Milano, Castello di Novara: “Milano da Romantica a Scapigliata” – Oltre settanta capolavori eseguiti dai maggiori protagonisti della cultura figurativa ottocentesca

CS Milano da Romantica a Scapiglia carta 1 DEF 6.10

Novara, Castello Visconteo Sforzesco 22 ottobre 2022 – 12 marzo 2023

La nuova bella esposizione autunnale ideata e prodotta da Comune di Novara, Fondazione Castello e Mets Percorsi d’Arte con il patrocinio di Regione Piemonte, Commissione Europea, Provincia di Novara, Comune di Milano, Main Sponsor Banco BPM, intende illustrare, attraverso oltre settanta capolavori eseguiti dai maggiori protagonisti della cultura figurativa ottocentesca attivi a Milano, i mutamenti susseguitesi nel capoluogo lombardo tra gli anni dieci e i primi anni ottanta dell’Ottocento. Decenni turbolenti nei quali Milano ha visto la caduta del Regno napoleonico d’Italia, la costituzione del Regno Lombardo Veneto e la seconda dominazione austriaca, le prime rivolte popolari e le guerre d’indipendenza che nel 1859 avrebbero portato alla liberazione.

Le trasformazioni che già in epoca teresiana avevano iniziato a modificarne sensibilmente l’aspetto monumentale e urbanistico erano proseguite durante gli anni della Repubblica Cisalpina, del Regno d’Italia, della Restaurazione e del Risorgimento e avevano fatto di Milano una città moderna e bellissima, crocevia di genti, di culture, di arte. Una città elegante che avrebbe continuato a rinnovarsi anche nei decenni post- unitari, si pensi alla costruzione della Stazione Centrale, inaugurata nel 1864 dal Re d’Italia Vittorio Emanuele II, alla demolizione del Coperto dei Figini in Piazza Duomo (1864), alla costruzione della Galleria Vittorio Emanuele (1865) e all’ideazione della Piazza del Teatro, nel 1865 battezzata Piazza della Scala, all’abbattimento del Rebecchino (1875). Una città culturalmente assai vivace, frequentata da viaggiatori stranieri e abitata da un facoltoso ceto borghese, ma nel contempo anche un luogo in cui le differenze sociali cominciavano via via a farsi sempre più marcate e nella quale gran parte della popolazione viveva in povertà.

Il percorso espositivo

Il percorso espositivo, concepito dalla curatrice Elisabetta Chiodini coadiuvata da un Comitato scientifico di cui fanno parte Niccolò D’Agati, Fernando Mazzocca, Sergio Rebora, è articolato in otto sezioni che seguono l’andamento delle sale del Castello Visconteo Sforzesco e ripercorre l’evoluzione della pittura lombarda dal Romanticismo alla Scapigliatura, fenomeno culturale nato a Milano negli anni sessanta dell’Ottocento che coinvolgeva poeti, letterati, musicisti, artisti, uniti da una profonda insofferenza nei confronti delle convenzioni della società e della cultura borghese.

Francesco Hayez
Imelda de Lambertazzi, 1853 olio su tela, 122 x 126 cm Collezione privata

Prologo. La nuova sensibilità romantica: opere “letterarie”

Il visitatore viene accolto da uno straordinario capolavoro ispirato ad una opera narrativa di grande successo popolare: I Lambertazzi e i Geremei di Defendente Sacchi (1796-1840). Firmata da Francesco Hayez (1791-1882) è infatti l’Imelda de Lambertazzi eseguita nel 1853 per il collezionista monzese Giovanni Masciaga. Storia di amore e morte ambientata nella Bologna delle lotte tra Guelfi e Ghibellini, la tragica vicenda di Imelda e del suo Bonifacio era stata oggetto di opere poetiche anche prima della pubblicazione del romanzo di Sacchi e Hayez aveva affrontato il fortunato soggetto già negli anni venti, prima per l’editore Gian Marco Artaria di Mannheim (1822), poi per Francesco Crivelli (1829).

