Roma, Canova22: Per il bicentenario di Canova, CRISALIDE di Fiorenzo Zaffina nell’antica fornace del sommo scultore

Fiorenzo Zaffina
CRISALIDE

A cura di Alberto Dambruoso

Inaugurazione 9 febbraio 2023 ore 18.30

Canova22 – Antica Fornace del Canova
Via Antonio Canova 22 — Roma

Fino all’11 marzo 2023

Il giorno 9 febbraio 2023 alle ore 18.30, all’interno delle Celebrazioni del Bicentenario della morte di Antonio Canova, inaugura presso Canova22, l’antica Fornace del Canova, “CRISALIDE” di Fiorenzo Zaffina a cura di Alberto Dambruoso. La mostra è accompagnata da un catalogo edito da Bordeaux edizioni, con i testi di Alberto Dambruoso, Giuseppe Pansini, Antonella Marrone, Mara Luzzatto e Elisabetta Serpi, la quale ha curato anche le musiche che accompagnano l’installazione all’interno dello spazio espositivo. 

Il curatore, Alberto Dambruoso, presenta l’opera nel testo. “

Amore e Psiche secondo Fiorenzo Zaffina

di Alberto Dambruoso

In occasione del bicentenario della morte del sommo scultore neoclassico Antonio Canova, un altro scultore -Fiorenzo Zaffina- gli rende omaggio reinterpretando una delle sue sculture più note ed apprezzate: Amore e Psiche.

Il tributo a Canova da parte di Zaffina viene tra l’altro compiuto proprio in uno dei luoghi cari al Canova per la creazione delle sue opere, ovvero all’interno della fornace in cui modellava i bozzetti in creta.
Nel corso degli ultimi due secoli sono stati molti gli scultori che si sono ispirati ad Amore e Psiche, offrendo differenti versioni del mito raccontato da Apuleio nelle Metamorfosi, ma nessuno di questi prima di Zaffina, si era spinto al punto da creare un d’après dell’opera trasparente. Sì perché il gruppo scultoreo creato da Zaffina è costituito da dei blocchi di plexiglass sui quali l’artista è intervenuto scolpendo in negativo.

Zaffina si è distinto negli ultimi trent’anni per un tipo di ricerca in cui ha saputo coniugare forme e modi della scultura classica con un approccio da archeologo del contemporaneo. Per anni lo scultore di origini calabresi ma romano d’adozione, ha scavato in pareti, muri, rocce facendo affiorare dalle crepe circuiti elettrici, computer e in generale elementi appartenenti alla civiltà tecnologica. Un mondo tutt’altro che scomparso ma di cui l’artista, cosciente del principio di obsolescenza proprio dei nostri tempi, ne ha preconizzato la sparizione e ci ha offerto una finestra sul futuro, mostrandoci, forse un giorno non troppo lontano, vedranno le prossime generazioni. 

Il classico e il contemporaneo sono quindi due poli sui quali l’artista ha da sempre incentrato la sua attenzione e che possiamo ritrovare pienamente anche in questa scultura: classico è il tema del racconto, classica o meglio neoclassica anche la forma ricavata dalla scultura del Canova ma contemporanea è sia la tecnica esecutiva, sia il materiale con il quale è stata plasmata. Si rimane stupefatti di fronte a questo omaggio di Zaffina a Canova per almeno due motivi: primo perché il confronto con un gigante della storia dell’arte come Canova poteva essere soverchiante non lasciando scampo a Zaffina e invece quest’ultimo ne esce reggendo benissimo il paragone; secondo perché Zaffina al pari di Canova ha dato una dimostrazione di sapienza esecutiva elevatissima riuscendo a realizzare una scultura in grado di dare una precisa forma fisionomica ed anatomica ai vari personaggi scavando con un piccolo strumento elettronico incisorio il blocco di plexiglass. Un prodigio tecnico che dimostra tra l’altro l’assoluta padronanza di una tecnica di cui Zaffina è certamente uno dei massimi interpreti a livello internazionale. 

Zaffina ha così creato un’opera di rara bellezza che non solo compete con quella di Canova per il virtuosismo tecnico, ma ne offre una sua nuova visione, rendendola contemporanea. 

