VINCENZO CASTELLA. Il libro di Padova in mostra all’Orto botanico

Padova Orto Botanico, Quarto dell’Albizia

VINCENZO CASTELLA.
Il libro di Padova

La mostra
Padova, Orto botanico

11 novembre 2022 – 8 gennaio 2023

Mostra a cura di Salvatore Lacagnina

con il sostegno di Hermès
con la collaborazione di Silvana Editoriale e di Studio la Città

È una sperimentazione quella che l’Orto botanico di Padova propone nella sua sede, dall’11 novembre all’8 gennaio: trasferire una sequenza di immagini fotografiche dal formato libro a quello espositivo. Operazione solo apparentemente ovvia. Le immagini sono quelle che Vincenzo Castella ha realizzato tra il 2020 e il 2021, raccolte ne Il libro di Padova, volume edito da Silvana Editoriale su commissione di Hermès Italie, nell’ambito della collana di libri fotografici nati come omaggio alle città italiane dove la maison è presente.  

“Per rendere omaggio a Padova -spiega Francesca di Carrobio, amministratore delegato di Hermès Italie- “abbiamo invitato l’artista Vincenzo Castella, a mostrare la città attraverso immagini di grande forza espressiva”.

Lontano da ogni forma di evoluzione dello stile, il lavoro di Castella è legato alla riduzione sistematica del repertorio e della sintesi del linguaggio.

La mostra all’Orto botanico propone una selezione di quaranta immagini. Nulla a che vedere con un itinerario nella città, né con la presunzione di un’indagine sociale e territoriale.

Nel volume (e, in modo originale) nell’esposizione, Padova è mostrata attraverso quattro temi: l’«Orto botanico», o più in generale il mondo vegetale; la «pittura», principalmente gli affreschi, conservati nelle chiese, nelle cappelle, negli oratori, nei battisteri, nei palazzi, ma anche cori, altari, fregi, sculture; l’«architettura», che l’artista non descrive, non legge, ma che lascia emergere come spazio interno (tranne poche eccezioni), come possibilità del movimento, definizione di un ambiente e di un luogo; l’«Università», con la sua storia che è un nodo cruciale della cultura europea.

Non si tratta di sezioni isolate ma, al contrario, di una trama, visiva e concettuale, con andate e ritorni, salti improvvisi e spostamenti quasi impercettibili, che nasce dalla ripetizione e dall’accostamento di realtà separate, secondo il principio che solo le cose incomparabili sono davvero comparabili.

Le immagini si presentano in due soli formati: uno panoramico (aspect ratio 3:1), stretto e lungo, usato in orizzontale e in verticale, con scatti ravvicinati e accostati tra loro; uno quasi quadrato (aspect ratio 4:3), che appare in pochi momenti precisi, necessari, come un’apertura improvvisa dello sguardo.

«I travelings e le panoramiche visibili non seguono i movimenti dell’occhio. Vuol dire separare l’occhio dal corpo. (Non servirsi della macchina come di una scopa)», annotava nei suoi taccuini Robert Bresson, il grande maestro del cinema francese. Spiega Castella: «Sistemo il centro e la verticale per una porzione bastevole e poi la estendo, per vedere la presenza dell’estensione, per vedere se succede qualcosa, per includere significati nuovi».

Se nel libro le fotografie si adattano alle dimensioni del formato, nella mostra ridefiniscono lo spazio che le accoglie e soprattutto creano percezioni differenti. Un quadrittico del Martirio e trasporto di San Cristoforo di Mantegna e un trittico degli affreschi del Battistero di Menabuoi, per esempio, sono stampati in carta leggera di grandi dimensioni, appese liberamente alle pareti come fossero striscioni. Altre immagini in medio formato sono invece incorniciate in modo più tradizionale. E ancora i video, che sono dei movimenti all’interno delle immagini, presentano un’ulteriore possibilità della visione.

