Roma, Palazzo Bonaparte – BILL VIOLA. Icons of Light

Riparte la grande stagione espositiva di Palazzo Bonaparte a Roma con un’esposizione dedicata al più grande videoartista contemporaneo: BILL VIOLA.

BILL VIOLA. Icons of Light è il titolo della prossima mostra di Palazzo Bonaparte che, a partire dal 5 marzo 2022, renderà omaggio al più grande artista della videoarte dagli anni Settanta a oggi.
BILL VIOLA arriva nella Capitale e lo fa in un modo speciale.

L’artista che ha unito la dimensione spirituale orientale con quella occidentale, la storia dell’arte con la sperimentazione video, la riflessione sulla cristianità con lo zen, si confronta con la città di Roma in un luogo non convenzionale per il mondo dell’arte contemporanea.
Nei raffinati saloni che furono dimora di Madama Letizia Ramolino Bonaparte, madre di Napoleone, i visitatori saranno avvolti dalla visione delle opere di Viola, uno dei massimi rappresentanti della videoarte mondiale qui presentato da un’esposizione che attraversa tutta la sua produzione, dagli anni Settanta a oggi, dai lavori che approfondiscono il rapporto tra uomo e natura, a quelli ispirati dall’iconologia classica. Le opere entrano in dialogo con lo spazio iconico di Palazzo Bonaparte immergendo lo spettatore in un percorso che intreccia la meraviglia degli spazi barocchi del luogo con l’intensità delle video istallazioni dell’artista americano.

Bill Viola ha visto nella tecnologia video un luogo di riflessione per la nostra contemporaneità spaziando con le sue riflessioni dalla cultura buddista a quella cristiana, dal rapporto meditativo con la natura alla dimensione religiosa come nella serie dei suoi video “Passions”.
Emozioni, meditazione, passioni, emergono dai video di Viola portando lo spettatore a un viaggio interiore di estrema intensità che narra quelli che possono essere definiti i viaggi più intimi e spirituali dell’artista attraverso il mezzo elettronico.

Con la sapiente cura di Kira Perov, moglie dell’artista e direttore esecutivo del Bill Viola Studio, quarant’anni di lavoro vengono dispiegati attraverso un’accurata selezione di 15 lavori, in un percorso che inizia nel 1977-9 con The Reflecting Pool e termina nel 2014 con la serie “Martyrs” (2014) accanto a capolavori ipnotici quali Ascension (2000) e lavori della celeberrima serie dei “Water Portraits” (2013).

Una mostra concepita come un percorso immersivo nel quale il pubblico potrà accedere a spazi dall’atmosfera ovattata che ricordano luoghi di profonda intimità, quasi dei sacrari della propria memoria, un visionario spazio di culto dove il visitatore è invitato a stabilire una profonda connessione visiva e spirituale con l’opera d’arte.

Un evento unico per concedersi la possibilità di riflettere sulla vita, intraprendere il proprio viaggio interiore e immergersi in un mondo alternativo, del tutto diverso da quello che si è lasciato all’ingresso.

BILL VIOLA. Icons of Light, curata da Kira Perov è prodotta e organizzata da Arthemisia con la collaborazione del Bill Viola Studio.
La mostra vede come sponsor Generali Valore Cultura ed è consigliata da Sky Arte.
Catalogo edito da Skira e include un saggio a cura di Valentino Catricalà.

Bill Viola
The Greeting, 1995
Video/sound installation
Color video projection on large vertical screen
mounted on wall in darkened space; stereo sound
Projected image size: 2,8×2,4 m
Room dimensions: 4,3×6,7×7,6 m
10:22 minutes
Performers: Angela Black, Suzanne Peters, Bonnie Snyder
Photo: Kira Perov © Bill Viola Studio

LA MOSTRA

I lavori di Bill Viola presentati a Palazzo Bonaparte si dispiegano in un percorso espositivo unico, in aperto dialogo con lo spazio, rileggendolo, e riproponendolo da una prospettiva nuova, così come gli stessi video dell’artista vengono qui riletti e reinterpretati dalla dimensione spaziale che questi prendono. Un gioco di passati ricostruiti e futuri anticipati, di temporalità espanse, grazie al lavoro particolare di Viola già concepito come un lavoro all’interno dell’immagine (il video in sé) ma anche esterno (il video come medium ibrido e come apertura al dialogo con lo spazio in cui è installato).

A differenza degli altri artisti della sua generazione, Bill Viola già dai primi anni Settanta inizia ad annullare il troppo tecnologismo sperimentale, tornando agli elementi di base della tecnologia video (il monitor e la telecamera) fino addirittura a superare il medium arrivando allo studio degli elementi naturali di base che rendono possibile l’avvento di qualsiasi immagine come la luce, il tempo, lo spazio.

Il video diventa con Viola uno dei media a disposizione dell’arte contemporanea, un nuovo mezzo attraverso il cui linguaggio poter indagare una più profonda conoscenza dell’uomo e il suo rapporto con l’ambiente, gli intrecci tra tradizione orientale e occidentale, l’importanza iconica degli elementi naturali, e molte altre tematiche a cuore dell’artista. Un passaggio che ci fa capire quanto Viola, riletto oggi, possa essere una figura chiave non solo per la storia della videoarte, ma anche per la storia dell’arte più in generale. Un artista attraverso cui poter comprendere gli ultimi quarant’anni di cultura visiva.

I temi trattati sono visibili in mostra già dalla prima proiezione The Reflecting Pool (1977-79). Come in una metafora della nascita e della creazione, un uomo (l’artista stesso) sta in piedi al bordo di una piscina immersa nella natura e il suo riflesso nell’acqua: due temporalità (quella dell’immagine riflessa nell’acqua e l’ambiente intorno), due mondi (uno reale/virtuale e uno virtuale), due culture (uomo e natura); ma anche Oriente e Occidente, lo Yin e Yang, un lavoro sugli intrecci e le relazioni degli opposti.

La foresta, gli alberi, le piante, sono protagonisti nel video Study for The Path (2002). L’ambiente, il bosco, è fisso, ciò che cambia è il continuo passare di persone che da sinistra attraversano il video verso destra. Famiglie, uomini, donne, bambini, camminano in un processo continuo in cui il concetto di inizio e fine viene a dissolversi. Un altro passaggio di stadi esistenziali, un altro lavoro su quella linea sottile che divide gli opposti fisici, spirituali, naturali.

Observance (2002), uno studio della perdita e del dolore nelle sue molteplici espressioni personali, va concepita come una pittura in movimento, lentamente delle persone si avvicinano allo schermo guardando lo spettatore con aria sofferente. Non è più il fruitore dell’opera a guardare, ma è quest’ultimo l’oggetto guardato. In questo modo l’artista amplifica ulteriormente il processo di identificazione emotiva e, non a caso, l’opera è parte della serie “Passions”. La tradizione pittorica italiana, fonte di ispirazione per l’artista, è qui riletta in chiave moderna: a passare davanti allo schermo sono persone vestite con abiti contemporanei.

La mostra continua con un’opera, poco conosciuta al grande pubblico e non immediatamente ascrivibile al classico lavoro dell’artista americano: Unspoken (Silver & Gold) (2001).
Qui l’artista fa uso espressivo del volto umano concepito ancora una volta come soglia fra un esterno (ciò che noi vediamo del volto) e un interno (il nascosto delle emozioni). Unspoken – attraverso l’uso di una delicata proiezione su due pannelli (uno in foglia d’argento e l’altro in foglia d’oro) – riflette in proiezioni in bianco e nero le emozioni di due persone in una relazione separata dalle loro cornici. Entrambi i pezzi, Observance e Unspoken, sono della serie “Passions, opere che ritraggono emozioni al rallentatore estremo, incarnando l’umanesimo dei dipinti del Rinascimento.