Fiorenzo Zaffina

Fiorenzo Zaffina, nato a Lamezia Terme, vive e lavora a Roma dal 1970. Dopo aver frequentato il liceo artistico nelle città di Reggio Calabria e Roma, consegue il diploma a Catanzaro. Tornato nella capitale prosegue l’attività espositiva, iniziata in Calabria, con una serie di collettive e due personali ricevendo premi e riconoscimenti. Si iscrive alla Facoltà di Architettura e continua gli studi presso l’Accademia di Belle Arti e la Scuola Libera del Nudo. Nel 1993, quando prende parte al Premio Marche curato da Renato Barilli, ha già avviato una propria ricerca volta alla “dissezione” dei muri e alla conseguente rivelazione di anfratti, scenari segreti, realtà insondabili se non attraverso un gesto che, non finalizzato a ferire, contribuisce a creare una dimensione spaziale altra. Nel 2016, dopo quattro anni di sperimentazione su un nuovo materiale l’artista presenta per la prima volta in assoluto al Museo MAON di Rende (Cosenza), dei blocchi di plexiglass scavati, scoprendo ancora una dimensione. 


Crisalide, d’Anima è Corpo di Fiorenzo Zaffina
L’Arte vive d’ … Amore è Psiche!

di Giuseppe Pansini

Nel suo omaggio, nelle forme e nei luoghi di Canova, Fiorenzo Zaffina accenta, accentua, la congiunzione tra Eros e Anima. La “e” è copula. La Psiche è Corpo svelato, sottratta agli inferi … al male. Strappata alla fascinazione del piacere della morte! Già, perché l’Ero … s … enz’Anima cade negli onnipotenti abissi dell’odio, dei conflitti interiori e non.

Nell’opera di Fiorenzo Zaffina, infatti, le figure non sono “blocchi” di pietra contrapposti ma diafani pensieri scavati, estratti dal profondo della sua, della nostra “Anima”. Sono frammenti di Sé, del Sé collettivo, che s’integrano nella promessa d’un bacio, d’un bacio d’Amore. 

Il bacio d’Amore che prende la finitezza d’ogni essere umano e la innalza, spiegando le sue ali, portandola sulle vette dell’eterna esistenza dei nostri multi-versi.

Qual è, allora, il momento della fiaba d’Apuleio che l’artista mostra? Quello degli incontri al buio che precedono la fuga d’Amore, forse! Perché Eros resta un mistero per ciascuno di noi finché, spinti dalla cieca incertezza, volgiamo lo sguardo verso di Lui. Senza indugiare troppo, però! Perché il lume della nostra ragione può ferire il nostro Amore e rischiamo di restarne privi per sempre: nulla è più doloroso della mancanza dell’oggetto amato o dell’amore dell’oggetto amato. É Amore che tiene in mano le sorti del nostro essere felici d’essere nel mondo. È possibile? Certo! Quando la nostra Psiche, attraversando le selve dove si annidano le nostre ombre, si rende consapevole di “voler essere più bella per Amore”.

Preferisco, perciò, come la fanciulla ne “L’asino d’oro” d’Apuleio, cui la vecchia megera, complice dei briganti, narra la fiaba per consolarla, essere “rapito” (senza riscatto, però! Mi perdoni l’artista, ma l’Amore non ha prezzo!), dall’opera di Fiorenzo Zaffina, per cogliere l’istante in cui Amore salva la sua Psiche dalle tenebre per farne la sua sposa-dea tra gli dei. Un invito, pertanto, il suo, a compiere quel matrimonio tra Eros e Psiche, tra Anima e Corpo, che ci rende “unici”, individui tra individui, ricucendo le parti scisse del Sé, individuale e collettivo, tramite la fruizione della propria opera d’arte, per asservire le forze distruttive a vantaggio dei processi creativi. Dall’incontro del fruitore con l’artista tramite l’opera d’arte,  dall’unione tra Eros e Psiche nasce Voluttà, il piacere, il piacere della bellezza d’essere con Amore, per Amore.

