Women in Love, la video-mostra di Benedetta Paravia aka Princess Bee per combattere il crimine delle Mutilazioni Genitali Femminili

Venerdì 21 ottobre, nel calendario di Alice nella Città – Festa del Cinema di Roma, è stato presentato alla stampa e al pubblico il progetto artistico “Women in love” ideato da Benedetta Paravia, la Princess Bee del mondo arabo, contro le Mutilazioni Genitali Femminili. Un’iniziativa che si inserisce nel continuo impegno di Benedetta per la salvaguardia dei diritti umani e delle donne.

Alla conferenza hanno partecipato anche l’attrice Asia Argento (project’s ambassador di Women in love) e l’onorevole Souad Sbai, da sempre impegnata in difesa delle donne e delle immigrate.

Women in love è un progetto artistico culturale e umanitario che ho pensato sin da adolescente” – ha detto Benedetta Paravia – “che oggi ho avuto modo di realizzare. Grazie ai miei continui viaggi all’estero, mi sono sempre dedicata a tematiche particolari, per la salvaguardia dei diritti umani, in particolare delle donne e dei bambini. Questo crimine delle mutilazioni genitali femminili mi ha sempre molto toccata e ho pensato di fare qualcosa che potesse rappresentare una rottura per mettere, attraverso le immagini, in contrapposizione la forza della natura femminile contro il crimine e la violenza delle mutilazioni. 
Ho realizzato sette video-art NFTs con la collaborazione di Daniele Pedone, che ne è il direttore della fotografia. Siamo onorati per la fiducia di sette donne volontarie che si sono prestate a manifestare la loro “potenza” femminile per questa buona causa, in contrapposizione a questo crimine, che purtroppo viene tutt’oggi perpetrato in Italia. Ci sono circa 4.000 casi l’anno, per via dei flussi migratori (non controllabili). La legge n. 7 del 9 Gennaio 2006 contro le mutilazioni genitali femminili è stata voluta fortemente dall’on. Sbai. Ancora oggi, nonostante la minore incidenza in Italia, molte famiglie praticano in segreto queste violenze sul corpo di bambine e ragazze, oltretutto in totale mancanza d’igiene e di sicurezza. Le complicanze sono terribili sia fisicamente che psicologicamente”.

Asia Argento ha sottolineato che:
“Da sempre il piacere della donna e la libertà femminile sono state sottomesse dall’uomo. La pratica della mutilazione genitale femminile e di vari altri abusi si perde nella notte dei tempi. È una cosa orribile e noi qui oggi cerchiamo di cambiare qualcosa. Bisogna soprattutto andare all’estero e aiutare le ONG a educare le donne a ribellarsi a questa violenza, facendo capire il perché.  
Una cosa altrettanto grave è che questo atto viene praticato dalle donne sulle donne. Sono le madri che, per fare accettare dalla società le proprie figlie, compiono queste pratiche perpetrando un dolore terribile.”

Patrocinata dal Ministero della Cultura, la mostra Women in love verrà inaugurata il 2 dicembre (alle ore 17 per i media e dalle 18 alle 21 per gli ospiti) presso Palazzo Bembo a Venezia, in collaborazione con la galleria internazionale ITSLIQUID GROUP.
 I 7 NFTs di video arte saranno battuti in un’asta benefica i cui ricavati verranno destinati ad operazioni chirurgiche gratuite per le vittime delle MGF per ripristinare lo status quo ante violenza. 

Artista poliedrica e creative producer Benedetta Paravia aka Princess Bee è tornata in Italia dagli Emirati Arabi Uniti, dove lavora creando un ponte tra Medio Oriente ed Europa attraverso la cultura, la formazione universitaria, le canzoni (di cui una per la pace, “Angels”, patrocinata dall’UNESCO), i libri, i programmi televisivi e cross mediali al femminile, le sfilate, le mostre d’arte e la solidarietà. È l’italiana più famosa nel mondo arabo, unica personalità ad oggi autorizzata – all’interno del Museo del Cairo – per un servizio fotografico ed icona della sua amata città d’adozione: Dubai. È anche l’orgoglio di Google con il 100% di notizie positive a lei dedicate. Collabora con La Repubblica e RepTV.

Wikipedia: https://en.m.wikipedia.org/wiki/Princess_Bee
Instagram: @benedettaparavia @princessbeemusic
Website: www.benedettaparavia.com


Daniele Pedone, fotografo e direttore, della fotografia ha collaborato con importanti personalità nel campo delle arti visive quali Peter Lindbergh, Bruce Weber, Mario Testino ed altri. Ha vissuto a New York, Londra e alle Isole Canarie. Di ritorno in Italia ha abbracciato il progetto artistico-culturale umanitario Women in Love.


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Venezia, Parco San Giuliano: “L’albero delle kimere” di Omar Ronda

Il Rotary Club Venezia Mestre, lo Spazio Thetis, la Venice Marathon e il Comune di Venezia insieme per promuovere la presenza della bellezza nei luoghi della Città e sostenere la lotta alla poliomelite nel mondo

Durante il week end della Venice Marathon il parco San Giuliano ospiterà l’installazione “L’albero delle kimere” di Omar Ronda

Venezia | 21.10 – 23.10.2022

Sport, arte e solidarietà: tra i numerosi riflessi positivi che la Venice Marathon proietta sulla Città, c’è anche la capacità di favorire l’unione di questi tre temi, un connubio di cui beneficerà uno dei luoghi più frequentati del territorio comunale. In occasione degli importanti eventi podistici di questo week end – la maratona di domenica 23 e la Alì Familiy Run del 21 –  il parco San Giuliano, attraversato da entrambe le manifestazioni, ospiterà la scultura “L’albero delle kimere”, realizzata dall’artista piemontese Omar Ronda in collaborazione con Filippo Chiocchetti.