Alla fine degli anni Ottanta Viola si trova di fronte a un grande periodo di crisi creativa ed è qui che l’artista inizia a pensare a una nuova composizione dell’immagine attraverso la costruzione di vere e proprie scene, quasi cinematografiche, ispirate alla tradizione storica artistica occidentale. Un approccio cinematografico nel vero senso della parola: ambientazioni, attori, set, disposizione delle luci, fotografia, una vera e propria regia, quindi. Da qui il famoso e fondamentale The Greeting (1995), qui esposto, ispirato alla Visitazione del Pontormo (1528-9). Due donne che parlano vestite con abiti del ‘500, come nel dipinto originale, interrotte da una terza donna che entra nella scena abbracciando e salutando. Il tutto con movimenti lenti all’interno di un’ambientazione che richiama quella del dipinto del Pontormo, ma che lo stesso artista definisce “industriale”. Un evento che si svolge in 45 secondi è esteso a oltre 10 minuti. Come osserva Kira Perov nella sua prefazione al catalogo: “Il tempo è malleabile nelle mani di Bill Viola, dove ogni dettaglio del movimento e dell’espressione del viso e del corpo è visibile, dove un momento diventa eternità.

Da qui in poi il lavoro di Bill Viola verrà sempre più identificato da questo stile in cui una parte determinante prenderà la formalizzazione dell’emozione, uno dei centri del suo lavoro.
Lo vediamo questo in Ascension (2000), che riprende il tema dell’acqua come elemento naturale, sperimentazione della natura ciclica della nostra esistenza e simbolo di nascita e di rinascita, per la cultura Occidentale, ma anche di purificazione nella cultura giapponese.

Allo stesso modo Three Women (2008) riprende il tema dell’acqua e, in questo caso, non come immersione (come in Ascension), ma come passaggio da una forma all’altra. Una madre e due figlie passano attraverso un muro d’acqua, una linea di confine tra vita e morte, luce e ombra, da una forma di esistenza immateriale a una in carne e ossa.

Dagli anni Novanta, il lavoro di Viola si sviluppa sempre più all’interno di una dimensione performativa, in cui il corpo dell’attore diventa fondamentale.
Lo vediamo nella serie dei “Water Potraits” (2013). Attori sott’acqua con espressioni rilassate, in pace con il mondo, attraversate dall’acqua, da quell’acqua che è per Viola l’elemento base della vita. Come l’immagine video, l’acqua fluisce e modifica, metafora del tempo in continuo cambiamento. Figure subacquee che non aprono gli occhi, e non prendono fiato, fluttuanti tranquille, sospese nel tempo.

Gli elementi naturali tornano prepotentemente nei video della serie “Martyrs” (2014). Terra, Aria, Fuoco e Acqua sono qui rappresentati da quattro diverse persone immobili che gradualmente vengono disturbati e infine sovrastati dall’elemento naturale di riferimento. È qui rappresentata l’accettazione finale della morte. “Martire” viene dal greco e vuol dire “testimone” e, per l’artista, queste persone sono testimoni di valori fondamentali della nostra cultura quali azione, coraggio, perseveranza, resistenza e sacrificio.

L’ARTISTA

Bill Viola, nato nel 1951, è un pioniere nello sviluppo del video come mezzo principale di arte contemporanea. Da oltre 40 anni realizza lavori che si rivolgono costantemente alla vita, la morte e il viaggio intermedio. Nato a New York City, Viola si è laureato nel 1973 presso il College of Visual and Performing Arts della Syracuse University, dove ha studiato musica elettronica, performance art e film sperimentali e ha creato il suo primo video funziona con la tempestiva invenzione della videocamera/registratore portatile nel 1967.

Dopo la laurea, Viola ha trascorso 18 mesi a lavorare a Firenze, dove per la prima volta respira l’arte e l’architettura Rinascimentale. I suoi viaggi lo portano anche in terre lontane, come nelle Isole Salomone nel Pacifico meridionale e in Australia. In seguito, insieme a Kira Perov, sua moglie e collaboratrice, vive in Giappone dal 1980 al 1981, studiando la filosofia buddista Zen e sperimentando l’architettura, la calligrafia, il teatro Noh e molti altri aspetti della cultura giapponese che hanno influenzato il suo lavoro. Insieme si trasferiscono poi nel sud della California, sebbene lunghi viaggi continuino a portarli in luoghi come i monasteri buddisti tibetani di Ladakh nel nord dell’India, nelle Isole Fiji per filmare le cerimonie di camminata sul fuoco indù, ma anche nei siti archeologici dei nativi americani nel sud-ovest degli Stati Uniti con una spedizione di cinque mesi.
Tra le molte altre mostre personali, Viola ha rappresentato gli Stati Uniti nel 1995 alla Venezia Biennale, e due anni dopo, una sua importante rassegna organizzata dal Whitney Museum of American Art di New York ha viaggiato a livello internazionale.

Attualmente Bill Viola e Kira Perov vivono a Long Beach, in California.


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Vita e Pensiero, 2022 – Libri del Seicento in Università Cattolica

La Biblioteca della Sede di Milano dell’Università Cattolica conserva un consistente patrimonio di volumi antichi, tra cui circa tremila pubblicati nel XVII secolo, oggetto di un ampio processo di rischedatura in itinere che prevede accanto a una compiuta descrizione bibliografica anche puntuali indicazioni sulle specificità dell’esemplare. A queste raccolte si aggiunge la Biblioteca di Storia delle scienze “Carlo Viganò” della sede bresciana, forte di oltre diecimila opere fra antiche e moderne. Questa vasta “base dati” ha costituito il campo di esercizio che ha condotto alcuni studiosi dell’Ateneo a proporre riflessioni puntuali sull’editoria e la storia culturale secentesca. L’incontro si è svolto nel contesto della Giornata di studi dedicata a Eraldo Bellini, al cui nome e al cui lavoro sulla letteratura del Seicento questo volume – il primo di una collana dedicata alle collezioni speciali della Biblioteca dell’Università Cattolica – è idealmente dedicato.

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IMMAGINE DI APERTURA – copertina del libro 

Il primo viaggio: Le tre lingue dell’Odissea e la narrazione in metrica

di Daniele Bertolami

Il termine Odissea deriverebbe dal greco “οδυσσομαι”, cioè “odiare”. Non è chiaro, però, se Ulisse è odiato da chi gli impedisce di tornare a casa, o è colui che odia, in particolare i Proci, che ucciderà al ritorno. Il termine ha tuttavia un’origine più antica. Appartenente alla cultura della Caria, in Asia Minore, starebbe ad indicare un antico dio del mare, evolutosi nel dio Poseidone. Alla base del poema si troverebbero, quindi, una serie di racconti marinari, confluiti, poi, nell’Odissea. Lo studioso Martin West, ad esempio, ritiene che nell’Odissea e nella sua epopea sia confluita quella di Gilgamesh, che fa parte della mitologia mediorientale. Ambedue le storie trattano di un viaggio avvenuto fino ai confini del mondo, ambedue gli eroi scendono, grazie all’aiuto di un dio, da vivi nel mondo dei morti e ne fanno ritorno. La straordinaria somiglianza tra i due racconti dipenderebbe dall’ influsso avuto dall’epopea di Gilgamesh sulla stesura dell’Odissea.
La lingua utilizzata da Omero è un misto di diversi dialetti. Quella attica, dovuta probabilmente dal tiranno Pisistrato, ma poco presente nel testo. Quella ionica, predominante, utilizzata in quanto il dialetto ionico era la lingua “ufficiale” dei poemi epici. Il dialetto eolico, anch’esso molto utilizzato, ha ragione di essere in quanto lingua che si prestava ad un uso metrico e poetico.
Tra le semplificazioni linguistiche della narrazione sono presenti le formule, espressioni metriche fisse, che forniscono un’idea essenziale e simbolica (l’astuto Odisseo o Aurora dalle dita rosate). Esse permettono una gestione più semplice della narrazione in metrica, soprattutto nella esposizione orale.
L’opera di Omero, analizzandone la struttura, risulta di una grande modernità. Ambedue i libri hanno un inizio in “Medias Res”, cioè a fatti già iniziati. Ulisse appare dopo sette anni dalla sua partenza da Troia; l’Iliade ci racconta degli ultimi 51 giorni di una guerra di dieci anni. Anche l’Odissea si svolge in un arco temporale ben definito e ridotto: 38-40 giorni. Per abbracciare l’intero viaggi di Ulisse, Omero fa uso di analessi, cioè di “flash-back”, che ci proiettano nel passato temporale dell’azione, con il racconto che Ulisse fa a re Alcinoo. permettendoci di conoscere le disavventure patite.
L’ambientazione del racconto, cioè i luoghi geografici, non sono, a tutt’oggi, identificabili nella realtà. La tradizione vuole che la terra dei Ciclopi e dei Lestrigoni sia la Sicilia, in una delle isole Eolie Odisseo incontrò il dio Eolo, e Scheria, la terra dei Feaci, in Corfù. Molte altre sono le “attribuzioni”, la maggior parte nel Mediterraneo, ma anche nell’Oceano Atlantico o, addirittura, nel Mar Baltico.

