Conversano (Bari), Polo Museale Castello: La prima grande mostra di Antonio Ligabue in Puglia

Allestimento mostra di Ligabue a Conversano

LA MOSTRA

“Antonio Ligabue”

Prorogata fino al 29 ottobre 2023
Polo Museale Castello Conversano

Dal 25 marzo nelle sale del Castello aragonese saranno ospitate oltre 60 opere di uno degli artisti più straordinari e commoventi del Novecento

Nel 1975 in occasione della prima grande antologica, Sergio Negri, uno dei maggiori esperti di Ligabue, adotta in maniera definitiva la ripartizione in tre periodi dell’opera di Antonio Ligabue.

Primo periodo: 1927-1939

Le opere di questi anni sono ancora sgrammaticate, risentono di qualche incertezza tecnica e coloristica che però Ligabue riesce mirabilmente a superare grazie all’istintiva capacità narrativa. L’impianto formale è semplice e l’impaginazione è equilibrata: spesso si concentra su un’unica immagine centrale, con pochi elementi sullo sfondo. Il colore è steso in maniera così leggera da sembrare soffuso. È evidente l’eccesivo uso di acquaragia per far scorrere il pennello più facilmente sulla tela. I contorni delle figure non sono ancora definiti dal segno nero, come farà nelle opere a partire dalla metà degli anni ’30; l’insieme è reso con poche pennellate essenziali.

La tavolozza è povera, i colori utilizzati sono prevalentemente il verde, il marrone, il giallo, il blu cobalto e si accosta alle terre naturali.
Inizia a raffigurare i temi prediletti: gli aspetti della vita agreste, le scene con animali feroci in atteggiamenti non eccessivamente aggressivi; pochissimi gli autoritratti. Molte opere di questo periodo non sono firmate; la firma, quando compare, è in corsivo gotico. Sul finire di questi anni, dopo la conoscenza di Mazzacurati, la mano di Ligabue diventa più sicura, il dipinto assume una maggiore corposità e intensità tonale, un sempre miglior equilibrio compositivo.

Secondo periodo: 1939-1952

Nel secondo periodo, che va dal 1939 al 1952, la pittura di Ligabue si impadronisce dei segreti del colore e della linea. Egli inizia a strutturare forme sempre più complesse arrivando a riprodurre il movimento e l’azione, rendendo la narrazione più reale. I toni cromatici diventano più caldi e la materia pittorica acquisisce spessore. Il colore diventa lo strumento linguistico determinato anche dall’abitudine di Ligabue di non iniziare la composizione da un disegno preparatorio, preferendo dipingere senza esitazioni e senza seguire una traccia.

Andrea Mozzali ricorda: “Ligabue quando doveva dipingere un quadro se lo figurava già tutto finito nella testa. Non faceva nessun disegno ma il quadro dipinto a olio lo cominciava da un particolare”. Riusciva così ad ottenere delle figure caratterizzate da una scabra potenza grafica in contrapposizione alla ricchezza lirica del colore, come i grandi illustratori primitivi.

Egli comprende, attraverso un’attenta osservazione dei campi di grano, le splendide e numerose tonalità del giallo, di cui fa un uso ripetuto assieme alla terra di Kassel, il blu di Prussia e il rosso carminio. In questo secondo periodo Ligabue firma sempre in corsivo gotico preferibilmente con il colore rosso e ponendo a volte solo la a minuscola, iniziale del nome. In altre occasioni, principalmente nei quadri di piccole dimensioni, al posto della firma pone solo le due iniziali.

Terzo periodo: 1952-1962

Nel terzo periodo anche le fiere, già stilisticamente avanzate, acquisiscono una cura per il dettaglio che psi potrebbe paragonare a quella dei dipinti fiamminghi.
La minuzia con cui si sofferma sui dettagli per catturare l’essenza del soggetto è confermata dagli splendidi manti delle tigri, dei leopardi, dal piumaggio dei volatili, che prendono vita nelle tele.

Le angosce che percorrono la sua mente esplodono nell’aggressività degli animali e la loro impietosa lotta per la sopravvivenza. Punte quasi ossessive sono evidenti nella rielaborazione continua dello stesso esasperato tema iconografico. È il periodo più prolifico. L’artista, che ha ormai assimilato ogni segreto riguardo al “mestiere”, è portato a volte, sia per eccesso di sicurezza, sia per le richieste dei committenti, a una notevole discontinuità di livello. Il segno nero intorno alle figure si fa vigoroso e continuo. Nella firma, quasi sempre rossa, la A iniziale del nome è ora maiuscola a bastoncino, il cognome sempre in corsivo gotico; ma spesso vi sono solo le iniziali. I colori maggiormente usati sono il giallo limone, il blu di Prussia, le terre di Siena, il giallo cadmio, il bruno Van Dyck e abbonda il bianco di

zinco. È densa, in quest’ultimo periodo la produzione di autoritratti, diversificati a seconda degli stati d’animo vissuti al momento dell’esecuzione ma tuttavia sempre pervasi da una incontenibile tristezza.

Allestimento mostra di Ligabue a Conversano

FOCUS

Autoritratto
Nell’arco di quasi quarant’anni Ligabue dipinge oltre 123 autoritratti. Questa serie testimonia il forte desiderio di rivelare attraverso l’immagine i tratti essenziali della propria personalità.
A partire dal 1940, anno in cui dipinge il primo autoritratto, l’artista indaga la propria figura in maniera ossessiva: gli occhi penetranti, le labbra carnose, le grandi orecchie a sventola, il naso adunco, il gozzo diventano le stigmate di una icona ormai famosa.
In mostra ne sono proposti numerosi esempi a partire da una straordinaria e rara tela riconducibile al secondo periodo, fino ad arrivare a quelli degli ultimi anni in cui si ritrae con dei copricapi, segno di dignità, di autostima e anche semplicemente gusto del travestimento, come se fosse un gioco.

Paesaggio agreste

Attraversava il nostro paesaggio quasi ignorato nella sua pittura perché venuto dall’estero con ogni cosa dentro” questa acuta riflessione di Cesare Zavattini riassume in maniera emblematica il ciclo pittorico legato al mondo contadino.
La pittura di Ligabue è condizionata dal fortissimo legame con la Svizzera, sua terra d’origine, il microcosmo privilegiato dove si sente a suo agio come in nessun altro luogo. Da questa dimensione di pacato incanto nascono tanti piccoli capolavori, che descrivono la vita nei campi attinta nella verità di un mondo spiato da lontano, filtrata attraverso il ricordo della sua terra natale e alle immagini delle opere osservate da bambino, frammenti di un mondo che si porterà dietro mischiando ricordi e fantasia.

Animali

Pittore di animali” è la definizione che dà di sé Ligabue già nel 1928. La stagione iniziale del suo lavoro è dedicata quasi esclusivamente agli animali, ne analizza i vari aspetti con una creatività a tutto campo, animato dalla volontà di cogliere, con eguale intensità, le espressioni deformate, la bellezza di un movimento o lo splendore di un colore.

Egli si immedesima negli animali che vuole ritrarre, ne riproduce le movenze, sbatte le ali, ulula, pigola, ruggisce per poter diventare lui stesso una delle sue straordinarie fiere. La sua fantasia lo porta in terre lontane, sognate e immaginate sfogliando qualsiasi libro trovasse a portata di mano o studiando con curiosità maniacale le famose figurine Liebig che riproducevano tutte le specie animali, anche le più remote.

Nudo di donna

“A proposito di quei quadri, di Ligabue, che certamente sono andati perduti mi hanno detto che una volta dipinse una donna ignuda: una donna ignuda talmente sirena, o Circe o Calipso, o figlia del re dei Feaci, che tutti i barcaioli del Po se ne erano orgiasticamente innamorati: e da tanto che i più giovani (giacché la tavoletta della donna nuda era stata, intanto, posta in una specie di esposizione in un baracchino fluviale) pagavano trenta centesimi allo scopo itifallico di lustrarsi gli occhi, schiarirsi la vista e altre cose più amene”, tratto da L. Bartolini, Ligabue fantastico.

Sculture

Ligabue ha modellato pochissime sculture, circa un centinaio, molte delle quali non son arrivate a noi. Quelle plasmate prima del 1935 non venivano nemmeno cotte e molte sono state distrutte per incuria o scaraventate con rabbia contro una parete. Grazie ai calchi e alle fusioni in bronzo si è riusciti a conservarne pochi esemplari preziosi.

Probabilmente la sua produzione delle sculture inizia molto presto, servendosi dell’argilla che si

depositava nella golena dopo le piene del Po, una fanghiglia rossastra, solida, ben amalgamata, che i contadini della zona chiamavano “tivèr”. Concentrato al massimo nella sua ispirazione creativa, spesso impastava la creta con la bocca, quasi si trattasse della consacrazione di un rito arcaico, misto alla volontà di misurarsi in un rapporto fetale con la “divina materia”.

