In occasione della Genova BeDesign Week 2022 che si svolgerà a Genova dal 18 al 22 maggio 2022, DiDe Distretto del Designe Festival del Tempo indicono congiuntamente un bando internazionale al fine di assegnare residenze per la realizzazione di installazioni all’interno di una parte del centro storico di Genova. Le due realtà, infatti, lavorano da anni alla rigenerazione sociale, culturale, economica e spirituale dei tessuti urbani nei quali sono inseriti: in particolare l’edizione di quest’anno della Genova BeDesign Week ha assunto il Tempo come suo tema portante, trovando connessioni evidenti con le finalità e gli obiettivi del Festival del Tempo.
DiDe Distretto del Design e Festival del Tempo lanciano la Call Internazionale per Residenze per la terza edizione della Genova BeDesign Week 18-22 maggio 2022
Scadenza candidature 16 aprile 2022
Il tema del concorso è incentrato sulle relazioni tra il corpo e lo spazio-tempo: le installazioni dovranno essere opere site specific che sappiano relazionarsi con i luoghi e gli spazi esterni e/o interni di una parte del centro storico di Genova e che contemplino, eventualmente, un coinvolgimento della comunità territoriale valorizzando le specifiche identità e peculiarità. La partecipazione al bando è gratuita ed aperta a tutti i cittadini residenti in Italia o all’estero, a partire dal 18° anno di età, senza limiti di nazionalità, sesso, etnia o religione. La residenza si svolgerà da sabato 14 maggio a domenica 22 maggio 2022: i progetti saranno inaugurati il 18 maggio e saranno visitabili e fruibili fino al 22 maggio, ovvero per tutto il periodo della Genova BeDesign Week 2022.
I vincitori del concorso (il numero preciso sarà presto comunicato) riceveranno un premio di euro 500,00, ospitalità e assistenza per tutto il periodo della residenza, avendo così l’opportunità di partecipare ad uno degli eventi più importanti a livello nazionale ed entrare in contatto con professionisti, operatori culturali ed aziende. La scadenza per le candidature è fissata al 16 aprile 2022 e tutte le informazioni e il bando sono disponibili sui siti web del DiDe Distretto del Design www.didegenova.it e del Festival del Tempo www.festivaldeltempo.it.
Dal 12 marzo, Palazzo Bonaparte a Roma ospita la prima grande mostra di JAGO. Jago scolpisce come Michelangelo ed è una rockstar.Amatissimo dal grande pubblico, mito per i giovani e fenomeno social, è l’emblema dell’artista contemporaneo, che unisce talento creativo e capacità comunicative.
Arthemisia propone la sua prima mostra, in contemporanea a quella dedicata all’icona della video-arte, BILL VIOLA. E propone anche il primo esperimento di studio d’artista durante l’esposizione: Jago lavorerà a una nuova opera all’interno delle sale di Palazzo Bonaparte, rendendo partecipe il pubblico della sua creazione.
Una primavera ricca di energia, dedicata all’arte contemporanea, a Palazzo Bonaparte.
JAGO The exhibition
12 marzo – 3 luglio 2022 Palazzo Bonaparte, Roma
Jago Habemus hominem, 2009 / 2016 1 Marmo, 60x35x69 cm Chiesa di Sant’Aspreno ai Crociferi (NA) Photo by Francesco Bertola
TESTO CRITICO
Palazzo Bonaparte a Roma ospita dal 12 marzo al 3 luglio 2022 la prima grande mostra dedicata a Jago. Jago, pseudonimo di Jacopo Cardillo, nato a Frosinone nel 1987, scultore raffinato dalle reminiscenze michelangiolesche, è conosciuto in tutto il mondo come “The Social Artist” per le sue innate capacità comunicative e il grande successo che riscuote sui social.
Jago unisce un grande talento creativo all’utilizzo dei mezzi di comunicazione più contemporanei. E come tutti i grandi artisti, arriva al cuore del pubblico che lo ama, anzi lo adora. È una rockstar, e trasmette l’amore per l’arte ai giovani.
Le dirette streaming e le documentazioni foto e video raccontano il processo produttivo di ogni sua singola opera, e, mediante questo percorso condiviso, lo scultore rende tutti partecipi della genesi di ogni suo lavoro.
La genialità moderna di Jago viene raccontata per la prima volta in una mostra in cui sono esposte tutte le opere realizzate sino ad oggi, dai piccoli sassi di fiume scolpiti (da Memoria di Sé a Excalibur), fino alle sculture monumentali di più recente realizzazione (la Pietà), passando per le opere più mediatiche quali il Papa (Habemus Hominem).