Leggi anche:
L’Odissea tramandata oralmente
Ulisse: tra l’azione e i flash-back 
Le tre lingue dell’Odissea e la narrazione in metrica

IMMAGINE DI APERTURA  – Composizione grafica di Testa di Ulisse da un gruppo scultoreo raffigurante Ulisse che acceca Polifemo (Marmo, greco, probabilmente del I secolo d.C. Dalla villa di Tiberio a Sperlonga. Museo Archeologico Nazionale di Sperlonga) tratta da Wikipedia e illustrazione di Maicon Fonseca Zanco da Pixabay. 

Robert Doisneau, dal 5 marzo in mostra al Centro Saint-Bénin di Aosta

Al Centro Saint-Bénin di Aosta, per iniziativa dell’Assessorato Beni Culturali della Regione Autonoma Valle d’Aosta, dal 5 marzo al 22 maggio 2022 sarà possibile visitare l’esposizione Robert Doisneau, una grande retrospettiva sul celebre fotografo francese.

05 Marzo 2022 – 22 Maggio 2022
Aosta, Centro Saint-Bénin

ROBERT DOISNEAU

Mostra a cura di Gabriel Bauret

Robert Doisneau, Fox-terrier au Pont des Arts, Paris, 1953,
© Robert Doisneau

“Le selezionatissime immagini che il curatore Gabriel Bauret ha scelto per questa mostra – rivela la Dirigente delle Attività espositive Daria Jorioz – provengono dall’Atelier Doisneau di Montrouge, nel sud della capitale francese. Sono immagini empatiche che avvicinano l’osservatore, lo rendono partecipe e non solo spettatore. Robert Doisneau incarna l’immagine del fotografo umanista immerso nella vita della sua città: ne coglie il respiro, le emozioni, le trasformazioni sociali, ne narra la bellezza, le contraddizioni, le storie minime che ne compongono la storia collettiva. Il fotografo francese cresce insieme alla sua città, la osserva prendendo appunti visivi, la racconta cominciando dalla strada, si specchia nei giochi dei bambini che inventano il loro mondo, narra la condizione a volte ruvida degli adulti. Lo fa sempre con delicatezza e garbo, talvolta con malinconia, spesso con un’ironia sottilmente dissimulata oppure giocosamente evidente.”
Tra le opere in mostra non poteva mancare Le Baiser de l’Hôtel de Ville, Paris, 1950, immagine celebre e iconica, ritenuta tra le più riprodotte al mondo. In questo suo celebre scatto Doisneau ha saputo catturare un momento magico e un’emozione che sono universali.
A Montrouge, Doisneau ha sviluppato e archiviato le sue immagini per oltre cinquant’anni, ed è lì che si è spento nel 1994, lasciando un’eredità di quasi 450.000 negativi. Dallo stesso atelier, oggi le sue due figlie contribuiscono alla diffusione e alla divulgazione della sua opera, accogliendo le continue richieste di musei, festival e case editrici.
Nato nel 1912 a Gentilly, una città nella periferia sud di Parigi, le prime tappe del percorso di Robert Doisneau sono segnate da una formazione nel campo della litografia, attività che abbandonerà rapidamente in favore di un apprendistato presso lo studio di André Vigneau, un fotografo che gli fornisce una finestra sul mondo dell’arte. Seguirà, per quattro anni, un’intensa collaborazione con il reparto pubblicitario della Renault.
Una volta libero da questo impegno, Robert Doisneau approda al tanto ambito status di fotografo indipendente, ma il suo slancio viene spezzato dalla guerra, che tuttavia non gli impedirà di continuare a fotografare. Subito dopo la Liberazione della capitale, di cui è testimone, comincia un periodo molto intenso di commissioni per la pubblicità (e in particolare per l’industria automobilistica), la stampa (tra cui le riviste “Le Point” e in seguito “Vogue”) e l’editoria.
In parallelo, porta avanti i suoi progetti personali, che saranno oggetto di numerose pubblicazioni, a cominciare dall’opera La Banlieue de Paris, uscita nel 1949 e creata in collaborazione con lo scrittore Blaise Cendrars.
La sua traiettoria si incrocia anche con quelle di Jacques Prévert e Robert Giraud, la cui esperienza e amicizia nutrono la sua fotografia, nonché con quella dell’attore e violoncellista Maurice Baquet, con il quale mette in scena un gran numero di immagini. Dal 1946 le sue fotografie vengono distribuite dall’agenzia Rapho. Qui conosce in particolare Sabine Weiss, Willy Ronis e, successivamente, Édouard Boubat, che insieme a lui formeranno una corrente estetica spesso definita “umanista”.
Nel 1983 gli viene assegnato il “Grand Prix national de la photographie”, a consacrazione di un’opera estremamente ricca e densa. Tale consacrazione passa attraverso le numerosissime esposizioni, in Francia come all’estero, le incalcolabili opere che rivisitano la sua fotografia dalle prospettive più varie e i documentari a lui dedicati. E ad Aosta il pubblico italiano avrà il piacere di avvicinarsi al grande fotografo attraverso ben 128 delle sue più belle immagini.


Per informazioni
Regione autonoma Valle d’Aosta
Assessorato Beni Culturali, Turismo, Sport e Commercio
Struttura Attività espositive e promozione identità culturale
tel. 0165.275937
Centro Saint-Bénin
Via Festaz 27 – Aosta
Tel. 0165.272687
e-mail: u-mostre@regione.vda.it

Ufficio Stampa della Mostra
Studio ESSECI, Sergio Campagnolo tel. 049.663499
Rif. Simone Raddi simone@studioesseci.net

IMMAGINE DI APERTURA Robert Doisneau,Vent rue Royale, Paris, 1950©Robert DOISNEAU/GAMMA RAPHO

Istituzione Bologna Musei | Museo civico del Risorgimento: Marco Marchesini. La scultura, tante storie

Mostra promossa in collaborazione con Associazione Amici della Certosa di Bologna, Bologna Servizi Cimiteriali, Comitato per Bologna Storico e ArtisticaCon il patrocinio di Istituto dei Ciechi Francesco Cavazza onlus – Museo Tattile Anteros

Istituzione Bologna Musei | Museo civico del Risorgimento

Marco Marchesini
La scultura, tante storie

A cura di Marco Marchesini, Roberto Martorelli

5 marzo – 10 aprile 2022

Marco Marchesini
Bella addormentata, 1979
Terracotta levigata colorata, h. 62 cm

Bologna, 3 marzo 2022 – Dal 5 marzo al 10 aprile 2022 il Museo civico del Risorgimento di Bologna presenta la rassegna espositiva La scultura, tante storie dedicata a Marco Marchesini, a cura dello stesso Marchesini e di Roberto Martorelli, promossa in collaborazione con Associazione Amici della Certosa di Bologna, Bologna Servizi Cimiteriali, Comitato per Bologna Storico e Artistica e con il patrocinio di Istituto dei Ciechi Francesco Cavazza onlus – Museo Tattile Anteros.