Il postiglione

Le diligenze con castello e le carrozze con cavalli sono esempi di uno dei temi prediletti e reiterati di Ligabue. La serie è tratta dalle stampe popolari tedesche del secolo scorso e rimanda a una dimensione intensamente poetica e fiabesca, legata al ricordo che rimanda alla terra dalla quale non avrebbe mai voluto allontanarsi.

Questa icona consente inoltre a Ligabue di mettere al centro del racconto ancora una volta un animale. I cavalli che trainano la carrozza diventano i protagonisti del quadro con le loro movenze. La potenza del movimento rappresenta un richiamo accattivante per l’occhio e l’episodio storico narrativo si trasforma in una evocazione fantastica.

Ritratto di Elba

Si tratta di uno dei rarissimi ritratti di questo periodo. La leggenda narrava che la piccola Elba fosse morta cadendo in un paiolo di acqua bollente. In realtà è Alda Bianchi, figlia di un mezzadro della Villa Malaspina a Gualtieri. Nel 1935 muore tragicamente ed i genitori desiderano poterne conservare un’immagine che li aiuti a mantenerne viva la memoria Antonio aveva stranamente legato con quella bambina, che rimaneva affascinata quando lo vedeva dipingere ed era gentile con gli animali. Il ritratto risulta essere, secondo numerose testimonianze, estremamente somigliante. La figura è rappresentata di tre quarti, lo sguardo straordinariamente intenso è perso nel vuoto; indossa l’abito della festa arricchito da una piccola collana d’oro. Lo sfondo è la sua Gualtieri, il paese dove è cresciuta, i prati disseminati di quei fiori che amava raccogliere. La bidimensionalità della figura è in netto contrasto con il paesaggio.



Ufficio Stampa Arthemisia
Salvatore Macaluso | sam@arthemisia.it
press@arthemisia.it | T. +39 06 69380306 | T. +39 06 87153272 – int. 332

Prosegue ARTEVENTO CERVIA. Il festival internazionale dell’aquilone – Il programma da lunedì 24 a giovedì 27 aprile

ARTEVENTO-CERVIA, Aquilone Gerard Clement – Ph. Wolfgang Bieck

Prosegue ARTEVENTO CERVIA

Il più longevo festival internazionale del mondo dedicato all’aquilone come forma d’arte ed emblema ecologista

Il programma da lunedì 24 a giovedì 27 aprile 2023

Dal 21 aprile al 1° maggio 2023

Cervia – Spiaggia di Pinarella & location collaterali

Prosegue con successo la 43esima edizione di ARTEVENTO CERVIA, il Festival Internazionale dell’Aquilone più longevo al mondo: fino al 1° maggio sulla Spiaggia di Pinarella di Cervia, nell’incantevole location alle porte meridionali del Parco del Delta del Po, artisti del vento, designer e appassionati si uniscono per tuffarsi nella magia di una pratica nata oltre 2500 anni fa, l’arte eolica.

IL PROGRAMMA DI ARTEVENTO CERVIA
DA LUNEDì 24 A GIOVEDì 27 APRILE 2023

Lunedì 24 aprile 2023

La giornata di lunedì 24 aprile 2023 inizia alle ore 10.00 con la consueta apertura dell’Area aquiloni d’arte e etnici, l’Area aquiloni giganti e 3D Air Creations e l’Area delle Esibizioni: tutti con il naso all’insù per ammirare le meravigliose creazioni del cielo con le prove libere di volo acrobatico.  

Nell’Area delle esibizioni dalle 14.30 ci sarà la presentazione de “Il millepiedi di Iqbal“: il battesimo dell’aria del “Giro d’Italia”, l’ultima opera del pakistano Iqbal Husain realizzata in collaborazione con Fredi Schafroth (Svizzera). Alle ore 15.00 si prosegue con la “Sky Gallery” delle delegazioni di Giappone, Vietnam, Corea, India e Pakistan. Dalle ore 15.00 nella reception di ARTEVENTO sarà possibile iscriversi al workshop giornaliero, fissato per le ore 16.00, “In volo con le api“, un laboratorio pratico di costruzione di aquiloni.

Alle 15.30 spazio all’esibizione del Team Maori Te Kura O Hirangi, Ospiti d’Onore della 43esima edizione di ARTEVENTO CERVIA. La delegazione Maori partecipa al festival non solo per condividere lo spirito del manu tukutuku – ossia la pratica di costruire l’aquilone antropomorfo della tradizione aborigena fatto di fibre vegetali, bacche, piume e conchiglie – ma anche e soprattutto per farsi promotori di quel messaggio di pace e libertà che trova la sua particolare ragione proprio nella storia del nostro paese. Sempre alle 15.30 nell’Area delle esibizioni ci sarà Malcolm Goodman – A collection of flying beauty, la presentazione di alcune opere selezionate dalla collezione del pioniere dell’aquilonismo contemporaneo conosciuto nel mondo come “The kiteman”. Si proseguirà alle ore 16.00 con “Sport Kite Show“, la rassegna di esibizioni di volo acrobatico a ritmo di musica in solo, coppia e team.

Alle 20.30 il pubblico potrà godere dello spettacolo “Psicomic” realizzato dal Circo Madera, giovane compagnia torinese di circo contemporaneoPsicomic è il cabaret circense per il benessere psicologico e mentale presentato dal Dott. Froidoni, l’illustre psico-pupazzo-terapeuta di Crochet Theatre.

Martedì 25 aprile 2023

Il 25 aprile 2023 ARTEVENTO CERVIA celebra la Festa della Liberazione con una giornata speciale.

Si parte alle ore 10.00 con la consueta apertura dell’Area aquiloni d’arte e etnici, l’Area aquiloni giganti e 3D Air Creations e l’Area delle Esibizioni; sempre dalle ore 10.00 presso la Reception di ARTEVENTO sarà possibile iscriversi al workshop giornaliero, fissato per le ore 11.00, “In volo con le api“, un laboratorio pratico di costruzione di aquiloni.

Alle ore 11.30 nell’Area delle esibizioni andrà in scena “1000 papaveri rossi”: la famiglia di ARTEVENTO CERVIA festeggia la Festa della Liberazione e l’Anzac Day insieme al Team MAORI Te Kura o Hirangi, ospite d’Onore 2023. Durante l’evento interverrà il Vice Ambasciatore delle Nuova Zelanda in Italia Daniel Wai-Poi che incontrerà le autorità, in collaborazione con Festival delle Culture, Comune di Ravenna Assessorato all’Immigrazione e ANPI e con il Patrocinio della New Zealand Embassy in Rome.

Il programma prosegue nel pomeriggio alle 14.30 con l’evento “We are the rainbow – Un cielo, un mondo“: le diverse delegazioni col volo degli aquiloni accompagnano l’arrivo della bandiera mosaico, composta dai colori di tutti i popoli per invocare la pace in tutte le lingue del mondo. Parteciperanno i Maestri del Volo Heart & Angels in the sky: Renè Majer (Svizzera), Gerhard e Daniela Zitzmann (Austria), Robert Brasington (Tasmania) e Nick James (Inghilterra). Dalle ore 15.00 presso la Reception di ARTEVENTO sarà possibile iscriversi al workshop giornaliero, fissato per le ore 16.00, “In volo con le api“, un laboratorio pratico di costruzione di aquiloni.

ARTEVENTO celebra la pace con l’esibizione “Ma la divisa di un altro colore” alle ore 15.35: Ucraina e Russia volano insieme per dire no alla guerra; in concomitanza sul palco ci sarà l’esibizione del Team MAORI Te Kura o Hirangi per celebrare il ricordo dei soldati maori arruolati nel 28° Battaglione dell’VIII Armata delle truppe alleate che sacrificarono la vita per la nostra libertà durante la Seconda Guerra Mondiale e per onorare la memoria di tutti i caduti in guerra. Il pomeriggio si conclude con “Sport Kite Show” fissato per le 16.00, la rassegna di esibizioni di volo acrobatico, e con lo spettacolo “Psicomic” realizzato dal Circo Madera, in programma alle 17.00 e in replica alle 20.30.

Mercoledì 26 aprile 2023

Mercoledì 26 aprile 2023 ad ARTEVENTO CERVIA si celebra il Tamariki day: in lingua maori “Tamariki” significa giovane e per questo il festival sceglie di dedicare una giornata allo scambio culturale fra i ragazzi del Te Kura O Hirangi e i coetanei residenti sul territorio.

Il Tamariki Day nasce dal progetto “Antropologia del Volo. Storia e significati intorno ad ARTEVENTO CERVIA Festival Internazionale dell’Aquilone“, realizzato dall’Associazione ARTEVENTO CERVIA Aquiloni dal Mondo APS in collaborazione con l’Istituto d’Istruzione Superiore Leonardo Da Vinci di Cesenatico.

