Pisa, Museo della Grafica: Il trittico del centenario, Una commedia divina, L’inferno di Claudio Sacchi

Il Museo della Grafica (Comune di Pisa, Università di Pisa) 
è lieto di invitarvi all’inaugurazione delle mostre  
IL TRITTICO DEL CENTENARIO
UNA COMMEDIA DIVINA 
L’INFERNO DI CLAUDIO SACCHI

Giovedì 7 aprile, ore 12:00

L’evento si svolgerà in presenza con prenotazione obbligatoria al seguente


Per ulteriori informazioni:
MUSEO DELLA GRAFICA

—–Museo della Grafica – Lungarno Galilei, 9 – Pisa
Tel. 050/2216060 (62-66-67)
E-mail: museodellagrafica@adm.unipi.it
www.museodellagrafica.sma.unipi.it

Bologna, The Rooom – DIALOGHI IN CERCHIO. Finissage della mostra “Il cerchio spezzato”

Il 12 aprile 2022 presso the rooom, nell’affascinante cornice storica di Palazzo Aldrovandi Montanari (Via Galliera n. 8),avrà luogo il finissage della mostra Il cerchio spezzato a cura di Eleonora Frattarolo. A chiusura dell’esposizione che ha visto in mostra le opere di sette artisti (Rufoism, Paolo Migliazza, Edoardo Sessa, Angelo Maisto, Luciano Leonotti, Andrea Valsecchi, Silvia Zagni) si terrà un incontro dal titolo Dialoghi in cerchio, dedicato alle problematiche ecologiche e alle loro ripercussioni dentro e fuori di noi.

THE ROOOM
presenta

DIALOGHI IN CERCHIO

Finissage della mostra
Il cerchio spezzato

a cura di Eleonora Frattarolo

12 aprile 2022, 16.30 – 19.30

The Rooom, Palazzo Aldrovandi Montanari
Via Galliera n. 8 Bologna

L’evento sarà un confronto tra visioni e proposte per un futuro migliore, e prenderà avvio dall’arte contemporanea e da saperi che la nutrono, grazie alla partecipazione di esperti e professionisti del mondo dell’arte, della psicologia, dell’ecologia, della comunicazione, dell’imprenditoria, della medicina, che oggi si interrogano, inoltre, sulle conseguenze della guerra e le sue ripercussioni sull’ambiente.

L’appuntamento, prodotto da the rooomconcept agency che offre servizi di comunicazione sui temi legati alla sostenibilità ambientale, all’innovazione, alla creatività e alla responsabilità sociale – chiude così la mostra Il Cerchio Spezzato, inserendosi nel percorso di promozione della cultura della sostenibilità e inclusione portato avanti dal team di the rooom e dai suoi fondatori. Un evento che rappresenta l’impegno della società a sostegno di una sempre maggiore consapevolezza sui temi ambientali, con risvolti sociali e umani di urgente attualità sui quali anche il mondo imprenditoriale e istituzionale è chiamato a confrontarsi con forte impegno e determinazione.

La partecipazione è a numero limitato e solo su prenotazione. Per le prenotazioni è necessario scrivere a press@therooom.it

Paolo Migliazza

Programma Dialoghi in cerchio– Finissage mostra Il Cerchio Spezzato

Ore 16.30: Introduzione e benvenuto con Marco Tina (Presidente e Founder di the rooom) e Giorgia Sarti (Cultural Curator di the rooom)

Cosa avviene dentro di noi

  • Ore 16.45: Ecologia dell’Interiorità con Maurizio Stupiggia (Dipartimento di Scienze Cliniche e di Comunità. Università Statale di Milano) 
  • Ore 17.00: Ricomporre la circolarità di un codice morfogenetico in Medicina Rigenerativa; dalla Vibrazione sonora ed elettromagnetica alla complessità della Forma con Carlo Ventura (Presidente di VID art|science, Professore ordinario di Biologia Molecolare-Università degli Studi di Bologna)
  • Ore 17.15: Corpo, cibo e ambiente: cucinare con quello che si ha con Fabio Antosa (Cuoco Cucina Antosa) 

Cosa avviene fuori di noi

  • Ore 17.30: Arte e paesaggio urbano: interazioni e trasformazioni con Rita Finzi (Presidente Fondazione Zucchelli)
  • Ore 17.45: Evoluzione (in)sostenibile con Ivan Franco Bottoni (Presidente Comitato regionale Giovani Imprenditori Confindustria Emilia Romagna)
  • Ore 18.00: L’insostenibile leggerezza della cultura. Transizione digitale e beni culturali. Per uno stato dell’arte con Vittorio Cavani (CEO and Founder Artplace)
  • Ore 18.15: Criptovalute e connessioni con i mercati dell’arte con Ubaldo Righi (Art director di Vitruvio Virtual Reality)  
  • Ore 18.30: Materiali sostenibili con Maria Elisabetta Tonali (Founder Materiavera, Biophilic architect and designer, Innovative sustainable materials expert. Partner di the rooom)
  • Ore 18.45: Conclusioni e saluti con Eleonora Frattarolo

Conduce Eleonora Frattarolo


INFORMAZIONI UTILI

Dialoghi in Cerchio
Finissage della mostra Il Cerchio Spezzato a cura di Eleonora Frattarolo

DOVE: the rooom – Palazzo Aldrovandi Montanari, Via Galliera n. 8 Bologna
QUANDO: 12 aprile 2022, dalle 16.30 alle 19.30

La partecipazione è a numero limitato e solo su prenotazione. Per le prenotazioni è necessario scrivere a press@therooom.it

CONTATTI: press@therooom.it | www.therooom.it

UFFICIO STAMPA | CULTURALIA DI NORMA WALTMANN

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Piacenza: Klimt. L’uomo, l’artista, il suo mondo – 160 opere dal Belvedere e dalla Klimt Foundation di Vienna

Dal 12 aprile 2022, gli spazi della Galleria d’Arte Moderna Ricci Oddi e dell’XNL – Piacenza Contemporanea ospitano “Klimt. L’uomo, l’artista, il suo mondo” una grande mostra dedicata al maestro della secessione viennese e al suo mondo, con oltre 160 opere, tra dipinti, sculture, grafica, manufatti d’arte decorativa provenienti dal Belvedere e dalla Klimt Foundation di Vienna e da molte altre prestigiose collezioni pubbliche e private.

Allestimento
LE SEZIONI

Negli spazi della Galleria d’Arte Moderna Ricci Oddi e dell’XNL – Piacenza Contemporanea, il 12 aprile 2022 apre al pubblico la mostra Klimt. L’uomo, l’artista, il suo mondo, il racconto di uno dei periodi più entusiasmanti della storia dell’arte del primo ‘900 visto attraverso la vita, il percorso creativo e le collaborazioni del padre della Secessione Viennese: Gustav Klimt.