Giuseppe Canella
Veduta del canale Naviglio preso sul ponte di San Marco in Milano, 1834
olio su tela, 65 x 82 cm
Collezione Fondazione Cariplo, Milano

Sezione I
“Pittura urbana” nella Milano romantica

La prima sezione della mostra è dedicata alla “pittura urbana”, termine coniato nel 1829 da Defendente Sacchi per qualificare il nuovo genere di veduta prospettica elaborato e portato al successo tra il secondo e terzo decennio dell’Ottocento dal pittore alessandrino Giovanni Migliara (1785-1837). Attraverso le opere esposte in questa sezione ci si propone di illustrare l’evoluzione del paesaggio urbano in epoca romantica partendo proprio da alcuni dipinti di Migliara quali la Veduta di Piazza del Duomo in Milano, 1828, dalla Collezione di Fondazione Cariplo e la Veduta dell’interno del I.R. Palazzo del Governo, del 1834. Seguono opere di Giuseppe Elena (1801-1867) come Veduta di piazza della Vetra in Milano, 1833, dalla Collezione di Fondazione Cariplo e di Luigi Premazzi (1814-1891), nonché di Luigi Bisi (1814-1886), già dai primissimi anni quaranta acclamato erede del compianto Migliara. Sono inoltre esposte numerose opere di Giuseppe Canella (1788-1847), prima vera alternativa di avanguardia alla pittura rigorosamente prospettica di Migliara, spettacolari tranches de vie meneghine come Veduta del canale Naviglio presa sul ponte di San Marco, 1834, dalla Collezione di Fondazione Cariplo, e di Angelo Inganni (1807-1880) rappresentato da importanti capolavori tra i quali La veduta di Piazza del Duomo con il coperto dei Figini, eseguito nel 1839 per l’imperatore Ferdinando I d’Austria, e La colonna di San Martiniano al Verziere con neve cadente, del 1845, una delle primissime nevicate di Inganni.

Opere appartenenti a collezioni pubbliche e private, che accompagnano il visitatore in un suggestivo viaggio nel tempo tra le vie, le piazze, lungo i Navigli, proprio negli anni che videro l’inizio della loro trasformazione nei luoghi che noi tutti oggi conosciamo e frequentiamo come nel caso di Piazza del Duomo, della Corsia dei Servi – l’attuale Corso Vittorio Emanuele -, di Piazza San Babila, di Piazza della Scala e del Verziere.

Sezione II
I protagonisti

Dalla città, presentata nella prima sezione come ideale “palcoscenico” del nostro racconto, nella seconda sezione passiamo alla presentazione diretta degli “attori protagonisti” della storia milanese di quegli anni: persone e personaggi. Sono dunque esposti “ritratti ambientati” e scene di genere eseguiti da Giuseppe Molteni (1800-1867), figura poliedrica, pittore, restauratore, ritrattista mondano di fama internazionale e nel contempo sincero pittore della vita del popolo. E’ anche presente nuovamente Francesco Hayez, rinnovatore non solo del genere storico ma anche del ritratto, al quale Molteni aveva lanciato una sfida proprio nel campo della ritrattistica. Tra le opere in mostra dei due grandi artisti: il Ritratto di Alessandro Manzoni di Molteni, recentemente ritrovato, e il Ritratto della contessa Teresa Zumali Marsili con il figlio Giuseppe, straordinaria maternità laica, uno dei vertici della ritrattistica di Hayez esposto a Brera nel 1833, proprietà dell’Azienda Socio sanitaria territoriale di Lodi, in comodato a Intesa Sanpaolo. Seguono lavori di Carlo Arienti (1801-1873) rappresentato dal Ritratto del conte Carlo Alfonso Schiaffinati in abito da cacciatore (1834) e di Giovanni Carnovali, più noto come il Piccio (1804-1874), autore impegnato fin dalla prima metà degli anni quaranta in una personalissima ricerca intorno alle potenzialità espressive del colore, figura fondamentale per un primo affrancamento della pittura lombarda da quello che era stato l’indiscusso primato del disegno di matrice classicista. Viene dato spazio anche ai fratelli Domenico (1815- 1878) e Gerolamo Induno (1825-1890), uomini e pittori di indole assai diversa, ma entrambi mirabili narratori del proprio tempo, un tempo raccontato per lo più attraverso la storia degli umili, una storia che viaggiava parallelamente alla storia con la S maiuscola, in questa sala rappresentati rispettivamente da L’offerta, presentata a Brera nel 1846, e da Scioperatella, del 1851.

Carlo Canella
Porta Tosa in Milano (il 22 marzo 1848), 1848-1850 ca. olio su tela, 74 x 94,5 cm
Collezione Intesa Sanpaolo

Sezione III
Milano, da austriaca a liberata.