Eros è Psiche [1], pertanto! Eros è l’asino che mangiando le rose di Iside, torna a essere un uomo, un Uomo-Umanità d’oro avendo conosciuto, come Medardo di Terralba, il visconte dimezzato da Calvino, la parte peggiore e migliore di Sé, del Sé.

Fiore … nzo Zaffina, in questo suo viaggio chiamato Amore e Psiche, ci restituisce, perciò, le sue rose, le nostre rose, boccioli di rose rosa, bourbon, senza spine, senza sangue né lagrime, che brillano a lume di candela … 

La rosa della rosa
domanda alla rosa 
una rosa.

Oh, rosa da una rosa! [2]

Rosa dà una rosa, Crisalide- Farfalla d’Anima è Corpo di Fiorenzo Zaffina!

[1] Àmart, Eros è Psiche, in G. Pansini, Gioia e Mariasole Fortuna, la fiaba e il discorso della psicologia nell’arte, F. Angeli Ed., Milano 2020, pag. 117.
[2] Sammarco Conte Angela, Al circo Illuminista, Ed. dell’Elefante, Tivoli 2010, pag. 137.


INFO

Fiorenzo Zaffina
CRISALIDE
A cura di
Alberto Dambruoso
Testi in catalogo di Alberto Dambruoso, Giuseppe Pansini, Antonella Marrone, Mara Luzzatto e Elisabetta Serpi
Promossa da Canova 22 – Antica Fornace del Canova
Grafica di Paolo Residori
Fotografie di Roberto Vignoli, Alberto Guerri, Enrico De Bernart
Musica di Elisabetta Serpi
Video di Enrico De Bernart
Catalogo Bordeaux edizioni
Inaugurazione 9 febbraio 2023 ore 18.30
Fino all’11 marzo 2023
Orari: dal martedì a domenica 17.00 – 20.00

Canova22 – Antica Fornace del Canova
Via Antonio Canova 22 — Roma
canova22press@gmail.com
0623481237
www.canova22.com
Fiorenzo Zaffina
www.fiorenzozaffina.it
zafio@icloud.com 
Ufficio Stampa 
Roberta Melasecca Melasecca PressOffice – Interno 14 next
roberta.melasecca@gmail.cominfo@melaseccapressoffice.it

A Padova Frida Kahlo e Diego Rivera – Una delle più travolgenti storie d’amore e di passione dell’intera storia dell’arte

Nickolas Muray: Frida Kahlo on Bench #5, 1939 Carbon print, 45.5 x 36 cm The Jacques and Natasha Gelman Collection of 20th Century Mexican Art and the Vergel Foundation © Nickolas Muray Photo Archives

FRIDA KAHLO e DIEGO RIVERA

Padova, Centro Culturale Altinate San Gaetano

14 febbraio – 4 giugno 2023

Mostra a cura di Daniela Ferretti

Vernice per la Stampa: 14 febbraio 2023, ore 12.00

La mostra aprirà al pubblico il 14 febbraio, “Festa degli innamorati”, dalle ore 15.00 alle 21.00 con ingresso ridotto per tutti pari a 10€.

A Padova, al Centro Culturale Altinate San Gaetano, dal 14 febbraio al 4 giugno 2023, una grande, corale mostra racconta i due artisti messicani, assurti a miti a livello planetario. Padova sarà l’unica tappa italiana di uno storico tour mondiale. Promossa dall’Assessorato alla Cultura del Comune di Padova, la mostra è organizzata dalla Vergel Foundation, MondoMostre e Skira, in collaborazione con l’Instituto Nacional de Bellas Artes y Literatura (INBAL), con la curatela di Daniela Ferretti.

Diego Rivera: Portrait of Natasha Gelman, 1943, Oil on canvas, 115 x 153 cm The Jacques and Natasha Gelman Collection of 20th Century Mexican Art and the Vergel Foundation © by SIAE 2023

Il nucleo fondamentale delle opere giunge dalla celeberrima collezione statunitense di Jacques e Natasha Gelman, lui regista di successo e raffinato collezionista, lei che, dopo la morte di lui, continua, con brillante competenza, ad arricchire la collezione, al motto – come ricorda nel suo saggio in catalogo Daniela Ferretti – “Adesso mi tocca lavorare per due”.