Curata dalla Professoressa Maria Teresa Benedetti, la mostra vedrà esposte 12 opere di Jago, a connotare gli elementi chiave di un’opera dedicata a istituire un rapporto tra il nostro tempo e la tradizione.
Prima testimonianza è lo scavo sui grandi sassi raccolti nel greto di un fiume alle pendici delle Alpi Apuane, pazientemente scavati nel desiderio di raccontare una storia personale e umana. Pietà e violenza si intrecciano nello sguardo del giovane artista. Sorprendente è la scardinante nudità del Pontefice emerito, mentre l’immagine di una Venere (2018), priva della venustà giovanile, sconcerta e induce a riflettere. D’altro lato incalza l’oggi con la presenza del Figlio Velato (2019), icona simbolica di tragedie senza tempo, cui si connette l’intensa meditazione sul dolore, racchiusa nella drammatica monumentalità della Pietà (2021). Nel contempo l’artista propone un tema svincolato dalla storia, nel replicare la sequenza del battito cardiaco in Apparato Circolatorio (2017).
Palazzo Bonaparte si trasformerà inoltre in uno studio d’artista: durante i mesi di mostra, infatti, Jago lavorerà alla sua prossima imponente scultura all’interno della sede espositiva, rendendo partecipi i visitatori del processo creativo della sua opera.
L’esposizione JAGO. The Exhibition è prodotta e organizzata da Arthemisia con la collaborazione di Jago Art Studio. L’evento è consigliato da Sky Arte.
LA MOSTRA
Emblema dell’artista contemporaneo, che unisce talento creativo e rara abilità comunicativa, Jago afferma di sé: “mi considero un uomo e uno scultore del mio tempo. Utilizzo il marmo come materiale nobile legato alla tradizione ma tratto temi fondamentali dell’epoca in cui vivo. Il legame col mondo è fortissimo. Guardo a ciò che mi circonda, gli do forma e lo condivido.”
Scultore e comunicatore, Jago incarna la complessa figura dell’artista che si affida solo a sé stesso senza mediazioni, assumendosi per intero il compito di dialogare con il mondo. Attraverso le sue opere fornisce al pubblico una lettura personale della storia, risignificandola e utilizzando un materiale nobile come il marmo, appartenente alla tradizione, e procedimenti esecutivi classici (dal disegno al modello, dal bozzetto d’argilla al calco in gesso), insieme all’adozione della figura umana come soggetto prevalente.
Un codice e un linguaggio si esprimono nell’asperità di superfici ruvide, lontane dalla levigatezza, dalla lucentezza e dalla grazia di molte sculture del passato, ribadendo l’aspetto contemporaneo di un’inevitabile corrosione del tempo.
Nella puntuale ricerca di stimoli sempre nuovi, emerge in Jago un preciso interesse per elementi apparentemente inanimati da valorizzare, tale è il caso del sasso, scarto del processo di cavatura del marmo gettato nel fiume, forma capace di sollecitare emozioni e sviluppi.
È il caso dell’opera giovanile La pelle dentro dove la capacità dell’arto di penetrare in maniera veemente all’interno della materia è in grado di enucleare una forma che lo rappresenti. Il lavorio incessante dell’acqua sul sasso diviene metafora dell’intervento creativo e la mano è emblematicamente assunta a strumento principe di ogni possibile realizzazione. È la mano dello scultore, strumento fondamentale per ogni operazione creativa.
In Memoria di sé l’immagine di un bambino rispecchia lo scorrere dell’esistenza di un adulto. È un inno alla vita nel modo di unificarne gli aspetti fondamentali attraverso la circolarità delle emozioni.
Altrove, come in Excalibur, il sasso è assunto sfrontatamente a contenitore per la rappresentazione del kalašnikov, vistoso strumento della violenza in atto. Un rapporto tra l’aggressività e l’antico ideale cavalleresco citato nel titolo è segno di ironico contrappasso o ampliamento di contenuti ambiguamente presenti.
Dagli elementi evidenti in natura Jago passa a entità più scopertamente fisiche e anatomiche. Si allude ad Apparato Circolatorio, rappresentazione iconica del battito cardiaco in ognuna delle sue fasi dedicata a un amico scomparso. Un cuore continua a battere al di là della vita, nel pensiero di chi è stato amato. Ecco un modo di connotare di significati un’operazione nata all’insegna dell’individuazione di meccanismi biologici.
La nudità del pontefice emerito in Habemus Hominem è sigillo di un gesto di radicale spoliazione. Il corpo di Papa Benedetto XVI risulta denudato, il volto sorride con inedita dolcezza, il busto emaciato fa emergere l’umanità creaturale di chi è tornato a essere uomo.
