e sostenibilità nel tempo alle azioni e agli obiettivi intrapresi da Bottega Finzioni fin dalla sua nascita: realizza percorsi narrativi e formativi in ambito professionale e sociale, con particolare attenzione per le cosiddette aree di fragilità e per la lotta alla povertà educativa, sia tra bambini che tra adulti. Si ispira alle fondazioni narrative presenti all’estero,le qualiusano il potere delle storie per creare empatia tra le persone di ogni età e per combattere la povertà educativa con le armi della scrittura.

Ritrovandosi in questa filosofia, la Fondazione amplierà il suo raggio d’azione perseguendo finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale attraverso lo svolgimento di attività d’interesse generale nei campi dell’educazione, dell’istruzione, della ricerca, della sanità e della formazione, e attività culturali di interesse sociale con finalità educativa.

La Fondazione Bottega Finzioni è nata e cresciuta sotto l’impulso e l’accompagnamento di Paolo Fabbri” – così dichiara Michele Cogo, Direttore di Fondazione Bottega Finzioni – “È stato un mio professore, poi amico, e maestro di molti di noi. Un Maestro è qualcuno che ti cambia la vita in meglio, non solo per poche ore o per qualche mese, ma per sempre.

Purtroppo è venuto a mancare in giugno scorso, e ci pareva giusto dedicargli questa fondazione narrativa, alla quale lui teneva tanto, perché pensava potesse essere utile per usare la scrittura e la narrazione come strumenti di trasformazione e di crescita personale e sociale. Grazie a Paolo Fabbri ho incontrato ormai venticinque anni fa anche Umberto Eco, con il quale ho collaborato per diversi progetti, ultimo dei quali quello su Francesco Griffo, che con Bottega Finzioni abbiamo sviluppato in diverse direzioni, dal fumetto al documentario. Spero che Fondazione Bottega Finzioni conservi il gusto della sperimentazione, dell’approfondimento e del divertimento, tutte cose che hanno sempre contraddistinto il lavoro di Paolo Fabbri”.

All’interno del Consiglio d’Amministrazione di Fondazione Bottega Finzioni si annoverano personaggi di spicco provenienti dal mondo della cultura e non: il Presidente Maurizio Marinelli, Presidente di Baskerville (Bologna); il Direttore Michele Cogo, ideatore e fondatore di Bottega; il Presidente Onorario Ermanno Cavazzoni; Roberto Grandi, Presidente dell’Istituzione Bologna Musei; Antonella Grassigli, Business Angel e Advisor per startup e PMI; Giacomo Manzoli, Direttore Dipartimento delle Arti – UNIBO; Annapaola Tonelli, Avvocato esperto in trust, terzo settore e diritto dell’arte.

TRA PRESENTE E FUTURO

Bottega Finzioni nasce nel 2010 a Bologna, da un’idea di Michele Cogo, come scuola di scrittura, studio professionale e casa di produzione cinematografica e televisiva. Un luogo pieno di storie che si ispira alle botteghe rinascimentali dove si lavora insieme, allievi e maestri, al materiale vivo delle narrazioni.

Bottega Finzioni: una scuola di scrittura d’eccellenza nel panorama nazionale

Dal 2015 Bottega Finzioni è ente di formazione accreditato presso la Regione Emilia- Romagna; dal 2016 alcuni dei suoi corsi annuali sono interamente finanziati dal Fondo Sociale Europeo e dalla Regione Emilia-Romagna: caratteristica, questa, che fa di Bottega Finzioni una tra le poche scuole italiane di narrazione con corsi ad accesso gratuito. Grazie a questo aspetto la selezione dei candidati è basata esclusivamente su criteri di meritocrazia, sulle reali capacità e sul talento.

Ogni anno Bottega Finzioni propone corsi incentrati sulla narrazione, declinandola in ogni sua forma: letteraria, cinematografica, televisiva, radiofonica, multimediale.

4 sono le aree didattiche:

  • Autore di fiction cinematografiche e seriali (Fiction);
  • Autore di programmi televisivi e documentari (Non Fiction);
  • Autore di produzioni audiovisive e multimediali per bambini e ragazzi;
  • Letteratura (Romanzo e Racconto).

