Torino, Musei Reali: VIVIAN MAIER. Inedita

L’esposizione segue la tappa francese ospitata al Musée du Luxembourg e presenta oltre 250 immagini, molte delle quali inedite o rare, come quelle a colori, oltre a video Super 8 e oggetti personali della fotografa americana.

Una sezione è dedicata agli scatti, mai visti prima, realizzati durante il suo viaggio in Italia, in particolare a Torino e Genova.

TORINO | MUSEI REALI | SALE CHIABLESE
DAL 9 FEBBRAIO AL 26 GIUGNO 2022

VIVIAN MAIER. INEDITA

A cura di Anne Morin

Vivian Maier, New York, NY, July 27, 1954, Gelatin silver print,
2012 ©Estate of Vivian Maier, Courtesy of Maloof Collection and Howard Greenberg Gallery, NY

Dal 9 febbraio al 26 giugno 2022, le Sale Chiablese dei Musei Reali di Torino ospitano la mostra di Vivian Maier (1926-2009), una delle massime esponenti della cosiddetta street photography.

Fin dal titolo, Inedita, l’esposizione che giunge in Italia dopo una prima tappa al Musée du Luxembourg di Parigi (15 settembre 2021 – 16 gennaio 2022), si prefigge di raccontare aspetti sconosciuti o poco noti della misteriosa vicenda umana e artistica di Vivian Maier, approfondendo nuovi capitoli o proponendo lavori finora inediti, come la serie di scatti realizzati durante il suo viaggio in Italia, in particolare a Torino e Genova, nell’estate del 1959.

La mostra, curata da Anne Morin, è co-organizzata da diChroma e dalla Réunion des Musées Nationaux – Grand Palais, prodotta dalla Società Ares srl con i Musei Reali e il patrocinio del Comune di Torino, e sostenuta da Women In Motion, un progetto ideato da Kering per valorizzare il talento delle donne in campo artistico e culturale. L’esposizione presenta oltre 250 immagini, molte delle quali inedite o rare, come quelle a colori, scattate lungo tutto il corso della sua vita. A queste si aggiungono dieci filmati in formato Super 8, due audio con la sua voce e vari oggetti che le sono appartenuti come le sue macchine fotografiche Rolleiflex e Leica, e uno dei suoi cappelli.

Il percorso espositivo tocca i temi più caratteristici della sua cifra stilistica e si apre con la serie dei suoi autoritratti in cui il suo sguardo severo si riflette negli specchi, nelle vetrine e la sua lunga ombra invade l’obiettivo quasi come se volesse finalmente presentarsi al pubblico che non ha mai voluto o potuto incontrare.

Una sezione è dedicata agli scatti catturati tra le strade di New York e Chicago. Vivian Maier predilige i quartieri proletari delle città in cui ha vissuto. Instancabile, cammina per tutto il tessuto urbano popolato da persone anonime che davanti al suo obiettivo diventano protagoniste, anche per una sola frazione di secondo, e recitano inconsciamente un ruolo.

Le scene che diventano oggetto delle sue narrazioni sono spesso aneddoti, coincidenze, sviste della realtà, momenti della vita sociale a cui nessuno presta attenzione. Ognuna delle sue immagini si trova proprio nel luogo in cui l’ordinario fallisce, dove il reale scivola via e diventa straordinario.

Mentre cammina per la città, Vivian Maier a volte si sofferma su un volto. La maggior parte dei visi che scandiscono le sue passeggiate fotografiche sono quelli di persone che le assomigliano, che vivono ai margini del mondo illuminato dall’euforia del sogno americano. Parlano di povertà, lavori estenuanti, miseria e destini oscuri. Ognuno di questi ritratti, impassibile e austero, è colto frontalmente nel momento dello scatto. A essi fanno da contraltare quelli delle signore dell’alta borghesia, che reagiscono in modo offeso al palesarsi improvviso della fotografa.

Oltre ai ritratti, Vivian Maier si concentra sui gesti, redigendo un inventario degli atteggiamenti e delle posture delle persone fotografate che tradiscono un pensiero, una intenzione, ma che rivela la loro autentica identità. Le mani sono spesso le protagoniste di queste immagini perché raccontano, senza saperlo, la vita di coloro a cui appartengono.