I coniugi, che pur nella loro collezione contavano sul meglio dell’arte contemporanea europea, da Balthus, a Chagall, Giacometti, Matisse, Picasso, al giovane Bacon, ebbero un rapporto particolarmente intenso con i due artisti messicani, dai quali si fecero anche ritrarre. Così nella loro collezione entrarono le diverse fondamentali opere di Frida, tra le quali i suoi più celebri autoritratti, e di Diego, presenti in mostra.

È una esposizione corale, quella che viene proposta al San Gaetano. Accanto alla grande pittura (ben 23 le opere di Frida Kahlo e 9 quelle di Diego Rivera), ad essere proposta, e non a caso, è anche la fotografia. Karl Wilhem Kahlo, ebreo tedesco emigrato in Messico, era un abile fotografo d’architettura. Frida, giovanissima, lo accompagnava nelle sue campagne in giro per il Messico e questa collaborazione influenzò molto la sua arte, a partire dalla “consuetudine con la oggettività ed anche la crudezza di chi maneggia una macchina fotografica” fino alla rigorosa costruzione dell’immagine e al minuzioso gusto per il dettaglio”, scrive Dario Dalla Lana.

Frida, così come, in modo più limitato Diego, attrasse l’attenzione dei migliori fotografi internazionali del suo tempo. In mostra ritratti realizzati da Héctor Garcia, Manuel Álvarez Bravo, Giséle Freund, Martin Munkacsi, Nickolas Muray, Lucienne Bloch, Edward Weston.

Una sezione, coloratissima, è infine riservata ai costumi messicani, i cui colori si riverberano nelle opere di lei e nelle opere, dai murales agli oli su tela, di lui.

È il Messico iconico, forte, vivo quello che emerge in questa mostra, quella terra e quelle persone che nella parte centrale del ‘900 attrasse intellettuali, artisti, militanti e avventurieri dal Vecchio Continente. E nessuno come Frida Kahlo e Diego Rivera ha saputo tradurre nell’arte quel mondo di passione, bellezza, forza e sofferenza.

Victoria Combalía, nel suo intervento in catalogo, si chiede: “Chi era davvero Frida Kahlo? Perché così tanta gente è affascinata, in ugual misura, dalla sua vita e dalle sue opere?

La risposta, o una delle diverse possibili risposte, la trova nel racconto della sua nascita. “Magdalena Carmen Frida Kahlo Calderón venne al mondo il 6 luglio 1907 nel quartiere di Coyoacán, a Città del Messico. Anni dopo avrebbe dedicato un quadro alla propria nascita: una bimba che sembra morta sorge da una donna il cui volto è celato da un lenzuolo; sul letto, un’effigie dell’Addolorata trafitta dalle spade, come una sorta di presagio di tutte le disgrazie a venire.

Con grande perspicacia e una buona dose di maschilismo, Diego Rivera disse che Frida esprimeva “con franchezza assoluta e in modo tranquillamente feroce, i fatti generali che riguardano esclusivamente le donne”. Per lui, come per Picasso, la donna era destinata a soffrire. Non a caso aveva affermato: “Quanto più amo una donna, tanto più desidero ferirla”.

In realtà sembrano essere esistite tre Frida differenti, se non di più. Una è quella rivelata dalle lettere e dagli scritti dell’artista: una persona sofferente e instabile, ma anche vivace, politicamente combattiva, sempre in cerca di amore, contraddittoria, ironica e dotata di un grande senso dell’umorismo. La seconda è la Frida altezzosa che inchioda lo sguardo sull’osservatore fino a ipnotizzarlo, impassibile e con il viso leggermente reclinato da un lato. L’ultima è quella che, senza mai trascurare la fierezza e il contegno, si presenta come una maschera di dolore; l’icona, ben presto convertitasi in simbolo della sofferenza delle donne, su cui si fonda l’interpretazione della sua pittura come una rivendicazione della condizione femminile. Oggi come ieri, il mito di Frida Kahlo continua a vivere”.