Il progetto ripercorre l’intera carriera dell’artista bolognese dagli esordi nei primi anni Sessanta fino ad oggi, documentandone la cifra stilistica attraverso i diversi linguaggi esplorati: la scultura monumentale, le piccole opere in bronzo e terracotta, le acqueforti e le medaglie.
Sabato 5 marzo, giorno di apertura della mostra, alle ore 11 e 12 sono previste due visite guidate gratuite, con biglietto ingresso museo. La prenotazione è obbligatoria scrivendo a museorisorgimento@comune.bologna.it.

L’esposizione si inserisce in un ciclo di focus espositivi promossi dal Museo civico del Risorgimento per valorizzare e portare ad una più ampia conoscenza del pubblico la produzione di artisti contemporanei che hanno realizzato opere funerarie all’interno del Cimitero Monumentale della Certosa di Bologna. In questo straordinario museo a cielo aperto costruito intorno alla Certosa di San Girolamo di epoca tardo-medioevale e dal 2021 divenuto parte del Patrimonio dell’Umanità UNESCO nell’ambito del progetto Portici del Comune di Bologna, si conserva un vastissimo patrimonio di pitture e sculture realizzate da quasi tutti i principali artisti bolognesi attivi nel XIX e XX secolo, cui si sono aggiunti in anni recenti alcuni interventi di artisti contemporanei dislocati sia all’interno del cimitero ottocentesco sia negli ampliamenti successivi effettuati fino oltre il Duemila.

Proprio in occasione di una passeggiata di Marco Marchesini con il curatore Roberto Martorelli nella ‘città silente’ della Certosa è scaturita l’idea di un’esposizione che delineasse una ricerca rigorosa, devota per particolare predilezione alla scultura, che l’artista descrive così: “Ad onta della sua fisicità la scultura parla una lingua sottile che può sfuggire per l’invadenza di quel suo esserci, che ingombra e proditoriamente sottrae spazio al mondo fisico che abitiamo. Materia in se stessa opaca e tuttavia vivente: nella luce (come in Medardo Rosso o in Fontana) o nella forma (come in Arp o in Viani), ma che, proprio per la non ovvietà del suo rivelarsi, può riuscire ostica e difficile. Il suo oltre, ad uno sguardo distratto, è meno accattivante e persuasivo di quello offerto dalla pittura, così come il suo configurarsi in luogo stante da sempre ne ha favorito un uso didascalico e strumentale. Ma la scultura, come una montagna incantata, non ha principio né fine”.
Attirato e coinvolto dalle molteplicità espressive insite nella scultura, l’artista ne ha percorso sia le possibilità narrative e naturalistiche che quelle più concettuali di sintesi formale, affiancando la ricerca personale ad una ininterrotta attività professionale, iniziata nel 1962, quando, lavorando direttamente in cantiere, realizzò in corso d’opera le sculture della chiesa di San Severino, chiesa voluta e progettata dal parroco ingegnere Don Giancarlo Cevenini.

Osserva il curatore Martorelli, nell’introduzione al catalogo, come Marchesini sia esponente dell’ultima generazione di artisti che si è confrontata con l’elaborazione plastica di temi trascendenti operando in modo non marginale nei cimiteri, quando la sensibilità devozionale della committenza per il culto della memoria dei defunti era ancora incline a impegnare risorse rilevanti per finanziare opere di pregio.
Tra le diverse opere realizzate dall’artista nella Certosa di Bologna si segnalano: Cripta Schiavina – Porta di bronzo (Campo degli Ospedali n°XLVIII), 1972; Cappella Vacchi Verati – Porta di bronzo (Recinto 10, n°XX), 1978; Monumento in Memoria dei Caduti dell’Aeronautica – bronzo, 1983; Edicola Lazzari Scandellari – Porta di bronzo (Campo degli Ospedali, n°LVI), 1984; Tomba Setti – “San Francesco” bronzo (Campo ex Fanciulli, n°8), 1990; Tomba Barelli – Angelo di bronzo (Campo ex Fanciulli n°55), 1991.

“Ripensare ai lavori in Certosa fatti in così tanti anni – ricorda Marchesini – è come riaprire un baule dimenticato in soffitta: più vi si rovista dentro e più si trovano oggetti che si credevano perduti. Rileggendo quello che ho scritto mi sembra che molti degli episodi minuti siano stati tra i lavori più sentiti: anche per le opere modeste cercai di accontentare la committenza con impegno pari a quello per commesse più complesse e costose”.

Da ricordare, per la rilevanza e l’impegno profuso nel corso della sua carriera artistica, è inoltre la collaborazione instaurata da Marchesini con l’Istituto dei Ciechi Francesco Cavazza onlus di Bologna – mediante le attività di ricerca condotte all’interno del Museo Tattile Anteros in ambito di progettazione e realizzazione di traduzioni tridimensionali della pittura – per il superamento della disabilità visiva nella fruizione e leggibilità del patrimonio artistico. Il metodo ideato per rispettare fedelmente i valori di forma e composizione del dipinto originale, restituendone concetti spaziali e relazioni interne, è stato accolto da prestigiose realtà museali nazionali e internazionali. Si ricordano, tra gli altri, il Refettorio della Chiesa di Santa Maria delle Grazie che ospita il capolavoro di Leonardo da Vinci L’Ultima Cena, iMusei Vaticani con il percorso plurisensoriale creato all’interno della Pinacoteca Vaticana di Roma e infine la Galleria degli Uffizi dove, a fianco dell’opera originale, è stata collocata la traduzione in bassorilievo della Nascita di Venere, capolavoro rinascimentale opera dell’artista fiorentino Sandro Botticelli.

La grande esperienza di Marchesini nella modellazione viene documentata in mostra dal rilievo per l’esplorazione tattile di Beltà allo specchio di Kitagawa Utamaro, capolavoro di stampa xilografica del genere Ukiyo-e nella rappresentazione della bellezza femminile, realizzato nel 2007 per l’Istituto dei Ciechi Francesco Cavazza di Bologna.
In occasione della visita tattile per ipovedenti e non vedenti prevista per il 1 aprile viene esposto inoltre il rilievo riproducente uno degli affreschi di Giulio Romano per Palazzo Te a Mantova.

La mostra è accompagnata da una pubblicazione disponibile in distribuzione gratuita per il pubblico, a cura di Marco Marchesini e Roberto Marchesini, contenente fotografie di Franco Labanti, Marco Marchesini, Roberto Martorelli, Giancarlo Ruggerini.

