Alla ricerca di una definizione di Espressionismo

di Sergio Bertolami

30 – L’origine del termine Espressionismo

L’idea di Adolf Behne che il nuovo movimento Espressionista rappresentasse «il ridestarsi di tendenze che hanno sempre dominato l’arte nelle sue epoche più felici» non è nuova. Spesso la troviamo riproposta nella letteratura artistica, riguardo a opere di ogni età storica nelle quali hanno prevalso esasperazioni emotive. Anche per Kasimir Edschmid – che dell’Espressionismo fu uno dei maggiori teorici (Über den Expressionismus in der Literatur und die neue Dichtung, Sull’espressionismo in letteratura, 1919) – la nuova tendenza poteva considerarsi all’interno di una categoria sconfinata dell’arte. Tuttavia, facendo prevalere questo concetto critico (dettato da un particolare fascino per certe istanze irrazionali) rispetto ad una vera e propria definizione storiografica (con i suoi limiti temporali ben definiti) finiremmo con avvalorare il detto biblico Nihil sub sole novum (Nulla di nuovo è sotto il sole). Ecco perché, in queste brevi note, intenderemo l’Espressionismo in un’ottica rigorosamente storica, ovvero come quel fenomeno artistico collocabile nei primi anni del Novecento, iniziato intorno al 1905 e conclusosi, al più tardi, durante il corso degli anni Venti.

Paula Modersohn-Becker, Autoritratto su fondo verde con iride blu, 1905 circa

Anticipatrice della nuova tendenza fu la pittrice Paula Modersohn-Becker, morta trentunenne di parto. Nei quasi 14 anni di lavoro ha lasciato ben 750 dipinti, circa 1000 disegni e 13 acqueforti. Tuttavia, la piena attuazione formale si concretizzò con il gruppo della Brücke (il Ponte) costituito a Dresda nel 1905. Nondimeno, basta sfogliare più di un volume per rendersi subito conto che il nuovo movimento necessita di essere messo attentamente a fuoco, perché l’Espressionismo non è altrettanto circoscritto e chiaro come l’Impressionismo, identificabile nelle otto mostre parigine tenute tra il 1874 e il 1886. Un gustoso episodio sembra testimoniarlo. Durante una seduta della giuria che alla mostra della Secessione di Berlino del 1910 doveva selezionare i quadri da ammettere alla pubblica esposizione, al momento di dovere valutare un dipinto di Max Pechstein, ci si chiese se potesse essere ancora definito “impressionista”. La risposta, pare del mercante d’arte Paul Cassirer, fu che gli sembrava “piuttosto espressionista”. La questione sollevata non era nell’attribuzione del dipinto di Pechstein ad una corrente anziché ad un’altra, ma che il termine “espressionista”, all’epoca, era indifferentemente adoperato: sia per gli artisti d’avanguardia, quanto per i pittori di tendenze ben differenti. Il termine “espressionista” era una specie di calderone, dove ci si metteva di tutto e di più.

Ritratto di Paul Cassirer di Leopold von Kalckreuth, 1912

Qualche altro esempio potrebbe chiarire meglio il discorso. Nel 1901, il pittore Julien-Auguste Hervé usò il temine “expressionisme” riferendolo a due suoi dipinti accademici esposti al Salon des Indépendants di Parigi. Dal canto suo, Matisse, in Note di un pittore uscite nel 1908, cerca di spiegare sotto il profilo critico il termine “expression”. Per lui l’espressività di un’opera non ha nulla a che fare con la dimensione psicologica, con i motivi angoscianti o dolorosi, ma deriva dalla «semplificazione delle idee e della composizione». Siamo in un’ottica completamente divergente dal significato che, qualche anno più tardi, verrà riconosciuto alla nuova corrente. Eppure, in Germania, nel 1910, c’era chi definiva “espressionisti” lo stesso Matisse e i Fauves francesi. Nel 1911 il catalogo della XXII mostra della Secessione berlinese chiamava “espressionisti” i quadri di alcuni pittori francesi come Braque, Derain, Friesz, Vlaminnck, Marquet, Dufy. Si era ad aprile; mentre a giugno dello stesso anno il vocabolo “espressionisti” era usato per definire altri artisti francesi che esponevano a Düsseldorf. Bisognerà leggere la rivista Rheinlande, per trovare nel numero di dicembre un articolo (Über Expressionisten, Sugli impressionisti) di Paul Ferdinand Schmidt, che usa il termine esteso anche ad artisti tedeschi. Tuttavia, è su Der Sturm, considerato il più importante organo letterario del movimento, che lo storico dell’arte Wilhelm Worringer utilizza per primo il termine “espressionismo” con prerogative simili alle attuali. Nonostante ciò, generalmente, il concetto rimane ancora assai confuso, se vediamo comparire i nomi di Marinetti e Rivière accanto a quelli di Döblin e Apollinaire in un saggio su Baudelaire apparso sempre sullo Sturm, ma nel 1912. A marzo dello stesso anno, Herwarth Walden apre nella sua galleria Der Sturm di Berlino una importante mostra, ma usa il termine “espressionisti” solo per i francesi. D’altra parte, anche la prefazione del catalogo della mostra Sonderbund di Colonia rimane nel generico senza sbilanciarsi: «Questa quarta esposizione desidera offrire un panorama del movimento pittorico più recente, l’espressionismo, affermatosi sulla scia del naturalismo e dell’impressionismo: esso mira a una semplificazione e intensificazione delle forme espressive, monumentali». L’anno successivo la galleria Cohen di Berlino apre una esposizione intitolata “Rheinische Expressionisten” (Espressionisti renani), e fra questi troviamo citati Campendonck, August ed Helmut Macke, Nauen ed Ernst.

Per grandi linee siamo giunti al 1914, quando Paul Fechter a Monaco diviene noto al pubblico grazie al suo saggio critico Der Expressionismus, il cui testo si riferisce chiaramente agli artisti della Brücke, del Blaue Reiter e a Kokoschka. All’apparire di questa prima monografia dedicata all’espressionismo, il movimento è ormai considerato quasi esclusivamente come un’avanguardia nazionale tedesca: «Dresda e Monaco – scrive Paul Fechter – si contendono l’onore di essere patria della nuova arte». La realtà politica è impregnata di bellicoso nazionalismo per la guerra ormai alle porte. L’attenzione artistica è rivolta oltre frontiera al successo del futurismo, incentrato anche questo sull’esaltazione patriottica. Così arte e politica si fondono, spingendo a trascurare, se non addirittura accantonare, le origini delle prime esperienze Fauves. Occorre tuttavia precisare che proprio gli espressionisti tedeschi in Germania si schierarono decisamente contro la guerra. In ogni modo, il termine Espressionismo divenne sempre più di uso comune e, dal 1914 in poi, per “espressionisti” s’intenderanno, pertanto, soprattutto gli artisti operanti in Germania. Più equilibrati ed obiettivi furono, comunque, gli scritti già citati di Hermann Bahr (nel 1916) e Kasimir Edschmid (tra il 1917 e il 1919).

Copertina del Blaue Reiter Almanach, Monaco 1912

Se oltre ai critici, citati finora, volessimo fare riferimento agli artisti stessi, noteremmo che pure loro usavano la parola “espressionismo” con difficoltà. Marc, presentando L’Almanacco del Blaue Reiter uscito a Monaco nel 1912, parla di Fauve tedeschi. Kandinskij nel suo fondamentale volume Lo spirituale nell’arte impiega il termine una sola volta. Non avevano, dunque, un nome preciso coloro che oggi consideriamo espressionisti nel senso proprio del termine? Niente affatto: erano identificati, certamente, ma come “neopatetici, astrattisti, eternisti, futuristi, attivisti”. Non sono, questi, nomi occasionali, ma attinenti allo spirito che i primi espressionisti manifestarono pubblicamente. Indicativo, ad esempio, è il nome di “neopatetici”, perché il pathos rappresentava il grido dell’anima dell’artista, una forza d’urto tempestosa, lacerante, esasperata; e al contempo negli interlocutori suscitava sentimenti di commozione, di mestizia, di pietà. Il nuovo movimento tendeva all’identificazione romantica di arte e vita. Per questo motivo in vari autori troviamo che l’Espressionismo tedesco è spesso riconosciuto come il nuovo Sturm und Drang (Tempesta e Impeto), con riferimento a uno dei più importanti movimenti culturali tedeschi sviluppatosi tra il 1765 e il 1785. Come allora, il linguaggio delle arti figurative e della poesia tornavano ad essere rivoluzionate. Non si può, infatti, dimenticare lo stretto rapporto esistente fra arti e letteratura. Oggi molti conoscono Oskar Kokoschka come pittore, ma quanti ricordano i suoi drammi giovanili? Assassino, speranza delle donne è una sua rappresentazione teatrale espressionista scritta nel 1907. Pure Ernst Barlach, oltre ad essere stato uno dei pochi scultori espressionisti fu anche scrittore; lo stesso vale per Theodor Däubler che a lungo esitò fra pittura e poesia, per decidersi infine a seguire la strada della scrittura.