Oltre 160 opere, tra dipinti, sculture, grafica, manufatti d’arte decorativa provenienti da 20 prestigiose raccolte, pubbliche e private, tra cui il Belvedere e la Klimt Foundation di Vienna, Ca’ Pesaro-Galleria Internazionale d’Arte Moderna di Venezia, il Lentos Museum di Linz, il Tiroler Landes Museum di Innsbruck, il Wien Museum e molte altre.

La mostra, curata da Gabriella Belli ed Elena Pontiggia, con il coordinamento scientifico di Lucia Pini, direttrice della Galleria d’Arte Moderna Ricci Oddi di Piacenza e la collaborazione di Valerio Terraroli e Alessandra Tiddia, vuole festeggiare il “ritorno a casa” del Ritratto di Signora (1916-17) di Klimt – dipinto sparito nel 1997 dalla Galleria Ricci Oddi poi ritrovato fortunosamente nel 2019.

Il percorso espositivo muove dal clima del simbolismo europeo, da cui Klimt prende le mosse con incisioni e disegni emblematici di Klinger, Redon, Munch, Ensor, Khnopff, la famosa Medusa di von Stuck e sculture di Minne e dello stesso Klinger per poi introdurre i visitatori nel mondo di Klimt, con le sue prime opere e i suoi primi compagni: i fratelli Georg ed Ernst, e l’amico Franz Matsch.
Ci si addentra quindi nella vicenda del pittore attraverso la Secessione Viennese da lui fondata con altri 17 artisti nel 1897 in segno di protesta verso l’arte ufficiale. Il Ritratto di Josef Pembaur (1890), capolavoro di Klimt che ne preannuncia la “stagione d’oro” introduce a opere quali la Signora con mantello e cappello su sfondo rosso (1897-1898), Signora davanti al camino (1897-1898), Dopo la pioggia (1898), Le amiche I (Le sorelle) del 1907, il Ritratto di Amalie Zuckerkandl (1913-1914), il Ritratto di Signora in bianco (1917-1918).

Un’ intera sezione della mostra è dedicata al Ritratto di Signora della Galleria Ricci Oddi di Piacenza e al racconto delle sue avventurose vicende.

Il mondo delle Wiener Werkstätte, i laboratori d’arte decorativa fondati a Vienna da Josef Hoffmann e da Kolo Moser nel 1903 è documentato attraverso arredi, argenti, vetri e ceramiche. Sono esposti inoltre i Manifesti della Secessione, tra cui quello di Klimt Teseo e il Minotauro (1898), che all’epoca fece scandalo (presente nelle due versioni, quella iniziale e quella censurata) e riviste come “Ver Sacrum”. Una scelta di disegni e incisioni di Schiele e Kokoschka, tra cui la fiabesca serie dei Ragazzi sognanti (1908-1909), opera fondamentale della stagione giovanile dell’autore, ricorda quindi la più giovane generazione di artisti austriaci che da Klimt prese le mosse.

Il percorso è arricchito anche da un’importante sezione dedicata agli artisti italiani che si ispirarono a Klimt, con opere straordinarie come il Sogno del melograno (1912-1913) di Felice Casorati, esposto nuovamente dopo più di trent’anni, la scultura in marmo e oro Carattere fiero e anima gentile (1912) di Adolfo Wildt e l’affascinate ciclo Le mille e una notte (1914) di Vittorio Zecchin.

La mostra si chiude con la ricostruzione del monumentale Fregio di Beethoven (copia del 2019 dell’originale del 1901) riservando così ai visitatori un’esperienza di grande suggestione.

Klimt. L’uomo, l’artista, il suo mondo è una mostra promossa dal Comune di Piacenza e dalla Galleria d’Arte Moderna Ricci Oddi, con la collaborazione del Belvedere, della Klimt Foundation e di XNL – Piacenza Contemporanea e vede il contributo della Regione Emilia Romagna, della Fondazione Piacenza e Vigevano, della Camera di Commercio Piacenza, di Confindustria Piacenza e di Crédit Agricole, Generali Valore Cultura, Iren, Fornaroli Polymers e Steriltom. La mostra è prodotta e organizzata da Arthemisia.

L’esposizione si avvale di un comitato scientifico composto da Gabriella Belli, Fernando Mazzocca, Lucia Pini, Elena Pontiggia, Franz Smola, Valerio Terraroli, Alessandra Tiddia e Sandra Tretter.

Catalogo della mostra edito da Skira (contributi di Gabriella Belli, Elisabetta Barisoni, Eva Di Stefano, Lucia Pini, Elena Pontiggia, Franz Smola, Valerio Terraroli, Alessandra Tiddia, Sandra Tretter, Giuseppe Virelli).


Informazioni e prenotazioni
T. +39 0523 179861

Siti internet
www.arthemisia.it

Hashtag ufficiale
#KlimtPiacenza

Ufficio Stampa
Arthemisia
Salvatore Macaluso | sam@arthemisia.it
T. +39 06 69380306

Relazioni esterne Arthemisia
Camilla Talfani | ct@arthemisia.it
M. +39 335 7316687 | +39 345 7503572

Roma, Palazzo Capizucchi: N gradi di separazione. Confronti, riflessioni, opere tra arti visuali e musica elettronica

Il giorno 12 aprile 2022 alle ore 18.00, presso le sale al piano terra di Palazzo Capizucchi a Roma, inaugura il progetto N gradi di separazione, a cura di Michela Becchis, che presenta confronti, riflessioni e opere, tra arti visuali e musica elettronica, di EPVS, Sebastian Vimercati, Shay Frisch, Domenico Romeo, Pietro Bonomi, Alberto Timossi, Marco Timossi, Eugenio Scrivano (Di Unexpected Guest).

Inoltre, giovedì 14 aprile, alle ore 18,30, si svolgerà il Talk Camminando sull’ora serrata”: interverranno, oltre agli artisti, Anna Cepollaro, critica musicale e musicologa, e Leonardo Distaso, filosofo e docente di estetica.