Come di consueto anche durante questa giornata sarà possibile ammirare i numerosi aquiloni etnici, artistici, storici, giganti, acrobatici e sportivi nell’Area aquiloni d’arte e etnici, l’Area aquiloni giganti e 3D Air Creations e l’Area delle Esibizioni, tutte aperte fin dalla mattina.

Giovedì 27 aprile 2023

ARTEVENTO CERVIA va in trasferta! Nella serata di giovedì 27 aprile 2023 dalle ore 21.00 i colori e la musica di ARTEVENTO irrompono nel centro cittadino, storica culla del festival, per omaggiare l’arte del Maestro Masaaki Sato, il progetto “Immagini per il Cielo“, festeggiare con una travolgente parata la gioia del più straordinario appuntamento interculturale della città e consegnare il Premio Speciale per Meriti di Volo al Maestro Sato. Si ringraziano l’Associazione Orientamente APS, il festival delle Culture Ravenna, l’Associazione per gli Scambi Culturali fra Italia e Giappone e il Regista Salvo Cuccia.

Sulla Spiaggia di Pinarella di Cervia invece, come di consueto, gli aquiloni sfrecceranno sul cielo e affascineranno il pubblico fin dalla mattina nell’Area aquiloni d’arte e etnici, l’Area aquiloni giganti e 3D Air Creations e l’Area delle Esibizioni.

Durante i giorni di ARTEVENTO il Maestro giapponese Masaaki Sato sarà protagonista della mostra al Magazzino del Sale di Cervia nella Sala Rubicone dove saranno esposti circa 20 dei suoi aquiloni più famosi.

Ogni giorno inoltre sarà possibile visitare i GIARDINI DEL VENTO, una delle principali attrazioni del festival: la più grande mostra all’aria aperta di air sculpures e installazioni eoliche dal mondo per celebrare l’arte ambientale e promuovere l’eolico come inesauribile fonte di energia rinnovabile.

Sulla spiaggia di Pinarella di Cervia inoltre sarà possibile trovare il mercatino degli aquiloni, un’ampia area food e uno spazio giochi per i più piccoli.

ARTEVENTO-CERVIA, Mostra Gianluca Costantini, installazione Vita Giacopelli -Ph. Franca Perletti

Il programma dettagliato di ARTEVENTO CERVIA è disponibile su www.artevento.com/

ARTEVENTO CERVIA Festival Internazionale dell’Aquilone è realizzato da ARTEVENTO con il patrocinio e la collaborazione di Regione Emilia Romagna, Comune di Cervia, New Zealand Embassy, Istituto Giapponese di Cultura, APT Servizi, Consorzio Aquiloni, BPER Banca, Cooperativa Bagnini Spiagge Cervia. Media partner: Rai Pubblica Utilità.


INFORMAZIONI UTILI
43°ARTEVENTO CERVIA FESTIVAL INTERNAZIONALE DELL’AQUILONE DOVE
: Cervia, Spiaggia di Pinarella e location collaterali
PERIODO: dal 21 aprile al 1° maggio 2023
MEDIAPARTNER: RAI Pubblica Utilità

CONTATTI
SITO: https://artevento.com/
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Sarnico (Bergamo), Pinacoteca Gianni Bellini: DA MONET A WARHOL. Capolavori della Johannesburg Art Gallery

Pierre Bonnard, Tramonto primaverile, 1909, olio su tela, ©Johannesburg Art Gallery

SARNICO (BG) | PINACOTECA GIANNI BELLINI

DAL 19 MAGGIO AL 3 SETTEMBRE 2023

DA MONET A WARHOL.
Capolavori della Johannesburg Art Gallery

Sessanta opere, tra olii, acquerelli e grafiche, ripercorrono oltre un secolo di arte internazionale, attraverso i suoi maggiori interpreti, da Claude Monet a Edgar Degas, da Dante Gabriel Rossetti a John Everet Millais, da Pablo Picasso a Francis Bacon, da Roy Lichtenstein a Andy Warhol e molti altri.

L’esposizione ricorda Nelson Mandela (1918-2013), a 10 anni dalla scomparsa.

A cura di Simona Bartolena e Massimo Rossi

Dal 19 maggio al 3 settembre 2023, la Pinacoteca Gianni Bellini a Sarnico (BG), sulle sponde del lago d’Iseo, ospita la mostra che presenta i capolavori della Johannesburg Art Gallery, aperta al pubblico nel 1910, che vanta un patrimonio di grande valore artistico.

L’esposizione, DA MONET A WARHOL. Capolavori della Johannesburg Art Gallery, curata da Simona Bartolena e da Massimo Rossi, conservatore del museo, prodotta e organizzata da ViDi Cultural, in collaborazione con l’Associazione Il Ponte di Sarnico, con il patrocinio del Comune di Sarnico, ricorda Nelson Mandela, in occasione del decimo anniversario della sua scomparsa.

La rassegna propone 60 opere, tra olii, acquerelli e grafiche, provenienti dalla prestigiosa pinacoteca sudafricana, in grado di ripercorrere ben oltre un secolo di storia dell’arte internazionale, dalla metà del XIX secolo fino al secondo Novecento, attraverso i suoi maggiori interpreti, da Courbet a Corot, da Monet a Degas, da Rossetti a Millais, da Picasso a Bacon, da Lichtenstein a Warhol a molti altri.

Il racconto prende idealmente avvio dall’Ottocento inglese e da due opere di William Turner e prosegue con il dipinto di Alma-Tadema, La morte del primogenito, raffinata e malinconica scena ambientata in un oscuro e immaginifico Egitto, e con i lavori di due dei maggiori esponenti dei Preraffaelliti, John Everett Millais e Dante Gabriel Rossetti di cui viene esposto un capolavoro, Regina cordium, la regina di cuori, ovvero Elizabeth Siddal, con la quale il pittore visse un’intensa quanto sfortunata storia d’amore, conclusa con il probabile suicidio della donna.

La mostra continua con un’ampia sezione dedicata agli esiti della pittura di fine Ottocento e si apre con quei pittori che scelsero un nuovo approccio al vero in pittura, quali Jean-Baptiste Camille Corot, qui con un piccolo Paesaggio, Gustave Courbet con lo scorcio della scogliera normanna di Étretat e Jean-François Millet. La generazione impressionista, introdotta da autori quali Eugéne Boudin e Johan Barthold Jongkind, viene rappresentata da Edgar Degas (Due ballerine), Claude Monet (Primavera) e Alfred Sisley

Paul Signac, Barche a Locmalo, 1922, acquerello su carta, ©Johannesburg Art Gallery

Il percorso prosegue con alcuni protagonisti della scena post-impressionista: Paul Cézanne (I Bagnanti), Vincent Van Gogh (Ritratto di un uomo anziano), Pierre Bonnard, Edouard Vuillard.

Varcando la soglia del Novecento, s’incontrano le opere di due dei maestri più celebrati del secolo: Henri Matisse e Pablo Picasso che aprono alle nuove istanze dell’arte contemporanea, con Ossip Zadkine e altri. Non mancano esponenti della seconda metà del secolo: i britannici Francis Bacon e Henry Moore, e i due protagonisti della pop art americana Robert Lichtenstein e Andy Warhol, di cui si presenta il trittico dedicato a Joseph Beuys.

Chiude idealmente la mostra, la sezione che indaga l’arte sviluppata in Sudafrica nel Novecento. In particolare si possono ammirare le opere di Maggie Laubser, una delle esponenti dell’espressionismo sudafricano e i lavori di Maude Sumner, Selby Mvusi e George Pemba, pittori dai forti interessi per il sociale che raccontano le tradizioni del paese, ma anche la vita urbana e la realtà dell’Apartheid.

L’esposizione consente al pubblico di scoprire l’affascinante storia della Johannesburg Art Gallery. Principale protagonista della nascita e della formazione della collezione museale fu Lady Florence Phillips, moglie del magnate dell’industria mineraria Sir Lionel Phillips. Donna dal grande fascino – come testimoniato dal ritratto, qui esposto, di Antonio Mancini -, a sua volta collezionista, convinta che la sua città dovesse avere un museo d’arte, persuase il marito e alcuni magnati dell’industria a investire nel progetto. Determinata a portare avanti la sua idea, Lady Phillips vende un diamante azzurro regalatole dal marito per acquistare i primi lavori. Hugh Lane, altra grande personalità della scena culturale anglosassone, la aiuta nell’impresa, suggerendole possibili acquisizioni. Sin dalla sua apertura il museo presenta una selezione di opere di straordinaria qualità e modernità, un nucleo arricchitosi poi negli anni grazie a nuove acquisizioni e donazioni.