Rispetto alle altre scuole di scrittura, Bottega Finzioni si distingue per il metodo di insegnamento: attraverso il modello della writers’ room, la classe diventa laboratorio in cui i docenti e gli allievi sviluppano insieme idee e spunti che, lungo il percorso didattico, si concretizzano, si perfezionano, si ottimizzano. Da progetti, attraverso precisi processi, le idee diventano prodotti.

Ed è proprio questa la forza di Bottega Finzioni: le idee, le storie, i progetti che nascono assieme ai corsisti diventano prodotti narrativi di successo, tra format tv, fumetti, romanzi, saggi, racconti, iniziative editoriali, prodotti di storytelling aziendale, progetti multimediali.

Negli anni Bottega Finzioni ha avuto l’onore di ospitare grandi nomi della letteratura, del cinema e, più in generale, della cultura nazionale e internazionale. Tra questi: Umberto Eco, il semiologo Paolo Fabbri, il noto attore Giampaolo Morelli, la giornalista e scrittrice Loredana Lipperini, la scrittrice Simona Vinci, il giornalista Armando Traverso e lo scrittore e sceneggiatore Francesco Piccolo.

Grazie alle collaborazioni sviluppate con numerose case editrici, come Mondadori, La Feltrinelli, Rizzoli, Castelvecchi, Il Castoro e molte altre, nelle aule di Bottega Finzioni sono nati numerosi libri.  Ad oggise ne contano oltre 50, tra albi illustrati, libri per bambini e ragazzi, romanzi, fumetti, saggi e racconti. Ricordiamo ad esempio Ouroboros (Sergio Bonelli, 2013), Stelle di panno (Lapis, 2017), Depistaggi (Castelvecchi, 2018), L’isola è piena di rumori (L’Ultima spiaggia 2018), Inciso nel sangue (Sergio Bonelli, 2018), Il potere delle parole (Pulce edizioni, 2019), Matti di guerra (Morellini editore, 2019), Servizio cacche per posta (Il Castoro, 2019).

Dalla scrittura alla produzione: Bottega Finzioni Produzioni

Dal 2015 Bottega Finzioni diventa una casa di produzione televisiva e cinematografica, nata per concretizzare i progetti audiovisivi ed editoriali sviluppati nelle aule della scuola: progetti di film, format televisivi, documentari, prodotti editoriali e per il web. Una “filiera produttiva” che inizia dalla ricerca delle risorse necessarie per lo sviluppo dei progetti e arriva al suo compimento.

Bottega Finzioni può vantare la collaborazione con importanti broadcaster nazionali come Sky Arte e con società di produzioni d’eccellenza tra le quali IBC Movie, Echivisivi e molte altre.

Numerose, inoltre, sono state le produzioni e i progetti di successo sviluppati da Bottega Finzioni e dai suoi allievi durante gli anni: tra questi la scrittura di una sceneggiatura (Copkiller) per la nota serie tv  L’Ispettore Coliandro (2016), in collaborazione con Rai Fiction; i due format tv originali, scritti e realizzati da Bottega Finzioni per Sky Arte, Muse Inquietanti (2014-2017) e Inseparabili (2018-2019); il docu-film Qualcosa di noi di Wilma Labate, realizzato con gli allievi di Bottega, distribuito da Istituto Luce – Cinecittà e vincitore del Premio speciale alla migliore protagonista nel cinema del reale 2014 ai Nastri d’argento documentari 2015.

Nozioni tecniche: cos’è una fondazione di partecipazione

Fondazione Bottega Finzioni è una fondazione di partecipazione: a metà tra una fondazione tradizionale e un’associazione, è in grado di fondere le esigenze di supervisione e controllo degli enti pubblici locali e le necessità di efficienza, efficacia ed economicità della gestione sociale.

Le fondazioni di partecipazione nascono come mezzi operativi per rispondere all’insufficienza dello schema giuridico della fondazione tradizionale disciplinato dal codice civile: si tratta di una fondazione non più istituita da un singolo soggetto, ma da più soggetti che condividono le stesse finalità.

La fondazione di partecipazione è una figura giuridica atipica, di natura dottrinaria, che racchiude in sé alcuni elementi propri della fondazione, combinati con peculiarità dell’associazione. In questo modo realizza un nuovo modello di organizzazione sociale, rappresentando una sintesi dove possono trovare posto gli enti pubblici, le società e le organizzazioni con scopi non lucrativi.