N gradi di separazione

Confronti, riflessioni, opere tra arti visuali e musica elettronica

a cura di Michela Becchis

EPVS – Sebastian Vimercati
Shay Frisch – Domenico Romeo – Pietro Bonomi
Alberto Timossi – Marco Timossi
Eugenio Scrivano (Di Unexpected Guest)

Vernissage 12 aprile 2022 ore 18.00 – 21.30
Palazzo Capizucchi
Piazza Campitelli 3 – Roma

Fino al 12 maggio 2022

La curatrice Michela Becchis presenta il progetto:

“Non è importante sapere se tra arte visiva e musica elettronica vi siano tutti i famigerati 6 gradi per mettersi in contatto. Forse non è neanche fondamentale che in questa mostra molti tra coloro che hanno contribuito a crearla siano legati, appunto, da una parentela che spesso genera molta energia proprio quando i due poli si allontanano. È più importante sapere che ci si muove dentro un unico orizzonte che tale rimane se contempla molte diversità che non possono che essere riunite sotto l’incognita N, necessaria affinché il processo rimanga aperto e produttivo. […]

Senza scalfire, ma anzi accostandoci con particolare cura alla sostanza delicatissima della problematicità che vive in quella linea di confine, qui si intende camminare lungo tutto il suo perimetro e, grazie alle esperienze artistiche che vengono accostate, cercare di capire se esista una reciproca relazione fra modi di fare arte troppo spesso pensati come impermeabili. Insomma permettere a chi entrerà di vedere diversamente ciò che per suo statuto è visibile, ma anche di vedere il suo imprescindibile essere “cosa” di un’arte che spesso il pensarla immateriale e perciò invisibile, la rende talmente “difficile da trasformarla in banale” come si disse della musica di Mahler. È quindi sull’ora serrata del visibile che si gioca questa mostra, sul suo capovolgimento rispetto a ciò che troppo spesso pensiamo celato e cioè il senso attorno a cui l’arte si arrovella. Un senso che troppo spesso non ci si affatica a vedere ma solo a guardare nelle arti visive, un senso che si racchiude in un suono che scardina la tonalità usando proprio la sua forza visionaria e visiva del suo porsi come rumore. […]

Esiste sempre una ulteriore linea di separazione, quella tra il significato attribuito all’opera dall’artista e quello costruito davanti all’opera da chi ne fruisce. Su quella linea, in questo caso si può arrivare a pensarla come una impercettibile linea di frattura, vive l’agire dell’artista. Più

precisamente, vive il processo creativo dell’artista. Il suo rapporto con il mondo è un dispositivo che attiva un’urgenza che è sì concettuale, ma che in ogni artista è soprattutto trasformazione della materia.”


INFO
N gradi di separazione
Confronti, riflessioni, opere tra arti visuali e musica elettronica

a cura di Michela Becchis

EPVS – Sebastian Vimercati
Shay Frisch – Domenico Romeo – Pietro Bonomi
Alberto Timossi – Marco Timossi
Eugenio Scrivano (Di Unexpected Guest)

Vernissage 12 aprile 2022 ore 18.00 – 21.30
 


Fino al 12 maggio 2022
Orari:
dal giovedì al sabato dalle 16.00 alle 19.30; altri giorni su appuntamento tel. 347.9016034

14 aprile 2022 ore 18.30
Talk “Camminando sull’ora serrata
con gli artisti
e
Anna Cepollaro, critica musicale e musicologa
Leonardo Distaso, filosofo e docente di estetica

Palazzo Capizucchi
Piazza Campitelli 3 piano terra
Roma

Ufficio Stampa
Roberta Melasecca
Melasecca PressOffice – Interno 14 next
tel 3494945612
roberta.melasecca@gmail.com
www.melaseccapressoffice.it
www.interno14next.it

Bologna – Casa Museo Renzo Savini presenta la Casa Museo Remo Brindisi 

presenta

CASA MUSEO REMO BRINDISI

Capolavoro di architettura, arte e design

Venerdì 8 aprile 2022 ore 18.30

Presso Casa Museo Renzo Savini, via Letizia 11, Bologna

In occasione della recente apertura al pubblico di Casa Museo Renzo Savini, venerdì 8 aprile 2022 alle ore 18.30, su iniziativa di Benedetta Savini Marescotti, proprietaria della Casa Museo, si svolgerà il secondo incontro-conversazione previsto nell’ambito della programmazione culturale del 2022. Dopo il saluto dell’Architetto Emanuele Mari, Assessore al Turismo, Cultura e Patrimonio Museale del Comune di Comacchio, Nicoletta Barberini Mengoli, collaboratrice de il Resto del Carlino, intervisterà la Dott.ssa Laura Ruffoni, Funzionario responsabile della Casa Museo Remo Brindisi, che illustrerà l’eccezionale  collezione d’arte moderna conservata all’interno della Casa Museo di Lido di Spina, creando un trait d’union tra luoghi nati per la medesima finalità: conservare ed esporre capolavori artistici.

La conversazione tra Barberini Mengoli e Ruffoni verterà principalmente intorno al ruolo rivestito da questo museo, alla figura di Remo Brindisi nell’arte del Novecento e su come questa incida nelle correnti odierne e, infine, su quali elementi puntare per una maggiore visibilità della Casa Museo a livello nazionale e internazionale.

La Casa Museo, immersa nel verde della pineta del Lido di Spina, località cara al pittore Remo Brindisi per i suoi ricordi d’infanzia, fu costruita tra il 1971 e il 1973 su progetto dell’architetto designer Nanda Vigo, concepita come esperimento artistico di “integrazione delle arti”: uno spazio ove non vi fosse soluzione di continuità fisica, concettuale e di percezione tra l’architettura, gli arredi, il design e le opere d’arte che affollavano le pareti di tutte le stanze, anche dei bagni e dei ripostigli. Nanda Vigo volle dunque costruire un luogo fisico in cui Brindisi potesse accogliere chiunque desiderasse entrarvi, come in un abbraccio, visivamente ricordato dalla struttura rotonda e cava della villa.

L’edificio è caratterizzato da un grande cilindro centrale che collega diversi i piani e gli spazi abitativi, quelli di studio e quelli espositivi, in una continua compenetrazione. La raccolta, nella quale sono pure inserite opere dello stesso Brindisi, comprende circa duemila esemplari e documenta molte delle principali correnti artistiche del Novecento a livello internazionale, con un particolare accento sulla Milano degli anni compresi tra i Cinquanta e i Settanta. Sono da segnalare, in particolare, le grandi opere integrate all’architettura, tra cui il graffito di Lucio Fontana, le sculture di Arturo Martini e di Giò Pomodoro. Nella collezione del museo figurano, tra i maestri del primo Novecento, Medardo Rosso, Alberto Savinio, Giacomo Balla, mentre il secondo Novecento è rappresentato da esponenti di importanti correnti quali lo Spazialismo e il Movimento Nucleare, Nouveau Réalisme, Pop (tra cui Arman, Cèsar, Rotella, Hains, Schifano, Warhol) e molti altri. Tra i maestri del design, oltre a Nanda Vigo, opere e arredi originali di epoca di Bruno Munari, Achille Castiglioni, Giò Colombo.