Il Rotary Club Venezia Mestre, lo Spazio Thetis, la Venice Marathon e il Comune di Venezia promuovono quest’iniziativa con un duplice intento. Da un lato si vuole diffondere il messaggio che la bellezza migliora la vita. In quest’ottica valorizzare un pezzo di città con un’opera d’arte vuol dire migliorare tanto il luogo quanto la vita, la socialità, le prospettive di chi lo frequenta. Un modo di agire che, a Venezia, è rinvenibile nell’esempio dello Spazio Thetis, che, non a caso, ha promosso fortemente questo progetto. Dall’altro la presenza della scultura servirà a richiamare l’attenzione sul progetto End Polio Now, cui il Rotary dedica in questi giorni una raccolta fondi. Il progetto, diffuso in tutto il mondo, ha come scopo l’eradicazione della poliomelite, malattia ancora diffusa in particolar modo nei Paesi più poveri.

Il Comune di Venezia, in particolar modo attraverso l’impegno dell’assessore alla Promozione del territorio Paola Mar, ha posto profonda attenzione a questo progetto. Che gli spazi in cui i cittadini vivono il piacere di incontrarsi, come un parco, siano sempre più belli e confortevoli è uno dei principali scopi di quest’Amministrazione. Se poi la ricerca della bellezza si fonde con la solidarietà, gli effetti benefici sono amplificati.

“L’albero delle kimere” è un’opera che ha uno speciale legame con la Città. Ronda ha dedicato la scultura proprio a Venezia. Inoltre l’opera, nel 2010, fu esposta alla Biennale di architettura. La scultura vuole testimoniare il legame tra arte e natura, attraverso animali straordinari composti di materiale plastico, anch’esso, in ultima analisi, primordialmente derivante dalla natura stessa.

Questo progetto, però, potrebbe avere un’ulteriore ricaduta positiva nel prossimo futuro. In occasione dell’installazione della statua il Rotary Club Venezia Mestre e lo Spazio Thetis hanno intenzione di proporre al Comune l’idea di lanciare un concorso internazionale dal titolo “Arte e Ambiente”, che stimoli gli artisti a presentare opere ispirate alla sostenibilità ambientale che potrebbero trovare poi collocazione nel Parco San Giuliano, per rendere ancor più bello quest’angolo della Città.


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Milano, Fabbrica del Vapore: Andy Warhol. La pubblicità della forma

Ogni cosa ripete se stessa. È stupefacente che tutti siano convinti che ogni cosa sia nuova, quando in realtà altro non è se non una ripetizione.
Andy Warhol

Andy Warhol
La pubblicità della forma

Milano, Fabbrica del Vapore
22 ottobre 2022 – 26 marzo 2023

Una mostra imperdibile sul protagonista della pop art Americana

Con oltre trecento opere divise in sette aree tematiche e tredici sezioni – dagli inizi negli anni Cinquanta come illustratore commerciale sino all’ultimo decennio di attività negli anni Ottanta connotato dal rapporto con il sacro – la spettacolare mostra Andy Warhol. La pubblicità della forma è promossa e prodotta da Comune di Milano–Cultura e Navigare, curata da Achille Bonito Oliva con Edoardo Falcioni per Art Motors, Partner BMW e Hublot.

Aperta dal 22 ottobre 2022 sino al 26 marzo 2023 a Milano alla Fabbrica del Vapore, è un viaggio nell’universo artistico e umano di uno degli artisti che hanno maggiormente innovato la storia dell’arte mondiale.

“Ad oltre settant’anni di distanza dalla realizzazione dei primi pezzi che aprono l’esposizione – dichiara Tommaso Sacchi Assessore alla Cultura del Comune di Milano – le opere di Warhol incontrano tuttora il gusto e il favore del pubblico, dimostrandosi spesso attuali e capaci di trasmettere messaggi visivi immediati riguardo alla società odierna. Quelle di Warhol sono icone che hanno saputo e sanno ancora abitare a tutto tondo la contemporaneità, uscendo dal perimetro tracciato dai luoghi istituzionali della cultura e lasciando tracce profonde in diversi ambiti quali quello della moda, della musica e della pubblicità”.

“Warhol – afferma Bonito Oliva – è il Raffaello della società di massa americana che dà superficie ad ogni profondità dell’immagine rendendola in tal modo immediatamente fruibile, pronta al consumo come ogni prodotto che affolla il nostro vivere quotidiano. In tal modo sviluppa un’inedita classicità nella sua trasformazione estetica. Così la pubblicità della forma crea l’epifania, cioè l’apparizione, dell’immagine”.

Dopo il successo della Mostra di Roma nel 2018 al Complesso del Vittoriano, Eugenio Falcioni, esperto di rilievo di Andy Warhol, collezionista e prestatore nella sua veste di responsabile di Art Motors omaggia la sua città adottiva Milano producendo una esposizione con più di 300 opere, per la maggior opere uniche. Molte provenienti dall’Estate Andy Warhol, due di Keith Haring e di altre prestigiose collezioni private. “Dai disegni degli anni 50 alle icone Liz, Jackie, Marilyn, Mao, Flowers, Mick Jagger ai ritratti ed ai suoi progetti personali come il fashion – dichiara Falcioni – sono presenti tele, carte, sete, latte con le famose ed uniche Polaroid, per arrivare agli acetati unici che fanno parte della seconda fase del suo lavoro altrettanto importante”.

Una immagine dell’allestimento – Foto di Giovanni Daniotti

Andrew Warhola, classe 1928, originario di Pittsburgh, dopo la laurea nel 1949 si trasferisce a New York, trasforma il proprio nome di origine slovacca in Warhol e nei primi anni ’60 è un giovane pubblicitario di successo, che lavora per riviste come New Yorker, Vogue e Glamour. L’intuizione che lo renderà celebre e ricco è quella di ripetere una immagine più e più volte, in modo da farla entrare per sempre nella mente del pubblico. Thirty Are Better Than One, la sua prima Monna Lisa ripetuta ben trenta volte, da celebre ed esclusiva opera d’arte, viene trasformata in una opera di tutti e per tutti, trasformando il linguaggio della pubblicità in arte. In Green Coca-Cola Bottles – scrive Falcioni nel suo testo per il catalogo – comprendiamo immediatamente che per l’artista è proprio la quantità a prevalere sull’originalità del soggetto raffigurato: è infatti ripetendo la stessa immagine che egli riesce a portare e mettere in scena il panorama consumistico nel mondo dell’arte: compito dell’artista non è più creare, ma riprodurre”.