Agli inizi degli anni sessanta si nota un cambiamento nel suo modo di fotografare. La sua relazione con il tempo sta cambiando, e il cinema sta già cominciando a insinuarsi e ad avere la precedenza sulla fotografia. Vivian Maier inizia a giocare con il movimento, creando sequenze cinetiche, come se cercasse di trasportare le specificità del linguaggio cinematografico in quello della fotografia, creando delle vere e proprie sequenze di film.

Come naturale conseguenza, Vivian Maier inizia a girare con la sua cinepresa Super 8, documentando tutto quello che passava davanti ai suoi occhi, in modo frontale, senza artifici né montaggi.

Un importante capitolo della mostra è dedicato alle fotografie a colori. Se da un lato, i lavori in bianco e nero sono profondamente silenziosi, quelli a colori si presentano come uno spazio pieno di suoni, un luogo dove bisogna prima sentire per vedere. Questo concetto musicale di colore sembra riecheggiare nello spazio urbano, come il blues che scorre per le strade di Chicago e, in particolare, nei quartieri popolari frequentati da Maier.

Non poteva mancare una sezione dedicata al tema dell’infanzia che ha accompagnato Vivian Maier per tutto il corso della vita. A causa della sua vicinanza ai bambini per così tanti anni, era in grado di vedere il mondo con una capacità unica. Come governante e bambinaia per quasi quarant’anni, Maier ha preso parte alla vita dei bambini a lei affidati, documentando i volti, le emozioni, le espressioni, le smorfie, gli sguardi, così come i giochi, la fantasia e tutto il resto che abita la vita di un bambino.

Catalogo Skira

Vivian Maier. Note biografiche

Nata a New York da madre francese e padre austriaco, Vivian Maier (1926-2009) trascorre la maggior parte della sua giovinezza in Francia, dove comincia a scattare le prime fotografie utilizzando una modesta Kodak Brownie. Nel 1951 torna a vivere negli Stati Uniti e inizia a lavorare come tata per diverse famiglie. Una professione che manterrà per tutta la vita e che, a causa dell’instabilità economica e abitativa, condizionerà alcune scelte importanti della sua produzione fotografica. Fotografa per vocazione, Vivian non esce mai di casa senza la macchina fotografica al collo e scatta compulsivamente con la sua Rolleiflex accumulando una quantità di rullini così numerosa da non riuscire a svilupparli tutti.

Tra la fine degli anni novanta e i primi anni del nuovo millennio, cercando di sopravvivere, senza fissa dimora e in gravi difficoltà economiche, Vivian vede i suoi negativi andare all’asta a causa di un mancato pagamento alla compagnia dove li aveva immagazzinati. Parte del materiale viene acquistato nel 2007 da John Maloof, un agente immobiliare, che, affascinato da questa misteriosa fotografa, inizia a cercare i suoi lavori dando vita a un archivio di oltre 120.000 negativi. Un vero e proprio tesoro che ha permesso al grande pubblico di scoprire in seguito la sua affascinante vicenda.


VIVIAN MAIER. INEDITA

Torino, Musei Reali | Sale Chiablese (piazza san Giovanni 2)
9 febbraio – 26 giugno 2022

Orari:
dal martedì al venerdì dalle 10.00 alle 19.00
sabato e domenica dalle 10.00 alle 21.00
(ultimo ingresso un’ora prima della chiusura)

Biglietti:
Intero: € 15,00

Ridotto: € 12,00
over 65, insegnanti, ragazzi tra 18 e 25 anni, gruppi, giornalisti non accreditati

Ridotto ragazzi: € 6,00
ragazzi tra 12 e 17 anni compiuti

Pacchetto famiglia:
fino a due adulti € 12,00 cad. e ogni ragazzo tra 12 e i 17 anni € 6,00 cad.