Dopo la scomparsa dell’artista, il museo e l’intero patrimonio in esso conservato sono stati acquisiti dal Comune di Comacchio, per volontà testamentaria dello stesso Brindisi.

Si ricorda che il programma culturale della Casa Museo Renzo Savini propone per la stagione 2022 i seguenti incontri:

  • Giovedì 5 Maggio 2022 ore 18.30 – Presentazione del libro “L’arte dello styling. Come raccontarsi attraverso i vestiti”, di Antonio Mancinelli e Susanna Ausoni, in collaborazione con Daniela Campogrande di Campogrande Concept.
  • 11 Maggio 2022 –  Lavinia Savini, avvocato specializzato in proprietà intellettuale e diritto dell’arte, tratterà il tema attualissimo dell’Arte digitale e NFT Art.
  • 13-15 Maggio 2022 – Apertura dei salotti della Casa Museo in concomitanza con Arte Fiera.

CENNI BIOGRAFICI SU REMO BRINDISI

Remo Brindisi (Roma, Roma, 25 aprile 1918 – Lido di Spina, 25 luglio 1996) trascorre la sua infanzia tra Roma e Pescara. Compie la sua formazione da artista seguendo i corsi di scenografia presso il Centro Sperimentale di Roma e parallelamente le lezioni serali alla Scuola Libera di nudo dell’Accademia di Belle Arti; poi vince una borsa di studio presso l’Istituto Superiore d’Arte per l’Illustrazione del Libro di Urbino. Dopo il diploma si trasferisce a Firenze, dove entra in contatto con il circolo di Ardengo Soffici e Ottone Rosai, che gravitava attorno alle riunioni al Caffè delle Giubbe Rosse. Nel 1947 si trasferisce a Milano e il suo successo comincia a consolidarsi. Partecipa a tre Biennali veneziane nel 1948, 1950 e 1952. Alla metà degli anni Cinquanta trascorre qualche tempo a Parigi, frequentando l’ambiente esistenzialista e lo stesso Jean Paul Sartre.

La sua sensibilità verso la fruizione libera e pubblica dell’arte come occasione di crescita personale e di vita, si concretizza soprattutto nell’esperimento del Museo del Lido di Spina, realizzato senza nessun contributo pubblico. Il museo era da lui definito con il termine “alternativo” per sottolineare l’apertura verso la sperimentazione e la democratizzazione dell’arte.
Brindisi è stato pittore, scultore, illustratore, scrittore, scenografo, curatore di iniziative culturali. Fu inoltre presidente della Triennale di Milano, commissario alla Biennale di Venezia, insignito della medaglia d’oro per meriti culturali dal Ministro della Pubblica Istruzione.
Il Comune di Comacchio gli ha tributato la cittadinanza onoraria per il contributo offerto al patrimonio culturale della città con la creazione del suo museo, dove ha scelto di trascorrere gli ultimi tempi della sua vita.

CENNI BIOGRAFICI SU RENZO SAVINI

Renzo Savini (19 settembre 1931 – 13 luglio 2018) è stato un umanista di formazione classica, originario di Bagnacavallo (RA), e ha frequentato l’esclusivo Collegio La Quercie, laureandosi poi in Giurisprudenza presso l’Università di Bologna.

Grande collezionista ed artista, anticipava i tempi per la sua sensibilità e con ingegno sapeva cercare e accostare oggetti, creando una commistione di materiali e contrasti tra epoche diverse. Questi accostamenti avvenivano con meticolosità e puntualità, soprattutto nel fedele utilizzo dei materiali di supporto, come ad esempio chiodi di cornici o vetri spesso coevi al dipinto.

Savini era inoltre un collezionista di curiosità: dai bastoni di passeggio ai burattini, dai giocattoli alle sculture lignee, dalle maioliche emiliane alle gigantesche scenografie teatrali, ogni singolo oggetto rappresentava un frammento della sua vita e dei momenti da cui essa era scandita.

L’assemblaggio degli oggetti nelle sue opere rappresenta l’espressione massima dell’Uomo/Artista, del suo temperamento, della sua creatività, del suo gusto e della sua raffinata conoscenza e cultura, della sua genialità.

LA CASA MUSEO RENZO SAVINI

Commissionata nel 1964 all’architetto Raoul Biancani, la Casa Museo Renzo Savini si configura come uno degli esempi più interessanti dell’architettura contemporanea, sviluppato su tre livelli, con un costante gioco armonico tra materiali e vetrate. Al suo interno è presente una ricca selezione di opere assemblate, nel tempo, dal collezionista Renzo Savini, con una coerente e metodica volontà di creare un unicum tra opere ed elementi architettonici di varie epoche. Una preziosa miscellanea di lavori artistici, manufatti di alto artigianato e reperti naturalistici. Un luogo pieno di suggestioni, dove Savini ha vissuto con la famiglia fino alla sua scomparsa.

All’interno della casa è presente una piccola Kunstkammer (letteralmente “camera dell’arte”), nella quale sono raccolti manufatti di provenienze molteplici e multiformi, reperti e curiosità di ogni genere: pezzi di Castiglioni, Gavina e Scarpa; statue dei presepi barocchi e pupi del Settecento; bassorilievi rinascimentali incastonati nel muro; manoscritti e libri antichi; disegni del Tiarini e tele del Signorini.

Nella palazzina, al piano sottostante, ha risieduto per anni Dante Bini, architetto di fama mondiale, noto anche per aver ideato per Michelangelo Antonioni e Monica Vitti La Cupola, l’avveniristica villa sulla Costa Paradiso in Sardegna. Oggi la Casa Museo è gestita dalle figlie di Renzo Savini.


INFORMAZIONI UTILI

Presentazione della Casa Museo Remo Brindisi

QUANDO: Venerdì 8 aprile 2022 ore 18.30
DOVE: Casa Museo Renzo Savini, via Letizia 11, Bologna

Ingresso su prenotazione fino a esaurimento posti.