Ogni opera non è soltanto la restituzione fisica dell’immagine fotografica, ma una macchina che attiva diverse possibilità dello sguardo, e la relazione tra le opere che si crea nello spazio spinge lo spettatore a un’esperienza estetica su molteplici livelli, dal contenuto, allo statuto dell’immagine, alla relazione con le immagini nella società di oggi. «E naturalmente, osservare una città attraverso questi temi – afferma il curatore – obbliga a pensare all’arte come documento storico. Come scriveva Gianni Rodari, “Un sasso gettato in uno stagno suscita onde concentriche che si allargano sulla sua superficie… Altri movimenti invisibili si propagano in profondità… Innumerevoli eventi, o microeventi, si succedono in un tempo brevissimo. Forse nemmeno ad aver tempo e voglia si potrebbero registrare tutti, senza omissioni”. Le immagini di Castella producono dunque un proliferare di storie, solo alcune delle quali raccontate in questo libro e in questa mostra. Ogni visitatore può ricostruire i suoi seguendo il sasso gettato nello stagno nel Libro di Padova».

Castella, che aveva iniziato la sua storia di artista proprio attraverso un’indagine sul campo delle comunità afroamericane del Mississippi e del Tennessee, prosegue con i suoi mezzi e i suoi metodi il suo lavoro sulla rappresentazione, sulla realtà che diventa immagine, attraverso un gesto (quello fotografico) che non è e non può essere mai neutro, bensì consapevole del processo di riduzione che ogni immagine, ogni creazione artistica, produce rispetto al reale: «L’atto di rappresentare (e quindi di ridurre) comporta quasi sempre una violenza verso il soggetto rappresentato. C’è un contrasto reale tra la violenza dell’atto di rappresentare e la calma interiore della rappresentazione stessa, l’immagine del soggetto» (Edward Said). Per molti anni ha lavorato sull’industria e sulla città contemporanea, sul paesaggio e il tessuto urbano, e più di recente si è concentrato sulla pittura e sull’architettura rinascimentale italiana, per poi dedicarsi al mondo naturale ritratto nella cattività degli orti botanici e delle serre. Questo libro e questa mostra su Padova hanno offerto la possibilità di collegare le ricerche in un’immersione nella storia occidentale, nei suoi sviluppi, nel suo declino, nel suo rinnovamento profondo, se si vuole.

La mostra – compresa nel biglietto d’ingresso e visitabile negli orari di apertura dell’Orto botanico – è realizzata con il sostegno di Hermès e con la collaborazione di Silvana Editoriale e Studio la Città, nell’ambito delle celebrazioni per gli 800 anni dell’Università di Padova.

www.ortobotanicopd.it/it/il-libro-di-padova-la-mostra

Vincenzo Castella. Breve bio

Vincenzo Castella è nato a Napoli nel 1952 e vive a Milano. Inizia la sua attività di fotografo nel 1975 producendo, tra il 1975 e il 1983, Geografia privata, una serie di fotografie a colori di interni domestici, lavoro selezionato per la mostra European Iceberg, Ontario Museum, Toronto 1985.

La musica ispira i suoi viaggi negli Stati Uniti nel 1976, 1870 e 1980 e nasce il progetto Hammies Nixon People, biografia semi-immaginaria di bluesmen incontrati durante la sua ricerca nelle comunità di afroamericani nel Mississippi e nel Tennessee. Il lavoro è realizzato con fotografie e pellicola 16mm.

Dal 1998 le fotografie di Castella cominciano a diventare fortemente a-narrative. Focalizzando la sua ricerca sui temi della distanza e della dislocazione, l’artista si dedica alla produzione di immagini catturate dall’alto che delineano profili inconsueti delle città europee. L’artista produce stampe a colori di grandi dimensioni, da pellicole di grande formato. Le immagini sviluppano ipotesi attuali di mescolanza visiva sulla complessità degli intrecci e delle storie della città. Tra queste possiamo citare le immagini di città europee quali Napoli, Milano, Torino, Rouen, Caen, Le Havre, Helsinki e Berlino ma anche di realtà più lontane che includono Ramallah e Gerusalemme.