Gratuito:
possessori dell’Abbonamento Musei Piemonte Valle d’Aosta, Torino+Piemonte card, bambini da 0 a 11 anni, persone con disabilità, dipendenti MiC, giornalisti in servizio previa richiesta di accredito all’indirizzo info@vivianmaier.it

Informazioni:
338 169 1652
www.vivianmaier.it
info@vivianmaier.it

Ufficio stampa Musei Reali Torino
Spin-To – Comunicare per innovare
T. +39 011 19712375
museirealitorino@spin-to.it

Serena Fabbris (Stampa nazionale e internazionale)
M. +39 349 8104132 | fabbris@spin-to.it


Andreina Di Sanzo (Stampa locale)
M. +39 329 1467564| disanzo@spin-to.it

Stefano Fassone (Responsabile Ufficio Stampa)
M. +39 347 4020062 | fassone@spin-to.it

Torino, Corso Duca d’Aosta 1
Milano, viale Premuda 38/A
www.spin-to.it

Ufficio stampa mostra
CLP Relazioni Pubbliche
Anna Defrancesco, T. +39 02 36755700: M. +39 349 6107625
anna.defrancesco@clp1968.it; www.clp1968.it

Comunicato stampa e immagini su www.clp1968.it

IMMAGINE DI APERTURA – Vivian Maier, Self-portrait, n.dGelatin silver print, 2020 ©Estate of Vivian Maier, Courtesy of Maloof Collection and Howard Greenberg Gallery, NY

Paolo Pantani e i suoi ospiti presentano un nuovo vino prestigioso: Alexia Capolino Perlingieri

Presentiamo una nuova puntata della trasmissione di Paolo Pantani, curata per l’emittente partenopea Canale 695. In particolare la nuova serie è dedicata agli incontri con l’Ateneo dei Vini Erranti. Ospiti fissi sono il rettore, professore Bruno de Concilis, e il professore Pasquale Persico, ordinario di Economia Politica e segretario dell’Ateneo. Oggi si parlerà dell’ottimo Alexia dell’azienda Capolino Perlingieri, che conta 12 ettari di vigneto e 5 di uliveto in agricoltura biologica nel Sannio. 

Da sinistra: Paolo Pantani, Bruno de Concilis, Pasquale Persico

IMMAGINE DI APERTURA – Illustrazione ArtTower da Pixabay 

Alessandro Mendini. Scritti di domenica

A dieci anni di distanza dalla pubblicazione del volume “Alessandro Mendini – Scritti” e preso atto dell’intensa e necessaria produzione di scrittura che Mendini incessantemente genera, mi è sembrato fondamentale e ancor più entusiasmante raccogliere in un secondo volume i nuovi aforismi, le intense riflessioni, i veloci appunti, i testi teorici e di progetto, che hanno preso forma dal 2004 ad oggi. Questo libro offre un brulicare di pensieri in forma di parole intervallati da immagini, disegni e fotografie che tracciano il percorso teorico, ma anche umano e privato, di uno dei maggiori esponenti del pensiero progettuale del novecento e contemporaneo.

CONTINUA A LEGGERE SU ACADEMIA.EDU (OPPURE ESEGUI IL DOWNLOAD): Alessandro Mendini. Scritti di domenica

IMMAGINE DI APERTURA tratta dall’interno del volume

Alessandro Mendini
Scritti di domenica

Roma – Prorogata fino al 13 febbraio prossimo la mostra di Quayola a Palazzo Cipolla

La grande mostra “Re-coding” di Quayola a Palazzo Cipolla, prima personale dell’artista romano di fama internazionale nella Capitale, resterà aperta fino al 13 febbraio 2022, in virtù del grande successo di pubblico, stampa e critica ottenuto in questi mesi e della straordinaria affluenza di visitatori di cui ha goduto nelle ultime settimane.

FINO AL 13 FEBBRAIO 2022
PALAZZO CIPOLLA
VIA DEL CORSO, 320 ROMA

Entusiastica la reazione della maggior parte del pubblico che ha già potuto ammirare l’esposizione, come dimostrano alcuni dei numerosi commenti raccolti:

“La grande mostra personale di Quayola a Palazzo Cipolla a Roma, meraviglia e interroga, contamina e ibrida i due paradigmi. Straordinario lo spazio espositivo, il progetto curatoriale, chiarissima la didattica in mostra. Bravissimi tutti!!!”