Per far questo Warhol adotta una speciale tecnica di serializzazione, con l’ausilio di un impianto serigrafico, che facilita la realizzazione delle opere e riduce notevolmente i tempi di produzione. Su grosse tele riproduce moltissime volte la stessa immagine alterandone i colori: usando immagini pubblicitarie di grandi marchi commerciali o immagini di impatto come incidenti stradali o sedie elettrice, riesce a svuotarle del significato originario. L’arte deve essere “consumata” come qualsiasi altro prodotto.

La tecnica della serigrafia viene usata da Warhol già nel 1962 per realizzare la serie Campbell’s Soup Cans, composta da trentadue piccole tele di identiche dimensioni raffiguranti ciascuna gli iconici barattoli di zuppa Campbell’s, esposte nello stesso anno alla Ferus Gallery di Los Angeles.

Lo stesso fa con i ritratti delle celebrità dell’epoca: Marilyn Monroe, Mao Zedong, Che Guevara, Michael Jackson, Elvis Presley, Elizabeth Taylor, Brigitte Bardot, Marlon Brando, Liza Minnelli, Gianni e Marella Agnelli, le regine Elisabetta II del Regno Unito, Margherita II di Danimarca, Beatrice dei Paesi Bassi, l’imperatrice iraniana Farah Pahlavi, la principessa di Monaco Grace Kelly, la principessa del Galles Diana Spencer. Per queste personalità essere ritratte da Wahrol diventa un imperativo a conferma del proprio status sociale. Emblematica la Gold Marilyn Monroe, conservata al MoMA di New York: una delle donne più affascinanti della storia moderna americana viene qui rappresentata su uno sfondo oro, esattamente come si trattasse di una tavola del Trecento raffigurante la Madonna.

La critica all’inizio stronca questi lavori, non comprendendone l’originalità né la volontà di Warhol di comunicare l’idea della ripetizione e dell’abbondanza del prodotto, in linea con la filosofia consumistica dell’epoca. La sua opera viene vista come un oltraggio all’Espressionismo Astratto, movimento artistico allora dominante negli USA. Lo stesso celebre gallerista Leo Castelli all’inizio non comprende la genialità innovativa del lavoro di Warhol e cede alla richiesta di Jasper Johns di non ammetterlo nella sua scuderia. In realtà aderendo alla cultura di massa e portandola nel mondo concettuale dell’arte figurativa, Warhol ha esaltato la patria del consumismo e tutto quanto gli Stati Uniti hanno simboleggiato dal dopo guerra sino agli anni ’80.

“Il vero colpo di genio attraverso cui l’artista riuscì a valorizzare definitivamente gli anni ’60 e le nuove forme di comunicazione di massa – leggiamo ancora nel testo di Falcioni – furono però le Brillo Box: si tratta di sculture identiche alle scatole di pagliette saponate Brillo in vendita nei supermercati. Queste vennero realizzate da una falegnameria e i bordi vennero serigrafati da Warhol e i suoi assistenti come le etichette originali. Saranno proprio queste opere a far scaturire in Arthur Danto, celebre filosofo ammaliato da queste creazioni, la sua concezione sulla filosofia dell’arte, che ruota attorno ad una domanda fondamentale: “che cos’è l’arte?”. Questo interrogativo lo porterà a ritenere queste scatole di legno delle vere e proprie opere d’arte, in forza della loro capacità di evocare e rappresentare alla perfezione un determinato contesto storico, in questo caso gli anni ‘60 assieme alle sue innumerevoli novità, di cui il pop artist può essere considerato senza dubbio il massimo interprete. L’evento che rese queste opere tra le più celebri dell’intera storia dell’arte fu la personale dell’artista presso la Stable Gallery di New York, tenutasi nel 1964: queste sculture furono disposte all’interno dello spazio espositivo tutte in fila e una sopra all’altra, proprio come se si trattasse di un supermercato piuttosto che di una galleria d’arte”.

E’ visitando questa mostra che Leo Castelli si ricrede e comprende l’attualità dell’operazione di Warhol, arruolando nella sua scuderia.

Da questo momento la carriera di Warhol ha una vera e propria deflagrazione.

Nasce la celebre The Factory, originariamente al 231 East 47th Street, dove innumerevoli assistenti creano a ritmo frenetico le sue opere in serie: quadri, film, cover musicali, sculture, copertine di riviste e molto altro. E dove Warhol accoglie attori, musicisti, scrittori, tutto il mondo creativo newyorchese, creando i primi film come i The Velvet Uderground & Nico, per cui realizza anche la copertina del celebre LP. Qui sono realizzati molti altri film che mostrano azioni ripetute dilatate nel tempo, sorta di quadri proiettati su una parete bianca e gli Screen Test, ritratti filmati di personaggi in visita alla Factory, ripresi, allo scopo di entrare nella loro intimità, con una camera fissa senza muoversi per tre minuti su un fondo nero. Alcuni di questi film dedicati alla cultura gay newyorkese, di cui Warhol faceva parte, sono stati censurati, distribuiti col passaparola e proiettati trent’anni dopo la data di realizzazione in occasione di mostre organizzate in vari musei del mondo. Nella Factory viene realizzato inoltre il magazine Interview con in copertina, per ciascun numero, il personaggio del momento. E sono prodotte altre celebri copertine per Time e Playboy. Molte altre Factory seguiranno in diverse parti della città, laboratori dei tantissimi progetti ideati senza sosta dal poliedrico artista.

Nel frattempo è nata una nuova generazione di artisti come Basquiat, Haring, Scharf che considerano Warhol il loro padre spirituale: accogliendoli nella sua cerchia Warhol ne assorbisce dinamismo e creatività. Riesce così a rinnovarsi nuovamente, ideando le ultime sperimentazioni iconiche come il celeberrimo Dollar Sign, emblema del rampantismo economico di quegli anni, abbandonando l’uso della serigrafia e dedicandosi, reinterpretando in chiave pop alcuni riferimenti artistici del passato, alla pittura pura.