Per partecipare è necessario prenotare all’indirizzo mail savinicultura@gmail.com

SITO: www.casamuseorenzosavini.it/it/

UFFICIO STAMPA
CULTURALIA DI NORMA WALTMANN

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A Bucha fra i morti abbandonati nelle piazze con il piede straniero sopra il cuore

L’insulsa e sistematica negazione dei fatti da parte russa non può oscurare l’orrore generalizzato contro una intera Nazione. Da noi, si produrranno nuove diatribe televisive e si solleveranno spelacchiati dubbi accademici. Tutto per spiegare dove stia la verità. Contro il positivismo, basato sulla certezza dei fatti, Nietzsche replicava che «no, i fatti proprio non esistono, bensì esistono solo interpretazioni». Per questo vogliamo dare qualche esempio di come questa mattina sulle pagine dei quotidiani, nazionali e internazionali, l’interpretazione sia unanime. Vorremmo, però, anche aggiungere che la guerra è sempre orrore: oggi e in passato. Con questi versi, Salvatore Quasimodo testimoniava sommessamente come il silenzio, in momenti particolari, sa fare molto rumore.

Alle fronde dei salici
«E come potevamo noi cantare
con il piede straniero sopra il cuore,
fra i morti abbandonati nelle piazze
sull’erba dura di ghiaccio, al lamento
d’agnello dei fanciulli, all’urlo nero
della madre che andava incontro al figlio
crocifisso sul palo del telegrafo?
Alle fronde dei salici, per voto,
anche le nostre cetre erano appese,
oscillavano lievi al triste vento».

(Salvatore Quasimodo, da Giorno dopo giorno)

IN PRIMA PAGINA

Una selezione dei quotidiani di oggi Lunedì 4 aprile 2022 in Italia e all’Estero
come compaiono sul sito web IL GIORNALONE

Al Grand Palais di Parigi il critico Vauxcelles in gabbia tra le bestie feroci

di Sergio Bertolami

40 – L’affermazione dei Fauves al Salon d’Automne del 1905

Chi ricorda il critico d’arte Louis Vauxcelles? Colui che offrì lo spunto per definire cage aux fauves (gabbia delle belve) la sala nella quale erano esposte 39 scandalose tele dipinte da un gruppo di giovani artisti francesi? Gli organizzatori della terza edizione del Salon d’Automne di Parigi – che tenne aperti i battenti del Grand Palais dal 18 ottobre fino al 25 novembre del 1905 – decisero di unire nella stessa sala VII le opere di numerosi ex allievi di Moreau. L’allestimento dell’esposizione era curato dall’architetto Charles Plumet, che pensò bene di usare un criterio di ripartizione stilistica. Criterio che garantì il successo della manifestazione. Nella sala contigua alla VII, spiccava invece un dipinto di Henri Rousseau il Doganiere dal titolo significativo Il leone affamato si getta sull’antilope.

Henri Rousseau il Doganiere, Il leone affamato si getta sull’antilope, 1905

Più che i soggetti ad impressionare per la loro aggressività era l’uso di colori violenti – come fece notare il Journal de Rouen – accostati in modo stridente, lontani da ogni realtà oggettiva. La veemenza cromatica e la libertà d’espressione saltavano agli occhi. Tele tanto scandalose che persino Emile Loubet, Presidente della Repubblica francese, si rifiutò d’inaugurare l’esposizione. In un’atmosfera di scandalo sapientemente orchestrato, la sala VII, in cui si trovavano le opere sotto accusa, fu ritenuta inaccettabile da tutta la critica. La stampa battezzò quelle opere – firmate Henri Matisse, Albert Marquet, André Derain, Maurice de Vlaminck, Kees van Dongen, Charles Camoin, Henri-Charles Manguin, Jean Puy – nei modi più fantasiosi. Camille Mauclair ebbe l’impressione di “un barattolo di vernice gettato in faccia al pubblico”, Marcel Nicolle le paragonò a “giochi barbari e ingenui” di bambini, altri – nomi meno illustri, giornalisti improvvisati e di provincia – parlarono di “campioni informi”, di “pennelli deliranti”, di “un miscuglio di cera di bottiglia e piume di pappagallo”. La nota più mirata fu quella del supplemento dedicato all’evento da L’Illustration del 4 novembre che concludeva con una frecciata: «purtroppo manca il colore», inconveniente che il bianco e nero della rivista non rendeva l’abuso coloristico, impossibile colmare con le sole parole. (Le due pagine della rivista)

Collocato al centro della sala, solo un piccolo busto in marmo, classicheggiante, modellato con delicata sapienza da Albert Marque, fece scrivere al critico Louis Vauxcelles: “È Donatello tra le bestie”. L’espressione divenne così popolare che la sala fu presto ribattezzata “la gabbia degli animali selvatici” e, per estensione, la pittura degli artisti che vi esponevano fu definita fauvista. Così il termine fauvisme prese ad indicare il movimento artistico francese che ricevette il battesimo ufficiale proprio a quel Salon d’Automne di Parigi dell’anno 1905. Dell’articolo, uscito sul supplemento al quotidiano Gil Blas del 17 ottobre 1905 – il giorno prima dell’apertura ufficiale, per invitare gli spettatori alla visita – i libri parlano, ma pochi lo hanno letto. Sono andato perciò a reperire quel numero. Non è stato difficile trovare le due pagine dedicate al Salon, rispetto alle otto dell’intero giornale, e ho tradotto il testo riguardante la famigerata sala VII per leggerlo insieme. 

Stralcio dal supplemento a
Gil Blas del 17 ottobre 1905


Sala VII

«Sala arci-chiara, degli audaci, degli oltraggiosi, dei quali vanno decifrate le intenzioni, lasciando il diritto di ridere ai furbi e agli stupidi, critica troppo facile. E c’è una quantità di Indipendenti, Marquet e compagnia, un gruppo che si tiene così fraternamente unito come, nella generazione precedente, Vuillard e i suoi amici.

Raggiungiamo senza indugio M. Matisse [nota: M. sta per Monsieur, come dire il signor Matisse]. Ha coraggio, perché il suo invio – lo sa del resto – avrà la sorte di una vergine cristiana consegnata alle bestie del Circo. M. Matisse è uno dei pittori più espressivamente dotati di oggi, avrebbe potuto ottenere facili “bravo!” [applausi]: preferisce affondare, vagare in una ricerca appassionata, chiedere al puntinismo più vibrazioni, luminosità. Ma la preoccupazione per la forma ne risente.

M. Derain [il signor Derain] sussulterà; spaventa gli Indipendenti. Penso che sia più un artista da manifesti che un pittore. Il pregiudizio del suo immaginario virulento, la facile giustapposizione di elementi complementari, sembrerà ad alcuni un’arte volutamente infantile; riconosciamo, però, che i suoi Battelli abbellirebbero allegramente la parete della cameretta di un bambino. M. de Vlaminck epinalizza [nota: il signor de Vlaminck riproduce immagini colorate come quelle di Epinal ]; la sua pittura, che sembra terribile, è in fondo da bravissimo bambino. M. Ramon Pichot si distingue dai coloristi cupi o allegri della Spagna, suoi compatrioti, che non hanno affatto il senso del caricaturale; la cosa più fastidiosa è che difficilmente comprendiamo se è un caricaturista di proposito; si diverte, è un Dewambez, un Jean Veber madrileno; eppure, il suo Notturno è grazioso ed esatto.