Per entrare nel mondo della coppia di artisti messicani, sarà disponibile una ricca offerta di attività didattiche per le scuole di ogni ordine e grado e per il pubblico adulto.

Il catalogo della mostra è prodotto da Skira Editore.

Radio ufficiale: RADIO MONTE CARLO

Maggiori informazioni saranno disponibili sul sito www.mostrafridapadova.it.


Indirizzo:
Padova, Centro Culturale Altinate San Gaetano (via Altinate n.70)
 
Biglietti
Intero 15 €
Ridotto 13,00€: valido per visitatori dai 18 ai 25 anni, convenzioni e docenti
 
Info E Prenotazioni
0492010010
 
Orari
Dal lunedì al giovedì e i weekend: 10:00-19:30
Venerdì: 10:00-22:00
Ultimo ingresso singoli, lunedì, martedì e dal giovedì alla domenica: 19:00
Venerdì: 21:30
Giorni e orari di apertura straordinari
14.02.2023 – dalle ore 15.00 alle ore 21.00
09.04.2023 – dalle ore 10.00 alle ore 19.30
25.04.2023 – dalle ore 10.00 alle ore 19.30
01.05.2023 – dalle ore 10.00 alle ore 19.30
02.06.2023 – dalle ore 10.00 alle ore 22.00
 
 
Ufficio Stampa:
Studio ESSECI, Sergio Campagnolo tel. 049.663499
Rif. Roberta Barbaro roberta@studioesseci.net

Presentazione del libro d’artista “Eredi Boggiano” di Cristiano Berti al Goethe-Institut di Roma

Presentazione del libro “Eredi Boggiano” di Cristiano Berti al Goethe-Institut di Roma

L’evento si inserisce nel programma della settimana di riflessioni e iniziative sui crimini e sulle eredità del colonialismo italiano, organizzata dalla “Rete Yekatit 12-19 Febbraio”

Proseguono le presentazioni dell’originale libro d’artista Eredi Boggiano di Cristiano Berti con una nuova tappa a Roma. Il libro,edito da Quodlibet,verrà presentato il 15 febbraio alle ore 17.00al Goethe-Institut.

Eredi Boggiano è un progetto realizzato grazie al sostegno dell’Italian Council (X edizione, 2021), programma di promozione internazionale dell’arte italiana della Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero della Cultura.

L’evento di Roma fa parte della settimana di riflessioni e iniziative sui crimini e sulle eredità del colonialismo italiano organizzata dalla “Rete Yekatit12-19Febbraio”. A dialogare con l’autore Cristiano Berti sarà Viviana Gravano, curatrice d’arte contemporanea e docente presso l’Accademia delle Belle Arti di Brera.

Protagonista dell’indagine di Berti è la sorprendente e conturbante eredità cubana lasciata da Antonio Boggiano, un facoltoso commerciante italiano vissuto a Cuba nella prima metà dell’Ottocento e lì divenuto proprietario di una piantagione di caffè. Secondo il diritto consuetudinario vigente nelle colonie spagnole, alla persona fatta schiava veniva automaticamente dato il cognome del padrone, e dallo stesso padrone poteva essere ottenuta la libertà, comprandola.

Scopriamo così, grazie alle ricerche dell’autore, che i tanti cittadini cubani che portano oggi il cognome Boggiano non sono, solo, i discendenti delle schiave e degli schiavi di questo antico emigrante, bensì i discendenti di coloro che furono capaci di acquistare la propria libertà: gli Eredi Boggiano.

I temi della schiavitù e libertà, che assieme alle ombre del colonialismo e del razzismo sono al centro del libro, ben si inseriscono nel programma di eventi della settimana di riflessioni e iniziative sui crimini e sulle eredità del colonialismo italiano, organizzata dalla “Rete Yekatit12-19Febbraio”.

Immediatamente dopo la presentazione di Roma, partirà da Cuba il tour di presentazione del libro all’estero. Il 18 febbraio l’autore parteciperà alla Feria internacional del Libro de La Habana. Sempre nella capitale cubana, il 2 marzo Cristiano Berti terrà una conferenza nel Palacio de Segundo Cabo e il 3 marzo un seminario al Museo Nacional de Bellas Artes de Cuba.