La mostra milanese vuole documentare questo avvincente percorso: dagli oggetti simboli del consumismo di massa, ai ritratti dello star system degli anni ’60; dalla serie Ladies & Gentlemen degli anni ’70 dedicata alle drag queen, i travestiti, simbolo di emarginazione per eccellenza e considerati alla pari di star come Marilyn, sino agli anni ’80 in cui diviene predominante il rapporto col sacro: cattolico praticante, ne era stato in realtà pervaso per tutta la vita.

Esposte quasi tutte opere uniche come tele, serigrafie su seta, cotone e carta,oltre a disegni, fotografie, dischi originali, T-shirt, il computer Commodore Amiga 2000 con le sue illustrazioni digitali – i primi NFT della storia – , la BMW Art Car dipinta da Warhol con il video in cui la realizzò, la ricostruzione fedele della prima Factory e una parte multimediale con proiezioni di film da vedere con gli occhialini tridimensionali.

Andy Warhol muore nel 1987 per una infezione alla cistifellea. Le sue icone, i suoi personaggi, i suoi soggetti sono riprodotti ovunque, in tutto il mondo, su vestiti, matite, posters, piatti, zaini. Ha anticipato i social network e la globalizzazione degli anni Duemila, ha cambiato per sempre la storia dell’arte, è ancora attualissimo e amato da un pubblico trasversale.

La mostra rappresenta una occasione imperdibile per godere della sua arte unica, coraggiosa, innovativa e traboccante di idee.


Ufficio stampa
Lucia Crespi
Ufficio Stampa Mostra ANDY WARHOL La pubblicità della forma
Via F. Brioschi 21 – 20136 Milano
Tel. 02 89401645
chiara@luciacrespi.it

Iseo (BS), Fondazione l’Arsenale: Béance. Materia e immagine del desiderio

A. Gianfreda – ITALIA – Vista dell’installazione Casa Testori 2021

ALL’ARSENALE DI ISEO (BS)

DAL 22 OTTOBRE 2022 ALL’8 GENNAIO 2023

BÉANCE. MATERIA E IMMAGINE DEL DESIDERIO

L’esposizione presenta le opere di quattro artisti, Alberto Gianfreda, Valentina Palazzari, Francesca Pasquali, Laura Renna, la cui ricerca si caratterizza per il riutilizzo di materiali industriali, tessili e ceramici in un’ottica di recupero e trasformazione.

A cura di Ilaria Bignotti e Camilla Remondina

Dal 22 ottobre 2022 all’8 gennaio 2023, l’Arsenale di Iseo (BS) ospita la mostra Béance. Materia e immagine del desiderio.

L’esposizione, curata da Ilaria Bignotti e Camilla Remondina, col patrocinio del Comune d’Iseo, presenta le opere di quattro artisti italiani contemporanei, Alberto Gianfreda (Desio, 1981), Valentina Palazzari (Terni, 1975), Francesca Pasquali (Bologna, 1980) e Laura Renna (San Pietro Vernotico, 1971), la cui ricerca è accomunata dal frequente riutilizzo di materiali industriali, tessili e ceramici in un’ottica di recupero e trasformazione della loro storia e della cultura che custodiscono.

“Non si tratta di una mostra terapeutica – affermano le curatrici – ma di un percorso affascinante ed emozionante nel segreto dei propri desideri, attraverso la visione di installazioni e opere cariche di potenzialità materica e iconica. Una mostra che consegna, a maggior ragione oggi, la speranza di ritrovare un momento di pacificazione e di ricongiungimento con il proprio vissuto, con il proprio bisogno di amare ed essere riconosciuti.”

Nei loro lavori i quattro autori utilizzano frammenti di vasi provenienti da diverse aree geografiche, oggetti d’uso quotidiano quali ragnatori e setole industriali di PVC, filati intrecciati o utilizzati come sudari.

In particolare, Alberto Gianfreda impiega frammenti ceramici di contenitori e oggetti destinati ad altro uso, per realizzare arazzi materici di spiccata intensità e crea sculture formate da vasi spezzati e poi riassemblati su maglie metalliche.

Valentina Palazzari utilizza cavi elettrici industriali di grandi dimensioni e affida a tessuti resistenti il compito di tener traccia del mutamento scaturito dall’alchimia dell’acqua e del ferro. Le sue opere diventano così contenitori di una memoria manuale che si collega ai gesti quotidiani e al contempo trova in essi una potenzialità plasmatrice della memoria, il valore immateriale della storia dei popoli e delle loro culture.

Francesca Pasquali accoglie i visitatori all’ingresso dell’Arsenale con una installazione dai toni vivaci, formata da una miriade di ragnatori, le spazzole togli ragnatele, che diventano varco e accesso alla mostra e, metaforicamente, a quel patrimonio di ricordi che l’opera d’arte attiva nel visitatore. All’interno dello spazio, invece, creazioni formate da lunghe setole in PVC evocano i filamenti della storia e invitano, ancora, a una visione empirica e tattile.

Laura Renna lavora con i materiali tessili a comporre grandi arazzi che riempiono gli spazi dell’Arsenale con forme evocative che rimandano a una sapienza manuale antica.

Il titolo della mostra, Béance, richiama il tentativo del filosofo francese Jacques Lacan (Parigi 1901-1981) di interpretare e mettere a fuoco la dialettica del desiderio, ovvero la modalità con la quale ogni essere umano cerca, nell’età adulta, di reintegrare l’unità perduta con la madre, conseguente alla fuoriuscita dal corpo materno, colmando il “vuoto” (béance) che ne è scaturito attraverso l’individuazione di oggetti del desiderio che lo riconducono a quell’origine affettiva.

Allo stesso modo, le opere dei quattro artisti agiscono sullo spettatore come stimolo per un processo cognitivo profondo, risvegliando nel loro inconscio immagini e parole, forme e possibili metafore di un’unità perduta.