Venere è bruscamente sottratta a significati tradizionali, privata di giovinezza e di ogni seduzione estetica, scelta allusiva a valori altri assertori di una diversa verità. Ciò non esclude che l’atteggiamento delle braccia si richiami ancora ad un’antica grazia.
Simbolico indizio di sofferenze atemporali è la figura del Figlio Velato, proveniente dalla Cappella dei Bianchi nel napoletano rione Sanità. Il fanciullo che giace inerme su una lastra marmorea racconta di una sorte oscura e drammatica, lo scacco di tanti innocenti che affrontano un cammino ricco di insidie, senza riuscire a toccare un approdo.
Allo stesso modo una forte carica evocativa si riscontra nella Pietà, icona simbolica dell’arte di Jago, accolta in Santa Maria in Montesanto a Roma da un pubblico di straordinarie dimensioni. Un uomo desolato sorregge il corpo inanimato di un adolescente, offrendo un’impressione di grandiosità scabra e solenne.
Come brusca successione temporale, additiamo la presenza nell’esposizione di un piccolo feto scolpito in marmo (The First Baby), affidato alle cure dell’astronauta Luca Parmitano. Portato nello spazio nel 2019, tornato in Terra l’anno successivo, rappresenta un modo di dilatare la presenza umana verso confini sempre più ampi.
Una mostra – per citare la curatrice Maria Teresa Benedetti – nella quale “Si può essere sedotti dai nuovi linguaggi ampiamente adottati nella pratica artistica contemporanea, avvertire l’innegabile appeal della digital life, ma si può anche intuire la necessità di non escludere la storia, custode di valori che arricchiscono il nostro presente, pure così dirompentemente diverso.”
L’ARTISTA
JAGO è un artista italiano che opera nel campo della scultura, grafica e produzione video. Nasce a Frosinone (Italia) nel 1987, dove ha frequentato il liceo artistico e poi il Accademia di Belle Arti (lasciata nel 2010).
Dal 2016, anno della sua prima mostra personale nella capitale italiana, ha vissuto e lavorato in Italia, Cina e America. È stato professore ospite al New York Academy of Art, dove ha tenuto una masterclass e diverse lezioni nel 2018. JAGO ha ricevuto numerosi premi nazionali e internazionali quali: la Medaglia Pontificia (consegnatagli dal cardinale Ravasi in occasione del premio delle Pontificie Accademie nel 2010), il premio Gala de l’Art di Monte Carlo nel 2013, il premio Pio Catel nel 2015, il Premio del pubblico Arte Fiera nel 2017 e ha inoltre ricevuto l’investitura come Mastro della Pietra al MarmoMacc del 2017.
All’età di 24 anni, su presentazione della storica dell’arte Maria Teresa Benedetti, è stato selezionato dal prof. Vittorio Sgarbi per partecipare alla 54a edizione della Biennale di Venezia, esponendo il busto in marmo di Papa Benedetto XVI (2009) che gli è valso la suddetta Medaglia Pontificia. Questa scultura giovanile è stata poi rielaborata nel 2016, prendendo il nome di “Habemus Hominem” e divenendo una
delle sue opere più significative. L’opera, che raffigura la spoliazione del Papa emerito da suoi paramenti, è stata esposta a Roma, nel 2018, presso il Museo Carlo Bilotti di Villa Borghese, con un numero record di visitatori (più di 3.500 durante la sola inaugurazione). A seguito di un’esposizione all’Armory Show di Manhattan, JAGO si trasferisce a New York. Qui inizia la
realizzazione del “Figlio Velato”, opera ispirata al Cristo Velato del Sanmartino, esposta permanentemente all’interno della Cappella dei Bianchi nella Chiesa di San Severo fuori le mura. La ricerca artistica di JAGO occupa una complessa cornice concettuale che, tuttavia, fonda le sue radici nelle tecniche ereditate dai maestri del Rinascimento, tentando di instaurare un rapporto diretto con il pubblico mediante l’utilizzo dei video e dei social network, attraverso i quali condivide il processo produttivo delle sue opere.
Nel 2019, in occasione della missione Beyond dell’ESA (European Space Agency), JAGO è stato il primo artista ad aver inviato una scultura in marmo sulla Stazione Spaziale Internazionale. L’opera, intitolata
“The First Baby” e raffigurante il feto di un bambino, è tornata sulla terra a febbraio 2020 sotto la custodia del capo missione, Luca Parmitano. Da maggio 2020 Jago risiede a Napoli, dove lavora nel suo studio nella Chiesa di Sant’Aspreno ai Crociferi e dove, a inizio novembre, ha realizzato l’installazione “Look Down” in Piazza del Plebiscito, mentre il 1 ottobre 2021, installa l’opera “Pietà” nella Basilica di Santa Maria in Montesanto, in Piazza del Popolo a Roma.