“Bellissima!!! Mostra da non perdere per chi ama il design e la tecnologia. Allestimento top. Ero passato per caso davanti al museo e sono entrato in un cielo spettacolare … da vedere!!!!”

“Quayola è stato una sorpresa, scompone il Classico usando la tecnologia, mostra la Natura trasformarsi in una tavolozza di colori che giocano con l’anima. Ipnotico.”

“Poi mi direte se anche su di voi le opere di Quayola producono un effetto magnetico. Quayola – re-coding, mostra consigliatissima da vedere a Palazzo Cipolla a Roma.”

” Se non siete tipi da soliti musei e pensate che le mostre classiche possano annoiare i bambini, ecco la mostra che fa al caso vostro. Opere digitali che cambiano e statue create con l’aiuto della robotica… Vi verrà voglia di toccarle.”

Quayola
Laocoön #D20-Q1, 2016
Scultura in polvere di marmo e resina / Marbleresin Sculpture

La proroga di due settimane è resa possibile grazie all’impegno della Fondazione Terzo Pilastro – Internazionale, che la promuove, e alla disponibilità dell’artista e dei prestatori delle opere.

La mostra, curata da Jérôme Neutres e Valentino Catricalà, è stata fortemente voluta dal Prof. Avv. Emmanuele Francesco Maria Emanuele, Presidente della Fondazione Terzo Pilastro- Internazionale, e realizzata da POEMA con il supporto organizzativo di Comediarting e Arthemisia.

«Sono molto lieto di prolungare la fruizione della mostra “Re-coding” da parte dei visitatori di Palazzo Cipolla, offrendo loro l’opportunità di conoscere ed apprezzare un artista straordinario come Quayola, in grado di avvicinare i puristi della tradizione ai nuovi codici espressivi derivanti dalle tecnologie più attuali.» – ha dichiarato il Prof. Emanuele – «Quayola utilizza gli algoritmi che regolano il mondo digitale per scandagliare, con le infinite opportunità che la tecnologia gli offre, il processo di ricerca che è alla base dell’opera d’arte stessa, costruendo nuovi canoni estetici del tutto inediti. In questo percorso così innovativo e originale, è significativo che per Quayola sia fondamentale ispirarsi costantemente ai grandi maestri dell’arte classica, quali Raffaello, Botticelli, Rubens, Bernini, in un ideale e ineludibile dialogo tra il passato e il presente.».

Classe 1982, tra i più importanti esponenti della media-art a livello internazionale, Quayola appartiene a quella rara dinastia di creatori d’arte che, inventando un loro codice espressivo personale, hanno ri-masterizzato la storia dell’arte attraverso la sua visione. L’edificio storico di Palazzo Cipolla si è rivelato lo spazio ideale per esporre la storia dell’arte di Quayola, animata da un confronto permanente tra l’educazione classica dell’artista e il suo uso quotidiano dei mezzi di espressione visiva più futuristici. Le opere esposte, realizzate tra il 2007 e il 2021, ci restituiscono una panoramica completa del processo creativo dell’artista, spaziando dalla forma immateriale (i video) a quella materiale (le stampe o le sculture).

Lo spazio espositivo di Palazzo Cipolla osserverà i seguenti orari: dal martedì alla domenica ore 10.00 – 20.00 (il servizio di biglietteria termina alle ore 19.00); lunedì chiuso.

Uffici Stampa
Fondazione Terzo Pilastro – Internazionale
Raffaella Salato
rsalato@fondazioneterzopilastrointernazionale.it | T. + 39 06 97625591

Arthemisia
Salvatore Macaluso
sam@arthemisia.it | M. +39 392 4325883
press@arthemisia.it | T. +39 06 69380306 | T. +39 06 87153272

IMMAGINE DI APERTURA – Locandina

Roma, Rosso20sette: Antonio Pronostico. Seduta di Coppia – Testo critico di Fabiagio Salerno

Sabato 5 febbraio 2022 alle ore 18.00 Rosso20sette arte contemporanea presenta la mostra personale Seduta di coppia di Antonio Pronostico, vincitore del Premio Artribune come Migliore Illustratore 2021, accompagnata da un testo critico di Fabiagio Salerno.