Eredi Boggiano è un libro d’artista completamente privo di immagini. Il volume mette al centro la parola, prendendo la forma di un saggio storico. Frutto di cinque anni di ricerche, Eredi Boggiano fa parte del secondo dei “Cicli Futili” una serie di opere ibride nella quale Berti coniuga ricerca archivistica e artistica, per interrogarsi sulla capacità della storia di contribuire all’interpretazione della realtà in un mondo che mescola rapidamente culture e genti.

La struttura del libro è data da dodici capitoli seguiti da un’ampia sezione di fonti documentarie. Chiude il libro la conversazione con il critico d’arte e autore Seph Rodney, sull’arte e la rappresentazione e memoria della schiavitù di cui citiamo un passaggio: “La questione al centro di questo libro e del progetto artistico nel suo complesso è cosa fare di ciò che abbiamo ricevuto, sia che stiamo occupandoci del gruppo dei Boggiano, di te scrittore e interprete di una determinata storia, di un certo giallo storico e della cultura italiana che fa da cornice al suo mistero, e di me, erede di un ambiguo e disturbante lascito caraibico. (…) Tu hai cercato nel mistero dei Boggiano il materiale per un più ampio discorso su cosa siano i Caraibi. Trovo prezioso che tu abbia rivelato questa segreta storia di imprenditorialità, viaggi, sfruttamento, schiavismo, ambizione, mescolanza di etnie e culture, inesausta ricerca di auto-determinazione. Ti sei chiesto cosa farne, e hai risposto da ricercatore desideroso di dare alla storia una forma leggibile e comprensibile per il pubblico. E ti sei chiesto cosa farne come artista, districando fili nascosti e curiosi della storia dei Boggiano per vederli caricarsi di significato sul piano di una azione creativa. Hai detto: “l’arte è dare un senso alle cose, all’esistenza, attraverso ciò che non serve”.

Il volume fa parte di un più ampio progetto intitolato Cicli futili Boggiano, del quale fanno parte due altre opere sviluppate dall’artista: un’installazione parietale formata da due grandi alberi genealogici al cui apice stanno persone nate in Africa diramandosi poi attraverso matrimoni avvenuti nella prima metà dell’Ottocento e un video in cui alcune storie raccolte dall’autore nella zona in cui si trovava un tempo la piantagione di caffè di Antonio Boggiano intersecano la conversazione una famiglia di Boggiano afrocubani. La presentazione al pubblico di queste due altre opere è prevista per la fine del 2023.

Con questo secondo episodio dei suoi “Cicli Futili”, Berti torna a osservare le sorprendenti connessioni tra la cultura cubana e italiana, già protagoniste del suo precedente libroGaggini. Le Alpi e il Tropico del Cancro (Quodlibet, 2017), centrato sull’opera dello scultore genovese Giuseppe Gaggini per la città dell’Avana. Ed è proprio durante la ricerca artistica e storica per la stesura del suo primo libro d’artista che Berti scopre l’esistenza di Antonio Boggiano, quale intermediario commerciale tra il conte di Villanueva e lo scultore.

La schiavitù a Cuba era associata alla domanda di lavoro per sostenere le piantagioni; sull’isola fu abolita molto tardi, nel 1886. Più di un milione di schiavi africani furono portati a Cuba come parte del commercio di schiavi nell’Atlantico.