Il giorno 12 marzo 2022, presso gli spazi della Cooperativa Sociale Integrata Onlus Magazzino, inaugura la mostra fotografica Cieli di fango di Sergio Sechi a cura di Maria Arcidiacono, con il patrocinio dell’Assessorato alla Cultura di Roma Capitale.
Cieli di fango Mostra fotografica di Sergio Sechi
a cura di Maria Arcidiacono
Inaugurazione sabato 12 marzo ore 11.00 – 18.00
Cooperativa Sociale Integrata Onlus Magazzino Via Federico Borromeo, 67 – Roma (zona Primavalle)
Fino a sabato 19 marzo 2022
Sergio Sechi, Codice a barre, 2021
TESTO CRITICO
Ispirandosi a un brano di Renato Zero, Periferia, Sergio Sechi ha deciso di percorrere le strade di Primavalle dove attualmente lavora, rintracciandovi atmosfere e realtà che appartengono a tutte le periferie, grazie anche a quei ‘cieli di fango’ che gravano su di esse, rendendole simili tra loro.
Sechi è entrato nei cortili, nelle case popolari, ha parlato con operai, con ragazzi, con persone anziane, sentendosi alternativamente un po’ straniero e un po’ fratello, facendosi talvolta rappresentare nei suoi scatti da Valentina, una ragazza torinese, modella per un giorno, catapultata in una realtà smisuratamente distante dal suo quotidiano.
Del progetto fa parte integrante la Cooperativa Sociale Magazzino che da trent’anni lavora con e per gli utenti del vicino DSM (Dipartimento di Salute Mentale) della ASL ROMA 1, scelta dal fotografo non solo come sede espositiva ma anche per i suoi preziosi laboratori di corniceria e stampa, dove sono state realizzate sia le cornici per le opere in mostra sia le brochure.
Così come Franco Basaglia, al quale è intitolata la vicina biblioteca, ha illuminato con il suo messaggio rivoluzionario la ricerca psichiatrica riconducendo la malattia mentale alla sua spoglia ed essenziale definizione di ‘condizione umana’, anche la narrazione sulla periferia andrebbe scardinata: interrogando i luoghi, come fa l’Associazione di promozione sociale Ottavo Colle -che partecipa al progetto con una passeggiata dedicata-, si può andare oltre le apparenze, si possono mettere da parte luoghi comuni e binomi come degrado-violenza, ritrovando energie inattese e pagine di nuovi alfabeti tutti da sfogliare.
Sergio Sechi, Cieli di fango, 2021
Sergio Sechi è nato nel 1967 a Roma, dove vive e lavora. Ha frequentato fino al 1984 l’Istituto Statale d’Arte Silvio d’Amico per poi diplomarsi al Liceo Artistico Casal de Merode. Dopo una lunga pausa (1984-2014) ha ripreso l’attività di fotografo. I suoi scatti compaiono su periodici e quotidiani (tra i quali Premium, Focus Storia e il Sole 24 Ore) e sono stati scelti come copertine per alcuni volumi di narrativa e saggistica. A partire dal 2016 ha esposto in più occasioni in mostre collettive presso spazi espositivi romani e presso l’ex convento dei domenicani a Muro Leccese (LE) in occasione di “For the love of God”, collettiva artistica internazionale. Nel 2017 ha partecipato con una sua opera a “Les Rencontres de la photographie” ad Arles. Nel 2018 ha realizzato la sua prima mostra personale “Sono andato a letto presto” presso MagmaLabSpace in Roma. Nel febbraio 2020 ha partecipato al progetto The Darkroom Project #7 (Biennale_MArteLive_Plus) presso il Castello di Santa Severa (RM).
INFO
Cieli di fango Mostra fotografica di Sergio Sechi a cura di Maria Arcidiacono con il patrocinio dell’Assessorato alla Cultura di Roma Capitale in collaborazione e con il sostegno della Cooperativa Sociale Integrata Onlus Magazzino in collaborazione con l’Associazione di promozione sociale Ottavo Colle Graphic design: Alessandro Arrigo Stampe: Tommaso Mariani
Inaugurazione sabato 12 marzo ore 11.00 – 18.00 Fino a sabato 19 marzo 2022 Orari: domenica 13 marzo 10.30 – 13.00; da lunedì 14 a sabato 19 marzo 15.00 – 18.00