Questa tipologia di fondazione è uno strumento utile in mano agli enti pubblici per realizzare gli interessi della collettività (attività sociali o di assistenza alle persone con disagio, attività culturali, attività di ricerca scientifica, iniziative tese a facilitare lo sviluppo economico di zone disagiate).

In questo modo c’è la possibilità di coinvolgere i privati e attirare capitali e capacità di gestione che altrimenti sarebbero difficilmente ottenibili.


INFORMAZIONI UTILI

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TELEFONO: 051-5684297

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Su Sky Arte IL MIO NOME È LEGGENDA: Giovanni Aldini – Frankenstein / Helen Kane – Betty Boop

presenta

IL MIO NOME È LEGGENDA

Primo episodio: Giovanni Aldini – Frankenstein
“Frankenstein sono io“

Secondo episodio: Helen Kane – Betty Boop
“La ragazza del Boop-Boop-a-doop“

In onda martedì 7 dicembre 2021 dalle 21.15 su Sky Arte
Disponibile anche On demand e in streaming su NOW

Primo episodio: Frankenstein sono io

Al via Il mio nome è Leggenda, la nuova produzione originale Sky Arte con Matilda De Angelis ideata e realizzata da Bottega Finzioni. La prima puntata andrà in onda martedì 7 dicembre 2021 alle 21:15 su Sky Arte: protagonista la storia di Giovanni Aldini, scienziato bolognese dal quale la nota scrittrice Mary Shelley ha preso ispirazione per la figura del dott. Frankestein. La serie, grazie alle parole e alla narrazione dell’attrice bolognese Matilda De Angelis, esplora le storie vere di illustri sconosciuti dai quali sono nati alcuni dei personaggi più noti dell’immaginario collettivo contemporaneo.

Era una notte buia e tempestosa del 1816, “l’anno senza estate”. A villa Diodati in Svizzera sono riuniti per le vacanze estive Mary Shelley con suo marito Percy, Lord Byron e il medico Polidori. La pioggia incessante li costringe in casa. Per passare il tempo inventano un gioco: scrivere un racconto del terrore. Mary all’inizio non riesce a scrivere nulla poi l’ispirazione folgorante a seguito di un incubo. Nasce così il personaggio di Frankenstein.

Quello che Mary ha sognato però non è fantasia, ma proviene da qualcosa che ha visto. Lo scienziato pazzo del suo romanzo esiste veramente e si chiama Giovanni Aldini. Mary Shelley, oltre che ai propri sogni, ha attinto a piene mani dalla realtà per costruire il suo personaggio fantascientifico: è infatti noto che la giovane immaginò gli esperimenti del dott. Frankestein ispirandosi alle ricerche dello scienziato bolognese Luigi Galvani sulla stimolazione muscolare, che avevano aperto la strada a una nuova teoria, il galvanismo . Proprio a questi studi Shelley fa esplicito riferimento al termine del secondo capitolo del noto libro. Il trait d’union tra la scrittrice e Galvani pare sia stato il nipote di quest’ultimo, Giovanni Aldini, trasferitosi in Inghilterra, patria della Shelley, per proseguire gli esperimenti dello zio.

Ma chi è Giovanni Aldini?

Aldini vive a Bologna dove insegna fisica. Nipote di Luigi Galvani, è un acceso sostenitore della possibilità di rianimare i morti tramite corrente elettrica . Tanto che alla vita da insegnante rispettabile ne affianca presto un’altra, molto più oscura. Aldini, seguendo le orme dell’illustre nonno, comincia a fare esperimenti su cadaveri di animali . Le rane però non gli bastano e si sposta su teste di mucche o altri animali di grossa taglia. Fa dimostrazioni pubbliche durante le quali richiama sempre più gente. Gli esperimenti consistono nel sottoporre le teste a stimoli elettrici ottenuti grazie a una grande pila. Il risultato sono mascelle che si spalancano, lingue che si dibattono, occhi che si spalancano.

Il successo spinge Aldini ad alzare la posta. Così comincia a usare teste e corpi umani. Sono quelli dei condannati a morte, che lo scienziato preleva direttamente dai luoghi dell’esecuzione oppure sottrae alla sepoltura facendo accordi con polizia e autorità. Le sue dimostrazioni scientifiche si trasformano presto in veri spettacoli. Accorrono folle numerose di curiosi che alla fine vanno via inorriditi e stupefatti per quello che hanno visto. Si diffonde la voce che Aldini sia a un passo dall’impresa di riportare in vita i morti. Lo scienziato però non è ancora soddisfatto: i corpi dei condannati per decapitazione sono quasi del tutto privi di sangue, quindi meno reattivi al passaggio della corrente elettrica. È questo il motivo per cui non è ancora riuscito ad animare completamente un cadavere.