Locandina del film “Il gabinetto del dottor Caligari” film muto del 1920 diretto da Robert Wiene

Si comprenderà, dunque, che la definizione di una poetica dell’Espressionismo, dei suoi limiti geografici o la sua periodizzazione, sono temi particolarmente complessi. In anni recenti la critica d’Arte ha proposto qualche spostamento e accomodamento, peraltro senza giungere a un inquadramento condiviso da tutti. Il termine Espressionismo è oggi solitamente riferito alle manifestazioni sviluppate in area tedesca, sebbene, come s’è detto, l’origine sia da rintracciarsi nell’area francese dei Fauves e di Matisse. Per altri versi, anche di recente, alcuni critici parlano di un Espressionismo tedesco e di un Espressionismo francese; mentre c’è chi preferisce circoscrivere il fenomeno alla Germania e all’area mitteleuropea, mantenendo ancora attiva la distinzione netta col fenomeno francese del fauvisme. Distinzioni precise vanno poste anche per quanto concerne i limiti cronologici. Sono differenti quando si parla di arti figurative, di architettura, di letteratura e chiaramente della nuova arte come era allora considerato il cinema. In particolare, per la pittura e la grafica, la tendenza probabilmente più corretta è quella di circoscrivere gli anni dell’Espressionismo al periodo compreso tra la nascita di Die Brücke e l’inizio della Prima guerra mondiale, quando la coesione del gruppo vero e proprio si deteriora. Nel dopoguerra, si svilupperanno nuove tematiche relative alla satira sociale, dapprima con la dura ottica “veristica” di George Grosz e di Otto Dix, successivamente con il cosiddetto “realismo trascendente” di Max Beckmann. Più breve il periodo che racchiude l’effimero espressionismo architettonico, che nasce e si sviluppa nel 1918 per sfumare intorno al 1921. All’incirca contemporanea è l’apparizione di un Espressionismo cinematografico, segnato nel 1920 dal suo film simbolo: Il gabinetto del dottor Caligari.

IMMAGINE DI APERTURA – L’orologio al Musée D’Orsay – Foto di Guy Dugas da Pixabay 

Valentina Melilli – La scoperta del corpo e della sessualità nei bambini

L’ebook ha l’obiettivo di fornire conoscenze specifiche e approfondite relativamente allo sviluppo corporeo e sessuale dei bambini, in particolare nella fascia di età 6-10 anni. Gli adulti, nel loro ruolo di educatori, possono sostenere i bambini in questa conoscenza, supportandoli nelle varie tappe di sviluppo e favorendo, nel bambino, un rapporto sereno ed equilibrato con il proprio corpo e la propria sessualità.

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IMMAGINE DI APERTURA – copertina del libro 

Al Dipartimento di Economia dell’Università di Messina: “Il Sud in Italia, nel Mediterraneo e in Europa”

Il Mezzogiorno e il Mediterraneo sono contesti territoriali destinati a stare insieme. Esistono ragioni storiche e culturali, ma anche motivi inerenti lo studio di una comune strategia euro-mediterranea di crescita e sviluppo. Prendendo spunto da questi temi rilevanti, si è svolto presso l’aula 7 del Dipartimento di Economia il seminario “Il Sud in Italia, nel Mediterraneo e in Europa”.
 
Dopo l’introduzione da parte del prof. Michele Limosani (direttore del Dipartimento di Economia) e del prof. Bruno Sergio Sergi, sono seguite due importanti interventi. La relazione del prof. Cosimo Inferrera (già professore ordinario di Anatomia Patologica presso il nostro Ateneo, socio emerito della Classe II^ Scienze Medico Biologiche dell’Academia Peloritana dei Pericolanti, presidente dell’Associazione Europea del Mediterraneo) si è incentrata su “Il dialogo territoriale a tutto campo di Pierpaolo Maggiora per la Sicilia, Piazza degli Scambi del Mediterraneo nel III^ Millennio” e la relazione dell’Arch. Pierpaolo Maggiora (presidente dell’Associazione ARGE) dal titolo “Progetto di Sistema per il Sud con particolare riferimento a morfologia, funzione e finalità dei cluster territoriali”.

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IMMAGINE DI APERTURA di Gerd Altmann da Pixabay 

LA PRESENTAZIONE DEL PROF. COSIMO INFERRERA

Roma, Von Buren Contemporary – Il Pianto dei Vulcani. Mostra personale di Giuliano Macca

Giovedì 9 dicembre 2021 alle ore 18.00 Von Buren Contemporary presenta Il pianto dei vulcani, la mostra personale del giovane artista italiano Giuliano Macca, accompagnata da un testo di presentazione di Ferzan Özpetek.

Il Pianto dei Vulcani

Mostra personale di 
Giuliano Macca

Testo di presentazione di Ferzan Özpetek
Curatela e organizzazione di Michele von Büren 

Vernissage
giovedì 9, venerdì 10 e sabato 11 dicembre 2021 dalle 18.00 alle 22.00

Von Buren Contemporary 
Via Giulia 13 – Roma 

Fino al 5 febbraio 2022

Giuliano Macca, Il pianto del vulcano, 2021, olio su tela, 120×100 cm

Macca si è ispirato, per questa inedita collezione di dipinti e disegni, all’immagine imponente del vulcano: Macca proviene dalla Sicilia, isola del fuoco e dell’acqua, dominata da vette vulcaniche, ma allo stesso tempo terra immersa nell’acqua. Sono questi contrasti, l’incessante bruciare e spegnere, che fanno da sfondo palpitante alle ultime creazioni dell’artista. Guardando attentamente i suoi dipinti, si capisce che sottendono anche un’antica percezione della montagna, quando le montagne erano viste come al di fuori del mondo civilizzato, come “selvagge”, ma anche come le prime dimore dell’umanità, i luoghi di nascita degli eroi e come luoghi privilegiati di capovolgimenti e metamorfosi. Questi rimandi ancestrali sono tutti presenti nelle nuove opere di Macca, permettendogli di creare un mondo avvolgente, sospeso al di fuori del tempo e dello spazio. 

[…] è nella sua evocazione della debolezza del vulcano, la sua solitudine, le sue lacrime, che Macca ci restituisce una nota nuova e lacerante. I suoi soggetti, mentre si crogiolano nelle acque ai piedi di montagne infuocate, non sono altro che lo specchio della fragilità di un gigante che può sì sprizzare fuoco e furia, ma in realtà sta preparando il palcoscenico per la propria morte solitaria. (Ferzan Özpetek)

Giuliano Macca, Prima di scomparire, 2021, olio su tela, 160×100 cm

Vivere e morire per l’arte

Giuliano Macca nasce a Noto in Sicilia nel 1988. Intraprende i suoi studi presso l’Accademia di Belle Arti di Roma dove consegue la laurea in pittura. Il suo approccio alle arti visive avviene inizialmente attraverso il mondo della Street Art e nel 2016 la sua performance artistica Ti aspetto su altri Pianeti viene presentata al MAAM (Museo dell’Altro e dell’Altrove) di Roma. Nel settembre 2018 inaugura la sua prima personale presso la galleria romana Mirabilia Art Gallery e alla fine dello stesso anno entra a far parte del team di artisti di Michele von Büren nella sua galleria Von Buren Contemporary, all’epoca RvB Arts. Nel 2019 Macca tiene la sua mostra personale Cuori di cristallo da RvB Arts e poi partecipa alla collettiva Dissolvenze al Museo Diocesano di Padova. Nel settembre 2020 inaugura la mostra La solitudine degli angeli a cura di Vittorio Sgarbi presso Etra Studio Tommasi. Nel dicembre dello stesso anno, nel periodo di difficoltà legato alla pandemia Covid-19, è la volta della visionaria rappresentazione a Castiglion Fiorentino, L’Abbraccio, che rappresenta un passionale abbraccio stampato su carta calpestabile che copre una superficie di 1200 mq ai piedi della rinascimentale Torre del Cassero. Entra a far parte della galleria Gowen Contemporary di Ginevra esponendo per la prima volta a novembre 2021, nella mostra collettiva Escape Line II Drawings and Sculptures, con Efesto, un’installazione di 5 mq che rappresenta il dio del fuoco adagiato alle pendici dell’Etna, realizzato con tecnica mista – acquerello e penna su carta – e diviso poi in 79 parti. Molto attivo sui social media, Macca ha ottenuto negli ultimi anni un seguito esponenziale in tutto il mondo con oltre 118.000 followers su Instagram.