Note biografiche

Alberto Gianfreda (Desio, MB, 1981)

Nel 2003 si diploma in scultura all’Accademia di Belle Arti di Brera, dove si specializza nel 2005 in Arti e Antropologia del Sacro, per completare la formazione al TAM sotto la direzione di Nunzio Di Stefano. Dal 2005 collabora con l’Accademia di Belle arti di Brera di Milano presso la quale è attualmente docente di Tecniche per la scultura. Nella sua attività espositiva vanno segnalate mostre collettive e personali in luoghi significativi come nel 2008 presso la Manica del Castello di Rivoli per Real Presence a cura di Biljana Tomic e Dobrila De Negri e con il medesimo programma ha partecipato agli eventi collaterali della Biennale di Instanbul nel 2011. A Londra espone il proprio lavoro nella Estorick Collection nel 2018 e nelle sedi italiane presso il Museo Canova di Possagno nel 2014. Nel 2018 è invitato a partecipare alla Biennale di Shenzhen (Cina) e nel 2021 alla Biennale di Jingdezhen. Sono inoltre presenti opere pubbliche permanenti in sedi prestigiose come Tavola di condivisione a Palazzo Lombardia, Milano ed è autore dell’unico intervento contemporaneo permanente di adeguamento di chiese storiche in Venezia presso la chiesa dei Tolentini. Nel 2014 fonda assieme ad un gruppo di altri artisti e la curatrice Ilaria Bignotti e Giuseppina Panza di Biumo il movimento Resilienza italiana. Ha inoltre dedicato molta attenzione alle problematiche della didattica dell’arte curando nel 2020 il testo MI VIDA experiment che contiene tra i contributi l’intervento di Laura Cherubini e Biljana Tomic. Dal 2018 ha ideato e coordinando il progetto di ricerca sperimentale Leggere il territorio con l’arte in collaborazione con il MAC di Lissone per definire una metodologia utile a inserire l’arte nei processi di pianificazione urbana.

Valentina Palazzari (Terni, 1975)

Valentina Palazzari vive e lavora a Roma. La sua ricerca approfondisce i concetti di memoria, spazio e tempo per rivelare una realtà transitoria e in continuo mutamento, muovendosi liberamente tra i linguaggi della scultura, della pittura, dell’installazione e del video. L’artista realizza grandi installazioni concepite per specifici contesti con i quali stabilisce un efficace approccio dialogico a partire da un’indagine sulle proprietà fisiche e le qualità estetiche dei diversi materiali utilizzati (reti elettro-saldate, plastiche da cantiere, cavi elettrici e materiali organici), focalizzandosi sui processi naturali di ossidazione, di decomposizione e di trasformazione in relazione agli agenti esterni e al trascorrere del tempo. Tra i suoi progetti e le sue mostre: Chiamtissimo. Il Paesaggio culturale, Semifonte, Barberino Tavernelle (2022); Arteporto, Porti Imperiali di Claudio e Traiano, Roma (2021); Arte jeans, Museo del Metelino, Genova (2021); BLOKS, Real Albergo delle Povere, Palermo (2021); Klepsydra, Castello Aragonese di Ischia (2021); Mirandola, galleria a cielo aperto, Mirandola, (2020); Ruggini, galleria Il Frantoio, Capalbio (2020); Vedere lontano 1, Fondazione Luca e Katia Tomassini, Orvieto (2020); Poeta, per l’Associazione Casa Fornovecchino, Torre Alfina (2020); Racconto, in 8 episodi, canale YouTube Valentina Palazzari – Racconto (2020); #percezioni 2, Fondazione Volume!, Roma (2019); Si sta come d’autunno, SMMAVE Centro per l’Arte contemporanea, Chiesa di Santa Maria della Misericordia ai Vergini, Napoli (2019); Affuoco, Chiostro di San Francesco, Acquapendente, (2019); OPUS, M.A.r.S., Milano (2018); Passaggi di Stato, Reggia di Caserta (2018); Made in Forte, Forte dei Marmi (2017); Pirouette, Chiesa di Santa Rita in Campitelli, Roma (2017); A, MLZ Artdep gallery, Trieste (2016); Il muro dei muri, Todi Festival, Piazza del Popolo, Todi (2015). Sue opere pubbliche si trovano a Follonica (Gr), presso il Museo Magma e a Frasso Telesino (BN). Nel 2017 realizza un lavoro permanente per il foyer del teatro off-off, in Via giulia a Roma. I suoi video Castore e Polluce, 2019 e Selfportarait, nero di china, 2020 sono stati selezionati dal Miami New Media Festival per il DORCAM Museum, Miami (Florida). Nel 2020 una sua grande opera su plastica entra a far parte della collezione del contemporaneo della Reggia di Caserta.

Francesca Pasquali (Bologna, 1980)

Francesca Pasquali si è diplomata all’Accademia di Belle Arti di Bologna. La sua ricerca si sviluppa a partire dall’osservazione delle forme naturali, delle quali l’artista coglie le trame strutturali e le traduce in complesse ed elaborate opere e installazioni, utilizzando spesso materiali di riuso, plastici e industriali. Nel dicembre 2015 è stato costituito il Francesca Pasquali Archive, coordinato da Ilaria Bignotti quale direttore scientifico, con lo scopo di archiviare, conservare, tutelare e promuovere la sua produzione artistica attraverso progetti in corso e in futuro da sviluppare con Enti pubblici e privati, e per diffonderne il linguaggio con innovativi sistemi di comunicazione. La sua ricerca ha conseguito svariati riconoscimenti, tra i quali: nel 2020 Call Lefranc-Bourgeois, Roma (menzione speciale); nel 2019: Premio Fondazione VAF (selezionata); Villa La Saracena, Roma (primo premio); nel 2015 Premio Cairo (Finalista); nel 2014 Premio Fondazione Henraux (secondo premio). Tra le mostre personali recenti: nel 2022: DetoxCirculArt, Accademia Costume & Moda, Milano; nel 2021: Labirinto, installazione monumentale site-specific, CUBO-Museo d’Impresa del Gruppo Unipol, Bologna; Tréssa, Accademia Ligustica di Belle Arti e Metelino, Genova, nel contesto della manifestazione GenovaJeans; Natura Plastica, a cura di Francesca Passerini e Claudio Calari, Raccolta Lercaro, Bologna; nel 2020: Material Anatomy, Leila Heller Gallery, Dubai. La sua opera è presente in numerose collezioni pubbliche e private, in Italia e all’estero.

