Rancate, Mendrisio (Svizzera): Domenico Fontana, l’architetto che trasformò Roma alla Pinacoteca cantonale Giovanni Züst

Veduta del castello ligneo e degli argani impiegati per elevare l’obelisco vaticano,
da Carlo Fontana, Il Tempio Vaticano e sua origine, Roma 1694

LE “INVENZIONI DI TANTE OPERE” Domenico Fontana (1543-1607) e i suoi cantieri

Pinacoteca cantonale Giovanni Züst

Rancate (Mendrisio), Cantone Ticino, Svizzera

27 novembre 2022 – 19 febbraio 2023 (date provvisorie)

Mostra promossa dalla Pinacoteca cantonale Giovanni Züst e dall’Archivio del Moderno dell’Università della Svizzera italiana, in partenariato con i Musei Vaticani e con il patrocinio della Biblioteca Apostolica Vaticana

A cura di: Nicola Navone, Letizia Tedeschi, Patrizia Tosini

Domenico Fontana, ticinese di origine ma lungamente attivo a Roma e a Napoli, viene solitamente abbinato al ricordo di quell'”acqua alle corde” che, leggenda vuole, abbia consentito all’architetto di innanzare l’obelisco di Piazza San Pietro. Un episodio di colore per dar conto dell’ammirazione vissuta dai contemporanei nell’assistere a questo evento, partecipe nei decenni conclusivi del Cinquecento del grandioso riordino di Roma voluto da papa Sisto V (1585-1590), per farne una città moderna degna della funzione di cuore del Cattolicesimo.

Egli è, ora, protagonista di una originale mostra promossa dalla Pinacoteca cantonale Giovanni Züst di Rancate (Mendrisio, Cantone Ticino, Svizzera) e dall’Archivio del Moderno dell’Università della Svizzera italiana, in partenariato con i Musei Vaticani, e con il patrocinio della Biblioteca Apostolica Vaticana, a cura di Nicola Navone, Letizia Tedeschi (Università della Svizzera italiana-Archivio del Moderno) e Patrizia Tosini (Università Roma Tre), che si svolgerà dal 27 novembre 2022 al 19 febbraio 2023. L’esposizione presenta la carriera e le opere dell’architetto Domenico Fontana mettendone in luce il dialogo con i numerosi artisti che collaborano alla realizzazione dei grandi cantieri da lui progettati e diretti, tra Roma, Napoli, Amalfi e Salerno. Nelle sue fabbriche più prestigiose, di committenza papale e reale, al lavoro di muratori, vetrai, stagnai e fabbri, si sovrappone l’opera delle botteghe artistiche di pittori, scultori, bronzisti, stuccatori, indoratori e incisori. Si ha così modo di vivere, in mostra, l’esperienza dei grandi cantieri artistici della Roma papale di fine Cinquecento attraverso la presenza di rilevanti opere d’arte di pittori quali il Cavalier D’Arpino, Cesare Nebbia, Giovanni Guerra, Paul Bril, Andrea Lilio, Ferraù Fenzoni, scultori in bronzo e in marmo, come Bastiano Torrigiani, Lodovico Del Duca e Leonardo Sormani, medaglisti come Domenico Poggini.

L’operazione di abbassamento dell’obelisco, da Domenico Fontana, Della trasportatione dell’obelisco vaticano, Roma 1590.

Di questa straordinaria coralità che unisce le più diverse competenze, vuole parlare la mostra, suddivisa in tre sezioni principali, articolate al loro interno in sottosezioni tematiche. Riproduzioni digitali, fotografie immersive e ricostruzioni multimediali accompagnano le opere, creando un ricco e sfaccettato apparato digitale che integra e arricchisce il racconto, interagendo in maniera diretta con il visitatore.

La mostra illustra i risultati del progetto di ricerca, finanziato dal Fondo Nazionale Svizzero per la ricerca scientifica (FNS), L’impresa Fontana tra XVI e XVII secolo: modalità operative, tecniche e ruolo delle maestranze” e si svolge nell’ambito del progetto FNS-Agorà The «invention of many works». Domenico Fontana (1543-1607) and his buildings works (CRAGP1_199500, 2022-2024), volto a favorire il dialogo tra comunità scientifica e società civile.