Antonio Pronostico
Seduta di Coppia

Opening sabato 5 febbraio 2022 ore 18.00
Rosso20sette arte contemporanea

Via del Sudario 39 – Roma

Fino al 5 marzo 2022

LA MOSTRA

Sedute di coppia

Testo critico di Fabiagio Salerno

Sulla rivista c’è un’immagine: un soggiorno dai pavimenti in resina. E un camino addossato al muro con due ciocchi di legno – cilindri perfetti, dalla corteccia liscia – che non bruciano. Non si vedono tracce di cenere, parrebbe che il fuoco non sia mai stato acceso. Enormi vetrate inquadrano un paesaggio da cartolina dai contorni sfumati nella nebbia, tra poco cadrà una nevivata copiosa. I muri caldi di cemento faccia-vista toccano terra esatti, non hanno battiscopa, segnano uno spazio perfettamente quadrato. Al centro un solo faro illumina una sedia, in acciaio cromato e pelle nera. È una Barcellona di Mies Van der Rohe, è vuota.

Non doveva finire così.
Quando alla fine dell’Ottocento William Morris diede slancio alle idee dell’Art and Craft, che hanno gettato le basi di quello che oggi chiamiamo design, non poteva avere idea del significato che la parola avrebbe assunto nel tempo: prodotti da cartolina per un pugno di ricchi. Con lo sviluppo dell’industria e la cultura del consumo di massa, la preoccupazione di Morris era far sì che si producessero prodotti di qualità alla portata di tutti – terrorizzato dalla prospettiva che la realizzazione in serie di oggetti comuni ci avrebbe condotti ad abbrutimento e omogolazione.

Sono un architetto. Un giorno chiesi a un falegname di Firenze di fare delle sedie per una casa in collina di clienti facoltosi. Gli diedi piena libertà: al contrario di quanto avveniva in epoca proto-industriale, oggi è un lusso possedere oggetti artigianali. Il falegname mi consegnò una serie di sedie comodissime e dai dettagli ineccepibili, ma anonime. Rimasi deluso. Mi spiegò che questo è ciò che fanno gli artigiani da sempre: prodotti funzionali. La distorsione è pretendere che un falegname sia necessariamente un artista. Ne esistono di falegnami-artisti, ma se a un falegname chiedi una sedia, molto probabilmente ti darà una sedia a forma di sedia. Nella visione di Morris il design industriale doveva essere il ponte tra l’artigiano e i consumatori, che avrebbero avuto finalmente la possibilità di elevare la propria esistenza tramite bellissimi prodotti a basso costo.

Nell’era della riproducibilità tecnica, ci sembra ovvio che l’ideazione di un oggetto (ordinario o straordinario che sia) sia un processo complicato, frutto degli sforzi di menti eccelse; mentre la sua produzione in serie sia un fatto meccanico, che non richiede sforzi. Il progettista di oggetti – il designer – è quindi un intellettuale privo di manualità, che modella le idee che qualcun altro realizzerà. Questo lo rende molto architetto e poco artigiano, poiché la sua idea è mediata da un processo industriale. Aver uniformato in quel processo la realizzazione degli oggetti a quella degli edifici, ha fatto sì che tutti i grandi architetti dell’era moderna si siano cimentati nel design di oggetti di largo impiego. La sedia è la regina del design industriale (per qualcuno se la gioca con la lampada), perché è una sintesi dell’architettura: materia, forma e struttura si condensano in un oggetto semplice, la cui funzione è così chiara che non va spiegata.