Dal 2006 Castella inizia a realizzare installazioni da negativi fotografici. È il caso di Cronache da Milano, opera presentata ad Art Unlimited a Basilea nel 2009, in cui i movimenti di una camera virtuale riproducono una lettura articolata della foto stessa e delle relazioni nella vita della città con quello che è visibile e non visibile.

Le opere di Vincenzo Castella sono presentate dal 1980 in Europa e in America. Nel 2015 il Board of Trustees della Tate Modern ha incluso nella sua collezione una selezione di cinque lavori dal suo Progetto Malta.

Lontano da ogni forma di evoluzione dello stile, il lavoro di Castella è legato alla riduzione sistematica del repertorio e della sintesi del linguaggio.


INFO

Ufficio Stampa Università di Padova
Carla Menaldo tel. 3346962662
Tel. 049 8273066-3041-3520
stampa@unipd.it

In collaborazione con
Studio ESSECI, Sergio Campagnolo
tel. 049.663499
rif. Roberta Barbaro roberta@studioesseci.net

Genova, Musei di Strada Nuova, Palazzo Bianco: “Genova al tempo di Rubens uno sguardo ad oriente Figure persiane”  

Genova al tempo di Rubens: uno sguardo ad oriente 
Figure persiane.
Rubens, i genovesi e l’arte safavide

Musei di Strada Nuova, Palazzo Bianco, 11 novembre 2022 – 12 febbraio 2023

A cura di Loredana Pessa 

In collaborazione con la Fondazione Bruschettini per l’Arte Islamica ed Asiatica

Persia, Shiraz, Epoca Safavide, 1560 ca.,
Scena di caccia in un paesaggio, Genova, Collezione privata

Oggetto dell’itinerario espositivo sono una serie di preziose opere persiane di epoca Safavide, databili al XVI e agli inizi del XVII secolo, per la prima volta offerte all’ammirazione del pubblico italiano. Gli splendidi tessuti serici e le affascinanti miniature di collezione privata sono accomunati dalla presenza di raffigurazioni di personaggi in costume persiano che si riallacciano ai soggetti rappresentati sui tappeti esposti a Palazzo Rosso. 

Nei primi anni del Seicento, queste raffinatissime ed esotiche figure hanno colpito l’attenzione anche di Pieter Paul Rubens, come testimoniano alcuni disegni ora conservati presso il British Museum, la cui riproduzione è visibile in mostra, insieme a quella dei numerosi dipinti in cui il grande maestro fiammingo ha inserito costumi, tappeti e tessuti persiani. 

Persia, Isfahan, Epoca Safavide, inizi XVII secolo, Giovane seduto, Genova, Collezione privata

Nella stessa sede è esposta anche un’opera eccezionale, una miniatura persiana a soggetto biblico (Susanna e i Vecchioni), eseguita da un pittore persiano ispirato proprio da un modello di Rubens, testimonianza di un dialogo interculturale che ha coinvolto profondamente anche gli artisti che lavoravano nell’ambito dell’impero Safavide. 

L’interesse per la Persia Safavide era condiviso, nello stesso periodo, anche da molti genovesi, in linea con una tradizione di rapporti con questa parte del mondo orientale che risale al Medioevo. La città, che nel 1605 accolse Anthony Sherley, il celebre ambasciatore inglese di Shah Abbas, fratello di Robert, ritratto da Anton van Dyck nel 1622 in abiti orientali, continuava ad essere uno snodo importante del commercio con il Medio e l’estremo Oriente e l’afflusso di merci pregiate dalla Persia era assicurato anche grazie all’intermediazione di mercanti armeni. 