BIOGRAFIA CRISTIANO BERTI

CRISTIANO BERTI (Torino, 1967) è un artista visivo; vive e lavora a Jesi. Adopera principalmente i medium della fotografia, del video e dell’installazione. Tra le personali: Uqbar, Berlino (2017); Villa Croce Museo d’Arte Contemporanea, Genova (2015); Alert Studio, Bucarest (2014); Mole Vanvitelliana, Ancona (2012); P74 Center, Lubiana, Slovenia (2010); Stanica, Zilina, Slovacchia (2008); Carbone.to, Torino (2006, 2003, 2000). Tra le collettive: Paridad Jojaha (3a Bienal Intern. de Asunción, 2020); Récits des Bords de l’Eau (4me Biennale Intern. de Casablanca, 2018); Black Disguises (Museum of Modern and Contemporary Art, Rijeka, 2017); Residual (New Art Exchange, Nottingham, 2015); Overlapping Biennial (5th Biennial of Young Artists, Bucarest, 2012); Roma-Sinti-Kale-Manush (Autograph ABP, Londra, 2012); Da Guarene all’Etna (Fond. Sandretto Re Rebaudengo, Guarene, 2009); Artist-Citizen (49th October Salon, Belgrado, 2008);Speaking Volumes (Holter Museum of Art, Helena, US, 2008); Sexwork (NGBK, Berlino, 2006); BIG 2002, 2.a Biennale Internazionale di Torino (2002). Insegna all’Accademia di Belle Arti di Macerata. 

APPROFONDIMENTO SUI PROTAGONISTI DEL LIBRO

Antonio Boggiano.

Nato a Savona nel 1778, figlio di un orafo, partì per l’America a diciotto anni, su una fregata spagnola. Giunto a Cuba vi fece fortuna, stabilendosi nella città di Trinidad. Lì si sposò con una creola, María de las Nieves Hernández. I due ebbero tre figlie e due figli, ma una delle bambine morì subito. Incinta una sesta volta, María de las Nieves morì all’età di ventisette anni. Pochi anni dopo il vedovo e i quattro figli partirono per l’Italia.

Boggiano comprò un palazzotto dismesso da una famiglia nobile savonese, e trascorso qualche tempo si risposò, con la marchesa Francesca Pico. Da questo secondo matrimonio nacquero due femmine e due maschi, e anche in questo caso una delle bambine morì subito.

Boggiano manteneva in quegli anni forti interessi a Cuba, era attivo nel commercio di generi coloniali, che spediva in Italia, e di prodotti europei di ogni genere, che potevano servire dall’altra parte dell’oceano. Aveva inoltre un vasto terreno sulle montagne retrostanti Trinidad, dove faceva coltivare il caffè. Gli affari gli andarono dapprima bene, poi molto male (il naufragio di un suo brigantino, forti perdite per l’insolvenza di una ditta messicana…).

Si mise con un commerciante di Sampierdarena, aprendo una società in accomandita a Trinidad, ma dopo un inizio promettente, la dittà andò in fallimento. A questo punto Boggiano abbandonò la moglie e tornò a Cuba (era il 1842). A quel tempo i due maschi che aveva avuto da María de las Nieves si trovavano già oltre oceano. Gli altri lo raggiunsero nel 1851: partirono da Genova in quattro, mancava solo una delle ragazze, che era stata data in sposa a un possidente di Ceriale e dopo aver dato alla luce quattro figli, poco più che trentenne, era morta.

Dopo qualche anno senza aver più sue notizie, la marchesa Pico sospettò che lui fosse morto, e chiese di avere il certificato di decesso. Ne seguì un litigio a distanza. Boggiano non fece più ritorno, morì a Trinidad nel 1860. Tre anni prima aveva venduto la piantagione di caffè con 128 schiavi.

Berti e Boggiano.

L’autore si imbatte nel nome di Antonio Boggiano durante le ricerche del suo precedente lavoro (anch’esso della serie Cicli futili), trovandolo citato come intermediario nella committenza di due fontane monumentali per la città dell’Avana.

La citazione è nel libro di Eugenio Sánchez de Fuentes Peláez, Cuba monumental, estatuaria y epigráfica, edito all’Avana nel 1916. Boggiano è associato a un altro mercante, genovese: Gerolamo Rossi. Alla fine del 1834 i due ricevono dal Soprintendente alle Finanze di Cuba l’incarico di provvedere due fontane di marmo bianco, e individuano l’artefice adatto in Giuseppe Gaggini (1791-1867). Sono Boggiano e Rossi a stipulare il contratto con lo scultore. Saranno infine encomiati e ricompensati con una provvigione.