Così si reca a Londra dove trova il soggetto perfetto: George Forrest, un giovane di estrazione sociale molto bassa, sospettato di omicidio della moglie e del figlio. Passano 6 soli giorni tra l’inizio del processo e la condanna a morte di Forrest. Anche se non ci sono prove, si dice che Aldini abbia fatto pressione sui giudici per ottenerne rapidamente la condanna a morte. Sono invece sono certe le pressioni di Giovanni Aldini sul medico delle carceri, il dottor Halmond, affinché gli conceda l’uso del cadavere di Forrest. Infatti, subito dopo l’esecuzione, Aldini e il suo assistente prelevano il corpo dal patibolo e lo portano in un ambulatorio accanto alla prigione. Quello che accade dopo lascia i presenti senza fiato. Il corpo di Forrest, attraversato da potenti scariche elettriche, si scuote, sobbalza, gli occhi si aprono, il respiro riprende e anche il battito cardiaco . Almeno fintanto che la pila scarica energia. Poi il cadavere ritorna immobile. Il dottor Halmond è inorridito, ed è convinto di aver visto tornare in vita il povero ragazzo. Così scappa a casa in preda ad agitazione e muore d’infarto due ore dopo tra le braccia della moglie, alla quale racconta l’accaduto. La moglie chiama la polizia e racconta tutto ai giornali, che danno ampio spazio alla vicenda. È così che Mary Shelley, ancora bambina, viene a sapere di tutta questa storia. Dai giornali che legge suo padre. È l’inizio di un incubo che porterà alla nascita di un mito. Per Aldini invece è la fine di un sogno, la dimostrazione un fallimento, e da quel momento cesserà gli esperimenti.

Dopo la sua morte, Aldini dona tutti gli averi alla fondazione della Scuola di Scienze Naturali di Bologna. È ricordato come un grande scienziato e un uomo generoso, dedito alla ricerca. Questa immagine, tuttavia, non considera il suo lato oscuro, quello di uno scienziato sempre alla ricerca di cadaveri e pronto a tutto per realizzare i suoi esperimenti. In fondo, un’incarnazione delle paure dell’epoca, proprio come Victor Frankenstein, il protagonista del romanzo di Mary Shelley che deve il suo successo alla rappresentazione efficace dei timori legati al progresso tecnologico e alle sue conseguenze imprevedibili.

La prima puntata de Il mio nome è Leggenda vedrà la partecipazione del mass-mediologo Roberto Grandi e della storica Elena Pirazzoli.

Il mio nome è Leggenda è una produzione originale Sky Arte, ideata e realizzata da Bottega Finzioni. Un programma di Michele Cogo, Giuseppe Cassaro, Gianmarco Guazzo e Antonio Monti, scritto da Michele Cogo e dagli ex-allievi di Bottega Finzioni Gianmarco Guazzo, Alberta Lepri e Silvia Pelati, con la produzione esecutiva di Giuseppe Cassaro e la regia di Antonio Monti. Hanno partecipato in forma di partnership il Comune di Bologna e Bologna Welcome, mettendo a disposizione una delle location più suggestive della città: il Salone del Podestà a Palazzo Re Enzo.

“Frankenstein sono io“ – testi di Michele Cogo.

Secondo episodio: “La ragazza del Boop-Boop-a-doop“

É il 1927 ed Helen Kane è una celebrità: madre del motto “Boop-boop-a-doop”, con la sua voce da usignolo e il suo sorriso ammiccante è diventata il simbolo dell’età del jazz. Ma l’arrivo di Betty Boop le ruberà la scena e il ruolo di vamp degli Anni Ruggenti. Eppure, Betty è proprio una caricatura di Helen. É questa storia protagonista della seconda puntata de Il mio nome è Leggenda, la nuova produzione originale Sky Arte con Matilda De Angelis ideata e realizzata da Bottega Finzioni. L’episodio andrà in onda martedì 7 dicembre 2021 alle 21:45 su Sky Arte , e disponibile anche on demand e in streaming su NOW.