Biografia di Marco Marchesini

Marco Marchesini è nato a Bologna il 22 agosto 1942.
Culturalmente si è formato nell’ambito del Liceo Artistico e dell’Accademia di Belle Arti di Bologna, concludendo nel 1966 il corso di scultura con docente Umberto Mastroianni.
Dal 1968 al 1989 ha insegnato Figura e Ornato Modellato presso il Liceo Artistico Statale di Bologna.
È stato membro della Commissione Aggiunta Monumentale del Comune di Bologna dal 1984 al 1990.
Dal 1994 al 1998 è stato docente di modellazione nei corsi di qualifica professionale dell’Associazione Scuola di Scultura Applicata di Bologna (ASSA) fondata dagli scultori Bruno Bandoli e Paolo Gualandi. Nell’ambito della stessa scuola di scultura ha partecipato al progetto promosso da Paolo Gualandi e Loretta Secchi per l’educazione artistica di non vedenti e ipovedenti, attivato, in collaborazione con la Clinica di Ottica Fisiopatologica dell’Università di Bologna, presso l’Istituto dei Ciechi Francesco Cavazza di Bologna. Sviluppando la ricerca sulla restituzione in bassorilievo di opere pittoriche, il progetto ha portato alla costituzione presso l’Istituto Cavazza del Museo Tattile Anteros.
Da ricordare inoltre, negli stessi anni, l’attività prestata nel Laboratorio di Modellazione Terapeutica e Riabilitativa attivato da ASSA nel Centro Protesi INAIL di Vigorso di Budrio (Bologna), in collaborazione con la Cattedra di Pedagogia Speciale del Dipartimento di Scienze dell’Educazione dell’Università di Bologna. 
È apprezzato autore di medaglie e targhe commemorative che realizza a partire dagli anni ’70 del XX secolo.

www.marchesiniscultore.it


Calendario iniziative collaterali

Visite guidate alla mostra:
sabato 5 marzo h 11 e h 12
sabato 12 e 26 marzo, domenica 10 aprile h 10.30
ingresso biglietto museo, prenotazione obbligatoria scrivendo a museorisorgimento@comune.bologna.it

Visite guidate in Certosa:
sabato 19 marzo e 2 aprile h 14.30
ingresso € 4, prenotazione obbligatoria scrivendo a museorisorgimento@comune.bologna.it

Conferenza:
venerdì 18 aprile h 17 presso il Comitato per Bologna Storico Artistica
ingresso gratuito, prenotazione obbligatoria scrivendo a comitatobsa@gmail.com

Visita guidata tattile per ipovedenti e non vedenti:
venerdì 1 aprile h 10-13.30
ingresso gratuito, prenotazione obbligatoria scrivendo a museorisorgimento@comune.bologna.it
Visita al Museo Tattile Anteros:
venerdì 8 aprile h 15
ingresso gratuito, prenotazione obbligatoria telefonando al numero 051 332090


Marco Marchesini
La scultura, tante storie


A cura di: Marco Marchesini, Roberto Martorelli

Promossa da:
Istituzione Bologna Musei | Museo civico del Risorgimento

In collaborazione con:
Associazione Amici della Certosa di Bologna
Bologna Servizi Cimiteriali
Comitato per Bologna Storico e Artistica

Con il patrocinio di:
Istituto dei Ciechi Francesco Cavazza onlus – Museo Tattile Anteros

Periodo di apertura:
5 marzo – 10 aprile 2022

Orari di apertura:
venerdì h 15-19
sabato, domenica, festivi h 10-14
chiuso lunedì, martedì, mercoledì, giovedì

Biglietti:
intero € 5 | ridotto € 3 | ridotto speciale € 2 giovani 18-25 anni
gratuito possessori Card Cultura

Catalogo:
A cura di Marco Marchesini, Roberto Martorelli
Fotografie di Franco Labanti, Marco Marchesini, Roberto Martorelli, Giancarlo Ruggerini

Informazioni:
Museo civico del Risorgimento
Piazza Carducci 5 | 40125 Bologna
Tel. + 39 051 347592
www.museibologna.it/risorgimento
museorisorgimento@comune.bologna.it
Facebook: Museo civico del Risorgimento – Certosa di Bologna
YouTube: Storia e Memoria di Bologna

Informazioni per una visita in sicurezza:
www.museibologna.it/risorgimento/documenti/102098

Istituzione Bologna Musei:
www.museibologna.it
Instagram: @bolognamusei

Ufficio Stampa Istituzione Bologna Musei:
Elisa Maria Cerra – Silvia Tonelli
via Don Minzoni 14 – 40121 Bologna
Tel. 051 6496653 / 6496620
ufficiostampabolognamusei@comune.bologna.it
elisamaria.cerra@comune.bologna.it
silvia.tonelli@comune.bologna.it

IMMAGINE DI APERTURA

Venezia, Officina Lamierini – La mostra “Per Ignotius” di Riccardo Muratori

Sabato 5 marzo 2022 presso lo Spazio Thetis, hub dell’arte contemporanea situato nell’antico Arsenale della città di Venezia, apre al pubblico la mostra Per Ignotius, prima personale dell’artista Riccardo Muratori. Alle ore 12.00 l’inaugurazione presso Officina Lamierini, dove sarà esposta una selezione di circa trenta opere, tra quadri e sculture, che ripercorre gli ultimi dieci anni del lavoro dell’artista. A firmarne la curatela è Milena Mastrangeli, che ha collaborato con Muratori per dare forma al dialogo tra le opere esposte. La mostra sarà visitabile fino al 7 aprile 2022.

MOSTRA

Per Ignotius
di Riccardo Muratori

Inaugurazione sabato 5 marzo 2022 ore 12.00
Spazio Thetis, Castello – Arsenale Nord – Officina Lamierini, Venezia

Ingresso libero su prenotazione

RICCARDO MURATORI – ROSSO ACQUA, 2014

Punto di partenza del lavoro dell’artista è l’enigma, spesso coincidente in una tensione interiore, che trova espressione sulla tela in una forma più chiara di quella che egli avrebbe potuto prevedere. Il titolo “Per Ignotius” cela molti misteri, emanando un’aura magica, sospesa nel tempo. Come dichiara la curatrice Milena Mastrangeli Carl Gustav Jung lo usò per indicare l’atteggiamento necessario a quell’uomo che voglia procedere nella via della conoscenza di sé stesso. ‘Conoscenza’ e ‘ignoto’, due termini apparentemente contrari che si incontrano in un unico spazio: questa comunione di opposti ci confonde, ci fa sentire instabili ed è forse questa l’emozione che pervade chi ha l’occasione di aggirarsi tra le opere di Riccardo. L’opera di Riccardo ci racconta una storia che conosciamo bene perché è la nostra; davanti alle tele proviamo attrazione e, forse, imbarazzo a vederci così spogliati di difese, sentiamo che stiamo affrontando argomenti privati, desideri inespressi, fantasie che preferiremmo nascondere sotto ad un tappeto, insieme alla polvere. Ci destabilizza il nostro stesso essere, così nudo e deprecabile, così umano. Un incontro con l’altro, con l’arte e con sé stessi”.

I dipinti di Muratori, dalle forti suggestioni psicologiche, sono specchi delle contraddizioni che abitano la nostra quotidianità. L’artista indaga i temi del desiderio e della continuità tra interiorità e mondo.

L’assenza è una grande protagonista delle tele esposte, c’è un vuoto che colma la tela in maniera così ingombrante che è impossibile non notarlo” – aggiunge la curatrice – “Ci sembra di essere entrati in uno scenario in cui non eravamo aspettati, ma che in un certo modo ci appartiene: abbiamo appena aperto la porta su di uno spazio claustrofobico, una casa pervasa di unheimliche. Questo termine, difficile da tradurre per la sua perfetta natura in tedesco, si adatta in maniera sorprendentemente aderente alle opere esposte: la radice heim (‘casa’, ‘dimora’, ‘focolare’, ‘patria’) e la negazione che la precede ci permettono di definire l’inquietante come il ‘non familiare’, la sensazione di ‘inquietudine’, infatti, è particolarmente difficile da definire per la sua ineffabilità. È detto unheimlich tutto ciò che dovrebbe restare…segreto, nascosto, e che è invece affiorato”.

Ad animare le opere di Muratori, infatti, sono molto spesso figure di uomini e donne, in posture sempre plausibili ma al contempo surreali, o figure stese precarie, in verità impossibili. A unire questa varietà di posture, di volti minuziosi e verosimili, ma assenti, è sempre la continuità degli sfondi. Tendaggi e drappeggi, pieghe e arabeschi, che si scoprono tra una porta che si chiude e un’altra che si apre, ma anche tra uno scorcio e un corridoio di cui non si vede il fondo.