Una sezione della mostra è dedicata alla presenza di tappeti, tessuti e altri manufatti persiani nelle dimore nobiliari, attestata dai dipinti dell’epoca e dai documenti d’archivio, mentre la curiosità e l’attenzione della classe dirigente genovese nei confronti dell’Impero Safavide, in competizione con quello Ottomano, è rivelata anche dalle numerose opere a stampa dedicate alla storia e ai costumi persiani provenienti dalle biblioteche delle famiglie aristocratiche.

La mostra, insieme all’esposizione “I magnifici tappeti Sanguszko. I tappeti più belli del mondo: un gruppo unico di capolavori dalla Persia del XVI secolo“, aperta nello stesso periodo in Palazzo Rosso, cui si ricollega strettamente, è inserita nel progetto Genova per Rubens. A Network, nato attorno alla mostra Rubens a Genova, curata da Nils Büttner e Anna Orlando (Genova, Palazzo Ducale, 6 ottobre 2022 – 22 gennaio 2023).

Orari: martedì – venerdì: 09.00 – 18.30; sabato e domenica: 09,30 – 18,30
Infobiglietteriabookshop@comune.genova.it
Catalogo: Sagep


Melina Cavallaro
Uff. stampa & Promozione FREE TRADE Roma, Media Relations per la Città di Genova 
Valerio de Luca –  resp. addetto stampa
Via Piave 74, 00198 Roma

Bologna, MAMbo: “Non sono dove mi cercate. Porpora Marcasciano, il movimento, dall’underground al queer al MIT”

Non sono dove mi cercate. Porpora Marcasciano, il movimento, dall’underground al queer al MITVeduta della mostra al MAMbo – Museo d’Arte Moderna di Bologna, Foto Ornella De Carlo

Non sono dove mi cercate
Porpora Marcasciano, il movimento, dall’underground al queer al MIT
A cura di Michele Bertolino
con un’installazione sonora di ALMARE, Non siamo dove ci cercate

MAMbo – Museo d’Arte Moderna di Bologna | Project Room 11 novembre 2022 – 8 gennaio 2023
Opening giovedì 10 novembre 2022 h 18.00

La Project Room del MAMbo – Museo d’Arte Moderna di Bologna, spazio tematico in cui vengono ricostruite, raccontate e valorizzate le esperienze artistiche del territorio bolognese ed emiliano-romagnolo, si apre a un nuovo progetto espositivo che sarà vi- sibile dall’11 novembre 2022 all’8 gennaio 2023: Non sono dove mi cercate. Porpora Mar- casciano, il movimento, dall’underground al queer al MIT.

La mostra, a cura di Michele Bertolino, presenta una selezione di disegni inediti, che Marca- sciano realizza dagli inizi degli anni Settanta, quando per la prima volta scende le scale dello Studio Uno Underground, un centro sociale, sede politica e galleria d’arte gestita da alcuni hip- pies nel suo paese natale, San Bartolomeo in Galdo (Benevento).

Prodotti tra il 1973-1977 e ancora dal 1981 alla metà del decennio, e dimenticati per diversi anni in soffitta, i disegni sono composizioni psichedeliche in cui gli immaginari di un’intera generazione prendono la forma di surreali paesaggi meccanici e formazioni stratificate in cui corpi alieni, mani e labbra, seni, vagine, falli e tubi si fondono l’uno nell’altro.

La stessa tecnica riflette la porosità del contesto in cui le opere sono state eseguite: la carta è spesso lavorata con il diluente, o acqua ragia, che permette di trasferire colori e immagini da quotidiani o fotografie e giocare con macchie e sfumature, facendo emergere favole e incastri. Il rock acido dei Pink Floyd e il teatro anarchico del Living Theater prima, poi la pratica rivolu- zionaria, creativa e “frocia” e l’esperienza in transito: tutto si condensa in acquerelli e collage da cui trasuda l’immagine di un corpo collettivo senza organi, espanso e resistente.