Il Pianto dei Vulcani è la seconda iniziativa appositamente scelta per celebrare l’apertura del nuovo spazio della galleria in Via Giulia 13 e il suo cambio di nome, passando da RvB Arts a Von Buren Contemporary.


INFO

Il Pianto dei Vulcani

Mostra personale di Giuliano Macca
Testo di presentazione di Ferzan Özpetek

Curatela e organizzazione di Michele von Büren 

Vernissage giovedì 9, venerdì 10 e sabato 11 dicembre 2021 dalle 18.00 alle 22.00

Fino al 5 febbraio 2022
Orari: 11:00-13:30 / 16:00-19:30; domenica e lunedì chiuso

Von Buren Contemporary 
Via Giulia 13 – Roma
+39 335 1633518
www.vonburencontemporary.com
info@vonburencontemporary.com
@vonburen.contemporary

Ufficio stampa
Roberta Melasecca_Interno 14 next/Melasecca PressOffice
roberta.melasecca@gmail.com
tel. 3494945612
cartella stampa su www.melaseccapressoffice.it

IMMAGINE DI APERTURA – Invito

Bologna – PVT, Pier Vittorio Tondelli tra parole, luoghi e fauna galattica

SAVE THE DATE

PVT, Pier Vittorio Tondelli
tra parole, luoghi e fauna galattica

Sabato 11 Dicembre, ore 15:00: passeggiata per i luoghi tondelliani in città condotta da Enrico Brizzi e Psicoatleti.
Ospite: Bebo de Lo Stato Sociale.
Evento conclusivo alle ore 17 in Salaborsa (iscrizioni: segreteria@psicoatleti.org)

Mercoledì 15 Dicembre, ore 18:00 in Salaborsa a Bologna
A trent’anni dalla morte dello scrittore un incontro per ricordarlo e continuare a tenerlo tra noi.
Con: Andrea Adriatico, Roberto Grandi, Giulio Iacoli, Maurizio Marinelli, Piergiorgio Paterlini, Marco Zanardi ‘Orea Malià’ e altri in attesa di conferma.

IMMAGINE DI APERTURA – Invito

Firenze, Tornabuoni Arte – Arte moderna e contemporanea. Antologia scelta 2022

Tornabuoni Arte presenta al pubblico Arte moderna e contemporanea. Antologia scelta 2022, appuntamento annuale che si concretizza in una mostra nelle due sedi italiane, di Firenze e di Milano, e in un volume, frutto di un’accurata selezione di opere, che evidenzia lo spirito di attenta ricerca e raffinata conoscenza che la galleria ha maturato nel tempo.

Sarà possibile visitare l’esposizione a Firenze (Lungarno Benvenuto Cellini 3) da venerdì 3 dicembre e a Milano (Via Fatebenefratelli, 36) da giovedì 16 dicembre 2021.

03 Dicembre 2021 – 26 Novembre 2022
Firenze, Tornabuoni Arte

ARTE MODERNA E CONTEMPORANEA
ANTOLOGIA SCELTA 2022

Wassily Kandinsky, Communiqué, 1936, acquerello e china su carta montata su cartoncino, cm 48,5×30,5.

Grazie alla passione e dedizione di Roberto Casamonti che l’ha fondata, Tornabuoni Arte ha saputo, nel corso degli anni, creare un importante circuito espositivo e culturale in Italia e all’estero, coinvolgendo istituzioni pubbliche e private, con una programmazione internazionale, realizzata grazie anche al rapporto consolidato con critici d’arte, curatori e collezionisti. Conferma così la sua vocazione ad essere non solo una galleria privata ma un luogo aperto a tutti e dedicato alla cultura. La preziosa pubblicazione, che accompagna questa edizione, è introdotta da un testo, La linea evolutiva dell’arte, della storica dell’arte Sonia Zampini. Da Fattori, con un dipinto dell’Ottocento, a un video di Plessi del 2021 “l’antologia – come sottolinea Zampini – è intesa come una retrospettiva ad ampio raggio di osservazione sulle molteplicità delle dichiarazioni artistiche, dei movimenti, degli intenti che hanno determinato i passi fondanti della storia dell’arte”.

La mostra Arte moderna e contemporanea. Antologia scelta 2022, allestita nelle sede fiorentina, con oltre cinquanta opere, è suddivisa per aree tematiche. Al primo piano della galleria troviamo una sezione dedicata ai grandi maestri dell’arte figurativa italiana della prima metà del Novecento, come Plinio Nomellini, con cui iniziamo questo percorso espositivo. Il suo Pastore con gregge e pecore (1900-1910) è un dipinto dall’atmosfera vibrante, data dall’uso di una pennellata a macchie, che testimonia l’attenzione del pittore verso la natura e la rappresentazione del sociale. Sono gli anni in cui decise di stabilirsi definitivamente in Versilia, a Torre del Lago, dove nacque l’amicizia con Giacomo Puccini e Giovanni Pascoli. Anni che lo portarono a sperimentare poi il Simbolismo.
Tra gli artisti che segnarono in maniera indelebile il periodo a cavallo delle due guerre, non possono mancare figure come Savinio rappresentato da Apparition du Printemps del 1929 o Massimo Campigli con un particolarissimo affresco riportato su tela, Venezia – Gita in barca, del 1941, una raffinata composizione che ricorda gli antichi affreschi di Pompei come anche la pittura del misterioso popolo etrusco, affascinato com’era dalla ricerca di una purezza primordiale, arcaica, ma anche dall’armonia e dal rispetto delle forme. Piazza d’Italia, opera nota di Giorgio de Chirico, del 1951, ci introduce alla pittura metafisica: la composizione raffigura le caratteristiche architetture di uno spazio urbano dall’atmosfera rarefatta, carica di lirico silenzio.

Si prosegue al piano terra con un’ampia selezione di opere moderne e contemporanee. Lucio Fontana è stato un artista con cui la Tornabuoni Arte ha sempre avuto un rapporto speciale, e in questa antologia troviamo ben cinque suoi capolavori come, fra tutti, Concetto spaziale, Attese, 1965-66, dove l’azione solenne di quattro tagli si imprime sulla tela rossa. Relativamente al contesto dell’Arte Povera, sono in mostra esempi come: Non resto non parto non parto non resto di Alighiero Boetti, del 1979, realizzata con la penna biro, secondo il principio espresso da Boetti stesso che “si può usare tutto per fare arte senza nessuna gerarchia”; e Senza titolo (2010-2011) di Jannis Kounellis, un lavoro a parete, composto da una lastra di derivazione industriale sulla quale è sospeso, in una rete metallica, un violino, la dimensione impalpabile della musica evocata dalla memoria emotiva del suono dello strumento musicale si contrappone, qui, alla fredda e solida materia che lo contiene.
Segnaliamo anche la presenza di altri protagonisti di questo periodo storico come Enrico Castellani, con Superficie del 1973, un quadro dalla tridimensionalità reale e concreta, che dà alla superficie una consistenza del tutto nuova e rivoluzionaria. E ancora Arnaldo Pomodoro, Piero Dorazio, Alberto Biasi, Emilio Isgrò.

Chiude l’esposizione, una sezione dedicata agli artisti internazionali. Di Wassily Kandinsky – che Sonia Zampini ricorda nel titolo del suo saggio nell’Antologia, La linea evolutiva dell’arte – si può ammirare Communiqué, del 1936, realizzato durante il suo soggiorno a Neuilly-sur-Seine, vicino Parigi, quando il pittore tornò a dipingere acquerelli. Sempre su carta è lo splendido Femme dans la nuit di Joan Mirò (1966), un intimo soliloquio carico di malinconia esistenziale, dove la figura femminile posta a destra del campo visivo, descritta con la sapienza di linee agili e modellanti, si rivolge alla grande stella che domina il cielo. Risalgono, invece, agli anni ’80, le opere del fondatore dell’Op art, Victor Vaserely, Dinn, 1984, Tizenne 2, 1986.

Da giovedì 16 dicembre, un’ulteriore selezione di circa trenta lavori pubblicati nel volume Arte moderna e contemporanea. Antologia scelta 2022 saranno in mostra nella sede di Milano della Tornabuoni Arte. Entrambe le esposizioni saranno visitabili sino al 26 novembre 2022, salvo mostre temporanee.


Info:
Tornabuoni Arte
Lungarno Benvenuto Cellini, 3 – 50125 Firenze
info@tornabuoniarte.it / www.tornabuoniart.com / +39 055 68 12 697

Via Fatebenefratelli 34/36 – 20121Milano
milano@tornabuoniarte.it / www.tornabuoniart.com / + 39 02 65 54 841

Ufficio stampa:
Davis & Co | Lea Codognato e Caterina Briganti
Tel. + 39 055 2347273 – e.mail: info@davisandco.itwww.davisandco.it

Studio ESSECI
Tel. +39 049 663499 – e.mail: roberta@studioesseci.net, www.studioesseci.net

IMMAGINE DI APERTURA Alberto Savinio, Apparition du Printemps, 1929, olio su tela, cm 54×65.