Laura Renna (San Pietro Vernotico, BR, 1971)

L’opera di Laura Renna si caratterizza per una manipolazione, processualità e commistione di discipline e di materiali diversi, dalla fotografia alla scultura all’installazione. Abituata a lavorare in occasione di grandi committenze internazionali, dal Premio Fondazione Arnaldo Pomodoro di cui si è aggiudicata la seconda edizione (2008) con l’istallazione site-specific Y for Young, alla Biennale di Shenzhen 2018 dedicata al tema Open Source, Laura Renna utilizza materiali di estrazione poverista, abbandonati e dismessi, per elaborare complesse architetture ambientali fruibili ed esperibili dal pubblico, che hanno come temi portanti la storia del luogo, le relazioni tra la sua natura e la cultura in esso sviluppatasi, la metamorfosi come processo attivatore di relazioni, il rapporto tra macro e microcosmo come sistema per creare una rete relazionale e resiliente tra le culture e i popoli, la memoria come parametro di riflessione sulla origine e sulla trasformazione della nostra civiltà. Con un linguaggio raffinato, di grande potenza visuale, Renna esprime una ricerca sensibile all’artigianalità, alla manualità, alla tradizione intesa come insieme di conoscenze e di competenze per poter sostenere il difficile compito che spetta ad un artista del XXI secolo, proiettato in una crisi occidentale ed epocale, e quindi capace di applicare risposte resilienti e coerenti al bisogno di nuovi parametri, etici e estetici, dell’umanità tutta. Il suo lavoro è stato esposto in numerose istituzioni pubbliche e private, tra cui la Galleria civica di Modena (2015, 2007), il MACRO, Roma (2019), la Fondazione Arnaldo Pomodoro, Milano (2010, 2008, 2006), il Museo di Arte Contemporanea di Lissone (2021, 2018), la Triennale di Milano (2008), il Palazzo Riso, Palermo (2014), il PAV-Parco Arte Vivente, Torino (2014), il Palazzo Ducale di Pavullo, Modena (2020), il Museo di Villa Croce, Genova (2020).

Fondazione l’Arsenale di Iseo

Situato nel cuore del centro storico di Iseo, l’Arsenale è uno spazio espositivo che ospita mostre ed eventi culturali che spaziano dalla produzione artistica del territorio a personali e collettive che hanno come scopo la valorizzazione dell’arte contemporanea.

Dalla sua nascita ad oggi l’ente ha prodotto mostre ed esposizioni realizzando uno straordinario cammino che non ha eguali nel percorso culturale della Provincia di Brescia. 

La sua collezione permanente si compone di oltre 140 opere firmate da 110 artisti che offrono al visitatore un frammento significativo della storia artistica e culturale del territorio, dalla seconda metà del secolo scorso a oggi.

A partire da settembre 2014, la Fondazione l’Arsenale offre a visitatori, studiosi e appassionati d’arte la possibilità di consultare i volumi che fanno parte del proprio archivio: una raccolta di circa tremila pubblicazioni che includono cataloghi e libri d’arte donati negli anni da privati e dagli stessi autori. 

La Fondazione, che non ha scopo di lucro, persegue, secondo gli indirizzi e le linee di politica culturale e turistica assunte dall’Ente Fondatore, le finalità di conservazione, manutenzione e valorizzazione di beni storici e culturali ricevuti o acquisiti a qualsiasi titolo, nonché della gestione e valorizzazione di organismi e attività turistiche e culturali nel rispetto dell’origine culturale dei luoghi. Nell’ambito delle sue finalità la Fondazione persegue, anche in collaborazione con terzi: la migliore fruizione da parte del pubblico dei beni culturali e delle attività turistiche; l’organizzazione di mostre, nonché di studi, ricerche, iniziative scientifiche, attività produttive didattiche o divulgative, anche in collaborazione con il sistema scolastico e universitario e con istituzioni culturali e di ricerca italiane e straniere; l’organizzazione di eventi e attività culturali, anche connessi a beni museali di interesse locale, regionale e nazionale e l’organizzazione di itinerari culturali, individuati mediante la connessione fra beni culturali e ambientali diversi, anche in collaborazione con gli enti e organi competenti per il turismo. 

Tra le recenti attività si evidenziano: SILVIA INSELVINI. Érebos e VALERY FRANZELLI, SERENA NICOLÌ, VALENTINA REGOLA. /biàn•co/ a cura di Melania Raimondi e Camilla Remondina; tre mostre a cura di Ilaria Bignotti in collaborazione con Camilla Remondina: ANTONIO SCACCABAROZZI. Acquorea, MARCELLO GRASSI. Archeologia dello Sguardo, MAURIZIO DONZELLI, ARTHUR DUFF, ANTONIO MARCHETTI LAMERA. Plot hunters e due eventi proposti ed organizzati dal Comune di Iseo con il patrocinio di Regione Lombardia GIUSEPPE CARTA. Germinazioni della Terra e GIACINTO BOSCO. Doppio sogno.