Cercando tra le carte consolari notizie sull’arrivo delle fontane a Cuba, Berti ritrova un fascio di lettere con le quali il ministero chiede notizie su un certo Antonio Boggiano, partito per Cuba quindici anni prima, lasciando la moglie senza alimenti, e che si suppone sia oramai morto. Il console risponde che un uomo di tal nome vive nella città di Trinidad. Sulla base di questa labile traccia, Berti decide di recarsi a Trinidad e di cercare negli archivi storici locali. Oltre alla conferma che l’uomo cercato dalla marchesa Pico coincide con il commerciante che più di venti anni prima si adoperava per la committenza delle fontane, a Trinidad Berti trova molti Boggiano dalla pelle più o meno scura. Nasce così l’idea di Eredi Boggiano e del più ampio lavoro intitolato Cicli futili Boggiano.

Eredi Boggiano.

Il libro è strutturato in dodici capitoli, cui seguono, dopo alcune annotazioni di carattere generale altrettante lunghe sezioni di riferimenti bibliografici e archivistici. Chiude il libro la conversazione con Seph Rodney.

I primi sei capitoli sono dedicati alla figura di Antonio Boggiano. L’attacco, alcuni inserti e il ricorso a salti temporali rompono lo schema del biografismo classico. Ad esempio, il primo capitolo inizia con una vicenda drammatica risalente agli anni trenta del novecento, protagonista Paco Boggiano, un commerciante e uomo politico di colore. Questi primi sei capitoli ricostruiscono i successi e gli insuccessi economici di Antonio Boggiano, i beni che possedette, la sua vita familiare.

Il settimo capitolo costituisce una sorta di diaframma. È dedicato a una minuziosa descrizione della casa-tempio di Kalunga a Trinidad, un luogo di culto ispirato alla regola del palo monte. Questo è l’unico capitolo del libro in cui non compare, neppure una volta, il cognome Boggiano.

Gli ultimi cinque capitoli sono dedicati agli schiavi di Boggiano e a una parte delle loro discendenze. Sono ricostruiti i nuclei famigliari che erano presenti nella piantagione di caffè (il cafetal), le rare donazioni di libertà e più frequentemente gli acquisti di libertà da parte degli schiavi (era legge consuetudinaria nelle colonie spagnole, che lo schiavo potesse ottenere la propria libertà versando il denaro del proprio prezzo nelle mani del padrone), le compravendite e il ruolo attivo nel mercato degli schiavi assunto da Boggiano negli anni dal 1812 al 1822, la sorte degli schiavi che furono venduti nel 1857 e che cambiarono per questo motivo, quasi tutti, il cognome, chiamandosi d’ora in avanti Sánchez, le vicende di alcuni discendenti che invece conservarono e trasmisero il cognome italiano.


INFORMAZIONI UTILI

Eredi Boggiano di Cristiano Berti
Edito da Quodlibet
pp.256
ISBN: 978-88-229-2008-9
PREZZO: € 25
SCHEDA DEL LIBRO: https://www.quodlibet.it/libro/9788822920089

PAGINA FACEBOOK DEL PROGETTO CICLI FUTILI: www.facebook.com/FutileCycles

SITO DELL’AUTORE: www.cristianoberti.it

Progetto realizzato grazie al sostegno dell’Italian Council (X edizione, 2021), programma di promozione internazionale dell’arte italiana della Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero della Cultura

PARTNER: Accademia di Belle Arti di Macerata, Artissima, Museo Nacional di Bellas Artes de Cuba (L’Avana), Instituto de Estudios Crìticos 17 (Città del Messico), University of Texas Arlington (Arlington, USA), Universidad de Màlaga – Facultad de Bellas Artes (Malaga, Spagna), Photography and the Archive Research Centre @University of the Arts London – London college of communication (Londra).

UFFICIO STAMPA
CULTURALIA DI NORMA WALTMANN

Culturalia

051 6569105 – 392 2527126             
info@culturaliart.comwww.culturaliart.com
Facebook: Culturalia
Instagram: Culturalia_comunicare_arte
Linkedin: Culturalia di Norma Waltmann
Youtube: Culturalia