Roma: seminario Vision & Global Trends – AUKUS Il ritorno dell’anglo-america sfera e le sue conseguenze

AUKUS
Il ritorno dell’anglo-america sfera e le sue conseguenze

Giovedì 23 dicembre 2021 – Orario: 14:30 – 19:00

Palazzo Theodoli Bianchelli, Sala Conferenze – Camera dei deputati

Ingresso: Piazza del Parlamento 20-21
Ingresso consentito a partire dalle 14:00
Per accedere alla Sala è richiesto abbigliamento formale, per gli uomini giacca e cravatta
L’ingresso è consentito soltanto ai partecipanti muniti di Green Pass

Per partecipare: registrarsi scrivendo a info@vision-gt.eu entro giovedì 16 dicembre
Sito web

Programma

14:30 – Saluti istituzionali

On. Pino Cabras – Camera dei deputati, Commissione Esteri

Dott. Tiberio Graziani – Vision & Global Trends

Relazioni

Prof. Rodolfo Bastianelli – Docente a contratto di Storia delle Relazioni internazionali
L’intesa dell’AUKUS. Implicazioni politiche e strategiche nello scenario regionale dell’Asia-Pacifico ed in quello globale

Gen. Marco Bertolini – Generale (aus) di C.A.
AUKUS dalla prospettiva italiana e euroatlantica

Amb. Alberto Bradanini – saggista, già ambasciatore a Pechino
Usa-Cina. La nuova guerra fredda: possibilità e impossibilità di un’alternativa

Prof. Giuliano Luongo – United Nations UniPace – Vision & Global Trends
Aukus, il nodo francese e rivalità storiche

Dott. Alessandro Politi – NDCF, NATO Defence College Foundation, Direttore
Indo-Pacifico: pace o/e guerra

Dott. Maurizio Vezzosi – analista geopolitico
L’asse Londra-Washington contro il multipolarismo. Le implicazioni per lo spazio continentale ed il Mediterraneo.

John J. Rawlings – Tassello a espansione, 1919

Tutti conoscono i tasselli ad espansione, ma difficilmente immaginano che il prodotto industriale oggi utilizzato sia nato alla vigilia della Prima guerra mondiale per risolvere alcuni problemi riguardanti il British Museum. L’ideatore fu John Joseph Rawlings, un ingegnere britannico, che ha inventato questo funzionale sistema di fissaggio intorno al 1910-1911, che ne ha registrato un brevetto col nome Rawlplug nel 1912, che infine gli è stato riconosciuto nel 1913. Grazie al successo ottenuto, nel 1919 l’azienda, in precedenza nota come Rawlings Brothers, è stata ribattezzata Rawlplug Ltd.

John Joseph Rawlings e una pagina del suo brevetto

Per raccontare brevemente la storia di questo particolare prodotto di design, facciamo un passo indietro, al 1887, quando la Rawlings Brothers iniziò a Londra la propria attività come una piccola ditta di impianti idraulici stabilitasi in Richmond Road, South Kensington. Man mano che l’azienda cresceva i fratelli Rawlings ampliavano la propria offerta di servizi in rapporto alle mutevoli esigenze tecnologiche e alle richieste di mercato. Gli impianti elettrici vennero eseguiti a partire dai primi anni del 1890 e nel 1910 il repertorio si ampliò. L’azienda, trasferitasi nel frattempo in Gloucester Road, si interessava ormai non solo di opere elettriche, idrauliche e sanitarie, ma anche dei lavori di ingegneria, di costruzione e di decorazione degli stabili.

La narrazione vuole che nello stesso anno 1910, uno dei fratelli, John Joseph Rawlings, ingegnere edile, fosse incaricato dal British Museum di intervenire sugli impianti elettrici del museo, ma in modo discreto. Così racconta l’azienda stessa: «Il British Museum si stava preparando per una profonda ristrutturazione dell’intero edificio. A seguito dell’innovazione contemporanea, il Museo necessitava di un impianto elettrico da installare sulla facciata, in modo tale da essere celato allo sguardo dei visitatori ed evitare di danneggiare l’estetica della muratura esistente. Uno dopo l’altro, i successivi appaltatori si ritirarono dal lavoro. Tutti tranne uno, il proprietario di una piccola impresa elettrica ed edile, The Rawlings Brothers, operante sul mercato dal 1887, specializzata in impianti idraulici, lavori di riparazione e ristrutturazione edilizia». Questo appaltatore era John Joseph Rawlings, un imprenditore, un inventore e un visionario.

I responsabili della direzione museale chiedevano di inserire le viti nelle pareti, cercando di limitare al minimo i danni alle murature. Fino ad allora, agganciare qualcosa su pareti solide – non semplici tramezzi interni di legno e gesso – era un lavoro impegnativo. Richiedeva di praticare con lo scalpello un foro quadrato, bucando intonaco e muratura, per inserire al suo interno un dado di legno su cui fissare le viti o i chiodi necessari all’opera. Il risultato era sgradevole e confuso, perché in breve tempo le superfici intonacate si riducevano ad una miriade di buchi riempiti di tappi di legno. John Rawlings pensò bene che dovesse esserci un modo migliore, più semplice e più ordinato per intervenire con minor danno alle pareti.

I cilindri ad espansione in fibra grezza di iuta o canapa

La soluzione fu un piccolo cilindro in fibra grezza di iuta o canapa tenuto insieme da colla, somigliante ad un piccolo sigaro, lungo quanto la sezione filettata della vite, che sarebbe stata inserita in un piccolo foro lasciato al centro del tassello. L’operazione di fissaggio era quanto mai semplice e pratica. Dapprima si realizzava nel muro un foro pulito e “invisibile”, dello stesso diametro del tassello, utilizzando un trapano a mano. Il tassello era poi inserito nel foro e picchiettato all’interno del muro. Dopodiché si stringeva la vite nel tassello, facendolo allargare e assicurando così una perfetta tenuta per l’attrito contro le pareti del foro. L’idea di Rawlings era che “espansione significa presa”, dal momento che il tappo era pensato per adattarsi perfettamente al contorno approssimativo del foro murario non occupato dalla vite, ammorsandola alla parete.

Disegni del brevetto del 1911

La sua idea funzionò perfettamente, benché questa sorta di zeppa tessile fosse minuscola e molto più piccola dei dadi rigidi in legno tradizionali da inserire a parete, risultò comunque il più efficace elemento di fissaggio che si fosse mai visto. Come già detto, l’affermazione dell’innovativo sistema di fissaggio indusse Rawlings a depositare il brevetto nel 1911 (22680/11) col nome di Rawlplug (dove “Rawl” faceva riferimento a Rawlings e “plug” significa spina). Era nato il “tassello a espansione”. Il brevetto fu concesso il 14 gennaio 1913. Avrebbe dovuto durare 14 anni, ovvero fino al 1927, ma venne prolungato per altri quattro, fino al 1931, probabilmente per compensare l’interruzione dovuta alla Prima guerra mondiale. Un altro brevetto, nondimeno, può essere associato a quello di Rawlings: nel 1914, infatti, a inizio della Grande Guerra, la Black and Decker brevettò il primo trapano elettrico al mondo con impugnatura a pistola. Il nuovo e funzionale strumento velocizzò e semplificò al massimo le operazioni di foratura e il tassello ad espansione giocò la sua parte nel fissaggio.

Varie confezioni del prodotto vendute nel corso degli anni

Per una migliore produzione e commercializzazione del prodotto, nel 1919 i fratelli Rawlings cambiarono l’assetto dell’azienda, che da allora prese il nome di The Rawlplug Company Ltd., che operava ora da Gloucester House in Cromwell Road, mentre la parte produttiva si svolgeva nella fabbrica di Lenthall Place. Gloucester House fu ribattezzata Rawlplug House intorno al 1925 e rimase tale fino al 1965 circa. Gran parte del successo iniziale (1922-1945) è stato attribuito a massicce campagne pubblicitarie, con inserzioni a tutta pagina sui giornali nazionali. Si aggiunsero ampie partecipazioni alle esposizioni annuali in diverse parti del mondo. Il tassello fu promosso come un elemento di fissaggio assolutamente stabile. La pubblicità decantava: un tassello di medie dimensioni conficcato nel mattone reggerà mezza tonnellata, non può allentarsi o restringersi. I tasselli più grandi possono trattenere fino a quattro tonnellate (Brochure promozionale dei prodotti Rawlplugs, 1935). Rawlplug e i prodotti associati dell’azienda sono diventati rapidamente una storia di successo globale. Altri prodotti andarono ad assommarsi al primo e assicurarono lo sviluppo successivo dell’azienda. È tuttavia per l’umile ma onnipresente tassello che si ricorda ancora oggi l’azienda fondata da John Rawlings.