La signorina Jelka-Rosen usa colori ribes molto acidi, la sua fantasia è comunque decorativa. M. Girieud è un lirico che stilizza ingrandendole ortensie, peonie, zinnie e physalis del Jardin des Suppliçes [nota: Il giardino dei supplizi, romanzo ironico di Octave Mirbeau]; ama i tessuti sontuosi, i mosaici, i personaggi leggendari. La sua tavolozza è sgargiante. Di quale luce è bagnata questa donna

seminuda che sonnecchia su un divano di vimini! Il sole di Saint-Tropez accarezza la sua pelle pallida e umida; il suo corpo pesante riposa, beato, all’aria aperta, vivificato dal soffio salato del mare che si intravede attraverso i rami.

Nessuno esimerà M. Marquet dal rimprovero di ripetersi: la sua gioiosa serie di Agay, di Saint-Tropez, di Antehor, non ricorda in alcun modo le sponde desolate che ha fatto ammirare al Salon des Indépendants. Ecco le rocce rosse, di Agay e di Trayas, che puntano nell’azzurro glauco del mare, e i pini di un verde metallico, e le colline dell’Esterel, le barche a vela del porto di Saint-Tropez, le case rosa. La fattura è grossa, grassa, di taglio originale, e che difficilmente ricorda (tranne un quasi inevitabile riavvicinamento con le Rocce Rosse di Guillaumin), l’ambientazione nella cornice delle altre analisi del Sud. Eppure, ho trovato i “Marquets” di Parigi più profondi e commoventi; la dura aridità di questo Sud di cartone mi urta. Forse M. Marquet è il miglior narratore degli aspetti settentrionali.

M. Camoin, anche lui se n’è andato a Saint-Tropez. Sono volati tutti lì, come uno stormo di uccelli migratori. Era la primavera del 1905, una valorosa piccola colonia di pittori che dipingevano e chiacchieravano in questo paese incantato: Signac, Cross, Manguin, Camoin, Marquet; vicino a loro, a Cagnes, d’Espagnat e il maestro Renoir. M. Camoin costruiva quadri traboccanti di sano e denso vigore; è il brulicante mercato della cittadina marittima, il taglio quasi giapponese dei graniti di Agay, il porto di Cassis e lo sfarfallio arancione dei riflessi tremolanti nell’acqua azzurra. Audaci e sicure opposizioni; una franchezza netta, diretta, di un colore che non tradisce; e, a volte, fantasie divertenti, questo Ombrellone, sotto il quale sorride una coraggiosa principessa circondata da un alone di luci policrome, mollemente intorpidita nel prendere il sole.

Al centro della sala, un torso di bambino, e un piccolo busto in marmo, di Albert Marque, che modella con delicata scienza. Il candore di questi busti sorprende, in mezzo all’orgia dei toni puri: Donatello tra le bestie».

Ora, finalmente, possiamo parlare con cognizione di causa. Abbiamo letto che la critica troppo facile che sfocia in risata Vauxcelles la lascia ai pettegoli e agli stupidi. In questa sala VII sono raccolte le opere di un gruppo di amici fraternamente unito, una quantità di pittori Indipendenti, che fanno capo ad Albert Marquet. Nella primavera precedente gli stessi pittori erano presenti al Salon des Indépendents, esposizione d’arte annuale che dal 1884 offriva visibilità agli artisti di Parigi in assenza di una giuria e, per contro, senza alcun premio. Il riferimento a Marquet è solo di comodo per il critico, perché dire Marquet è come dire Henri Matisse. Si erano conosciuti nell’ottobre del 1892 frequentando i corsi alla Scuola di Arti Decorative di Parigi. Avevano fatto presto amicizia e Matisse, di cinque anni più grande, aveva preso sotto la sua ala protettrice questo giovane forestiero come lui (Marquet di Bordeaux e Matisse di Le Cateau-Cambrésis), un po’ complessato, canzonato per il suo accento e soprannominato l’inglese per via dei suoi occhiali particolari. I due amici avevano poi abbandonato le arti decorative per migrare alle Beaux-Arts di Parigi, seguendo l’insegnamento libero di Gustave Moreau, che si definiva un vecchio simbolista interessato soprattutto alla tecnica pittorica. Scriveva Roger Marx sulla Revue Encyclopédique del 25 aprile 1896: «Tutti coloro che intendono svilupparsi secondo la propria individualità si sono riuniti sotto l’egida di Gustave Moreau». Con Moreau i due amici si legano ad alcuni di quei pittori che ritroviamo nella nostra sala VII: con Henri Manguin e soprattutto Charles Camoin. Gli altri li incontrano per la prima volta, dopo la morte di Moreau, nelle aule di disegno dell’Académie Julian, dell’Académie Carrière o dell’accademia privata Camillo, in rue de Rennes: sono André Derain, Pierre Laprade, Jean Puy, Maurice de Vlaminck. Nel 1925 Matisse ricorderà questi anni di apprendistato e di povertà: «Non avevamo abbastanza per pagarci una birra». Quando, ad esempio, si legge che Marquet e Matisse collaborarono alle decorazioni del Grand Palais per l’Esposizione di Parigi del 1900 – quella descritta all’inizio di queste pagine sull’Arte del Novecento – bisogna focalizzare l’idea che i due amici avevano accettato, chiarisce sempre Matisse, di «spazzolare chilometri di ghirlande sui soffitti del Grand Palais». Una mansione estenuante e sottopagata, tanto da non potere, tolte le spese alimentari, neppure acquistare certi colori costosi come i gialli e rossi di cadmio per dipingere, nel tempo libero dal lavoro, le proprie tele.