La terza sezione è interamente dedicata alle Cinque giornate di Milano e agli episodi cruciali che nel marzo del 1848 portarono alla temporanea liberazione di Milano dalla dominazione austriaca. Tra gli autori scelti per meglio rappresentare quei momenti si ricordano Carlo Bossoli (1815-1884), vedutista di straordinaria sensibilità – di origine ticinese, ma vissuto e formatosi a Odessa dove la famiglia si era trasferita nel 1820, Bossoli si stabilì a Milano nel 1843 – che raggiunse fama internazionale proprio attraverso dipinti rievocativi delle guerre d’indipendenza, come Carlo Alberto al balcone di Palazzo Greppi, dal Museo del Risorgimento di Milano, opere eseguite per lo più a tempera, medium prediletto dal pittore nell’arco di tutta la sua carriera; Carlo Canella (1800-1879), fratello di Giuseppe, con Porta Tosa in Milano (il 22 marzo 1848), 1848-1850, dalla Collezione Intesa Sanpaolo e ancora Baldassare Verazzi (1819-1886), presente in mostra con quello che è considerato il suo capolavoro: Episodio delle cinque giornate, Combattimento presso Palazzo Litta, dal Museo del Risorgimento di Milano.

Gerolamo Induno
La fidanzata del garibaldino, 1871 olio su tela, 65 x 85 cm
Collezione privata

Sezione IV
La Storia narrata dalla parte del popolo.

La quarta sezione è dedicata ai lavori dei fratelli milanesi Domenico e Gerolamo Induno, tra i maggiori protagonisti della scena figurativa di quei decenni autori amatissimi sia dalla critica che dal pubblico dell’epoca, quest’ultimo letteralmente incantato dalla raffinatezza con la quale ogni minimo dettaglio della realtà era restituito magistralmente sulle loro tele. Una attenta selezione delle loro maggiori opere raffigura gli umili interni domestici della gente comune della Milano di quegli anni e, in modo semplice ma accurato, racconta la loro storia, il loro vivere quotidiano, i drammi e le difficoltà di quei tempi estremamente difficili, le loro piccole gioie. Tra questi il celeberrimo Pane e lacrime, di Domenico Induno, esposto nella redazione del 1854 che è stata di proprietà di Francesco Hayez.

Federico Faruffini
Toletta antica, 1865 ca. olio su tela, 40 x 49,5 cm
Collezione privata

Sezione V
Verso il rinnovamento del linguaggio: dal disegno al colore.

La quinta sezione espone alcuni lavori di autori fondamentali nel rinnovamento del linguaggio pittorico: Eleuterio Pagliano (1826-1903) con Il libro di preghiere, 1857-1858 e Giuseppe Bertini (1825-1898), con Ofelia, 1860-1870, entrambi dai Musei Civici di Varese; il già citato Piccio, presente con il Ritratto di Gina Caccia, del 1862, Federico Faruffini (1833-1869), con lo

splendido olio Toletta antica, 1865 circa, insieme a Pagliano tra i primi artisti lombardi ad aggiornare la propria pittura sulle ricerche più avanzate di quella napoletana, incentrate sul colore e sulla luce, tendenze avvicinate da Faruffini alla metà degli anni cinquanta nel corso di un lungo soggiorno romano durante il quale il pittore conosce e frequenta Domenico Morelli (1823-1901), Bernardo Celentano (1835- 1863) e Saverio Altamura (1822-1897).
E ancora il milanese Filippo Carcano (1840-1914), talentuoso e ribelle allievo di Hayez, impegnato fin dai primissimi anni sessanta nell’elaborazione di un nuovo linguaggio che potesse risultare idoneo a comunicare in senso moderno il “vero” come nel magnifico Giardino con effetto di sole, 1867-1868 circa.

Sezione VI
“Il sistema di Filippo Carcano. La pittura scombiccherata e impiastricciata”

Se le sperimentazioni linguistiche condotte nel corso degli anni sessanta da Filippo Carcano erano totalmente incomprese e decisamente osteggiate dalla critica che definiva la sua pittura “una pittura filacciosa, senza contorni di sorta, quasi senza piani e senza prospettiva” – in aperta rottura con la tradizione accademica del disegno, Carcano costruiva le immagini attraverso l’uso del solo colore -, erano invece abbracciate con entusiasmo da altri giovani artisti; tra questi autori la sesta sezione ospita lavori di Giuseppe Barbaglia (1841-1910), di Vespasiano Bignami (1841-1929) con il bellissimo olio Viale delle balie o Nei vecchi giardini, 1877, dalla Collezione del Banco BPM e di Mosè Bianchi (1840-1904) con tre scene di vita quotidiana.