VEDI ANCHE: 100 anni di esperienza in fissaggi, elementi di fissaggio e strumenti

IMMAGINE DI APERTURA – Una storica confezione Rawlplug (Fonte Wikipedia)

VIDEOGAMES! In 18 stazioni cronologiche le fasi fondamentali dell’evoluzione del videogioco

VIDEOGAMES!, il nuovo progetto a firma di Arthemisia, vuole raccontare la nascita e l’evoluzione dei videogiochi, dai primissimi esperimenti degli anni ’50 fino alle realizzazioni più attuali, consentendo al pubblico di prendere parte attiva alla mostra, giocando con la maggior parte dei dispositivi, vecchi e nuovi.

Fino al 20 febbraio 2022, al Salone degli Incanti di Trieste

VIDEOGAMES!

La prima grande mostra internazionale sul mondo dei videogiochi

GameBoy (in foto)
Videogiochi nel palmo di una mano

IL PERCORSO DELLA MOSTRA


01 – LE ORIGINI DEL VIDEOGIOCO

Negli anni ‘50 un oscilloscopio usato per simulare una partita di tennis e una rudimentale battaglia spaziale gettano le fondamenta per la nascita di un fenomeno che coinvolgerà negli anni miliardi di appassionati in tutto il mondo.

1952 – OXO
Ideato da Alexander Douglas nel 1952 su EDSAC, riproduce il gioco del “Tris” contro il computer, comandato da un telefono rotativo.

1958 – TENNIS FOR TWO
L’intuizione porta la firma del professore di fisica William Higinbotham che utilizzò un oscilloscopio simulando le leggi fisiche in una partita di tennis. Il “gioco” consisteva nel riuscire a far rimbalzare il puntino creato dalla macchina senza toccare la “rete” al centro dello schermo.

1962 – SPACEWAR
Lo statunitense Steve Russel, informatico del MIT, crea SPACEWAR, una battaglia spaziale tra due navicelle che, oltre a scontrarsi sparandosi a vicenda, dovevano evitare di essere assorbite da un buco nero al centro del display.

1972 – ODYSSEY
Il primo passo verso la commercializzazione fu di Ralph Baer, che realizzò un congegno da collegare alle TV che simulava una partita di ping pong.
Il prototipo fu acquisito dalla multinazionale dell’elettronica Magnavox, che lanciò la prima vera console per videogiochi della storia, l’ODYSSEY.

02 – IL COLOSSO ATARI

Computer Space e PONG, videogiochi dal successo planetario e commercializzati al meglio dalla visionaria casa produttrice ATARI, saranno la spinta fondamentale per la diffusione dei videogiochi negli anni ‘70.

1970 – COMPUTER SPACE
Il più abile a sfruttare il lato commerciale del videgioco fu Nolan Bushnell, realizzando COMPUTER SPACE, un clone di SPACEWAR, giocabile su un macchinario attivato a gettoni. Fu il primo vero videogioco arcade della storia.

1972 – PONG
Bushnell insieme a Ted Dabney fonda ATARI con la quale sviluppa con più fortuna l’idea di Magnavox e realizza il successo planetario conosciuto come PONG. In pochi anni ATARI diventerà un colosso, fino alla sua acquisizione nel
1975 da parte di Warner Bros.

1977 – ATARI 2600
È la prima console casalinga, di grande impatto, con la caratteristica di poter intercambiare le cartucce. Questo permetteva di avere una grande varietà di giochi su un’unica piattaforma, spesso anche con conversioni di successi dei cabinati arcade presenti nelle sale giochi.

03 – IL FENOMENO DEGLI ARCADE

I mitici Cabinati Arcade, mobili/videogioco a moneta con pulsanti e joystick, semplici e intuitivi, furono i protagonisti nella nascita delle prime sala giochi, luoghi di aggregazione, dove ragazzi e ragazze passavano ore a sfidarsi per contendersi il primo posto in classifica.

1978 – SPACE INVADERS
Sviluppato da Toshihiro Nishikado, è stato il primo videogioco arcade a inserire la classifica a punti. Il giocatore doveva colpire gli alieni prima che toccassero terra, un gioco semplice e divertente diventato uno dei più amati e imitati

1980 – PACMAN
Ideato da Tōru Iwatani, è considerato uno dei giochi più importanti della storia, il primo che si rivolgeva anche ad un pubblico femminile e il primo a creare una vera e propria mascotte: il simpatico pallino giallo che, infatti, diventerà un’icona degli anni ottanta.

04 – LA GRANDE CRISI


All’inizio degli anni ‘80 il veloce successo di Atari portò altre ditte a sviluppare sempre più console e giochi di bassa qualità, saturando velocemente il mercato e l’interesse dei consumatori. Tantissime copie andarono invendute portando sul lastrico la maggior parte delle aziende.


1980 – L’INIZIO DEL DECLINO
La quantità di console presenti sul mercato, tutte molto simili, e il poco controllo della qualità sui giochi scadenti, causarono il rapido declino dell’interesse generale. Questi fattori portarono Atari, e le altre aziende del settore, sull’ orlo del fallimento.

1982 – IL PEGGIOR VIDEOGIOCO DI SEMPRE
E.T. the extra-terrestrial, sviluppato in sole 5 settimane da Howard Scott Warshaw, troppo difficile e poco accattivante, un vero flop. Atari pagò una cifra astronomica per l’utilizzo dei diritti del film, e fu costretta a velocizzare lo sviluppo per non mancare l’uscita natalizia, sacrificandone la qualità.

05 – HOME COMPUTER

Il mondo si prepara alla prima grande rivoluzione informatica. I computer entrano prepotentemente nelle case, programmazione, studio e gioco. Il Commodore 64 rappresenta tra questi il più venduto Pc game della storia.

1979 – APPLE II
Alla fine degli anni ‘70, Apple comincia a progettare i suoi primi Home Computer e sarà proprio su questa piattaforma che i videogiochi per PC muoveranno i primi passi, essendo il computer più usato dai programmatori dell’epoca per sviluppare videogiochi.

1980 – VIC 20 UN PC PENSATO PER LE FAMIGLIE
La vera svolta riguardante i videogiochi arriverà con il VIC-20, molto più economico ed accessibile del predecessore che, grazie alla compatibilità con i giochi in cartuccia, si trasformava istantaneamente da computer per lo studio a vera e propria console.

1982 – COMMODORE 64, IL PC PIU VENDUTO DELLA STORIA
La filosofia di personal computer/console verrà consacrata con il Commodore 64. Successo indiscusso, entrerà prepotentemente nel mercato diventando il personal computer più venduto nella storia dell’informatica.

1983 – ZX SPECTRUM, IL COMPUTER BRITANNICO ALLA CONQUISTA DEL MONDO
Ideato dalla Sinclair Research Ltd in Gran Bretagna, fu il principale antagonista del Commodore 64 in Europa. Conquistò un discreto settore di mercato grazie al prezzo contenuto, le piccole dimensioni, la velocità di calcolo. Divenne popolare anche nel settore dei videogiochi con una libreria che nel tempo arrivò a oltre 12.000 titoli pubblicati.

06 – LA RI-NASCITA DELLE CONSOLE

Dal Giappone arriva il nuovissimo Nintendo NES con il simpatico Super Mario, un’accoppiata vincente che rilancia a tutta velocità le console multigames verso la conquista del mondo videoludico.

1983 – NINTENDO FAMICOM
Nintendo, che era già conosciuta nel campo dei videogiochi arcade, creò la sua prima console casalinga, dando il via alla rinascita del mercato.

1985 – NINTENDO ENTERTAINMENT SYSTEM NES
Dopo il lancio e il successo in Giappone, Nintendo decise di portare la sua console in Europa e negli Stati Uniti. Il Famicom verrà completamente ridisegnato e reso più adatto al mercato statunitense: questa versione è conosciuta come NES.
Altra mossa importante fu il Sigillo di Garanzia Nintendo, un logo apposto sulle scatole dei giochi che certificava la qualità di ogni titolo. Questo evitava l’arrivo sul mercato di cloni e giochi di scarso valore, come negli anni precedenti.

1985 – SUPER MARIO BROS.
Il gioco ideato da Shigeru Miyamoto è considerato uno dei titoli che ha cambiato il mondo dei videogiochi. Il protagonista è Mario, un simpatico idraulico italiano che dovrà salvare la principessa, sconfiggendo il malvagio re Bowser. Da questo momento Mario sarà il simbolo di Nintendo per il futuro.