DA MONET A WARHOL. Capolavori della Johannesburg Art Gallery
Sarnico (BG), Pinacoteca Gianni Bellini (via San Paolo 8)
19 maggio – 3 settembre 2023
 
Orari:
Giovedì e venerdì, 16.00 – 19.00
Sabato e domenica, 10.00 – 19.00
 
Biglietti:
Intero: €12,00
Ridotto: €10,00 (over 65 e studenti)
Under 14 e scuole: €5,00
Famiglia: 2 genitori + figli fino a 14 anni: €25,00
Gratuito (under 6, giornalisti con tesserino, portatori di handicap)
Soci APS Il Ponte: €5,00
 
Visite guidate:
– Visite guidate su prenotazione (minimo 5 persone):
sabato e domenica, ore 10.30 e 15.30; €8,00 a persona + biglietto
– Visite guidate “a porte chiuse” su prenotazione per gruppi (min 15 – max 25 persone):
dopo le ore 19.00; €90,00
 
Informazioni e prenotazioni:
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Sito internet:
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VIRAL HUMAN “Arte pubblica e Metaverso” – Prima Esposizione Virtuale sull’isola di Venezia – Proroga scadenza 31 maggio 2023

Proroga scadenza:
31 maggio 2023
Application gratuita

VIRAL HUMAN
Arte pubblica e Metaverso
Prima Esposizione Virtuale sull’isola di Venezia

Bando di concorso Arti Visive e Musica Contemporanea

Scadenza candidature 31 maggio 2023

È stata prorogata al 31 maggio 2023 la data di scadenza per la partecipazione al Bando di Concorso “VIRAL HUMAN – Arte pubblica e Metaverso. Prima Esposizione Virtuale sull’isola di Venezia“, dedicato alle arti visive e alla musica contemporanea. Possono partecipare al bando tutti gli artisti operanti nel settore delle arti visive e della musica contemporanea senza limiti di età, sesso, nazionalità. 

La partecipazione è gratuita.

L’iniziativa è realizzata e promossa da MiRNArte, azienda di produzione e sviluppo di progetti di Arte Contemporanea, in collaborazione con Creative Motion, studio di produzione multimediale che realizza documentari e progetti digitali innovativi, entrambe con sede a Pescara. Main sponsor del progetto è l’azienda americana IASE Company Inc., nella figura del CEO Pasquale D’Egidio.

Il progetto si avvale del patrocinio del Ministero della Cultura, dell’Accademia di Belle Arti di Venezia, della Fondazione Ugo e Olga Levi, la Scuola Grande di San Rocco, il Conservatorio Benedetto Marcello e delle prestigiose collaborazioni quali il noto regista teatrale Matteo Belli, il Dipartimento di Musica Antica del Conservatorio Benedetto Marcello, dell’Archivio di Stato di Venezia, della Fondazione Musei Civici di Venezia.

“Viral Human” è un’installazione multimediale ideata dall’artista Sara Grilli, diffusa virtualmente sull’Isola di Venezia e visitabile dal 25 giugno al 16 luglio; l’opera viaggia parallelamente tra due epoche storiche: la Peste del ‘500 a Venezia e la pandemia da Covid-19. Il percorso di visita è diviso per tappe, narrate attraverso un’applicazione mobile dedicata dal nome MiRNArte. Il visitatore, munito di cuffie o auricolari, vivrà un’esperienza di ascolto interattiva e immersiva: la ripresa binaurale, infatti, permette una tridimensionalità del suono che ricalca la fisiologia dell’orecchio umano.  L’applicazione è stata concepita per ospitare al suo interno le opere di artisti nazionali e internazionali, selezionati tramite il bando “Arte pubblica e Metaverso” al quale è possibile partecipare gratuitamente fino al 31 maggio 2023. 

La mostra si aprirà virtualmente al pubblico all’interno dell’app il 17 luglio 2023 e terminerà il 2 novembre 2023.

Il 16 novembre 2023 una giuria composta da illustri membri del settore, tra i quali il noto artista Fabrizio Plessi, il Direttore dell’Accademia di Belle Arti di Venezia Riccardo Caldura e il compositore e direttore d’orchestra Carlo Boccadoro, conferiranno ai primi tre artisti classificati delle sezioni Arti Visive e Musica Contemporanea i premi finali consultabili nel Bando di partecipazione. Le opere dei finalisti saranno esposte all’interno di una mostra conclusiva curata dal direttore artistico Pier Paolo Scelsi e allestita negli spazi bianchi del CREA Cantieri del Contemporaneo in Giudecca, dal 30 novembre al 30 dicembre 2023.

A contribuire al carattere innovativo dell’iniziativa vi è la recente partnership di MiRNArte con Cryptoartitalia, la prima società italiana specializzata nella creazione e realizzazione di progetti artistici in NFT. 


MiRNArte

MiRNArte è un’impresa art-driven per artisti, privati e aziende. Un cluster integrato di cultura, arte, creatività e tecnologia costruito nell’ottica di nuovi immaginari, di una trasformazione rigenerativa delle relazioni e interazioni sociali attraverso lo sviluppo di progetti artistici innovativi. Tramite la ricerca artistica e l’ampliamento di linguaggi sperimentali, MiRNArte propone nuovi paradigmi e pratiche che sappiano collocarsi nello spazio sempre più digitale e connesso delle nostre esistenze al fine di dirigersi verso il futuro dell’arte e a favore di uno sviluppo sociale, economico sostenibile.
mirnarte.com

CREATIVE MOTION

Creative Motion è uno studio di produzione multimediale che realizza progetti digitali innovativi e prodotti audiovisivi con particolare focus su tecnologia e Diritti Umani.
Ha già prodotto documentari di interesse culturale e ottenuto riconoscimenti a livello internazionale come per il docu-film “Adriatico – il mare che unisce”, con la partecipazione straordinaria del noto compositore bosniaco Goran Bregović, disponibile sulle principali piattaforme di video on demand, tra le quali Amazon Prime Video e ITsART del Ministero della Cultura Italiana.
creative-motion.it


BANDO https://mirnarte.com/#partecipa-al-bando fino al 31 maggio 2023
SITO WEB https://mirnarte.com/
EVENTI “Viral Human” 25 giugno – 16 luglio, 2023; “Arte Pubblica e Metaverso” 17 luglio – 2 novembre, 2023
 
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Milano, Palazzo Reale: La prima grande mostra in Europa di LEANDRO ERLICH

Il mio lavoro funziona come un’esperienza narrativa dispiegata nell’arena pubblica.

Costruisco storie visive tratte dalla vita quotidiana che evocano un insieme di circostanze ordinarie, radicate nella realtà e nell’esperienza condivisa, ma che non funzionano come ci si aspetta.

Mi piace sviluppare progetti che spingono il pubblico oltre la soglia concettuale e mi piace lavorare con una varietà di media e modalità espressive. Il mio lavoro comprende installazioni, oggetti, sculture, video e persino la pittura. Creo strutture che innescano immagini e idee che, a loro volta, puntano verso nuove realtà. Mi piace considerare questi pezzi come dispositivi relazionali che ispirano l’interazione e il gioco tra gli spettatori. Intendo l’arte come un mezzo per coltivare nuovi approcci alla comprensione del mondo, fisico, mentale, politico, simbolico.”

Leandro Erlich

Dal 22 aprile le opere di Leandro Erlich, l’artista contemporaneo che ha coinvolto numeri record di visitatori
in ogni parte del mondo, arrivano finalmente a Palazzo Reale di Milano, per la sua prima mostra europea.

Un artista che non ha uguali e una mostra in cui nulla è come sembra.

“LEANDRO ERLICH

Palazzo Reale Milano accoglie per la prima volta in Europa un’ampia monografica di una delle maggiori figure di spicco della scena artistica internazionale: Leandro Erlich.
La mostra Leandro Erlich. Oltre la soglia, promossa da Comune di Milano-Cultura, è prodotta e organizzata da Palazzo Reale Arthemisia, in collaborazione con lo Studio Erlich, con la curatela di Francesco Stocchi.

Artista argentino, nato a Buenos Aires nel 1973, Erlich crea grandi installazioni con cui il pubblico si relaziona e interagisce, diventando esso stesso l’opera d’arte.
Le sue opere sono uniche e rappresentano un’assoluta novità nel mondo dell’arte e uniscono creatività, visione, emozione e divertimento.
Palazzi in cui ci si arrampica virtualmente, case sradicate e sospese in aria, ascensori che non portano da nessuna parte, scale mobili aggrovigliate come fossero fili di un gomitolo, sculture spiazzanti e surreali, video che sovvertono la normalità.
Sono tutti elementi che ci raccontano qualcosa di ordinario in un contesto stra-ordinario, dove tutto è diverso da quello che sembra, dove si perde il senso della realtà e la percezione dello spazio.
I lavori di Erlich sono frutto di una ricerca artistica profonda e concettuale, che gioca con i paradossi della percezione e che ha già raggiunto milioni di visitatori nel mondo: 600.000 a Tokyo e 300.000 a Buenos Aires, ovunque il pubblico è accorso alle sue mostre, caratterizzate da installazioni site specific molto complesse da realizzare e quindi molto rare.