Sui disegni è la stessa Porpora Marcasciano a raccontare:
Qualche anno prima di morire, mia mamma sistemando la soffitta di casa, fece una scoperta archeologica per me importantissima: una vecchia cartella contenente circa cinquanta di miei disegni datati 1973-1977 e alcuni più recenti datati prima metà degli anni Ottanta. Da aggiun- gere alla narrazione la mia passione nel dipingere e disegnare che si interruppe in una fase cri- tica della vita a metà degli anni ottanta. I disegni più che un valore artistico hanno, a mio av- viso, un valore simbolico poiché incarnano nei segni e nel significato il senso profondo di quegli anni. Io la considero pura creatività psichedelica”.

Le vicende del ‘77 italiano, i convulsi anni del Movimento Frocio che conquista il Cassero di Por- ta Saragozza nel 1982, l’affermarsi politico dell’esperienza trans con l’approvazione della legge 164, che consente alle persone trans di vedere riconosciuto il proprio genere elettivo, sono pas- saggi importanti, iscritti nel significato e nell’iconografia dei disegni di Marcasciano.

Tali fermenti e movimenti politici, di cui Bologna è uno dei principali laboratori, si lasciano in- travedere nella Project Room del MAMbo, tramite una raccolta di materiali d’archivio. Ritagli di giornali, fotografie, libri, comunicati stampa, documenti politici, flyer e copertine di dischi so- no riprodotti su pannelli semitrasparenti che riconfigurano l’architettura della sala. In questo modo il pubblico è immerso in cronologie non lineari, obbligato a spostare continuamente lo sguardo in un viaggio alla ricerca di genealogie personali.

Le stesse atmosfere vengono attualizzate nell’installazione sonora Non siamo dove ci cercate realizzata per l’occasione da ALMARE, in cui testimonianze, canzoni, registrazioni e materiali d’archivio ci proiettano nel mezzo di rumori e sogni tuttora attuali.

Non sono dove mi cercate. Porpora Marcasciano, il movimento, dall’underground al queer al MIT prova così a tracciare la pagina del diario di un’epica plurale e favolosa, mescolando i dise- gni con voci singole e canti collettivi dove possano prendere corpo la creatività psichedelica, il sesso anarchico, la felicità radicale e l’utopia.

La mostra si realizza con la collaborazione di: MIT – Movimento Identità Trans, Divergenti – Festival internazionale di cinema trans, Archivio storico del MIT.
Si ringraziano inoltre: Centro di Documentazione “Aldo Mieli” e Centro di Documentazione “Flavia Madaschi” Cassero LGBTI+ Center.

Porpora Marcasciano (San Bartolomeo in Galdo, Benevento, 1957) è tra quellə che “nel 1977 avevano vent’anni e ora sono minorenni” (A. Pazienza): attivista, sociologa, attrice, figura di riferimento del movimento queer italiano, artista. Le sue tante vite hanno attraversato Napoli e Roma, e sono approdate a Bologna; si sono intrecciate con il movimento del ‘77, i collettivi gay e il movimento trans; hanno scritto libri, intessuto storie altrimenti dimenticate, disegnato ri- tratti collettivi.


SCHEDA TECNICA

Mostra:
Non sono dove mi cercate. Porpora Marcasciano, il movimento, dall’underground al queer al MIT

A cura di:
Michele Bertolino

Promossa da:
Settore Musei Civici Bologna | MAMbo – Museo d’Arte Moderna di Bologna

Sede:
MAMbo – Museo d’Arte Moderna di Bologna via Don Minzoni 14 | Bologna

Periodo di apertura: 11 novembre 2022 – 8 gennaio 2023 Opening giovedì 10 novembre 2022 h 18.00

Orari di apertura:
martedì e mercoledì h 14-19
giovedì h 14-20
venerdì, sabato, domenica e festivi h 10-19 chiuso lunedì non festivi