07 – IL MERCATO SI ALLARGA

Come avvenne precedentemente in America con Atari, sulle orme del successo Nintendo dal Giappone nascono altri rivali. Il più interessante è il SEGA Master System, che gli contenderà il titolo di console più venduta degli anni ‘80.

1985 – SEGA SG-1000
Anche SEGA non era nuova nel mondo dei videogames e con la sua versione di console da casa chiamata SG-1000 sfidò Nintendo sul mercato giapponese.

1985 – SEGA MASTER SYSTEM
Con l’uscita del NES anche Sega decise di esportare in occidente la propria console con un restyling completo: nacque così il Sega Master System.
Se Nintendo aveva Miyamoto come creatore di successi, SEGA aveva Yu Suzuki. Dobbiamo al suo genio tutti i titoli più famosi per la console 8bit come OutRun, AfterBurner, Space Harrier e molti altri.

1990 – SEGA MASTER SYSTEM 2
La console subirà un ulteriore restyling, oltre alle migliorie tecniche è stata la prima console a essere venduta con un gioco precaricato in memoria, Alex Kidd in Miracle World.

08 – DA GIOCATTOLO A PRODOTTO PER RAGAZZI

SEGA “lancia” la sua mascotte SONIC: il porcospino è più veloce di Super Mario, più potente e più colorato. Proprio come la console Sega Megadrive, i videogiochi si indirizzavano a un target sempre più maturo ed esigente.

1988 – MEGA DRIVE
SEGA lancia sul mercato la sua nuova console che, grazie ad una RAM da 8kbyte, permette un’elaborazione dei dati più veloce delle concorrenti, consentendo così di sviluppare il suo gioco di punta, SONIC.

1991 – SONIC THE HEDGEHOG
Sviluppato da Yūji Naka, è un gioco platform incentrato sulla velocità del suo protagonista, un simpatico porcospino blu.

1990 – SUPER NINENDO
Nintendo arriva due anni dopo rispetto a SEGA alla nuova generazione dagli 8 ai 16 bit, complice il successo che continuava ad avere il NES. Nonostante questo il SUPER NINTENDO diventò la console più venduta della sua generazione. Come per il predecessore NES, la versione americana del Super Nintendo fu completamente ridisegnata con forme squadrate. Anche i classici colori dei tasti giallo, rosso, verde e blu furono sostituiti con due tonalità di viola.

09 – GUERRA APERTA FRA SEGA E NINTENDO

Gli anni ‘90 sono alle porte con la guerra delle aziende al vertice del mercato, Nintendo e Sega. Un susseguirsi di sorpassi e colpi di scena, pubblicità sleali, testimonial, spionaggio e innovazione… Il mercato era tutto per loro.

FINE ANNI 80 – ATTACCO E CONTRATTACCO
Il primo round andò a Nintendo con il suo NES a 8 bit, che vende globalmente quasi 62 milioni di unità contro le 13 della rivale. SEGA decise allora di passare al contrattacco, aumentando il “numero dei cavalli” con una nuova console a 16 bit. Questa maggiore potenza venne chiamata da SEGA il “Blast Processing” e divenne il nuovo ingrediente segreto su cui spingere mostrando cosa la loro macchina potesse fare rispetto alla concorrente.
La mossa piacque e avvicinò molti ragazzi e adolescenti alla nuova console che, pur restando al di sotto delle vendite di Nintendo, riscontrò un discreto successo. Famosa è la pubblicità di SEGA in America, che recitava lo slogan “Genesis does what Nintendon’t” (il Megadrive fa quello che Nintendo non può).
In Italia sono stati molti i personaggi famosi che hanno prestato il loro volto per le pubblicità di videogiochi e console. I più conosciuti sono sicuramente Jerry Calà, Walter Zenga, Roberto Mancini per SEGA ecc. Tra i vari slogan uno dei più famosi era quello di Jovanotti “Se Nintendo non va in moto, vado in moto da Nintendo

10 – VIDEOGIOCHI NEL PALMO DI UNA MANO

Il mercato trasversale delle console portatili vide il suo boom all’inizio degli anni ’90. Il fascino di poter giocare ovunque dilagò velocemente, ma i problemi legati a peso, batterie e prezzo fecero una grande selezione.

1980 – NINTENDO GAME & WATCH
Nintendo portò i classici da sala giochi in versione portatile con schermo a tecnologia LCD (come quelli delle calcolatrici) ma l’esperienza di gioco era molto limitata visto che lo sfondo era fisso. 1989 – NINTENDO GAME BOY
Grazie all’esperienza acquisita, Nintendo sviluppa una nuova console portatile a cartucce e dalla mente del visionario Gunpei Yokoi nacque il famosissimo Game Boy.

1989 – ATARI Lynxs
T ecnicamente superiore alle rivali, con schermo a colori, retroilluminazione e capacità di networking, era però più costosa e pesante delle concorrenti e anche la durata delle batterie era nettamente inferiore (circa 4 ore contro le 36 del Game Boy). Questi e altri difetti le impedirono di emergere.

1991 – SEGA GAME GEAR
Anche SEGA si buttò sul mercato delle portatili con un’aggressiva campagna di marketing che evidenziava la superiorità tecnica della sua console rispetto alle concorrenti. Ma i difetti comuni al Lynxs le furono fatali.

GAMEBOY
Tutti amano il Game Boy. Questa piccola console, ha rappresentato una rivoluzione nel mondo dei videogiochi. Da quando è uscita in Giappone nel 1989 ha venduto oltre 100 milioni di unità, dando ai giocatori di tutto il mondo la libertà di giocare in qualsiasi luogo con i loro titoli preferiti, i più famosi Tetris, Super Mario Land e Pokémon blu e rosso.

11 – LA RIVOLUZIONE CHIAMATA PLAY STATION

Una delle più importanti innovazione tecnologiche degli anni ’90 è rappresentata dai CD. Sarà proprio la SONY, già famosa per produrre apparecchiature elettroniche, ad applicare questa tecnologia alla sua nuovissima console PlayStation, rivoluzionando per sempre il mercato dei videogiochi.

1988/1992 – IL PROGETTO NINTENDO/SONY
La collaborazione tra Nintendo e la casa di apparecchiature elettroniche Sony porta allo sviluppo di un lettore CD per Super Nintendo, che però non fu mai commercializzato. Sony, delusa dalla marcia indietro del partner, proseguì autonomamente lo sviluppo, che portò all’ideazione della fortunata console PlayStation, che conosciamo oggi.

1994 – PLAYSTATION
Forte di un hardware solido e della possibilità di utilizzare la console come lettore CD musicale e grazie a una campagna marketing senza precedenti, che vede il coinvolgimento anche registi di Hollywood, PlayStation si rivelerà un successo con più di 100 milioni di unità vendute e spianerà la strada a Sony per gli anni a venire. Lo spot scioccante di PlayStation è “Ricchezza Mentale”, regista Chris Cunningham.

12 – LA CONTROMOSSA

L’ingresso di SONY stimolò tutto il mondo delle console a sviluppi sempre più estremi, dalle nuove e complesse architetture 3D, ai potenti processori a 64 bit. Ormai le cartucce avevano i giorni contati ma il mercato della contraffazione dei CD dava ulteriori grattacapi.

1994 – SEGA SATURN
Il Sega Saturn, inizialmente concepito come console a CD per giochi a due dimensioni, venne velocemente riadattato, prima del lancio sul mercato, aggiungendo la terza dimensione per stare al passo con la PlayStation di Sony. L’operazione creò un’architettura della console molto complessa su cui era difficile sviluppare giochi, mettendo in difficoltà le case di software, che trovarono più conveniente progettare per la concorrenza. Questo fu uno dei motivi che decretò l’inizio del declino di Sega nel mercato dei videogiochi.

1996 – NINTENDO 64
Nintendo ebbe una reazione molto diversa. Invece di inseguire le specifiche di PlayStation, sviluppò soluzioni molto particolari:
1. Implementò un piccolo stick analogico sul nuovo controller a forma di tridente.
2. Il supporto scelto per i giochi fu nuovamente la cartuccia: la produzione era più dispendiosa ma era quasi impossibile la contraffazione.
3. La predisposizione per il multiplayer a 4 giocatori, che premise a giochi come Mario Kart 64 o 007 Goldeneye di avere enorme successo.

13 – I FLOP COMMERCIALI

Grandi successi e flop disastrosi si succedevano negli anni, la tecnologia andava velocissima e lo sviluppo non stava al passo con i tempi, rischiando così di ritrovarsi all’uscita nei negozi con prodotti e giochi obsoleti o inadeguati.