Dal 22 aprile 2023 a Palazzo Reale, viene data al pubblico la possibilità di conoscere il lavoro di Erlich attraverso le sue opere più note ed iconiche, per la prima volta riunite in una sola sede con l’intento di sistematizzare la produzione dell’artista.

Erlich ci porta in un altrove magico, dove il possibile diventa impossibile, ma che stupisce ed emoziona grazie ad un grande senso estetico e una poesia fortemente intrinseca.
Il risultato è esplosivo, divertente, appassionante, indimenticabile.
Il suo lavoro esplora le basi percettive della realtà e la nostra capacità di interrogare queste stesse basi attraverso un quadro visivo. L’architettura del quotidiano è un tema ricorrente nell’arte di Erlich, che mira a creare un dialogo tra ciò che conosciamo come dato certo e ciò che percepiamo nella visione, così come cerca di colmare la distanza tra lo spazio del museo e l’esperienza quotidiana.
L’artista si descrive così: Mi piace presentarmi come un artista concettuale che lavora nel regno del reale e della percezione. Il mio soggetto è la realtà, i simboli e il potenziale di significato. Mi impegno a creare un corpo di opere – soprattutto nella sfera pubblica – che si apra all’immaginazione, sovverta la normalità, ripensi la rappresentazione e proponga azioni che costruiscano e decostruiscano situazioni per sconvolgere la realtà. Parlando in generale.

Ogni opera di Leandro Erlich apre una finestra sul mondo sensibile, ma invece di ingannare l’occhio svela gli inganni visivi a cui può essere soggetta la mente, aprendo nuovi orizzonti e interrogativi.
Un’opera di Erlich suscita, come prima reazione, un senso di familiarità rispetto al quotidiano, per poi insinuare un certo dubbio. Osservando con attenzione l’opera, lo sguardo dello spettatore inizia a dubitare di ciò che percepisce trovandosi di fronte a un fenomeno inspiegabile.
Suscitare nel pubblico domande, dubbi, emozioni che interagiscono con i suoi lavori è l’obiettivo del fare artistico di Erlich, ed è proprio la partecipazione dello spettatore che rende completa l’opera.
Difficile spiegare Erlich a parole, bisogna provare l’esperienza per capire.

La mostra vede come sponsor Generali Valore Cultura, con il sostegno di VeraLab e Mercato Centrale Milano, come media partner Urban Vision e Outpump e mobility partner Freccia Rossa Treno Ufficiale.
Il catalogo è edito da Toluca Éditions ed è realizzato con il contributo di Galleria Continua.

BIOGRAFIA

Artista contemporaneo argentino di fama mondiale, Leandro Erlich realizza opere che utilizzano illusioniottiche ed effetti sonori per scuotere le nostre nozioni di senso comune. Sebbene ciò che il pubblico vede possa sembrare a prima vista familiare, dalle grandi installazioni ai video, a un esame più attento si rivela una sorprendente e inquietante deviazione dall’ordinario, sotto forma, ad esempio, di una barca che galleggia in assenza di acqua o di persone sospese alla parete in varie pose.Nato in Argentina nel 1973. Vive e lavora tra Parigi, Buenos Aires e Montevideo.Le sue mostre hanno in tempi recenti battuto ogni classifica in termini di ingressi, indipendentemente dalla geografia o dal tipo di istituzione: dal MORI Art Museum (Tokyo, 2017) che ha attirato piùdi 600.000visitatori, all’HOW Art Museum (Shanghai, 2018), fino aLiminal, la grande mostra antologica al MALBA(Buenos Aires) vista da piùdi 300.000 persone; in occasione diThe Confines of The Great Voidal CAFAM(Central Academy of Fine Arts, Pechino), il principale museo cinese, Erlich è diventato il primo artista non cinese a occupare l’intero spazio espositivo fino alla retrospettiva attualmente in tournée in Brasile (CCBBBelo Horizonte, Rio de Janeiro, San Paolo). Nel dicembre 2022, una nuova versione di Liminal, prima mostra antologica negli Stati Uniti, è stata inaugurata al PAMM di Miami, dove sarà esposta fino al settembre 2023. Erlich ha iniziato la sua carriera professionale a 18 anni con una mostra personale presso il Centro Cultural Recoleta di Buenos Aires e, dopo aver ricevuto diverse borse di studio (El Fondo Nacional de las Artes, Fundación Antorchas), ha proseguito gli studi al Core Program, una residenza per artisti a Houston(Glassell School of Art, 1998) dove ha sviluppato le celebri opere Swimming PooleLiving Room. Nel 2000ha partecipato alla Biennale di Whitney con Raine nel 2001 ha rappresentato l’Argentina alla 49° Biennale di Venezia conSwimming Pool, un’opera emblematica che fa parte della collezione permanente del 21st Century Museum of Art di Kanazawa (Giappone) e del Voorlinden Museum (Paesi Bassi).Erlich è stato insignito di numerosi premi critici di livello internazionale, tra cui Il Roy Neuberger ExhibitionAward (NY, 2017), la Nomination per il Prix Marcel Duchamp (Parigi, 2006), il Premio UNESCO (Istanbul,2001), il Premio Leonardo (Museo Nacional de Bellas Artes, Buenos Aires, 2000), il Fondo Nacional de las Artes (Buenos Aires, 1992).Le sue opere sono presenti in molte collezioni private e pubbliche, tra cui The Museum of Modern Art,Buenos Aires; The Museum of Fine Arts, Houston; Tate Modern, Londra; Musée National d’Art Moderne,Centre Georges Pompidou, Parigi; 21st Century Museum of Art Kanazawa, Giappone; MACRO, Roma;The Jerusalem Museum; FNAC, Francia; Ville de Paris et SCNF, Francia; Voorlinden Museum, PaesiBassi; MUSAC, Spagna.


LA MOSTRA

Le creazioni di Erlich – come spiega il curatore della mostra Francesco Stocchi – sono strutture architettoniche che funzionano come macchine ottiche che mettono in discussione il dato sensibile del mondo. Con la mostra a Palazzo Reale di Milano, Erlich ha scelto l’Italia come luogo d’elezione per la presentazione dell’ambizioso progetto che, tramite la messa in scena di spazi di nuova percezione, stimola la riflessione e la contemplazione.
La fascinazione nei confronti della sua opera da parte di un ampio pubblico, che va al di là dei soli addetti ai lavori, risiede nella sua necessità di rivolgersi direttamente allo spettatore, mettendolo di fronte a quesiti, coinvolgendolo attivamente fino a esporlo universalmente.

Le 19 opere in mostra dimostrano che, liberandosi dalle nozioni acquisite con l’esperienza, ognuno di noi può sperimentare una propria dimensione, una nuova visione non offuscata: l’avvento di un nuovo tipo di mondo.
Ogni lavoro è un evento che riguarda l’osservazione di piccoli fenomeni banali che, trasferiti nello spazio museale, acquistano una nuova condizione. L’opera stimola nuovi comportamenti collettivi e trasforma le abitudini automatiche in momenti di rivelazione, disagio e riorganizzazione.
Quando poi si tratta di comportamenti sociali, Erlich diventa un vero e proprio agente di disturbo.
Allo spettatore è richiesto un impegno e un’azione partecipativa per svelare ogni opera, che volutamente suscita, come prima reazione, un senso di familiarità rispetto al quotidiano, successivamente si insinua anche un senso d’incertezza: l’attenzione richiesta al pubblico rappresenta la materia prima per Leandro Erlich e solo il pubblico ne completa l’opera.
Le installazioni di Erlich nei musei di tutto il mondo hanno svelato livelli di lettura stratificati e complessi. Il linguaggio dell’interattività, unito alla portata dei social media, permette alla sua azione artistica di espandersi ben oltre le mura delle istituzioni. Erlich presenta immagini esplicite di una condizione attuale esortando così il visitatore a riconoscere il proprio squilibrio, l’esclusione e l’auto fascinazione.

Il percorso espositivo inizia a sorprendere già nel Cortile di Palazzo Reale, dove è allestita la monumentale installazione site-specific Bâtiment, creata nel 2004 per la Nuit Blanche di Parigi. Da allora è stata presentata in tutto il mondo, adattandosi alle caratteristiche dell’architettura locale. Il meccanismo espositivo è tuttavia sempre lo stesso: appoggiata orizzontalmente a terra è posizionata la riproduzione della facciata di un edificio, con balconi, nicchie, fregi, tettoie. I visitatori si “appendono” virtualmente alle decorazioni e un grande specchio inclinato a 45 gradi riflette l’immagine a terra su un piano verticale, dando l’illusione di una facciata reale e la sensazione che la legge di gravità non esista più.