La serie Il mio nome è Leggenda racconta le storie dei personaggi reali che hanno dato vita ai miti che tutti conosciamo. In questo caso si tratta di Helen Kane, la reginetta del charleston che ispirò il personaggio di Betty Boop. L’attrice fece causa a Max Fleischer, il creatore del suo alter ego animato, per aver sfruttato illegalmente la sua immagine. Ma mentre il tribunale nega ad Helen i diritti sul proprio mito, l’America conservatrice del tempo censura Betty Boop perché troppo osé per la televisione.

Helen Kane debutta nel mondo dello spettacolo come cantante e ballerina di varietà. Nel 1922 arriva a Broadway, dove nel 1927 recita nel musical teatrale A Night in Spain. Lo spettacolo ottiene un successo clamoroso, tanto che la compagnia mette in scena ben 174 repliche tra maggio e novembre di quell’anno.

Una volta finito il tour, Helen viene invitata ad esibirsi al Paramount Theatre di Seattle, ed è qui che nasce il suo mito. Per la sua prima performance canta That’s my Weakness Now ed esegue, per la prima volta, il suo celebre scat “boop-boop-a-doop”. Nel 1928 diventa ancora più celebre grazie alla sua canzone I Wanna Be Loved By You, uno dei brani più popolari del XX secolo che fu poi riadattata da Marilyn Monroe.

Nel 1932 compare per la prima volta Betty Boop. Siamo in un periodo di lotte per le donne, che chiedono più diritti e cercano di emanciparsi anche attraverso atteggiamenti e abiti più provocanti. Betty è una flapper girl, simbolo dell’età del jazz: è allo stesso tempo mascolina e maliziosa, indossa abiti succinti che lasciano scoperte le spalle, le gambe e l’immancabile giarrettiera, mentre i capelli corti sono acconciati secondo la moda dell’epoca.

Nei cartoon in cui appare Betty Boop sembra sempre in balia degli uomini. Ma questo stile di vita non passa inosservato all’America conservatrice, che costringe i suoi ideatori alla censura.

Negli ultimi anni Betty diventa una casalinga dallo stile molto più sobrio, per poi sparire dalle scene nel 1939: era infatti considerata un modello diseducativo e pericoloso per la pubblica morale.

Quando Helen Kane vede per la prima volta Betty Boop si riconosce immediatamente: quella donnina ammiccante che, con voce da usignolo, canticchiava il suo celebre motto le somiglia fin troppo nell’aspetto e nello stile. É evidente, Betty Boop è la sua caricatura. Nel 1932 fa quindi causa a Max Fleisher, chiedendo 250.000 dollari di risarcimento per aver sfruttato illegalmente la sua immagine. Ma nel 1934 la causa è vinta da Fleischer Studios: secondo il tribunale l’estetica di Betty Boop è ispirata al patrimonio della cultura americana. Inoltre, la sentenza afferma che l’invenzione del booping sia da attribuire alla cantante Baby Eshter, ascoltata anni prima dalla Kane.

La seconda puntata de Il mio nome è Leggenda vedrà inoltre la partecipazione del mass-mediologo Roberto Grandi e dell’antropologo Davide Domenici.

Il mio nome è Leggenda è una produzione originale Sky Arte, ideata e realizzata da Bottega Finzioni. Un programma di Michele Cogo, Giuseppe Cassaro, Gianmarco Guazzo e Antonio Monti , scritto da Michele Cogo e dagli ex-allievi di Bottega Finzioni Gianmarco Guazzo, Alberta Lepri e Silvia Pelati, con la produzione esecutiva di Giuseppe Cassaro e la regia di Antonio Monti. Hanno partecipato in forma di partnership il Comune di Bologna e Bologna Welcome, mettendo a disposizione una delle location più suggestive della città: il Salone del Podestà a Palazzo Re Enzo.

“La ragazza del Boop-Boop-a-doop“ – testi di Michele Cogo e Silvia Pelati.

Nota dell’autrice Silvia Pelati:

Scrivere la storia de “La ragazza del boop-boop-a-doop” è stato come fare una passeggiata per Broadway negli affascinanti anni ’30, con un’accompagnatrice speciale. Ho guardato quella ragazza cantare, ballare, recitare finché ho capito che la diva sul palcoscenico aveva dei conti in sospeso con la vita reale. Forse era questo il segreto del suo talento.


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IMMAGINE DI APERTURA dal programma di Sky Arte con Matilda De Angelis