1998 – SEGA DREAMCAST
Le perdite riscontrate dal Saturn influirono sulla progettazione del nuovo Dreamcast. SEGA riuscì comunque a dare forma alla sua console realizzando giochi interessanti come ad esempio Shenmue, primo gioco con mappa aperta, precursore del genere Open World. Purtroppo le buone vendite iniziali furono freddate dall’uscita della PlayStation 2. Dreamcast sarà l’ultima console prodotta in casa SEGA.

2001 – GAMECUBE
Da annoverare tra le console che nella storia non hanno avuto successo economico c’è sicuramente il GameCube di Nintendo. Il cubetto a 128bit, senza lettore DVD e senza un’adeguata campagna di marketing, si trovò a rivaleggiare, anche in questo caso contro il colosso PlayStation 2, che dominava il mercato.

1994 – ATARI Jaguar
La console, a causa dei pochi giochi usciti e di alcuni problemi hardware, si dimostrò un flop commerciale decretando definitivamente il ritiro dal mercato di ATARI.

14 – I GRANDI SUCCESSI

Con il nuovo millennio Nintendo e Sony misero il turbo, consacrandosi con i due successi più grandi della storia delle console, rispettivamente con la potentissima PS2 e l’innovativa Wii, che con il suo Wiimote era in grado di avvicinarsi ai giochi sportivi con estremo realismo.

2000 – PLAY STATION 2
Nonostante una partenza lenta dovuta anche a un prezzo più alto rispetto alle concorrenti, riuscì a lanciarsi grazie alla presenza di giochi in esclusiva molto importanti come GTA e al suo utilizzo come lettore DVD e CD. PS2 divenne la console più venduta della sua generazione.
Nel 2007 uscì PS2 Slim, restyling della “sorella maggiore”: identica per prestazioni ma di dimensioni più contenute, ha contribuito a spingere ulteriormente le vendite fino a sfondare il tetto di 140 milioni di unità

2006 – NINTENDO WII
Nintendo concepì un nuovo modo di approcciarsi al videogioco. Grazie ai sui innovativi controller WiiMote, dispositivi in grado di convertire i movimenti del corpo in azioni nel gioco, la console conquistò il pubblico sin da subito. Nel 2013, anno della dismissione ufficiale, 102 milioni di Wii erano state vendute in tutto il mondo, superando le vendite del NES, ferme a 62 milioni di unità. Wii diventa così la console più venduta di Nintendo.

15 – LA REALTÀ VIRTUALE

Un sogno inseguito da sempre nel mondo dei videogiochi è la realtà virtuale, vivere in prima persona le avventure dei nostri eroi, sentire la paura o volare nello spazio. Oculus, PlayStationVR ottimi progetti ma con molti limiti per un pubblico così esigente.

1994 – VIRTUAL BOY
Basata sulla tecnologia ‘stereoscopica’ monocromatica, tutti i giochi erano visualizzati in tonalità di rosso.

2010 – OCULUS RIFT
Il sogno di realizzare dispositivi per la Realtà Virtuale per il grande pubblico proseguì, e così Palmer Luckey e il programmatore di videogiochi John Carmack (una delle menti dietro a DOOM, Wolfeinstein ecc.) progettarono il prototipo del visore Oculus Rift. L’era d’oro della Realtà Virtuale sembrava finalmente iniziata.

2014 – GOOGLE CARDBOARD
Google iniziò a distribuire il Google Cardboard, un visore VR di cartone che funziona infilando al suo interno uno smartphone.

2016 – HTC VIVE E PLAYSTATION VR
Successivamente al lancio sul mercato di Oculus Rift, arrivarono anche HTC Vive e PlayStation VR, visore per la Realtà Virtuale di Sony per la sua console PlayStation 4. La tecnologia della realtà virtuale è ancora in forte sviluppo ma sembra che ci si avvicini sempre di più a quel sogno che si insegue da molti anni.

16 – ENTRA IN GIOCO MICROSOFT

Dopo anni di dominio giapponese, anche l’azienda americana Microsoft comincia la sua “corsa all’oro” con Xbox, la potentissima console sviluppata dalla grande esperienza derivata dal mondo dei PC, successo legittimato nel 2005 con Xbox360.

2000 – XBOX
Microsoft presentò la sua console con caratteristiche hardware molto più potenti delle rivali, grazie a una tecnologia simile a quella di un PC.
Presentata nel 2000 da Bill Gates e Seamus Blackley, inizialmente aveva un design molto aggressivo a forma di X cromata. Successivamente, per esigenze di produzione, conserverà solo l’imponente X. Attualmente è possibile ammirare il prototipo, costato all’epoca ben 18,000$ al Microsoft Visitor Center.
Xbox avrà un discreto successo, grazie anche al servizio online XboxLive, e venderà quasi 25 milioni di unità. Microsoft si riconfermerà negli anni successivi la rivale principale di Sony con le sue Xbox360, XboxONE e Xbox SerieX

17 – LA RAPIDA EVOLUZIONE

Mentre il primo mezzo secolo di storia si è contraddistinto per le sperimentazioni, i fallimenti e le rivoluzioni, il nuovo millennio, forte di tecnologie sempre più evolute, team di sviluppatori dedicati e supporto web, ha accelerato il processo evolutivo delle console e dei videogiochi in modo esponenziale.

2005 – XBOX 360
Nel primo periodo di vendita andò esaurita praticamente ovunque. La maggior parte delle funzionalità più rilevanti sono integrate nel servizio di Xbox Live, il quale permette agli stessi utenti della console di accedere alle funzionalità di gioco online, di scaricare giochi, demo di giochi, trailer, spettacoli televisivi, musica e film.

2007 – SONY PLAYSTATION 3
Terza console di Sony, supportava giochi su dischi Blu-Ray capaci di immagazzinare molti più dati rispetto ai vecchi DVD. Le sue doti da centro multimediale furono apprezzate favorendone le vendite.

2012 – NINTENDO WII U
La caratteristica distintiva è il suo sistema di controllo, un pad con monitor touch e sensori di movimento, che permetteva di giocare anche come una classica console portatile, ma solo a pochi metri di distanza dal suo ricevitore. Questa soluzione però non convinse pienamente il pubblico.

18 – IL VIDEOGIOCO OGGI

Da prodotto di nicchia a vero e proprio fenomeno che muove le masse. In solo mezzo secolo il videogioco si è sviluppato in una vera e propria industria con fatturati da capogiro e miliardi di appassionati in tutto il pianeta.

UN MOVIMENTO GLOBALE
Il videogioco è entrato a far parte della vita quotidiana, ha raggiunto tutte le fasce di età e di pubblico con canali anche trasversali, social media, cinema, sport e spettacolo. Possiamo decisamente affermare che ha raggiunto un posto importante nella società odierna rappresentando non solo una forma di intrattenimento ma un movimento globale capace di muovere le masse di qualsiasi ideologia e cultura.

ESPORT – VIDEOGIOCO COMPETITIVO PROFESSIONISTICO.
Gli E-Sport rappresentano una realtà importante dove videogiocatori da tutto il mondo si sfidano in competizioni di discipline diverse in arene virtuali o eventi con migliaia di spettatori.
Veri e propri atleti del videogioco con sponsor di primo livello che investono milioni ogni anno, hanno portato il comitato olimpico a valutare l’inserimento degli E-Sport come disciplina nel prossimo futuro.

APPROFONDIMENTI

PEGI – La SICUREZZA del VIDEOGIOCO

Dal 2003 – Uno strumento che aiuta i genitori a scegliere i videogiochi più adatti ai loro figli. Proprio come per i film, anche nei videogiochi alcuni titoli sono dedicati a un pubblico più adulto e alcuni contenuti possono essere non adatti a certe fasce di età. La maggior parte degli acquisti per i più piccoli viene effettuato dai genitori, che necessitano di un sistema di riferimento per la loro sicurezza. Questo sistema prende il nome di PEGI (Pan European Game Information: Informazioni Paneuropee sui Giochi) ed è il primo strumento europeo di classificazione dei videogiochi in base all’età e al contenuto.

LA VIOLENZA NEL VIDEOGIOCO

Con l’evolversi del videogioco alcuni sviluppatori cominciarono a programmare giochi dedicati a un pubblico più adulto, trame che toccano temi difficili, scene violente o contenuti espliciti non adatti a bambini. Negli anni sono stati molti i casi passati alla cronaca.

1992 – MORTAL KOMBAT
Videogioco di combattimento sviluppato da Ed Boon e John Tobias, fa della violenza visiva il suo punto di forza. Mosse speciali crude e violente al limite della sopportazione visiva per quei tempi. Fece così tanto scalpore che venne portato all’attenzione del Congresso degli Stati Uniti d’America. Come soluzione il membro del Congresso Joe Lieberman propose il “Video Game Ratings Act”, una commissione governativa per stabilire un sistema di classificazione per i videogiochi.