Sezione VII
Verso la Scapigliatura

Il percorso espositivo prosegue con alcune significative opere dipinte nel corso dei secondi anni sessanta da Tranquillo Cremona (1837-1878) e Daniele Ranzoni (1843-1889), prima dell’elaborazione di quel linguaggio scapigliato che caratterizzerà le opere della loro maturità artistica; tra queste di Cremona sono esposte Amaro calice, 1865, dalla Galleria d’Arte Moderna Ricci Oddi di Piacenza, il Ritratto di Alberto Pisani Dossi, 1867, dalla Casa Museo Pisani Dossi di Corbetta e il Ritratto di Nicola Massa Gazzino, 1867-1869 circa, dai Musei Civici di Pavia. Di Ranzoni il Ritratto della sorella Virginia, 1863-1864 circa, dalla Galleria d’Arte Moderna Paolo e Adele Giannoni di Novara e il Ritratto di donna Maria Padulli in Greppi, 1869 circa.

Tranquillo Cremona
In ascolto, 1874-1878 ca. olio su tela, 112 x 128 cm
Collezione privata

Sezione VIII
L’affermazione e il trionfo del linguaggio scapigliato

L’ultima sezione accoglie alcuni dei maggiori capolavori scapigliati eseguiti dalla metà degli anni settanta ai primi anni ottanta. Tra questi segnaliamo Melodia e In ascolto, straordinarie tele eseguite en pendant da Cremona tra il 1874 e il 1878 su commissione dell’industriale Andrea Ponti, Visita al collegio, ancora di Cremona, riferibile al biennio 1877-1878, nonché alcuni dei più intensi ritratti eseguiti da Ranzoni, quali il Ritratto della signora Luigia Pisani Dossi, esposto a Brera nel 1880, lo splendido Giovinetta inglese, 1886 circa e Ritratto di Antonietta Tzikos di Saint Leger, presentato la prima volta al pubblico nella primavera del 1886, in occasione della mostra organizzata per l’inaugurazione della nuova sede della Società per le Belle Arti ed Esposizione Permanente.

Nella sezione anche due belle sculture in bronzo e gesso di Giuseppe Grandi: La Pleureuse (1875-1878) e Beethoven giovinetto (1874).

Un affascinante viaggio nella Milano dell’Ottocento attraverso alcune opere indimenticabili degli artisti più noti e molte altre di grande qualità di artisti considerati minori ma da riscoprire, realizzate in un periodo di vivace transizione, dal Romanticismo alla Scapigliatura, che ha segnato la storia dell’arte milanese e lombarda.


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Bologna: Restituite quattro grandi lesene in marmo bianco, rubate nell’ottobre del 1992 dalla pregevole Cappella Micheli situata nella Certosa di Bologna

Conferenza stampa sulla restituzione delle lesene Certosa

Dopo un’assenza di 30 anni, il Nucleo Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale di Bologna restituisce quattro preziose lesene in marmo del XIX secolo al Cimitero Monumentale della Certosa di Bologna

Martedì 18 ottobre 2022 alle ore 11.00, all’interno del Pantheon del Cimitero Monumentale della Certosa di Bologna, quattro lesene in marmo bianco di Carrara risalenti alla fine del XIX secolo sono state riconsegnate dal Comandante del Nucleo Carabinieri per la Tutela del Patrimonio Culturale (TPC) di Bologna, Tenente Colonnello Giuseppe De Gori, alla Delegata del Sindaco alla Cultura di Bologna e Città metropolitana, Elena Di Gioia.

La cerimonia si è svolta alla presenza del Direttore Regionale Musei Emilia-Romagna, Giorgio Cozzolino; del Presidente di Bologna Servizi Cimiteriali, Simone Spataro e del Referente del progetto di valorizzazione della Certosa, Museo civico del Risorgimento | Settore Musei Civici di Bologna, Roberto Martorelli.