Le installazioni proseguono nelle sale al piano terra di Palazzo Reale.
Elevator Pitch (2011) invoca il tipo di scenari fantastici che un protagonista potrebbe affrontare in un racconto di Jorge Luis Borges. Anonime porte d’ascensore costruite in una parete che sembravano abbastanza irrilevanti fino a quando non si sono aperte accompagnate dal ripetitivo, caratteristico rintocco, vera allegoria della circolarità della vita. L’apertura delle porte svela una cabina piena di passeggeri di ogni tipo, impegnati in situazioni diverse, disinteressati alla nostra presenza rendendo il nostro sguardo invisibile; nessuno scende, nessuno sale, il rapporto con la vita degli altri è solo apparentemente prossimo. Poiché a ciascuna opera è stata riservata una propria stanza nella galleria, queste dialogano direttamente con l’architettura, operando al meglio come distorsioni spaziali di rimando metafisico.

Window Captive Reflection (2013) rappresenta la routine e l’atmosfera statica all’interno di un atelier, sovrapposta a vedute della vegetazione esterna. La giustapposizione di un doppio riflesso, in cui si percepiscono i dettagli dello spazio interno unito all’ondeggiare degli alberi del giardino, richiama la memoria che il vetro contiene. Ciò che si vede, insieme a ciò che si percepisce, pone lo spettatore di fronte a uno spazio “altro” che imprigiona nel riflesso non solo immagini ma anche il tempo. Associare dualismi opposti, come uno stato di riflessione con uno stato di azione, è caratteristico del linguaggio di Erlich. Ma sono condizioni solamente apparenti.

The Cloud (2018): una delle tendenze dell’umanità è quella di cercare di aggiungere ordine e forma a ciò che non c’è, come nel caso delle stelle disposte a caso e organizzate in costellazioni. Disorientamento e smarrimento percettivo sono caratteristiche costanti dell’opera di Erlich, che si “diverte” a creare immagini che scatenano nell’osservatore sensazioni illusorie. Quasi a voler catturare l’impalpabile, Erlich presenta diverse nuvole che fluttuanti in imponenti vetrine come in un gabinetto di curiosità. Allo stesso modo, fin dall’antichità abbiamo immaginato varie forme nelle nuvole, che cambiano continuamente, intraprendendo attraverso le loro continue mutazioni un viaggio onirico. Una volta fuori, viene naturale alzare lo sguardo e osservare il cielo che, secondo l’artista, con le sue luci, forme e colori condiziona la percezione che ognuno di noi ha della propria città.

Rain
 (1999) fu realizzata per la prima volta in occasione della Biennale Whitney del 2000 a New York e sfida ingegnosamente la convenzione accettata secondo cui solo all’aperto può piovere in modo torrenziale. L’opera consiste in un falso esterno sotto forma di una messinscena realizzata con un muro di mattoni e finestre, contro cui le gocce di pioggia ingegnerizzate si disperdono con forza, mentre i lampi illuminano il cielo. Oltre al disorientamento, caratteristico dell’opera di Erlich, di vedere uno spazio esterno dall’interno, l’opera genera strane e inquietanti sensazioni di malinconia e spavento radicate nella condizione di una pioggia che non conosce soluzioni di continuità.

In Port of reflections (2014), tre barche sembrano galleggiare sull’acqua. In realtà, quest’installazione utilizza un computer per calcolare il modo in cui una barca dondola sull’acqua, per poi ricrearne con precisione l’aspetto e le movenze. Percepiamo l’opera in questo modo perché crediamo che una barca sia qualcosa che galleggia sull’acqua. In questo modo, l’opera ci aiuta a capire quanto vediamo le cose attraverso la lente dei nostri preconcetti e stereotipi. La “riflessione” del titolo va oltre la sua dimensione sensoriale, stimolando un ragionamento sul rapporto tra immagine e realtà: come in opere quali SubwayGlobal ExpressEl AvionPort of Reflection ci ricorda che ci moviamo senza sosta, siamo sempre in transito su una barca, allegoria del percorso di vita, come Ulisse nel suo ritorno a Itaca.

Chiunque abbia viaggiato su un volo notturno che attraversa più fusi orari ha probabilmente familiarità con la sensazione di stasi e disorientamento associata al risveglio. Night Flight(2015) – così come El Avión (2011) – induce questo senso di sogno riproducendo una veduta notturna della superficie terrestre dal finestrino di un volo passeggeri. La meraviglia e annoiata inquietudine che accompagnano i lunghi voli, vengono evocate attraverso questa simulazione convincente all’interno di un museo per generare un momentaneo dubbio sul fatto che si stia vedendo o meno il vero panorama da chilometri sopra la superficie terrestre.

Uno dei temi ricorrenti di Erlich è la persistenza di mondi nascosti dietro la facciata comune e a volte insipida della normalità. Come spesso avviene, al primo sguardo The View(1997-2005) non offre nulla di più insolito di un paio di finestre adiacenti alla cucina, con le persiane semiaperte. Avvicinandosi e scrutando attraverso le persiane, appare l’immagine della parete posteriore del condominio vicino. Siamo in un’ora serale imprecisata e più di una dozzina di vicino stanno tutti svolgendo i loro vari rituali: vestirsi, lavarsi, cucinare, mangiare o guardare la TV. Un voyeurismo tanto manifesto da creare l’illusione di una sorveglianza continua. Tuttavia, l’illusione è così irresistibile da accendere l’esperienza di un piacere proibito nell’osservare ciò che fanno i propri vicini senza il timore di essere colti sul fatto.

Ascensor (1995) e Lifted Lift (2019)sono ascensori che non salgono né scendono: spogliati delle loro funzioni, la curiosità ci impone di scrutare all’interno, portandoci a una duplice combinazione di sorprese. La prima è la vista verso il basso, che si estende all’infinito sotto il pavimento che induce la seconda, la consapevolezza che questo spazio in realtà non possa esistere. Il mondo immaginario che Lift crea si basa sull’idea che gli spettatori si aspettino in qualche modo, quando guardano al suo interno, di scorgere un vano ascensore segreto che corre sotto il pavimento del museo: quest’opera è la prova diretta che le leggi della natura sono state momentaneamente sospese, permettendo alla percezione di prevalere sulla logica. Ogni sorpresa è, a suo modo, un caso di spazio liminale che agisce per correggere o minare la prospettiva dominante del momento: dalla realtà alla fantasia, o dall’illusione alla rivelazione.

In Global Express (2011), i paesaggi urbani scorrono oltre quello che sembra essere il finestrino di una metropolitana o di un treno sopraelevato. Mentre osserviamo le immagini, possiamo percepire la cadenza incalzante del viaggio, osservando una città iconica (Tokyo) trasformarsi senza soluzione di continuità in un’altra (New York) e poi in un’altra ancora (Parigi). Global Express rivela i monumenti e i segni architettonici che identifichiamo con ogni città. Intrecciati tra loro come un evento simultaneo, sperimentiamo ciò che la tecnologia ci offre ogni giorno: la capacità di attraversare distanze impossibili in millisecondi. Architetto dell’incerto, Leandro Erlich crea spazi dai confini fluidi e instabili. Il video ci lascia la sensazione di aver fatto un viaggio unico, in cui più metropoli si fondono in un unico reel globale.

Lost Garden (2013), sfruttando l’architettura dello spazio, consiste in una costruzione triangolare con due finestre sulla facciata e un giardino al suo interno. Nelle parole dell’artista, Lost Garden (2009) aspira a creare profondità nell’esperienza banale degli spazi quotidiani, suggerendo uno stato di nostalgia permanente. Come in altre opere di Erlich, lo spettatore è intrappolato in un gioco di percezione scultorea e di trompe l’oeil, perfino quando l’aspetto esterno dell’opera contraddice ciò che percepiamo del suo interno. Il riferimento del titolo a “ciò che è perduto” contrasta con l’immagine idilliaca e paradisiaca del giardino, trasformando l’opera in una metafora del desiderio di recuperare e immortalare il passato.

Changing (2008). Quando il pubblico entra nel camerino elegantemente arredato, trova gli specchi figura intera installati su tre lati. Ma questi specchi si estendono in lontananza creando spazio, piuttosto che mostrare il nostro riflesso. Entrate nello spogliatoio e scoprire che è collegato a un altro spogliatoio in fondo che magari riflette la vostra immagine attraverso altri specchi. Si potrebbe persino incontrare uno sconosciuto che appare improvvisamente nello specchio di uno spogliatoio vicino. Attraverso questo giorno di illusioni e vuoti, i camerini proliferano come un labirinto dai confini indefiniti. La confusione e la paura di perdersi si dissolvono a favore della meraviglia dell’incontro. Proprio come Alice che si perde nello specchio e non è più in grado di distinguere tra questo e quell’altro lato dello specchio, tra sé e l’altro, noi ci perdiamo in un labirinto intrecciato di non uno, ma ben 30 spogliatoi.