Ingresso:
Intero 6 euro | ridotto 4 euro | gratuito per possessori Card Cultura

Informazioni generali:
MAMbo – Museo d’Arte Moderna di Bologna via Don Minzoni 14 | 40121 Bologna
www.mambo-bologna.org
info@mambo-bologna.org
Facebook: MAMboMuseoArteModernaBologna
Instagram: @mambobologna
Twitter: @MAMboBologna
YouTube: MAMbo channel

Settore Musei Civici Bologna
www.museibologna.it
Instagram: @bolognamusei

Ufficio stampa Settore Musei Civici Bologna
e-mail UfficioStampaBolognaMusei
Elisa Maria Cerra e-mail elisamaria.cerra@comune.bologna.it
Silvia Tonelli e-mail silvia.tonelli@comune.bologna.it
Con la collaborazione di Ornella De Carlo

Venezia, Galleria Alice Schanzer: AMOR CON AMOR SI PAGA mostra personale di Concetta De PASQUALE

Concetta De Pasquale – Luna piena a Stromboli 2019 – Acquerello su carta nautica

Concetta DE PASQUALE
Amor con amor si paga 

a cura di Silvia Previti 

10.11 – 10.12.2022

Inaugurazione  Giovedì 10 novembre ore 18.30

Galleria Alice Schanzer

Campo S. Margherita
Dorsoduro 3061, Venezia

La mostra personale “Amor con amor si paga” dell’artista Concetta De Pasquale è la nuova esposizione della Galleria Alice Schanzer di Venezia, visitabile dal 10 novembre al 10 dicembre 2022 con inaugurazione giovedì 10 novembre alle ore 18.30 con presentazione di Silvia Previti.

Ospitando la mostra di Concetta De Pasquale, la Galleria Alice Schanzer, già presente anche a Sutri (Viterbo) con una galleria gemella, intende promuovere un ciclo di mostre dedicate ad artisti contemporanei che abbracciano i parametri etici, culturali e spirituali dell’Arte, in sintonia con la visione umanista del luogo.

La Galleria porta il nome della poetessa e critica letteraria Alice Schanzer (1873-1936) e nasce per volontà del pronipote Marco Schanzer come luogo di trasmissione dei valori culturali umanistici, svincolati dagli attuali sistemi dell’Arte.

L’esposizione “Amor con amor si paga” vuole essere un nuovo approdo della personale “L’Incontro sull’Isola”, già realizzata dall’Artista questa estate a Stromboli, dedicata alla storia d’amore dei suoi genitori nata sull’isola nel 1953, un amore forte e intessuto di sottili sentimenti che Concetta De Pasquale racconta con un linguaggio intimo, onirico e metapoietico attraverso le sue opere e lo affida alle parole in catalogo  della scrittrice Lidia Ravera. 

In questa mostra veneziana  sono esposti 14 lavori, su carte di cotone e carte nautiche dell’Archivio storico di Stromboli, realizzati ad acquerello e foglia oro. 

Nelle opere vengono interiorizzati e trasferiti i colori dell’isola, il blu del mare, il colore terroso del paesaggio vulcanico, l’oro del bagliore riflesso sul Tirreno, dato dall’utilizzo della foglia oro, che conferisce un senso di preziosità alle carte nautiche del luogo dove è nato questo amore. E’un paesaggio filtrato dagli occhi di chi vive il mare dalla barca a vela, passione che la De Pasquale vive come necessità per meglio esprimersi, circondata da suggestioni visive e sconfinata libertà. Si ritrovano i simboli marini e nautici del Nautilus, la sensazione liquida e permanente delle onde, l’immensità delle storie che hanno da raccontare le carte antiche così come gli abissi

Sono lavori che trasudano  l’amore per i genitori e tracciano nuove rotte dell’Anima e della memoria di famiglia dall’isola di Stromboli fino alla Laguna di Venezia. 