Quadri ricchi di elementi, inseriti all’interno della composizione non per il timore del vuoto, ma per il desiderio di non avere paura dell’eccedenza. “Alle volte occorrestressare di più la pittura, appesantirla – conferma Muratori altre volte il processo accade in modo rapido e leggero.La cosa difficile però è quella di non avere la pretesa di padroneggiare troppo la materia da principio. Mettersi in una condizione di insipienza, per ignotius, appunto. Più che di sgomento parlerei dello stupore che segue al compimento del lavoro: quando questi riesce, consiste nello scoprire l’esistenza di una conoscenza inconsapevole”.

Prevalgono nella tavolozza variazioni di ocra e terre di Siena, prevalentemente a olio. L’olio, infatti, si rivela il mezzo migliore per esplicitare un’immagine che, idealmente, assumerà contorni diversi agli occhi di chi osserva, il quale potrà trovare punti di contatto con le immagini interiori dell’artista o aprirsi verso direzioni da lui non previste.

Riconoscere è un piacere sensibile – prosegue l’artista – la figurazione in pittura consente questo tipo di piacere. Per questo i dipinti figurativi ricevono un più immediato consenso da parte dei fruitori. Quello che ho rappresentato con la pittura riguarda questo tipo di piacere. Un dipinto mi pare riuscito quando però questo sentimento viene portato al punto da sconfinare nel suo opposto, il disagio di non riconoscere. L’azione rappresentata appare sensata, quotidiana eppure risulta inafferrabile. C’è un punto sulla tela in cui la sensatezza devia nella direzione di un indistinto. In fondo se ci riesce il dipinto diventa ancora più realistico, ossia ancora più vicino alla nostra esperienza del mondo. Questo tipo di riconoscimento non è della stessa natura del riconoscimento di cui sopra, di fatto non acquieta”.

Spazio Thetis da sempre si contraddistingue per la sua apertura alla sperimentazione nel campo dell’arte contemporanea e per il legame con la laguna di Venezia. In questa logica s’inserisce il lavoro pittorico dell’artista, il quale incontra la città in maniera diretta, indiretta, ma soprattutto inedita.
Un viaggio negli strati più profondi della sua produzione pittorica, un percorso che sembra condurre allo svelarsi di quel mistero che permea le opere, ma, in realtà, tale segreto si inabisserà ancora di più davanti ai nostri occhi. Una mostra che si muove sulle contrapposizioni, sulle citazioni, su ciò che conosciamo, sullo sconosciuto, su ciò che ci appartiene. Tutte queste tensioni costanti tra interno ed esterno si realizzano pienamente nella città Venezia, dove l’artista vive da molti anni e che sente come casa.

RICCARDO MURATORI – FOTOGRAFIA DI ELISABETTA MOIRAGHI

BIOGRAFIA DI RICCARDO MURATORI

Riccardo Muratori (Rimini, 1981), da quindici anni si dedica alla pittura, considerata come continuazione del percorso di ricerca filosofica, iniziato durante gli studi presso l’Università Ca’ Foscari di Venezia. Nel 2011 partecipa alla 54a Esposizione Internazionale d’Arte di Venezia e nel 2017 prende parte alla Biennale di Karachi in Pakistan. È stato inoltre docente di Disegno e Illustrazione all’Università IUAV – Dipartimento di Design della Moda, Arti Visive. Vede nella pittura un mezzo di liberazione e conoscenza di sé. Vive e lavora nella città lagunare.


INFORMAZIONI UTILI

TITOLO: Per Ignotius di Riccardo Muratori
A CURA DI: Milena Mastrangeli
INAUGURAZIONE: Sabato 5 marzo 2022, ore 12 CHIUSURA: 7 aprile 2022
DOVE: SPAZIO THETIS, Castello – Arsenale Nord – Officina Lamierini, Venezia
ORARI: dalle ore 10.00 alle ore 18.00, su prenotazione (3480171569/3315265149)
PER INFO: info@fg-comunicazione.it

UFFICIO STAMPA | CULTURALIA DI NORMA WALTMANN

Culturalia

051 6569105 – 392 2527126

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Facebook: Culturalia
Instagram: Culturalia_comunicare_arte
Linkedin: Culturalia di Norma Waltmann
Youtube: Culturalia

UFFICIO STAMPA FG Comunicazione-Venezia
Davide Federici
+39 3315265149
info@fg-comunicazione.it

IMMAGINE DI APERTURA – Locandina (Riccardo Muratori, Lo so, 2012)

Bologna, Museo internazionale e biblioteca della musica: #wunderkammer il museo delle meraviglie

Bologna, 3 marzo 2022 – Si svolge dal 5 marzo al 11 giugno 2022 la nuova edizione di #wunderkammer il museo delle meraviglie, la rassegna di narrazioni musicali, visite guidate e concerti alla scoperta dei tesori segreti custoditi nello straordinario patrimonio documentario del Museo internazionale e biblioteca della musica di Bologna, realizzata in collaborazione con Bologna Città della Musica UNESCO.

Istituzione Bologna Musei | Museo internazionale e biblioteca della musica

#wunderkammer
il museo delle meraviglie

5 marzo – 11 giugno 2022Rassegna organizzata in collaborazione con Bologna Città della Musica UNESCO

Shakespeare MusicaInterna

Dalle collezioni ri-Create dagli esperti di Athena Musica, associazione culturale nata per iniziativa di docenti e ricercatori interessati a promuovere i metodi, gli oggetti e le prospettive dell’estetica musicale all’interno della ricerca musicologica e delle discipline estetico-filosofiche, attraverso le storie di uno strumento, di un dipinto, di uno spartito, alla musica vista “da dentro” di Com’è fatto? fino alle presentazioni-concerto e agli incontri con gli autori delle novità editoriali e discografiche.

Anche quest’anno non mancheranno i concerti di Insolita – la musica che non ti aspetti, la rassegna in cui i tesori musicali del museo e della biblioteca tornano a (ri)suonare!
Tutti i programmi di concerto vengono infatti selezionati proprio perché legati a un manoscritto, un’edizione a stampa, una lettera, un dipinto appartenenti alle collezioni del museo.

Insolita sarà anche l’occasione per vederli “da molto vicino”: il simbolo del ¼ d’ora accademico segnala gli appuntamenti in cui gli esperti del museo mostreranno uno dei pezzi unici della collezione legato al programma del concerto che seguirà. Il programma avrà come filo conduttore il viaggio musicale in Italia attraverso le città che sono state le capitali della musica lungo i secoli.

I primi quattro concerti della primavera ci porteranno nella Firenze medievale al tempo di Dante, sull’Appennino delle Quattro Province, intorno ai crinali che dividono le province di Pavia, Alessandria, Piacenza e Genova, per scoprire le sorprendenti commistioni tra tradizione colta e popolare nel ricchissimo repertorio di musiche, danze e canti tradizionali dei suonatori girovaghi del ‘600 e ‘700, nella Urbino del ‘400 del duca Federico da Montefeltro, vero e proprio prototipo di corte rinascimentale per eccellenza, per terminare con quello straordinario crogiolo di culture musicali a cavallo tra Oriente e Occidente che è stata la Venezia del ‘500.

E da quest’anno #wunderkammer raddoppia!
A partire dal 14 ottobre, completeremo il nostro Grand Tour con una inedita stagione autunnale dedicata alle musiche di Bologna, MantovaFerrara e Roma.