Gustave Moreau, Autoritratto (1850)

Vauxcelles, dunque, cita Marquet, ma lascia fuori Monsieur Matisse, che giudica esplicitamente uno dei pittori espressivamente più dotati da ottenere facili approvazioni da parte della critica specializzata. La sua recensione ondeggia tra l’elogio e l’ironia. Matisse è encomiabile per il suo coraggio col quale si spinge in modo vago in una ricerca appassionata della novità. Una novità che chiaramente non convince il critico di Gil Blas, che preferirebbe il candore classicheggiante del piccolo busto ispirato a Donatello piuttosto che quel macello di colori sgargianti. Matisse, si ostina a fare parte di questo Circo, rischiando di essere sacrificato come una vergine cristiana votata al martirio e consegnata alle bestie feroci. Derain, gioca troppo facilmente con i suoi colori, sembra un pittore da manifesti con cui arredare una stanza per bambini. Similmente de Vlaminck sembra un colorista che usa stampini, come gli artigiani indaffarati a colorare le stampe di Epinal che tanto successo riscuotono, fra gli amanti delle arti popolari. Manguin sembra fare, invece, enormi progressi, ma subisce ancora la fascinazione di Cézanne, anzi non si è ancora tolto di dosso il suo odore.

Louis Vauxcelles, schizzo di Jules Chéret, 1909

Gli articoli, come quelli del sarcastico Vauxcelles e dei suoi pari, ebbero l’esito inaspettato di unire in una corrente degli artisti che non avevano alcuna intenzione di fondare un movimento unitario come in Germania la Brücke. Artisti che non avevano un programma d’intenti, ma solo affinità espressive. Avevano un denominatore comune da intravvedere nella componente pointilliste, nell’influsso di Gauguin, nelle mostre d’arte islamica e dei primitivi, indirizzati verso una ricerca individuale dagli effetti cromatici utilizzati con libertà totale. Ecco allora distinguere una nuova formazione costituita dall’accorpamento di almeno tre gruppi. Il primo è formato, sicuramente, dagli allievi dell’atelier di Gustav Moreau e della serie di successive accademie frequentate. Nel secondo gruppo distinguiamo Derain e de Vlaminck che avevano preso sede a Chatou sulle rive della Senna. Appartengono al terzo gruppo tutti coloro di Le Havre che si aggiunsero a breve, come Friesz, Dufy, Braque. Tra quelli rimasti staccati, il più vicino ai Fauves è Kees van Dongen. Ma possiamo includere anche Valtat, Rouault, lo scultore Maillot, Pascin e persino un giovanissimo Picasso che ben presto metterà in crisi l’intero fauvismo. Quasi come programma del nuovo sodalizio scriveva Othon Friesz: «Dare l’equivalente della luce solare con una tecnica fatta di orchestrazioni colorate, trasposizioni passionali (che hanno come punto di partenza l’emozione diretta sulla natura) le cui verità e le cui teorie si elaborano attraverso ricerche ardenti ed entusiasmanti».

Al Grand Palais di Parigi il Salon d’Automne del 1905

Quando Vauxcelles si accorse di avere dato una spinta unificatrice non mancò di descrivere di nuovo i Fauves: «Un movimento che ritengo pericoloso (nonostante la grande simpatia che nutro per i suoi autori) sta prendendo forma in un piccolo gruppo di giovani. È stata istituita una cappella, officiano due preti superbi. MM. Derain e Matisse; poche decine di catecumeni innocenti hanno ricevuto il battesimo. Il loro dogma è uno schematicismo vacillante che vieta modellazioni e volumi in nome dell’astrazione pittorica del non so cosa. Questa nuova religione non mi attrae che a malapena. Io non credo in questo Rinascimento […] M. Matisse, fauve-in-chief; M. Derain, sostituto fauve; MM. Othon Friesz e Dufy, fauves presenti […] e M. Delaunay (un allievo quattordicenne di M. Metzinger…), fauvelet infantile. (Vauxcelles, Gil Blas, 20 marzo 1907)».

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IMMAGINE DI APERTURA – L’orologio al Musée D’Orsay – Foto di Guy Dugas da Pixabay 

Bologna, Palazzo Albergati: Oliviero Toscani. 80 anni da situazionista

Dall’8 Aprile, la grande mostra su Oliviero Toscani a Palazzo Albergati di Bologna.
In omaggio agli 80 anni appena compiuti del più grande fotografo e comunicatore italiano,
Arthemisia e la Città di Bologna gli dedicano un’esposizione che comprende tutti i suoi scatti
più famosi.
100 fotografie per raccontare la carriera di Toscani che, con il suo sguardo geniale e
provocatorio, ha influenzato i costumi di diverse generazioni e fatto discutere il mondo su
temi scottanti come il razzismo, la pena di morte, l’AIDS e la guerra.

Oliviero Toscani
United Colors of Benetton
1991
©olivierotoscani

A Palazzo Albergati di Bologna, Arthemisia presenta dall’8 aprile al 4 settembre 2022 la mostra Oliviero Toscani. 80 anni da situazionista a cura di Nicolas Ballario.

Una mostra che ripercorre la carriera del grande fotografo, oltre 100 fotografie mettono in scena la potenza creativa e la carriera di Oliviero Toscani attraverso immagini più e meno note.
“80 Anni da situazionista” è il titolo che è stato scelto proprio questa grande retrospettiva, non solo per celebrare la vocazione di Toscani, ma anche per gli 80 anni che il fotografo ha compiuto proprio poche settimane fa.

Toscani mediante la fotografia ha fatto discutere il mondo su temi come il razzismo, la pena di morte, l’AIDS, la guerra, il sesso, la violenza, l’anoressia e molto altro. Ci saranno tutte le sue campagne più famose in mostra, quelle che hanno scosso l’opinione pubblica attraverso affissioni e pagine di giornali, ma anche un Toscani meno conosciuto, come quello dei primissimi anni.

Dunque tra i lavori in mostra il famoso manifesto Jesus Jeans ‘Chi mi ama mi segua’, Bacio tra prete e suora del 1992, i Tre Cuori White/Black/Yellow del 1996, No-Anorexia del 2007 e moltissime altre, ma anche le immagini realizzate per la moda (da Donna Jordan a Claudia Schiffer, fino a quelle di Monica Bellucci) e addirittura quelle del periodo della sua formazione alla Kunstgewerbeschule di Zurigo.

In mostra anche decine di ritratti che hanno “cambiato il mondo”, come Mick Jagger, Lou Reed, Carmelo Bene, Federico Fellini e i più grandi protagonisti della cultura dagli anni ‘70 in poi. E ancora, una sala è dedicata al progetto Razza Umana, con il quale Oliviero Toscani ha solcato centinaia di piazze in tutto il mondo per fotografare chiunque lo desiderasse, dando vita al più grande archivio fotografico esistente sulle differenze morfologiche e sociali dell’umanità, con oltre 10.000 ritratti.

La mostra sarà aperta al pubblico dalle ore 15.00 dell’8 aprile.