INFO

BÉANCE. MATERIA E IMMAGINE DEL DESIDERIO
Alberto Gianfreda, Valentina Palazzari, Francesca Pasquali, Laura Renna
Iseo (BS), Fondazione l’Arsenale di Iseo (vicolo Malinconia 2)
22 ottobre 2022 – 8 gennaio 2023

Inaugurazione: sabato 22 ottobre 2022, ore 11.30

Orari: giovedì e venerdì, 15.00-18.00; sabato e domenica, 10.30-12.30 e 15.00- 18.00

Ingresso gratuito

Informazioni: segreteria.arsenaleiseo@gmail.com

Sito internet: www.fondazionearsenale.it

Ufficio stampa
CLP Relazioni Pubbliche
Clara Cervia | tel. 02.36755700 | clara.cervia@clp1968.it | www.clp1968.it

Bologna, MAMbo: mostra NO, NEON, NO CRY. Iniziative di finissage e presentazione volume su storia galleria neon

Presentazione libro e iniziative finissage NO, NEON, NO CRY, MAMbo – Foto: Ornella De Carlo

NO, NEON, NO CRY

A cura di Gino Gianuizzi

MAMbo – Museo d’Arte Moderna di Bologna | Project Room
Presentazione volume pubblicato in occasione della mostra e iniziative di finissage
sabato 22 e domenica 23 ottobre 2022

Con NO, NEON, NO CRYmostra a cura di Gino Gianuizzi che tenta una narrazione della complessa, sfaccettata, “disordinata” storia della galleria neondal 12 maggio e fino al 23 ottobre 2022, la Project Room del MAMbo – Museo d’Arte Moderna di Bologna è tornata a giocare il suo ruolo di contenitore tematico in cui accogliere, ricostruire, raccontare e valorizzare le esperienze artistiche del territorio bolognese ed emiliano-romagnolo.

Nata nel 1981 senza un programma, senza strategia, senza budget e senza obiettivi predeterminati, neon è stata un laboratorio permanente, una comunità per artisti, critici e curatori e un luogo di formazione per tutte le persone che vi hanno collaborato. Dal suo archivio risultano oltre trecento mostre all’attivo, alle quali si sono aggiunte nel tempo numerosissime attività collaterali, collaborazioni e iniziative esterne.
Questa immensa mole di materiali ha posto una sfida al curatore, da sempre anima della galleria: come approcciarsi alla magmatica attività ultra quarantennale di neon per raccontarla attraverso una mostra, senza limitarsi al progetto strettamente documentale o, all’opposto, tentare un impossibile “best of” degli artisti e delle opere che vi hanno trovato accoglienza.
La risposta di Gino Gianuizzi è stata il ricorso alla formula della wunderkammer: lo spazio della Project Room del MAMbo è stato abitato da opere in proliferazione, da un accumulo visivo in cui inoltrarsi con circospezione tentando di decifrare i singoli lavori e di ricondurli agli artisti.
Una sorta di organismo complesso, una comunità che continua a dialogare, discutere, mettere in dubbio e a rafforzarsi nella contaminazione.

NO, NEON, NO CRY include lavori di 52 artiste e artisti, a testimoniare la ricchezza di relazioni costruite nel tempo da neon: Aurelio Andrighetto, Alessandra Andrini, Sergia Avveduti, Fabrizio Basso, Francesco Bernardi, Maurizio Bolognini, Ivo Bonacorsi, Anna Valeria Borsari, Domenica Bucalo, Angelo Candiano, Maurizio Cattelan, Silvia Cini, Gianluca Codeghini, Daniela Comani, Cuoghi Corsello, Maria Novella Del Signore, Nico Dockx, Drifters, Emilio Fantin, Francesco Gennari, Patrizia Giambi, Paolo Gonzato, Gian Paolo Guerini, Nazzareno Guglielmi, M+M, Mala Arti Visive, Eva Marisaldi, Maurizio Mercuri, Dörte Meyer, Giancarlo Norese, Giovanni Oberti, Marco Pace, Paolo Parisi, Chiara Pergola, Alessandro Pessoli, Gianni Pettena, Marta Pierobon, Leonardo Pivi, Premiata Ditta, Marco Samorè, Fabio Sandri, T-yong Chung, Alessandra Tesi, Diego Tonus, Tommaso Tozzi, Luca Trevisani, Massimo Uberti, Maurizio Vetrugno, Luca Vitone, Francesco Voltolina, Wolfgang Weileder, Alberto Zanazzo.

Per concludere la mostra nello spirito comunitario di confronto e condivisione che ha sempre contraddistinto neon, sabato 22 e domenica 23 ottobre il MAMbo ospiterà una serie di iniziative aperte al pubblico, sia in Project Room che in altri spazi del museo.
Di seguito il programma:

Sabato 22 ottobre 2022

Due o tre cose che so di neon. Presentazione volume NO, NEON, NO CRY
Sala conferenze, h 15.00 – 18.00
L’incontro è occasione per ascoltare dalla viva voce di Gino Gianuizzi e degli ospiti la storia di neon e confrontarsi su di essa. Hanno attualmente confermato la partecipazione: Alessandra Acocella, Stefania Aluigi, Dede Auregli, Pino Boresta, Carlo Branzaglia, Roberto Brunelli, Rita Canarezza, Serena Carbone, Pier Paolo Coro, Valentina D’Accardi, Emanuela De Cecco, Elisa Del Prete, Giorgio Fasol, Maria Rita Finzi, Enrico Fornaroli, Roberto Grandi, Antonio Grulli, Daniela Manzolli, Eleonora Mariani, Claudio Musso, Fabiola Naldi, Giovanni Oberti, Marinella Paderni, Antonio Pascarella, Rossana Pavanello, Gabriele Perretta, Lorenza Pignatti, Maura Pozzati, Anteo Radovan, Mili Romano.
Fa da spunto di discussione e viene presentata la pubblicazioneNO, NEON, NO CRY, curata da Gino Gianuizzi ed Eleonora Mariani, grafica di Matteo Lisanti, Edizioni MAMbo, realizzata grazie al sostegno della Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna.

Gianluca Codeghini. FLAW & ORDER
Project Room, h 18.00

FLAW & ORDER è una scultura in sospeso, ordinata tra memoria e disfunzione, che trae piacere tanto nel tempo del ricordo quanto dall’inebetimento generato dal processo stesso della contemplazione. FLAW & ORDER è anche un difetto, che si ripete, un affetto sempre desideroso di attenzioni e percosse, infrazioni e maleducazione. FLAW & ORDER è di fatto una scultura con una fragilità poetica, ma anche una performance in potenza, formalizzata nello strumento con il suo batterista, nello spartito con una sua dinamica esecutiva che sfrutta al massimo la sua natura cagionevole e frangibile essendo composta da oggetti in ceramica e vetro. Percussionista: Gianbattista Di Genio.