Informazioni
Museo internazionale e biblioteca della musica

Strada Maggiore 34 | 40125 Bologna
Tel. +39 051 2757711
museomusica@comune.bologna.it
www.museibologna.it/musica

Facebook: Museo internazionale e biblioteca della musica
YouTube: MuseoMusicaBologna
#wunderkammer #museomusica

Informazioni per una visita in sicurezza
www.museibologna.it/musica/documenti/102086

Orari di apertura museo

martedì, mercoledì, giovedì ore 11-13.30 / 14.30-18.30
venerdì ore 10-13.30 / 14.30-19
sabato, domenica, festivi ore 10-19

Istituzione Bologna Musei

www.bolognamusei.it
Instagram: @bolognamusei

Ufficio Stampa Istituzione Bologna Musei
Elisa Maria Cerra – Silvia Tonelli
Tel. +39 051 6496653 / 6496620
ufficiostampabolognamusei@comune.bologna.it

elisamaria.cerra@comune.bologna.it
silvia.tonelli@comune.bologna.it

Torino, CAMERA – Capolavori della fotografia moderna 1900-1940

CAMERA – Centro Italiano per la Fotografia presenta, per la prima volta in Italia, la mostra “Capolavori della fotografia moderna 1900-1940. La collezione Thomas Walther del Museum of Modern Art, New York”: a Torino dal 3 marzo al 26 giugno 2022 una straordinaria selezione di oltre 230 opere fotografiche della prima metà del XX secolo, capolavori assoluti della storia della fotografia realizzati dai grandi maestri dell’obiettivo, le cui immagini appaiono innovative ancora oggi. Come i contemporanei Matisse, Picasso e Duchamp hanno saputo rivoluzionare linguaggi delle arti plastiche, così gli autori in mostra, una nutrita selezione di fotografi famosi e altri nomi meno noti, hanno ridefinito i canoni della fotografia facendole assumere un ruolo assolutamente centrale nello sviluppo delle avanguardie di inizio secolo.

03 Marzo 2022 – 26 Giugno 2022
Torino, CAMERA – Centro Italiano per la Fotografia

Capolavori della fotografia moderna 1900-1940.

La collezione Thomas Walther
del Museum of Modern Art, New York

https://camera.to/

László Moholy-Nagy Lucia Moholy: Untitled (Portrait of László Moholy-Nagy), 1925 Gelatin silver print, 9.3 x 6.3 cm The Museum of Modern Art, New York Thomas Walther Collection. The Family of Man Fund © 2021 Artists Rights Society (ARS), New York / VG Bild-Kunst, Bonn Digital Image © 2021 The Museum of Modern Art, New York

Un fermento creativo che prende avvio in Europa per arrivare infine negli Stati Uniti, che accolgono in misura sempre maggiore gli intellettuali in fuga dalla guerra, arrivando a diventare negli anni Quaranta il principale centro di produzione artistica mondiale.
Accanto ad immagini iconiche di fotografi americani come Alfred Stieglitz, Edward Steichen, Paul Strand, Walker Evans o Edward Weston e europei come Karl Blossfeldt, Brassaï, Henri Cartier-Bresson, André Kertész e August Sander, la collezione Walther valorizza il ruolo centrale delle donne nella prima fotografia moderna, con opere di Berenice Abbott, Marianne Breslauer, Claude Cahun, Lore Feininger, Florence Henri, Irene Hoffmann, Lotte Jocobi, Lee Miller, Tina Modotti, Germaine Krull, Lucia Moholy, Leni Riefenstahl e molte altre.
Oltre ai capolavori della fotografia del Bauhaus (László Moholy-Nagy, Iwao Yamawaki), del costruttivismo (El Lissitzky, Aleksandr Rodčenko, Gustav Klutsis), del surrealismo (Man Ray, Maurice Tabard, Raoul Ubac) troviamo anche le sperimentazioni futuriste di Anton Giulio Bragaglia e le composizioni astratte di Luigi Veronesi, due fra gli italiani presenti in mostra insieme a Wanda Wulz e Tina Modotti.

A riprova della ricchezza di poetiche e pensieri, all’interno della collezione Thomas Walther del Museum of Modern Art, New York si trovano fotografie realizzate grazie alle nuove possibilità offerte dagli sviluppi tecnici di questi anni, ma anche una molteplicità di sperimentazioni linguistiche realizzate attraverso diverse tecniche: collages, doppie esposizioni, immagini cameraless e fotomontaggi che raccontano una nuova libertà di intendere e usare la fotografia.

È la particolarità di questi decenni a spingere il collezionista Thomas Walther a raccogliere, tra il 1977 e il 1997, le migliori opere fotografiche prodotte in questo periodo riunendole in una collezione unica al mondo, acquisita dal MoMA nel 2001 e nel 2017.

La mostra nasce da una preziosa collaborazione fra il Jeu de Paume di Parigi, il MASI di Lugano e CAMERA, dove è possibile vedere per l’ultima volta in Europa questi grandi capolavori della fotografia prima che tornino negli Stati Uniti. L’importanza storica, il valore artistico e la rarità dei materiali esposti rendono quindi questa mostra un appuntamento imperdibile.

Accompagna l’esposizione il catalogo edito da Silvana Editoriale in associazione con the Museum of Modern Art, New York, che include un saggio critico di Sarah Hermanson Meister, brevi introduzioni alle sezioni della mostra e riproduzioni di opere presentate.

Mostra organizzata dal Museum of Modern Art, New York.
A cura di Sarah Hermanson Meister, curatrice del Dipartimento di Fotografia, The Museum of Modern Art, New York e Quentin Bajac, direttore del Jeu de Paume, Parigi con Jane Pierce, assistente alla ricerca, Carl Jacobs Foundation, The Museum of Modern Art, New York.
Coordinamento e sviluppo del progetto a CAMERA: Monica Poggi e Carlo Spinelli

L’attività di CAMERA è realizzata grazie al sostegno di numerose e importanti realtà.
Partner istituzionali: Intesa Sanpaolo, Eni, Lavazza; Socio Fondatore: Magnum Photos; Con il Contributo di: Fondazione Compagnia di San Paolo, Camera di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura di Torino; Sostenitori: Tosetti Value, Reale Mutua; Mecenati: Mpartners, Synergie Italia; Promotori: PTG Notai Associati, CMFC Studio Associato; Fornitori ufficiali: Mit, Cws, Dynamix Italia, Le Officine Poligrafiche MCL di Torino, Reale Mutua Agenzia Torino Castello; Radio Ufficiale: Radio Monte Carlo; Con il Patrocinio di Regione Piemonte, Città di Torino.

Un ruolo importante è anche giocato dalla comunità degli “Amici di CAMERA”, privati cittadini che sostengono, anno dopo anno, le attività dell’ente in qualità di benefattori.

In base al Decreto Legge 24 dicembre 2021 n. 221, per l’accesso a musei e mostre dal 10 gennaio al 31 marzo 2022 è obbligatoria la Certificazione Verde Rafforzata (per vaccinazione o guarigione, entro i 6 mesi).
Sempre dal 10 gennaio, per partecipare agli incontri de “I Giovedì in CAMERA” e agli altri appuntamenti pubblici è obbligatorio indossare la mascherina di protezione individuale FFP2.
Le verifiche verranno effettuate dal personale di CAMERA.


INFORMAZIONI

CAMERA – Centro Italiano per la Fotografia
Via delle Rosine 18, 10123 – Torino www.camera.to |camera@camera.to

Facebook/ @cameratorino
Instagram/ @cameratorino

Orari di apertura (Ultimo ingresso, 30 minuti prima della chiusura)
Lunedì 11.00 – 19.00
Martedì Chiuso

Mercoledì 11.00 – 19.00
Giovedì 11.00 – 21.00
Venerdì 11.00 – 19.00
Sabato 11.00 – 19.00
Domenica 11.00 – 19.00

Biglietti
Ingresso Intero € 10
Ingresso Ridotto € 6, fino a 26 anni, oltre 70 anni
Soci Touring Club Italiano, Amici della Fondazione per l’Architettura, iscritti all’Ordine degli Architetti, iscritti AIACE, iscritti Enjoy, iscritti Eni Station, iscritti FAI – Fondo Ambiente Italiano, soci COOP, soci Slow Food, soci Centro Congressi Unione Industriale Torino, possessori Card MenoUnoPiuSei. Possessori del biglietto di ingresso di: Gallerie d’Italia (Milano, Napoli, Vicenza), FIAF, Forte di Bard, Museo Nazionale del Cinema, MEF – Museo Ettore Fico, Palazzo Roverella di Rovigo (mostra Robert Doisneau).