Seguendo un fil-rouge spazio-temporale tra passato e presente, Concetta De Pasquale omaggia questa storia d’amore che, da intima e personale si tramuta in segno e colore per plasmare, attraverso le immagini, una visione umanista dei luoghi e dell’Amore universale così come espresso dal linguaggio poetico del Petrarca. 

“Amor con amor si paga
Chi con amor non paga
Degno di amor non è” 

                     de Rebus Memorandis (1343-45)

L’artista si è formata nell’ambito milanese dell’Accademia di Belle Arti di Brera, frequentando gli studi degli scultori Fausto Melotti e Nanni Valentini, suoi maestri nell’uso minimale e rigoroso della materia. 

Dopo le prime esperienze con materiali diversi, la sua attenzione si è fermata sulla carta che diventa supporto privilegiato per una pittura organica, essenziale ed intima che indaga il corpo nella sua doppia valenza, fisica e spirituale.

La sua è una pittura visionaria che scaturisce dall’esperienza che il proprio corpo compie incontrando direttamente la carta, in un corpo a corpo che accoglie, come un sudario, i segni, le impronte e le tracce di un’esperienza che prima di essere pittorica è mentale e spirituale.

L’amore per il viaggio e per la navigazione in barca a vela, la inducono ad utilizzare le vecchie carte nautiche come nuovo supporto, dove le rotte già segnate si arricchiscono per indicare nuove vie e nuovi viaggi immaginari. 

Nascono così collaborazioni con numerose istituzioni dell’ambito marittimo e museale come: l’Istituto Idrografico della Marina Militare, il Museo Regionale d’Arte Moderna e Contemporanea Riso di Palermo, il Museo Civico del Carmine di Marsala, il Tecnico Navale della Marina Militare di La Spezia e il Museo del Mar di Santa Pola in Spagna.

Concetta De Pasquale – L’incontro sull’isola, Stromboli 2022 – cm 66 x 46 – acquerello, foglia d’oro e carta su carta nautica

Biografia

Nata a Salò nel ’59, si laurea in lettere specializzandosi in Storia dell’Arte all’Università di Urbino. Successivamente si laurea in pittura all’Accademia di Belle Arti di Brera, a Milano, dove frequenta gli studi degli scultori Fausto Melotti e Nanni Valentini, suoi maestri nell’uso minimale e rigoroso della materia.  Dopo le prime esperienze con materiali diversi, la sua attenzione si ferma sulla carta che diventa supporto privilegiato per una pittura organica essenziale ed intima che indaga il corpo nella sua doppia valenza, fisica e spirituale.  

Negli anni il suo percorso artistico si fa sempre più intenso arricchendosi, durante i suoi molteplici viaggi, di importanti scambi artistici con personalità di spicco nel mondo dell’arte e della cultura, scrittori, architetti, fotografi, registi e musicisti, con i quali intraprende un dialogo creativo realizzando in team libri d’arte, spettacoli, performance ed installazioni.

Dopo gli anni di insegnamento al Liceo Artistico, oggi vive e lavora nel suo studio sul mare, in Sicilia, avventurandosi spesso in viaggi in barca a vela come “Pittrice di bordo” per realizzare personalissimi taccuini di viaggio e per tracciare rotte reali e immaginarie su vecchie carte nautiche. 

Dal 1979 ad oggi ha esposto in spazi pubblici e gallerie private in Italia e all’estero: Stoccolma, Lisbona, Parigi, Nizza, Principato di Monaco, Londra, Strasburgo, Budapest, Bruxelles, Berlino, Lugano, Dubai, Indonesia, realizzando mostre personali in prestigiosi Musei e Spazi Istituzionali.