Angelo Candiano. Happening
Vari spazi del museo, durante la giornata
L’artista, a partire dalla sua opera Mutante esposta in mostra, concepirà un nuovo lavoro dal titolo Cella, utilizzando il processo dello sviluppo in camera oscura su carta fotografica. Mutante è un lavoro tridimensionale: una “macchina”, non una semplice ma una complessa fotografia, che può produrre nuovi lavori denominati Celle grazie alla luce proveniente dall’ambiente esterno e dal taglio-apertura. Le Celle, dunque, sono i figli nati dalla luce e da una macchina. Le Mutanti genereranno sempre figli dopo ogni nuova “ricarica” di carta fotografica. Questo ciclo di lavoro è stato interamente progettato, ingegnerizzato e realizzato dall’artista fin dalla fine degli anni Ottanta.

Domenica 23 ottobre 2022

Aurelio Andrighetto e Pino Parini. Pino Parini, Carta straccia, 1968/2022, performance
Sala conferenze, h 12.00
Presentata per la prima volta nel 1968 alla Fondazione Giorgio Cini di Venezia, la performance Carta straccia (1968/2022) s’inserisce nel programma di finissage della mostra NO, NEON, NO CRY in continuità con Scultura impossibile (2020) di Aurelio Andrighetto, composta da un numero di copie di un libro impilate l’una sull’altra, che i visitatori hanno prelevato nel corso della mostra. Carta straccia sostituisce quella stampata, portando l’attenzione sul ruolo svolto dal linguaggio nella costruzione delle rappresentazioni visive e, con il passaggio dalla scultura (impossibile) alla performance, anche sulla fluidità tra linguaggi e discipline che ha caratterizzato l’attività trentennale della galleria neon.

Dario Bellini e Collettivo 10dieciventi20. Il piede
Foyer, h 16.00
Il piede di Filippo Tommaso Marinetti, spettacolo andato in scena al Teatro Dal Verme di Milano nel 1915 e mai più rappresentato, aveva, secondo le ricostruzioni, la quarta parete aperta su un baratro spazio-temporale. Riapparso in sogno a Dario Bellini con tutti i dettagli della messa in scena nel 2015, costituisce il primo dei quattro livelli di una scultura teatrale dell’artista. Primo livello: Il piede, appunto, inedita e plausibile pièce di Marinetti; secondo livello: l’interazione polemica col pubblico; terzo livello: l’arte sull’arte, annoso metatesto tra la pressione degli eventi e le ragioni dell’arte; infine quarto livello: gli slogan, i diktat inamovibili cui siamo incatenati. Il piede così concepito è una commedia con un epilogo patetico e senza alcuno sviluppo.
Il Collettivo 10dieciventi20 è composto da: Irwan Guedouar, Cristina Guerra, Carlo Pardi, Andrea Manni, Maddalena Costagli, Dora Lazzari, Irene Carta, Maurizio Bettinzoli, Giorgia Favagrossa con Dario Bellini. Costumi di Mariella Butturini, musiche di Gianluca Codeghini.

Francesco Voltolina e Elio Marchesini. Performance
Collezione permanente, palco Impressions di Massimo Bartolini, h 17.30
Performance di Elio Marchesini, importante figura nel panorama della musica, sia classica che contemporanea, percussionista noto al pubblico anche per la sua vicinanza al mondo della ricerca artistica. L’azione, che vede la collaborazione con Francesco Voltolina, ha come protagonista la scultura Fontana II, opera nata come immagine affiorata alla mente dell’artista durante una seduta di ipnosi, attualmente presente in mostra negli spazi della Project Room. Il lavoro di Elio Marchesini consiste nell’ascolto degli armonici che vanno dalla nota fondamentale della Risonanza di Schumann, il suono non udibile generato dal nostro pianeta, al suono prodotto dall’opera. Malgrado non sia udibile, si ritiene che il nostro cervello, come tutto il nostro corpo, sia costantemente influenzato da questa risonanza. A questa prima nota si aggiungeranno progressivamente note suonate utilizzando diversi gong per poi concludere con il suono generato dalla scultura, un’esperienza uditiva capace di coinvolgere anche sul piano psico-fisico.

Ingresso
L’ingresso alle performance e agli eventi in sala conferenze e foyer è libero. Alle attività previste in collezione permanente e Project Room si accede con biglietto collezioni.

Il volume NO NEON NO CRY è realizzato con il sostegno di:


INFO

Mostra:
NO, NEON, NO CRY

A cura di:
Gino Gianuizzi

Promossa da:
Settore Musei Civici Bologna | MAMbo – Museo d’Arte Moderna di Bologna

Sede:
MAMbo – Museo d’Arte Moderna di Bologna, via Don Minzoni 14 | Bologna

Periodo di apertura:
12 maggio – 23 ottobre 2022

Orari di apertura:
martedì e mercoledì h 14-19
giovedì h 14-20
venerdì, sabato, domenica e festivi h 10-19
chiuso lunedì non festivi

Ingresso:
Intero 6 euro | ridotto 4 euro | gratuito per possessori Card Cultura

Informazioni generali:
MAMbo – Museo d’Arte Moderna di Bologna
via Don Minzoni 14 | 40121 Bologna
Tel. +39 051 6496611
www.mambo-bologna.org
info@mambo-bologna.org
Facebook: MAMboMuseoArteModernaBologna
Instagram: @mambobologna
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Settore Musei Civici Bologna
www.museibologna.it
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Ufficio stampa Settore Musei Civici Bologna

e-mail Ufficio Stampa Bologna Musei
Elisa Maria Cerra – Tel. +39 051 6496653 e-mail elisamaria.cerra@comune.bologna.it
Silvia Tonelli – Tel +39 051 6496620 e-mail silvia.tonelli@comune.bologna.it
Con la collaborazione di Ornella De Carlo