Ingresso Gratuito
Bambini fino a 12 anni
Possessori Abbonamento Musei Torino Piemonte, possessori Torino+Piemonte Card, possessori tessera ICOM.
Visitatori diversamente abili e un loro accompagnatore. Guide turistiche abilitate.
Servizio di biglietteria e prevendita a cura di Vivaticket.

Contatti

CAMERA – Centro Italiano per la Fotografia Ufficio stampa e Comunicazione
Via delle Rosine 18, 10123 – Torino Giulia Gaiato
www.camera.to | camera@camera.to pressoffice@camera.to
tel. 011 0881151

Ufficio Stampa: Studio ESSECI, Sergio Campagnolo
tel. 049 663 499
simone@studioesseci.net
www.studioesseci.net

IMMAGINE DI APERTURA Max Burchartz, Lotte (Eye), 1928 Gelatin silver print, 30.2 × 40 cm The Museum of Modern Art, New York Thomas Walther Collection. Acquired through the generosity of Peter Norton © Max Burchartz, by SIAE 2021 © 2021 Max Burchartz / Artists Rights Society (ARS), New York / VG Bild-Kunst, Germany Digital Image © 2021 The Museum of Modern Art, New York

Milano: Uno sguardo sulla nostra storia – Fotografie in grande formato di Maurizio Galimberti

L’esposizione presenta una selezione di 30 immagini di uno dei più celebrati fotografi italiani, che ripercorre la storia del Novecento, attraverso i suoi protagonisti, quali Giovanni Paolo II, Nelson Mandela, Madre Teresa di Calcutta, e quegli episodi cruciali che ne hanno caratterizzato lo svolgimento, dalla guerra in Vietnam, all’attentato alle Twin towers, alla pandemia di Covid-19.

MILANO
MUSEO DIOCESANO CARLO MARIA MARTINI
DAL 1° MARZO AL 1° MAGGIO 2022

LA MOSTRA

MAURIZIO GALIMBERTI
UNO SGUARDO SULLA NOSTRA STORIA

A cura di Denis Curti

Maurizio Galimberti, La Guerra Fredda e Nikita Sergeevič Chruščëv, 1960, Getty Images

Dal 1° marzo al 1° maggio 2022, il Museo Diocesano Carlo Maria Martini di Milano ospita Uno sguardo sulla nostra storia, la mostra che presenta 30 fotografie di grande formato di Maurizio Galimberti (Como, 1956), autore italiano tra i più conosciuti e celebrati del panorama artistico italiano e internazionale.

Galimberti, Ambassador Fuji dal 2017, si è affermato grazie alle sue composizioni a mosaico, realizzate con macchine fotografiche istantanee, nelle quali, il soggetto – sia esso una persona o una porzione di città – viene scomposto in numerosi scatti, spesso corrispondenti a diverse prospettive, e ricomposto in una immagine sfaccettata.

In questa rassegna, curata da Denis Curti, Maurizio Galimberti, famoso per i suoi ritratti alle celebrità del cinema, dello sport, della cultura, della società, si confronta con la storia del Novecento, ripercorrendola attraverso i suoi protagonisti, quali Giovanni Paolo II, Nelson Mandela, madre Teresa di Calcutta, e quegli episodi cruciali che ne hanno caratterizzato lo svolgimento, dalla guerra in Vietnam, all’attentato alle Twin towers, alla pandemia di Covid-19.

“Con questo nuovo progetto – afferma Denis Curti – il nostro Instant Artist prende in analisi alcune icone della nostra storia recente e, attraverso la poetica del ready made, restituisce nuova forza a quelle immagini così conosciute e, forse, fin troppo radicalizzate”.
“Visti tutti insieme – prosegue Denis Curti -, questi mosaici appaiono subito come un campionario di eventi memorabili e ampiamente storicizzati e che qui, grazie all’intervento di rilettura di Galimberti, si trasformano in vere e proprie reliquie contemporanee. Galimberti sembra voler entrare con tutto se stesso in quelle storie e ci offre occhi nuovi, sguardi sgomenti capaci di farci riflettere”.

“In questo percorso – sottolinea Nadia Righi, direttrice del Museo Diocesano di Milano – la storia del Novecento viene vista attraverso episodi fortemente drammatici, con immagini che in molti casi sono rimaste impresse in ciascuno di noi, ma anche attraverso personaggi, volti e gesti che raccontano la possibilità di sguardo positivo sul reale”.

“Il progetto – ricorda Maurizio Galimberti – nasce da confronto con Paolo Ludovici, che ha prodotto l’intero lavoro e ha prestato tutte le opere esposte, con il quale condivido una sincera amicizia e una complicità progettuale capace di rinnovarsi ogni giorno”.

Usando la sua particolare tecnica, Galimberti esplora il Secolo breve, dando nuova vita e nuovi significati agli scatti realizzati da altri autori. Il percorso espositivo si compone di sezioni che ritraggono i principali attori del Novecento, qual è stato papa Giovanni Paolo II, o Nelson Mandela nel suo simpatico incrocio di pugni con Muhammad Ali, o Nikita Krusciov mentre sbatte la propria scarpa sullo scranno dell’Assemblea delle Nazioni Unite a New York, o ancora di madre Teresa di Calcutta nel tenero gesto di abbracciare un bambino.

Ed è proprio attraverso i volti dei più piccoli, quasi fossero dei profughi dei sogni, in urgenza di un futuro che appare arduo se non impossibile da affrontare, che Galimberti predilige raccontare le tragedie del ‘900.
Ecco allora le drammatiche immagini dei bambini di Auschwitz, della Cambogia di Pol Pot, del Vietnam, di Srebrenica, o ancora dei piccoli migranti morti su una spiaggia o separati dai genitori sul confine tra Starti Uniti e Messico, o che cercano salvezza tra le braccia dei soldati.
Galimberti non si dimentica di documentare la piaga del terrorismo, come l’attentato alle Olimpiadi di Monaco del 1972 o quello alle torri gemelle o ai militari italiani a Nassiria.

Accompagnano l’esposizione due volumi Skira, con testi di Denis Curti, Gianni Canova, Matteo Nucci e Maurizio Rebuzzini.

Note biografiche

Maurizio Galimberti (Como, 1956) è attivo sulla scena artistica internazionale da più di trent’anni, conosciuto in tutto il mondo, oltre per la caratteristica poetica dei suoi progetti, anche per i ritratti di star come Lady Gaga, Robert De Niro, Johnny Depp e Umberto Eco, e per aver realizzato pubblicazioni e mostre site specific su New York, Parigi, Milano, Roma e Venezia. È stato testimonial mondiale di Polaroid International e oggi è considerato dalla critica un instant artist più che esclusivamente un fotografo.


MAURIZIO GALIMBERTI. UNO SGUARDO SULLA NOSTRA STORIA
Milano, Museo Diocesano Carlo Maria Martini (p.zza Sant’Eustorgio, 3)
1° marzo – 1° maggio 2022

Orari:
martedì- domenica, 10-18
Chiuso lunedì

Biglietti:
intero, € 8,00
Ridotto e gruppi, € 6,00
Scuole e oratori, € 4,00

È necessario esibire il Super green pass

Informazioni: T. +39 02 89420019; www.chiostrisanteustorgio.it

#MuseoDiocesanoMilano #MuDiMi

Ufficio stampa
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