Di lei si sono occupati i critici e storici dell’arte: Francesco Gallo Mazzeo, Fiorella Nicosia, Tommaso Trini, Roberto Sanesi, Antonio Vitale, Marco Marinacci, Giosuè Allegrini, Marco Moretti, Francesco Carbone, Carmela Cappa, Giovanna Famà, Ornella Fazzina, Gaetano Bongiovanni, Katia Giannetto, Alessandro Masi, Maurizio Vitiello, Vittorio Sgarbi, Giulia Jurinich, Teresa Pugliatti, Lucio Barbera, Giovanna Giordano, Giorgio di Genova, Stefano Miliani, Maria Teresa Roberto, Giuliano Serafini, Andrea Guastella, Susanna Ravelli.

Sue opere sono presenti in Musei e in importanti Collezioni pubbliche e private in Italia e all’Estero. 

Selezione di esposizioni

Museo Diocesano Francesco Gonzaga di Mantova (2022);
Museo del Mar di Santa Pola in Spagna (2021);
Galleria d’Arte Moderna e il Museo Regionale di Messina (2012-2020);
Museo Regionale d’Arte Moderna e Contemporanea Riso e la Fondazione Federico II dell’A.R.S. di Palermo (2017-2018);
Fondazione Orestiadi di Gibellina, il Museo Civico del Convento del Carmine di Marsala e il Museo Tecnico Navale della Marina Militare di La Spezia (2018);
Maschio Angioino e il PAN-Palazzo delle Arti di Napoli (2014-2017);
Forte Stella a Porto Ercole (2016);
Palazzo Duchi di Santo Stefano di Taormina (2002-2006-2015);
Palazzo D’Amico e il Museo del Castello di Milazzo (2012-2014);
Palazzo Medici Riccardi a Firenze, il Palazzo della Cultura di Catania e la Galleria Civica di Arte Contemporanea Montevergini a Siracusa (2013); 
Palazzo Zenobio a Venezia (2011);
Palazzo della Loggia dei mercanti di Montepulciano (2008-2009).

Per la città di Messina nel 2010 ha progettato e realizzato una scultura monumentale commissionata dal Comune per la piazza del Teatro Vittorio Emanuele, “L’abbraccio dell’Angelo” omaggio al suo maestro Fausto Melotti. 

È stata invitata a realizzare Residenze d’Artista in Italia e all’estero e a partecipare a Rassegne d’Arte internazionali come, la Biennale Internazionale d’Arte Contemporanea a Firenze nel 2003 curata da John Spike; Le avventure della forma nel 2012, curata da Marco Moretti alla Fondazione Terre Medicee di Seravezza; al Padiglione Italia della 54° Biennale di Venezia, e nel 2015 ad Artisti di Sicilia e all’ Expo di Milano curate da Vittorio Sgarbi; a BIAS nel 2018 e 2020 – Palermo, Sicilia, Venezia, Egitto, Israele a cura di Chiara Modica Donà dalle Rose. 

Nel 2019 è stata invitata ad esporre le sue opere all’Istituto Idrografico della Marina Militare e al Salone Nautico Internazionale di Genova da Swiss Logistics Center e ContainerLab che hanno curato la sua partecipazione anche nel 2019 e nel 2021 a WopArt works on paper a Lugano e ad Azimut – Milano nel 2022. 

Attualmente è impegnata a Venezia nel progetto PostUmano Reliquie in viaggio, in dialogo con il  Padiglione San Marino della 59° Biennale Arte.


SCHEDA INFORMATIVA

MOSTRA

“Amor con amor si paga…”
Di Concetta De Pasquale
10.11.2022 >10.12.2022

Vernissage 10.11.22 ore 18.30

DOVE
Galleria Alice Schanzer, Campo S. Margherita, Dorsoduro 3061, Venezia

ORARI DI VISITA
Orari apertura mostra: 10.30 – 12.30 / 16.30 – 19.30
Per appuntamento: 349 66 39 827 – 347 70 30 568

Si ringraziano Marco SCHANZER, Studio Silvio PASQUALINI, CONTAINER LAB Association e OLG INTERNATIONAL SA per il sostegno al progetto artistico. 

UFFICIO STAMPA
CRISTINA GATTI 
cristina.gatti@fg-comunicazione.it