Informazioni e prenotazioni
didattica@arthemisia.it
T +39 06 915 110 55

Siti internet
www.palazzoalbergati.com
www.arthemisia.it

Hashtag ufficiale
#ToscaniBologna

Ufficio Stampa
Arthemisia
Salvatore Macaluso | sam@arthemisia.it
T. +39 06 69380306

Relazioni esterne Arthemisia
Camilla Talfani | ct@arthemisia.it
M. +39 335 7316687 | +39 345 7503572

Lorenzo Marone – La primavera torna sempre

Da Lorenzo Marone, un regalo ai lettori: un racconto inedito che è un invito a unire le forze e a combattere le difficoltà con l’arma della gentilezza.
Torna Luce Di Notte, la protagonista di Magari domani resto. E con lei, don Vittorio e l’immancabile Cane Superiore, sullo sfondo di una Napoli più fascinosa e dolente che mai. Marone ci parla di Luce e noi ci ritroviamo in lei, nelle sue battaglie quotidiane, nei suoi quotidiani – e salvifici – angoli di bellezza. Con la voglia di dare un senso a questo tempo sospeso.
Il racconto può essere scaricato gratuitamente, con l’invito a sostenere attraverso una donazione l’ospedale Cotugno di Napoli per l’emergenza Coronavirus.

Emergenza COVID-19 Aiutiamo il Cotugno

Intestazione: Azienda Ospedaliera dei Colli
IBAN: IT14S0200803434000101219735
presso: UNICREDIT – Tesoreria aziendale ag.41
Causale: Emergenza COVID-19
www.ospedalideicolli.it
Nelle parole dell’Autore: L’idea non è mia, l’ha fatto per primo Antonio Manzini e, quando ho visto il suo esempio, è venuta anche a me la voglia di dare il mio contributo, come posso, come so, regalando un racconto ai miei affezionati lettori e chiedendo in cambio – nessun obbligo, la scelta è vostra – solo una donazione libera a favore dell’ospedale Cotugno di Napoli, che ha bisogno di risorse. Ho pensato subito a Luce, la protagonista di Magari domani resto, perché siete in tanti ad amarla, perché in tanti mi chiedono un sequel, perché, soprattutto, per me Luce significa resilienza, e mai come oggi questo termine assume un significato importante. Mi auguro che la nostra piccola grande femmena del Sud vi rubi un sorriso e vi aiuti ad affrontare questi giorni con lo spirito battagliero che da sempre la guida, con la sua positività, tenacia e gentilezza d’animo. Grazie a chi vorrà dare una mano, a chi manderà anche solo un pensiero, grazie a voi che mi riempite sempre d’affetto. Vi abbraccio forte. Lorenzo

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IMMAGINE DI APERTURA – copertina del libro



L’artista Carmela Rizzuti selezionata per il “NEW FREEDOM THINK” di Milano

L’artista palermitana Carmela Rizzuti è stata selezionata per esporre le sue opere fotografiche per il “New Freedom Think” organizzato dalla MADS di Milano, la prima e più importante galleria italiana multimediale digitale permanente per artisti, uno spazio che ha rivoluzionato il processo di presentazione delle opere d’arte.

Grazie all’allestimento tramite schermi di più forme e dimensioni, realtà aumentata e l’esclusiva tecnologia touch screen, si permette al visitatore di entrare nel dettaglio di opere e di creare con esse una vera e propria interazione multimediale. Il fruitore può cioè interagire con l’opera catapultandosi all’interno di essa.

L’artista Carmela Rizzuti
selezionata per il “NEW FREEDOM THINK” di Milano

La più importante galleria italiana multimediale digitale permanente per artisti

http://www.carmelarizzuti.net/

NFT Carmela Rizzuti Nascita papaveri

Grande la soddisfazione artistica di Carmela Rizzuti: «Sono molto contenta di partecipare a questa mostra perché la trovo innovativa e stimolante, siamo sempre in continua evoluzione e dobbiamo sfruttare tutti i mezzi che la tecnologia ci offre. L’arte può essere vista ed espressa in tanti modi senza perdere la qualità e la percezione visiva oltretutto si evita anche lo stress che le opere d’arte devono subire come l’imballaggio e il trasposto e oltretutto si abbattono anche i costi di trasporto e l’assicurazione. Oggi la tecnologia ci aiuta ad essere sempre e costantemente informati a divulgare notizie di vario genere tra queste anche l’arte. La cultura ci deve avvicinare perché ci aiuta a capire noi stessi e a rendere viva la nostra esistenza e quando non è possibile dobbiamo sfruttare tutti gli strumenti che sono a nostra disposizione.»

MADS, con il suo innovativo progetto di fruizione artistica, è riuscita ad incrementare la qualità visiva dei dettagli, la loro tridimensionalità e i materiali. In questo modo sono state risolte più variabili, come il costo (in termini di spedizione, imballo, assicurazione, dogana), i tempi e la burocrazia. L’opera permane all’artista in totale sicurezza ed è pronta per essere spedita ad un eventuale acquirente. Non ultimo, la situazione che stiamo vivendo ha consentito a MADS di garantire la fruizione dell’arte, e l’arricchimento culturale che da essa deriva, anche a distanza.

La galleria multimediale digitale rappresenta un’evoluzione per il mercato dell’arte, una nuova tendenza, un sistema totalmente diverso da ciò a cui siamo abituati.

L’obiettivo primario è la condivisione artistica, al fine di mettere in luce l’artista, il suo talento e il suo portfolio, rendendolo accessibile a un pubblico sempre più vasto e internazionale. MADS si differenzia dal modello standard di gallerie che hanno un metodo di esposizione tradizionale, sia per il set up (poiché nonostante sia una galleria fisica vanta un set up digitale) sia per i servizi dedicati agli artisti.

La galleria non si occupa solo dell’esposizione ma offre tutti quei servizi di marketing, promozione e pubblicità che oggi sono strumenti indispensabili per qualsiasi professione.

Si garantisce all’artista il supporto di professionisti che si occupano di lanciare, accrescere ed impreziosire la sua immagine. MADS offre servizi di questo tipo per ogni artista, sia emergenti che affermati. L’artista emergente ha infatti bisogno di un progetto di crescita, mentre l’artista affermato ha bisogno di consolidare il proprio percorso.


INFO:
https://www.madsgallery.art/

Titolo:
NEW FREEDOM THINK di Milano
Dal: 28 marzo 2022
Mostra Internazionale d’Arte Contemporanea
MADS, galleria d’arte contemporanea in zona Navigli.

Agenzia di Marketing e Comunicazione:
Media & Service
+39 333 624 9616
mediaeservice@gmail.com

IMMAGINE DI APERTURA – NFT Carmela Rizzuti Nascita papaveri Diploma