Domenico Fontana

Domenico Fontana nacque a Melide nell’attuale Cantone Ticino (Svizzera) nel 1543. Esordisce come stuccatore a Roma a partire dal 1563, dove interviene nei cantieri del cardinale Ricci (gli attuali Palazzo Sacchetti e Villa Medici), nel Palazzo del Campidoglio e nella Chiesa Nuova in Santa Maria in Vallicella. È attestato anche a Villa d’Este a Tivoli nel 1568. Nel 1584 costruisce la Cappella Sistina in Santa Maria Maggiore per il cardinale Felice Peretti, futuro papa Sisto V, che diventerà il suo principale committente. La nuova cappella incorporò la duecentesca Cappella del Presepio di Arnolfo di Cambio: il piccolo sacello fu trasportato all’interno della costruzione utilizzando complesse macchine di cantiere. Per lo stesso committente costruì la grandiosa Villa Montalto alle Terme. Con l’accesso al soglio di San Pietro di Felice Peretti,Fontana , ricevette prestigiose committenze: costruì il complesso del Laterano che sostituì l’antico Patriarchio, con il Palazzo, la Loggia delle benedizioni e l’edificio della Scala Santa, il Palazzo Apostolico e la Biblioteca Apostolica Vaticana. È ancor oggi celebre per l’innalzamento dell’obelisco in Piazza San Pietro, impresa di cui pubblicò un resoconto nel suo libro Della transportatione dell’obelisco Vaticano e delle fabriche di Sisto V, pubblicato a Roma nel 1590. Eseguì, inoltre, l’innalzamento di altri tre obelischi antichi nell’odierna Piazza del Popolo (Obelisco Flaminio), Piazza Santa Maria Maggiore (Obelisco Esquilino) e Piazza San Giovanni in Laterano (Obelisco Lateranense). Ottenne dal papa il titolo di cavaliere dell’Ordine dello Speron d’oro.

Alla morte di Sisto V, l’architetto, accusato di malversazioni, fu costretto a trasferirsi nel 1592 a Napoli dove fu al servizio dei viceré spagnoli, impegnati in grandi opere per la nuova e seconda capitale del Regno. Fece il progetto per il porto di Napoli e fu incaricato della progettazione del Palazzo Reale la cui costruzione fu avviata nel 1600. Morì a Napoli nel 1607 e fu sepolto nella chiesa di Sant’Anna dei Lombardi. A seguito del crollo della chiesa nel 1805, la salma fu traslata nel vestibolo della Chiesa di Monteoliveto dove l’Arciconfraternita dei Lombardi si trasferì.


INFO

Info: www.ti.ch/zuest

Ufficio Stampa: Studio ESSECI – Sergio Campagnolo
Rif: Simone Raddi simone@studioesseci.net

Verona: Inaugurazione nuova sezione Museo Archeologico Nazionale

Nuovo Museo Archeologico Nazionale di Verona

MUSEO NAZIONALE ARCHEOLOGICO DI VERONA

“ENTRANDO NELLA STORIA. L’età del Ferro nel Veronese”

Martedì 25 ottobre 2022, ore 11.00

Inaugurazione delle nuove sale espositive dedicate all’età del Ferro

Veneti, Reti e Celti
tremila anni fa nel territorio veronese.

Tra i tesori dell’Età del Ferro nel Nuovo Museo Archeologico Nazionale di Verona, la sepoltura della bambina con l’uovo di cigno, la tomba del cavallo e la tomba del Principe bambino.

Il nuovo Museo Archeologico Nazionale di Verona, accolto nell’ex Carcere Asburgico di San Tomaso, dal 26 ottobre si arricchisce di una nuova, ampia sezione interamente riservata all’Età del Ferro. Andrà ad aggiungersi a quella dedicata alla Preistoria e Protostoria, “Agli albori della creatività umana”,  con la quale il museo era stato inaugurato lo scorso 17 febbraio. In quell’occasione, alla presenza del Direttore Generale del Ministero della Cultura, Massimo Osanna, era stata annunciata una tabella di marcia che prevedeva per questo autunno l’apertura della successiva sezione, impegno che è stato puntualmente mantenuto.

La nuova sezione, curata sotto il profilo scientifico da Giovanna Falezza, direttrice del Museo, e da Luciano Salzani, già funzionario della Soprintendenza veronese, è stata allestita da Chiara Matteazzi, in continuità con il precedente allestimento museale.

Il criterio è quello cronologico, con una serie di focus su oggetti e rinvenimenti di particolare interesse. Ad essere documentata è la storia del territorio veronese luogo di incontri e contatti che qui si intrecciarono tra Veneti, Etruschi e Reti.

L’Età del Ferro si sviluppò nel corso del primo millennio a.C., volgendo al termine con le prime manifestazioni dell’arrivo dei Romani, all’incirca nel 2^ secolo a.C.