1993 – DOOM
Videogioco creato da id Software, insieme a John Romero predecessore Wolfenstein 3D. È ritenuto fra i più influenti della storia definendo il genere degli sparatutto in prima persona che ancora oggi è fra i più apprezzati. Nel gioco il protagonista, un marine spaziale, doveva sconfiggere mostri e demoni, con scontri trucidi e violenti. Basti pensare che una delle prime armi in dotazione al protagonista è una motosega. Ma più che la trama furono le innovazioni tecniche che lo resero leggenda. Le ingegnose soluzioni di Romero e soci per ottimizzare la potenza limitata dei computer degli anni ‘90 fecero storia, non si era mai visto un gioco in 3D girare a quella velocità.

NUMERI DA RECORD

I numeri dietro la realizzazione di un videogioco.

Il passare del tempo ha segnato una crescente dose di innovazione tecnologica, soprattutto nel dettaglio grafico e nelle funzionalità, cosa che ha determinato un aumento degli investimenti da parte dell’industria mondiale: alcuni videogiochi usciti negli ultimi anni hanno raggiunto budget record.
CYBERPUNK 2077 ha avuto un costo di realizzazione di oltre 300 milioni di dollari.

Migliaia di persone lavorano dietro ad un singolo videogioco.

Nei primi anni ‘80 i videogiochi erano spesso creati e programmati da un’unica persona. Oggi i team di sviluppo di giochi ad alto budget comprendono centinaia di persone, che curano i tantissimi aspetti necessari dalla parte artistica a quella di programmazione.
RED DEAD REDEMPTION 2, uscito nel 2018, ha coinvolto circa 2.000 persone e ha richiesto circa 8 anni di lavoro.

La console più venduta

157 milioni di console sono le vendite di Playstation 2.
Secondo i dati di Vg Chart è la console più venduta della storia del videogioco.

I videogiochi più venduti della storia

– MINECRAFT (2009) – 200 milioni di copie
– TERTIS (1984) – 170 milioni di copie
– GTA 5 (2013) – 150 milioni di copie

Quest’ultimo inoltre, ha incassato più di 800 milioni nelle prime 24 ore di vendita e dopo soli tre giorni ha raggiunto il miliardo di dollari e i 15 milioni di copie vendute, infrangendo 7 record mondiali entrando contemporaneamente nel Guinness dei primati.

Giro d’affari del videogioco nel mondo

L’industria del videogioco ha raggiunto un giro d’affari di oltre 150 miliardi di dollari nel 2020. Un volume d’affari maggiore di quelli di musica e cinema messi insieme.

Giocatori nel mondo

Con oltre 2,7 miliardi di giocatori in tutto il mondo, oggi l’industria dei videogiochi è in forte crescita. Tra i motivi principali: l’arrivo delle nuove console domestiche e gli effetti del Covid-19 sulla domanda e sull’offerta.


Informazioni e prenotazioni

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Hashtag ufficiale
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Ufficio Stampa
Arthemisia
Salvatore Macaluso
sam@arthemisia.it | press@arthemisia.it T . +39 06 69380306

VIDEOGAMES! Per la prima volta al mondo la più grande mostra sui videogiochi

Il nuovo progetto di casa Arthemisia, realizzato in collaborazione con il Comune di Trieste, racconta la storia del videogioco dagli anni ’50 a oggi tramite l’esposizione di oltre 200 dispositivi tra consolle, cabinati e giochi vari, ma anche sale immersive, moltissime stazioni interattive per giocare, aneddoti ed esperimenti che hanno reso il videogame uno dei maggiori fenomeni globali di ogni tempo.

Fino al 20 febbraio 2022, al Salone degli Incanti di Trieste

VIDEOGAMES!

La prima grande mostra internazionale sul mondo dei videogiochi

Nintendo VirtualBoy e PlayStation VR (in foto)
Sviluppo della realtà virtuale, dai primi esperimenti ai moderni visori

VIDEOGAMES!, il nuovo progetto a firma di Arthemisia, vuole raccontare la nascita e l’evoluzione dei videogiochi, dai primissimi esperimenti degli anni ’50 fino alle realizzazioni più attuali, consentendo al pubblico di prendere parte attiva alla mostra, giocando con la maggior parte dei dispositivi, vecchi e nuovi.

Spesso guardato con sospetto – nonostante la sua popolarità e le sue notevoli potenzialità comunicative e narrative – il videogioco ha una storia di oltre mezzo secolo durante il quale sviluppo e innovazione lo hanno portato a diventare un importante settore dell’industria dell’intrattenimento e uno dei linguaggi principali della società, diventando fenomeno di massa.

Il percorso si sviluppa in 18 stazioni cronologiche attraverso le quali il visitatore può ripercorrere le fasi fondamentali dell’evoluzione del videogioco: dagli antenati dei videogames agli esperimenti più moderni; dai primi grandi successi al boom delle sale giochi fino ai mitici Cabinati Arcade, strumenti di aggregazione per intere generazioni.

Conoscere la storia delle sue trasformazioni – dalle prime console domestiche, al gioco di massa, alla terza dimensione, ai mondi e alla realtà virtuale – permette di comprendere l’evoluzione del videogioco moderno, esplorarne le specificità linguistiche, sottolinearne le tendenze e mostrare le diverse possibilità espressive, le sue molteplici applicazioni e le forme di intrattenimento ludico, sportivo e culturale.

In un racconto tra successi planetari e flop, un salto indietro nel tempo partendo dai mitici e rudimentali Tennis for Two (1958) e Spacewar! (1962) passando per le produzioni Atari con l’iconico Pong (1972); e poi i primi Cabinati Arcade a moneta con pulsanti e joystick semplici e intuitivi con Space Invaders (1978) e Pac Man (1980) fino agli Home Computer e i primi Pc Game come il Commodore 64, il più venduto nella storia; ma ancora i successi Nintendo nel 1983 e Super Mario Bros nel 1985, seguiti da quelli di SEGA che – negli stessi anni – “lancia” la sua mascotte Sonic, il riccio più veloce, più potente e più colorato di Super Mario. Negli anni ’90 arriva poi il boom delle console portatili fino a giungere alle più importanti innovazioni tecnologiche degli anni ’90 con la comparsa dei CD e la nascita della nuovissima console Playstation, che ha rivoluzionato per sempre il mercato dei videogiochi, seguita da Nintendo Wii nel 2006 e dall’americana Microsoft che comincia la sua “corsa all’oro” con Xbox.

In mostra una particolare sezione è dedicata all’evoluzione delle Console, con i dispositivi più famosi che hanno fatto la storia tra pezzi unici ed esclusivi, tra console portatili e giganti, fino ad arrivare alla più moderna realtà virtuale e alle varie forme che ha assunto il videogioco.
Tra queste sarà possibile provare con mano i primi esperimenti interfacciati con oscilloscopi e telefoni a rotella, uno spaccato di una sala giochi anni ’80 con Cabinati Arcade e Flipper originali, alcuni dei rarissimi videogiochi Atari recuperati nel deserto del Nuovo Messico dopo essere stati sepolti per oltre 30 anni, protagonisti della più grande leggenda metropolitana del mondo dei Videogiochi. Filmanti interattivi, pubblicità dell’epoca e giochi che hanno fatto la storia, dalle prime avventure testuali, passando per i grandi platform degli anni ’80, fino ai moderni multiplayer on- line.

Videogiochi vintage ma anche la storia del design e dello sviluppo tecnologico degli ultimi 70 anni: una mostra pensata per un pubblico di tutte le età che – attraverso percorsi didattici, approfondimenti, curiosità, filmati interattivi, interviste e demo, dispositivi e foto dell’epoca – sarà guidato dalle voci ormai iconiche dei protagonisti dei giochi più famosi.

Videogames!” è una mostra promossa e organizzata dal Comune di Trieste, Assessorato alle politiche della cultura e del turismo e da Arthemisia, con il supporto di Trieste Convention and Visitors Bureau e PromoTurismo FVG ed è curata da Lorenzo Banci e Damiano Bordoni.

È prevista, inoltre, una proposta promozionale a favore dei turisti denominata “Trieste ti regala le Grandi Mostre”: tutti coloro che prenoteranno almeno due notti negli alberghi della città aderenti all’iniziativa – riceveranno il biglietto gratuito per la mostra; l’iniziativa, sostenuta dal Trieste Convention and Visitors Bureau, mira ad incentivare il turismo culturale in città, premiando i turisti con un meraviglioso regalo offerto grazie agli introiti dell’imposta di soggiorno (info su https://www.discover-trieste.it/Esperienze-e-pacchetti-turistici).


Informazioni e prenotazioni

T. +39 040 982831
www.arthemisia.it
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Hashtag ufficiale
#VideogamesTrieste

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Arthemisia
Salvatore Macaluso
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