Le quattro grandi lesene in marmo bianco, delle dimensioni di 292 x 30 x 5 cm, rubate nell’ottobre del 1992 dalla pregevole Cappella Micheli situata nella Certosa di Bologna, sono state individuate dal Nucleo TPC di Bologna nel 2010.
La complessa ed accurata attività di indagine è stata sviluppata dai Carabinieri TPC dopo aver accertato, nel corso della regolare attività di controllo e monitoraggio dei beni venduti sulle piattaforme e-commerce in Italia e all’estero, la vendita, presso una nota casa d’aste tedesca, delle quattro lesene in marmo di probabile provenienza bolognese.
Grazie ad un confronto con il database dei Carabinieri e con il catalogo fotografico digitale sulla Certosa del Comune di Bologna, è stato possibile ipotizzare la concreta possibilità che i suddetti beni culturali fossero i medesimi sottratti dalla Cappella Micheli.
A seguito della denuncia ufficiale del 2010, è stata bloccata la loro vendita ed i marmi sottoposti a sequestro preventivo. Vista la complessità del recupero dall’estero e soprattutto del doveroso accertamento che le opere provenissero per certo dal Cimitero di Bologna, nel 2018 una delegazione dei Carabinieri del Nucleo Tutela Patrimonio Culturale ha raggiunto la città di Monaco di Baviera per valutare il materiale insieme alle autorità locali. In questa occasione è stata portata la prova certa della provenienza bolognese: in occasione del furto dei quattro marmi il loro distacco dalle pareti murarie aveva provocato la rottura di un piccolo angolo che i ladri dimenticarono di portare via e che quindi rimase attaccato alla parete. Grazie all’esecuzione di un calco del frammento è stato possibile verificare la perfetta adesione del frammento con la lesena danneggiata conservata a Monaco di Baviera e quindi della loro provenienza illecita dal Cimitero di Bologna.
In seguito alla chiusura della pratica da parte delle Autorità giudiziarie il 20 maggio 2022, le opere sono tornate al luogo di origine ed ora si trovano conservate in deposito controllato.
Nei prossimi mesi il Museo civico del Risorgimento del Settore Musei Civici Bologna insieme alla Commissione Artistica della Certosa e di Bologna Servizi Cimiteriali valuterà quale sia la migliore soluzione possibile per il definitivo recupero e valorizzazione dei marmi, coinvolgendo la Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per la città metropolitana di Bologna e le province di Modena, Reggio Emilia e Ferrara.

«Il rapporto tra il Comune di Bologna e il 
Nucleo Carabinieri per la Tutela del Patrimonio Culturale (TPC) di Bologna ha una storia lunga, ricca di preziose restituzioni alle nostre istituzioni museali e bibliotecarie. – sottolinea Elena Di Gioia, Delegata del Sindaco alla Cultura di Bologna e Città metropolitana – Ogni volta è un momento di festa per il ritorno a casa delle opere d’arte e occasione per un ringraziamento alla attività del Nucleo Carabinieri per la Tutela del Patrimonio Culturale di Bologna, oggi rappresentato dal Tenente Colonnello Giuseppe De Gori. La storia della restituzione di queste importanti lesene in marmo della fine dell’Ottocento al nostro Cimitero Monumentale della Certosa è durata 12 anni, dal giorno in cui i Carabinieri TPC hanno individuato una vendita sospetta in Germania, di cui le successive indagini hanno accertato la provenienza illecita. Di fondamentale importanza è stata la collaborazione con i responsabili del nostro Museo civico del Risorgimento che curano la valorizzazione del patrimonio artistico-culturale della Certosa, anche attraverso un catalogo digitale delle opere in cui apparivano quelle trafugate. Superate le difficoltà relative alle varie fasi del processo di rimpatrio dalla Germania, oggi queste lesene tornano a Bologna confermando quanto sia necessaria e complessa la difesa del nostro patrimonio culturale a cui collaborano con spirito di grande collaborazione diverse istituzioni con compiti specifici tra loro complementari».