“Già a partire dal 9° secolo a.C., nel Veronese, sia in pianura che in collina, sorgono numerosi abitati, anche di rilevanti dimensioni:  ad esempio il centro veneto di loc. Coazze di Gazzo Veronese, che si estendeva su una superficie di oltre 60 ettari, con ampie aree di insediamenti abitativi accanto ad aree artigianali. Oltre, naturalmente, alle estese necropoli, dalle quali provengono oggetti particolari, venuti da lontano e con lavorazioni raffinatissime, a testimoniare la ricchezza dei contatti di cui il nostro territorio è teatro in questo periodo “. Ad anticiparlo è la direttrice Giovanna Falezza.

Sono soprattutto i ricchissimi materiali rinvenuti negli scavi delle necropoli ad fornire i contenuti della nuova sezione. Sepolture di uomini e donne ma anche di cavalli: i cavalli veneti, citati da fonti latine e greche per la loro agile bellezza. Nel percorso museale, uno dei due “Cavalli delle Franchine”, necropoli in territorio di Oppeano. Un maschio, morto a 17-18 anni, 135 cm al garrese, sepolto in una piccola fossa coricato sul fianco destro, con le gambe ripiegate.

Sicuramente emoziona la tomba del “Principe bambino”, una delle 187 della necropoli celtica di Lazisetta a Santa Maria di Zevio, unica per la ricchezza del corredo funebre. E’ la sepoltura di un bambino di 5-7 anni, le cui ceneri vennero deposte assieme ad un sontuoso carro da parata (di cui restano gli elementi metallici quali mozzi delle ruote, timone, 1 cerchione di ruota, 2 morsi dei cavalli che lo trainavano) e ad un ampio corredo tipico solitamente dei guerrieri adulti (spada, lancia, giavellotto e scudo), oltre a vasellame ceramico e bronzeo, monete, attrezzi agricoli e strumenti per il banchetto (spiedi, coltelli, alari e un graffione di ferro). All’interno di alcuni vasi erano residui di ossa di maiale, resti del banchetto funebre.

L’attento studio del contesto ha permesso agli archeologi di ricostruire il rituale con cui questo giovane “principe” fu sepolto: dopo essere stato cremato insieme ad alcune offerte, le sue ceneri furono raccolte in un contenitore in materiale organico (stoffa o cuoio) e deposte nella fossa assieme al resto del corredo; al di sopra fu collocato il carro, capovolto e parzialmente smontato; infine, dopo un parziale interramento, fu acceso un secondo grande fuoco rituale. Alla fine la tomba fu probabilmente coperta da un tumulo che segnalava l’elevato stato sociale del defunto.

Non meno curiosa una tomba (7° sec. a.C.), rinvenuta in una delle 3 necropoli di Oppeano.  Appartenne ad una bambina di pochi anni. All’interno dell’urna, al di sopra delle ossa combuste, oltre ad alcuni elementi di corredo sono stati deposti alcuni elementi molto particolari: delle conchiglie, di cui una forata, legate forse alla sfera del gioco; un astragalo, probabilmente un amuleto; infine un uovo di cigno, uccello acquatico ritenuto sacro. Proprio quest’ultimo assume un significato rituale molto importante, interpretabile come simbolo di rinascita e rigenerazione.

 “Con l’allestimento delle sale dell’Età del Ferro abbiamo voluto anche inserire due esperienze immersive e alcune postazioni multimediali, destinate ad arricchire la narrazione dei reperti presentati nel percorso museale” – aggiunge Chiara Matteazzi. “L’uso delle tecnologie in campo museale consente infatti di migliorare con nuovi linguaggi la comprensione di tematiche complesse legate ai reperti esposti, utilizzando tecniche di storytelling per stimolare la curiosità del visitatore e amplificare il coinvolgimento cognitivo ed emozionale.  L’obiettivo è quello di trasferire al visitatore, in maniera adeguata, non solo informazioni ma anche emozioni, rendendolo partecipe e coinvolgendolo nella narrazione”.

“I lavori sono proseguiti senza soluzione di continuità da febbraio e con ottimi risultati”, conclude il dirigente della Direzione regionale Musei Veneto, dottor Daniele Ferrara. “Terminato l’intero terzo piano del museo,  contiamo ora di avviare molto presto il cantiere per la sezione romana, che i veronesi (e non solo) attendono da molti anni”.


INFO

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Ufficio Stampa: STUDIO ESSECI – Sergio Campagnolo
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