Invece della funzione sociale del design immaginato da Morris è rimasto poco: esiste una frattura profonda per cui gli oggetti di design sono così preziosi da elevare lo spirito elitario dell’alta borghesia. Ho iniziato a capirlo quando ho visto portare in soggiorno una LC2, la poltrona disegnata da Le Corbusier, e dopo lo scatto di una foto riportarla via. L’architettura è un’immagine e il design è il suo decoro. Ci meravigliamo quando un progetto finito è davvero identico al suo render – e la sedia è un orpello tra gli altri: caratterizza l’immagine di uno spazio rigorosamente vuoto.

Così perfino un oggetto d’uso quotidiano come la sedia ha finito per perdere la sua funzione. Il divano ci ha inghiottiti a tal punto da riuscire a diventare insieme seduta e tavolo da pranzo, che sfruttiamo mangiando sushi con lo sguardo proiettato nell’orizzonte di serie Netflix. Le cucine ruotano attorno a isole circondate di sgabelli, e nelle sale riunioni di Google spadroneggiano i pouff.

In un viaggio in Marocco mi innamorai di uno spazio senza sedie. Attorno a un vuoto dal perimetro irregolare, si distribuivano sedute fatte di cassetti, sportelli e anfratti polverosi. Sopra uno scaffale basso si snodava un serpentone di cuscini, a volte doppi o tripli, dove erano assenti emergeva il nudo del legno. Su quella che possiamo quasi considerare una sorta di singolarissima sedia stavamo in venti, poi c’erano due gatti, qualche libro, un pezzo di pane e un narghilè. Mentre quella seduta ci accoglieva parlavamo tra noi, intenti a osservare il centro vuoto. La vita era lungo il perimetro. Sono certo che se avessi dovuto fotografare quell’enorme spazio vuoto ci avrei messo una sedia griffata, disegnata da un grande architetto.

Con le sue Sedute di coppia Antonio Pronostico tenta di dar vita a oggetti spesso ostili, costringendo su sedie simbolo coppie di innamorati intenti nelle più varie attività: c’è chi prende un libro in cima a uno scaffale, chi amoreggia, chi si consola, chi sonnecchia. Sono sedie spesso scomode – questo si coglie anche nella stilizzazione del fumettista – eppure in questa serie di immagini Pronostico è riuscito in un’impresa che tante volte è sfuggita a chi quelle sedie le ha progettate: ci ha portato la vita.

Antonio PronosticoSeduta di Coppia

Antonio Pronostico

Illustratore e fumettista, è nato nel 1987 a Tricarico e il giorno dopo si è trasferito a Potenza dove è cresciuto. Ora vive a Roma. Ha studiato comunicazione visiva a Firenze, dove ha iniziato a disegnare e con due grandi amici ha fondato il Collettivomensa, rivista autoprodotta di letteratura e fumetto. Nel 2019, insieme al regista Fulvio Risuleo, pubblica Sniff, il suo primo graphic novel, edito da Coconino Press. In seguito pubblica Passatempo (Coconino Press – 2019), Cinque – Giovanni Truppi (antologia – Coconino Press – 2019) e Tango (Coconino Press – 2021). Ha collaborato con le riviste: L’Espresso, La Repubblica (Web), La Stampa (Web), Internazionale, Domani, America (FR), Jacobin Italia, Artribune, Donna Moderna, Interni. Nel 2017 espone Amore, amore un corno, la sua prima personale presso la galleria Parione9 a Roma. Nel 2020 espone i suoi lavori presso la Galerie Glénat a Parigi. Ha vinto, inoltre, il Premio Artribune come Migliore Illustratore 2021.


INFO

Antonio Pronostico Seduta di Coppia
Testo di Fabiagio Salerno

Opening sabato 5 Febbraio 2022 ore 18.00

Rosso20sette arte contemporanea
Via del Sudario 39 – Roma

Fino al 5 marzo 2022
Orari
: dal martedì al sabato 11.00-19.30 – domenica su appuntamento

Rosso20sette arte contemporanea
Via del Sudario 39 – Roma
info@rosso27.com
tel.06 64761113
www.rosso27.com

Ufficio stampa
Roberta Melasecca
Melasecca PressOffice – Interno 14 next
roberta.melasecca@gmail.com / 349.4945612
www.melaseccapressoffice.it
www.interno14next.it