«Abbiamo accolto molto positivamente la notizia di questo ritrovamento. 
– dichiara Simone Spataro, Presidente di Bologna Servizi Cimiteriali – Un ritrovamento importante sia per il valore storico-artistico delle lesene recuperate, sia come testimonianza dell’impegno profuso da parte dei Carabinieri del Nucleo Tutela Patrimonio Culturale per il buon esito dell’operazione. La tutela delle opere d’arte e di pregio conservate in Certosa è una loro e nostra priorità. In qualità di soggetto gestore dei cimiteri cittadini, Bologna Servizi Cimiteriali è coinvolta in numerose azioni e attività per la conservazione del patrimonio storico-artistico della Certosa. In questo senso, le opere di restauro e manutenzione, come anche il programma di eventi e iniziative portati avanti grazie al Settore Musei Civici Bologna | Museo civico del Risorgimento, all’Associazione Amici della Certosa di Bologna e al Laboratorio di spolveratura, sono da considerare contributi significativi nella giusta direzione. A questi interventi si aggiungono le risorse che BSC destina ogni anno ai servizi di sorveglianza all’interno dei cimiteri di Bologna. Poiché la superficie su cui si estende la Certosa – si tratta di circa 27 ettari – rende impossibile una vigilanza capillare degli spazi, risulta particolarmente importante il supporto e l’aiuto da parte dei Carabinieri e di tutte le istituzioni, associazioni e soggetti privati interessati alla preservazione del nostro grande museo a cielo aperto».

La Cappella Micheli
Il complesso recupero delle quattro lesene consentirà nei prossimi anni di ridare integrità visiva al sacello realizzato nel 1873 per volontà di Gaetano Micheli, il quale per la sua realizzazione si rivolse alla ditta bolognese di lavorazione del marmo Davide Venturi & Figlio. Collocata nell’angolo sud-ovest del Chiostro VII della Certosa di Bologna, si compone di un sacello a pianta quadrata con ingresso ad arco sul portico. Chiuso da un cancello in ferro battuto è interamente ornato da lesene in marmo bianco sia negli angoli interni sia nell’arco di ingresso, tutte decorate a motivi decorativi naturalistici a ‘candelabra’. Le pareti interne sono rivestite in marmo bardiglio e la volta è affrescata con motivi floreali con al centro il Crisma, monogramma delle prime due lettere del nome greco di Cristo: X (Chi) e (P) Rho. La parete frontale vede la presenza di un’alta stele in marmo grigio scuro con al centro una grande lapide e nel basamento di un ritratto di profilo in bronzo di Antonio Micheli (1812-1879).

La Ditta Davide Venturi & Figlio
Nel 2009 la ditta Sandro Sacilotto, erede della ditta fondata da Davide Venturi, donò al Museo del Risorgimento il proprio archivio fotografico, comprendente album fotografici, cartoline e negativi su lastre di vetro. A seguito della donazione venne realizzata una mostra con relativo catalogo, ed ora la collezione di 514 cartoline è disponibile online sul portale Storia e Memoria di Bologna.
Le cartoline furono realizzate dalla ditta a scopo promozionale-divulgativo. Su ciascuna sono riportate informazioni circa l’oggetto raffigurato, il materiale, le dimensioni, il peso e talvolta anche indicazioni sull’architetto o l’artista esecutore. La ditta bolognese Davide Venturi & Figlio venne fondata nel 1840 e fu attiva per oltre un secolo e mezzo nella lavorazione di marmi e pietre, incarnando i canoni artistici dei vari periodi storici: dal Classicismo al Realismo della fine dell’Ottocento, fino allo Stile Liberty – Art Nouveau del secolo successivo. Grazie alla donazione del fondo si è compresa l’importanza economica ed il prestigio raggiunto nel corso del tempo, realizzando rilevanti opere non solo a Bologna, ma anche nel territorio nazionale ed all’estero, grazie anche ad una sede distaccata a Caracas, in Venezuela. Segnaliamo solo alcuni dei tanti interventi pubblici al servizio dei più celebri scultori. Italia: la sede della Cassa di Risparmio di Bologna, i pavimenti in marmo delle cattedrali di Bologna e Imola; monumenti pubblici a Ferrara (Vittorio Emanuele II e Gerolamo Savonarola), Faenza (Evangelista Torricelli), Roma (Camillo Benso conte di Cavour) e Napoli (Nicola Amore); la Cappella funeraria di Pio IX nella capitale. Nel nostro continente inviano opere in Irlanda, Spagna e Romania. Oltre oceano sono presenti in Africa (Cairo in Egitto e Sud Africa) e soprattutto in Sud America, a Rio de Janeiro e soprattutto a Caracas con marmi nel Pantheon nazionale, nella Cattedrale e nel cimitero.
Per approfondire cliccare Qui

Il comunicato del Comando Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale


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