Staircase (2005)sembra una scala a chiocciola a grandezza naturale, compresa la tromba delle scale, e poi ruotata di 90 gradi. Sebbene lo spettatore stia guardando un’opera d’arte in verticale dal pavimento, viene colto dall’illusione ottica di sbirciare in una tromba delle scale rivolta verso il basso. Le altre persone sulle scale possono essere viste guardando di lato, non verso l’alto, il che rafforza ulteriormente un’esperienza dai tratti inquietanti. Con quest’opera, che elimina il ruolo di una scala per far salire e scendere le persone, Erlich libera la struttura architettonica dalla sua funzione originale, trasformandola attraverso la sua sovversione percettiva, in un’opera d’arte autonoma.

Una delle prime sculture video di Erlich è Subway (2009) dove immagini in movimento introducono un’ambientazione virtuale, uno spazio altro trasportato in galleria. Come El Avión e Global Express (entrambi del 2011), questa installazione invoca il ritmo ipnotico del viaggio e del transito ma la funzione delle immagini è meno narrativa a favore di un’illusione spaziale: Le sequenze audiovisive, spesso mute, sono regolate secondo i parametri della verosimiglianza cinematografica, perché è questo che ce le fa percepire come realistiche. Una sorta di temporalità ciclica e ripetitiva in cui l’interesse per la progressione delle immagini inizia a dissolversi come per esempio in Elevator Pitch (2011).

Traffic jam – Order of importance (2018) presenta una veduta di sculture ricoperte di sabbia di auto e camion, disposte in modo tale da assomigliare a un ingorgo nel tentativo di sensibilizzare l’opinione pubblica sulla crisi del cambiamento climatico. Due file di veicoli divise da uno spartitraffico dove la maggior parte dei veicoli è parzialmente sepolta nella sabbia, per dare l’impressione di essere sommersa – un riferimento all’innalzamento del livello del mare causato dal riscaldamento globale. “Il cambiamento climatico e le sue conseguenze non sono più una questione di prospettiva o di opinione”, ha dichiarato Erlich. “La crisi climatica è diventata un problema oggettivo che richiede soluzioni immediate”. Come un’immagine di una Pompei contemporanea o una reliquia del futuro, l’opera allude anche alla nostra fragile posizione nel grande equilibrio universale.

Classroom (2017)è una installazione interattiva che pone il pubblico di fronte a due stanze di proporzioni identiche divise da un vetro. La prima stanza è disadorna e tematicamente neutra, con semplici panche scure che inviato a sedersi, ma la stanza, dall’altra parte della finestra, è una minuziosa simulazione di un’aula scolastica fatiscente, chiusa e congelata nel tempo. Quando gli spettatori entrano, si riflettono nel vetro e appaiono come fantasmi nella stanza dall’altra parte. In questo modo, diventano come le apparizioni del passato, un invito ad attingere ai propri ricordi personali e alla propria immaginazione per tornare, da adulti, a una scena archetipica dell’infanzia. Mentre gli spettatori si godono l’atmosfera che questa illusione evoca, si confrontano anche con una visione del futuro sollevata dai loro ricordi e dalle loro storie d’infanzia, nonché con i problemi di calo della natalità e della popolazione con cui l’Occidente si confronta oggi.

Hair salon (2017), sebbene sembri una ricostruzione di un salone da parrucchiere con specchi e sedie ordinate, presenta delle sorprese. Alcuni specchi non mostrano i riflessi cosi come siamo abituati: non vediamo noi stessi, ma piuttosto persone che non sono nemmeno presenti nella stanza, che ci guardano disorientati quanto noi. In effetti, dall’altra parte di quello che pensiamo sia lo specchio c’è uno spazio completamente diverso. Erlich fa leva sulla nostra aspettativa che lo specchio mostri il nostro volto, mentre in realtà lo “specchio” è solo una cornice che separa un altro spazio vuoto, in un gioco percettivo di pieni e vuoti comune all’artista.


Informazioni e prenotazioni
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Mantova: La nuova mostra-dossier di Palazzo Ducale svela Il Grechetto “Un pittore di gran maestria” 

Il Grechetto, Allegoria della casata Gonzaga-Nevers  – Foto Luigino Visconti

MANTOVA – PALAZZO DUCALE
ECCO IL GRECHETTO

Apre la mostra-dossier di Palazzo Ducale
che svela la nuova grande tela di recente acquisto.

Dal 22 aprile fino al 23 luglio

Apre la mostra-dossier di Palazzo Ducale di Mantova che svela la nuova grande tela di recente acquisto: Allegoria della casata Gonzaga-Nevers del Grechetto.

“Un pittore di gran maestria. Il Grechetto torna a Mantova” è la nuova mostra-dossier di Palazzo Ducale – dal 22 aprile fino al 23 luglio 2023 – dedicata alla grande acquisizione dalla Direzione Generale Musei (Ministero della Cultura) per le collezioni del museo gonzaghesco.

Si tratta di una tela di ampie dimensioni (217.5 x 304.5 cm), capolavoro di Giovanni Benedetto Castiglione detto il Grechetto, maestro del Barocco italiano che lavorò per i Gonzaga-Nevers dal 1658.

L’opera si intitola Allegoria della casata Gonzaga-Nevers e testimonia una fase in cui il ramo cadetto subentrato ai Gonzaga nel governo della città, tentò di ridare fasto alle sale di Palazzo Ducale.

L’evento espositivo sarà l’occasione per far luce su un periodo storicamente poco felice della storia cittadina che tuttavia, a ben guardare, presenta una certa vivacità. Dopo la cessione delle collezioni d’arte a opera di Vincenzo II Gonzaga tramite il mercante d’arte fiammingo Daniel Nijs al Re d’Inghilterra, le ulteriori vendite siglate da Carlo I Gonzaga-Nevers e il tragico sacco di Mantova nel 1630, le sorti del ducato gonzaghesco versavano in condizioni assai difficili. Durante la reggenza di Carlo II Gonzaga-Nevers fu attuato un tentativo di restituire almeno in parte lo splendore della casata utilizzando l’arte.

Furono chiamati diversi artisti a corte e il più importante tra questi fu proprio il Grechetto che, su committenza della moglie di Carlo II Isabella Clara d’Austria, realizzò lo straordinario dipinto oggetto di questa mostra-dossier. L’opera rimase a Mantova fino a che Ferdinando Carlo Gonzaga-Nevers, l’ultimo duca della casata e il figlio di Carlo II e Isabella Clara, fu dichiarato “fellone” e dovette riparare a Venezia e Padova.

Da lì si disperse il patrimonio ricostituito dai signori della Mantova barocca e infatti nel 1711 la grande tela fu ammirata dall’ambasciatore inglese a Venezia, il quale ne suggerì l’acquisto.

Il dipinto giunse effettivamente in Inghilterra e lì rimase, nella collezione Methuen, fino al 1920, quando rientrò in Italia. Tornò nel nostro Paese, ma lo Stato allora non riuscì ad acquistarlo e quindi rimase in collezione privata fino a pochissimi mesi fa, quando Palazzo Ducale è riuscito ad assicurarsi l’opera, grazie alla Direzione Generale Musei del Ministero della Cultura.

La tela, che presenta una complessa e fastosa veste allegorica, che riconduce la celebrazione della casata Gonzaghesca nella presentazione delle età dell’uomo, è un’opera che come poche altre può illustrare la magnificenza del barocco e l’arte di un artista, il Grechetto, che nel Seicento lavorò nella natia Genova, a Roma, Venezia e in numerose altre città, fino a trasferirsi  a Mantova tra il 1661 e il 1664, data della sua scomparsa; un memoriale in stucco nel duomo cittadino ne ricorda la sepoltura.

“Della ricca produzione di opere che Grechetto realizzò per i signori di Mantova – afferma il direttore di Palazzo Ducale Stefano L’Occaso – nulla rimaneva in città; il ritorno della grande ‘Allegoria della casata Gonzaga-Nevers’ assume quindi un particolare valore simbolico, oltre a essere una delle acquisizioni più significative di sempre del Museo. L’impegno della Direzione Generale Musei perché l’operazione trovasse buon esito è la dimostrazione della centralità di Mantova nel sistema museale nazionale. Il Grechetto era un’artista tra i più stimati in Italia, anche se doveva avere un carattere particolare: era praticamente un pazzo furioso, alla pari del fratello Salvatore chiamato a Mantova il «pittore pazzo»”.

A corredo del percorso espositivo saranno presentati alcuni ritratti gonzagheschi: quelli di Isabella Clara d’Austria, committente dell’opera, di suo marito Carlo II e del figlio Ferdinando Carlo, che sarà l’ultimo duca della casata a governare su Mantova. Queste opere sono in prestito dalla Fondazione di Palazzo D’Arco e da un’importante collezione storica.

A curare l’illuminazione delle opere il light designer Francesco Murano, tra i più noti progettisti di luci per le esposizioni d’arte in Italia.

Al termine dell’esposizione la grande tela (le cui dimensioni sono 217.5 centimetri di altezza per 304.5 centimetri di larghezza) verrà spostata nell’Appartamento di Vincenzo I in Corte Vecchia, sempre all’interno del percorso di visita di Palazzo Ducale, per essere inserita in un nuovo allestimento dedicato alle collezioni seicentesche.

La mostra sarà accompagnata da un servizio di visite guidate su prenotazione con partenza a orario fisso tutti i venerdì pomeriggio alle ore 14.30 e 16.30 e sabato alle ore 9.30, 11.30, 14.30, 16,30 a partire dal 28 aprile.

Il percorso guidato, a cura del personale di accoglienza di Palazzo Ducale, approfondisce l’epoca di Carlo II Gonzaga-Nevers e in particolare la sua committenza artistica, concludendosi con una visita alla mostra dossier davanti al dipinto del Grechetto. Per partecipare al percorso occorre prenotarsi via telefono allo 0376 352100, numero attivo dal martedì alla domenica dalle ore 9 alle 13. La mostra sarà infine corredata da una serie di conferenze dedicate al Barocco a Mantova, illuminando i fasti dei grandi spettacoli, della musica, del teatro, degli apparati effimeri che caratterizzarono quell’epoca, il Seicento.



Ufficio stampa Palazzo Ducale
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Ufficio Stampa Francesco Murano light designer
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Turismo Italia, la venere-influencer di Botticelli a Dubai: prima trasferta fuori Italia della campagna open to meraviglia

TURISMO ITALIA, LA VENERE-INFLUENCER A DUBAI:
PRIMA TRASFERTA FUORI ITALIA DI OPEN TO MERAVIGLIA

Dal 1 al 4 Maggio 2023

L’Italia si prepara all’estate con una campagna da 9 milioni di euro che porta in tour la Venere di Botticelli che esce dal dipinto per essere declinata in location d’eccezione italiane, questa volta vestita in modo moderno e sorprendente.
Prima tappa negli Emirati Arabi in occasione di Atm Dubai dall’1 al 4 maggio dove in oltre 500 metri quadrati verrà esportata l’eccellenza dell’italianità. ENIT sta sperimentando per la prima volta la nuova comunicazione lanciata ieri, che prevede anche l’uso del nuovo logo di ITALIA.IT con la bandiera italiana a forma di finestra spalancata sul mondo.

La campagna, prodotta dal Ministero del Turismo ed ENIT, sarà inserita all’interno dell’allestimento a Dubai con i due soggetti più culturalmente vicini al mercato, ovvero il soggetto di Venere a Venezia, che indugia con lo smartphone ma che ha un outfit elegante, e la Venere a Roma, in bici, con dietro il Colosseo.

Si inneggia allo splendore italiano con il claim “Open to meraviglia” per questa campagna nata da un’idea del Gruppo Armando Testa ambientata nei luoghi rappresentativi delle bellezze del Bel paese in itinerari a tappe sulla base delle visite che la Venere compirà nei Comuni e nelle Regioni che decideranno di aderire alla campagna digitale, che vivrà nel profilo Instagram venereitalia23, nel sito Italia.it e nelle altre piattaforme social.

La campagna toccherà i principali hub aeroportuali e ferroviari internazionali d’Europa, USA, Centro e Sud America, Cina, India, Sud Est Asiatico e Australia. La presenza di un QR code localizzato per Paese permetterà un forte richiamo a italia.it. Inoltre dei 9 milioni ben 4 milioni saranno investiti sull’ecosistema digitale con campagne crossmediali sempre al fine di sviluppare traffico sul portale italia.it. La Penisola punta a diventare la prima meta di preferenza al centro dei desideri dei viaggiatori internazionali con una campagna irriverente e poetica al tempo stesso.

In termini di flussi turistici l’Italia chiude il 2022 con un recupero quasi totale rispetto al 2019 ancor più evidente in termini di spesa turistica internazionale. Oltre 44 miliardi spesi dai turisti internazionali in Italia nel 2022; top mercati per spesa Germania (8,2 miliardi di euro), Stati Uniti (4,7), Francia (3,9), Regno Unito (3,6), Spagna (2,3), Austria (2,2), Svizzera (2,1), Canada (1,0), Giappone (274 milioni). L’Asia rappresenta un target fondamentale per la crescita del turismo internazionale in Italia.

I dati dei flussi aeroportuali ci lasciano intravedere nel 2024 il recupero della quota di turisti stranieri, in pareggio col mercato italiano.

“Un valido supporto alla strategia di promozione dell’Italia nel mondo ma anche un sostegno alle imprese del settore che possono contare su una visibilità del Bel Paese a livello internazionale. Si è voluto racchiudere in una sintesi iconica tutto il valore dell’Italia da esportare con un messaggio che non è transitorio ma che può divenire universale e riproposto nel tempo. ENIT è al fianco del Mitur per realizzare una visione unitaria e omogenea della Penisola che possa coinvolgere e supportare tutti gli attori coinvolti”, dichiara la presidente e ceo ENIT Ivana Jelinic.


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Roma: RAW Art Night seconda edizione – La notte dell’arte contemporanea

RAW Art Night – Seconda edizione

Venerdì 21 aprile 2023 

La notte dell’arte contemporanea a Roma

L’occasione per visitare una mostra in corso, un nuovo allestimento, un vernissage o un finissage, la presentazione di un catalogo, un incontro con l’artista, una proiezione, una performance, un open studio, un laboratorio live o semplicemente partecipare ad un aperitivo.

Art Week è orgogliosa di annunciare la seconda edizione di RAW Art Night, l’iniziativa culturale che illuminerà le notti di Roma il prossimo 21 aprile 2023. 
RAW Art Night è un’apertura serale di un solo giorno dalle 19:00 alle 22:30 e oltre, creata per offrire al pubblico un’esperienza unica di fruizione dell’arte contemporanea. Durante questa notte speciale, gallerie, associazioni, alberghi, collettivi, strutture polivalenti e curatori metteranno a disposizione spazi, idee e progetti per l’occasione, in una serata dedicata ad uno dei modi più interessanti e coinvolgenti per raccontare il nostro tempo che l’arte contemporanea rappresenta. 

In questa edizione, RAW Art Night si propone di mantenere vivo l’interesse sull’arte contemporanea e di creare un movimento continuo per farla parlare e darle maggiore visibilità. È un’occasione per aumentare l’offerta di iniziative della città, allo stesso tempo che rappresenta un modo per far conoscere la città di Roma sotto una luce nuova e affascinante. 

La particolarità di questa iniziativa risiede nella sua idea di un’edizione in notturna. La suggestione che Roma suscita dopo il tramonto, e la maggior libertà del pubblico fruitore in orario extra lavorativo, rendono l’evento un’occasione imperdibile per uscire di sera partecipando ad un evento culturale di alto livello. 

La partecipazione alla RAW Art Night è completamente gratuita, sia per i partecipanti che per i visitatori, in quanto non sono ammessi eventi che prevedano un costo di ingresso. Questo è reso possibile grazie alla proficua collaborazione con l’Assessorato Grandi Eventi, Turismo, Moda e Sport di Roma Capitale. 

RAW Art Night rappresenta un’opportunità straordinaria per i romani e per i turisti di vivere una notte d’arte unica e indimenticabile.

Tutti gli eventi di RAW Art Night sono qui: https://romeartweek.com/it/artnight/

Tra gli eventi di RAW Art Night, presso Kou Gallery, si terrà una vendita di beneficenza di opere d’arte donate dagli artisti, per sostenere il programma MuccArt lanciato da GSI Italia. Questo programma mira a salvare 300 famiglie in Etiopia acquistando una mucca per ciascuna di esse. Acquistando e donando un’opera d’arte, i collezionisti e gli artisti italiani sensibili ai temi della povertà e della solidarietà internazionale potranno contribuire a questa nobile causa. GSI Italia fornirà a ciascun donatore l’evidenza della consegna della mucca, acquistata grazie alla vendita all’asta delle opere messe a disposizione dagli artisti e collezionisti partecipanti. In Etiopia, una mucca può letteralmente salvare la vita di un’intera famiglia e l’arte può aiutare a realizzare questo obiettivo. In questo momento sono oltre 70 le opere donate e il numero è in continuo aumento.

Maggiori informazioni su https://muccart.kou.gallery


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