Bologna: Museo Spazio Pubblico presenta “Il giardino delle idee cristallizzate”

Museo Spazio Pubblico è lieto di presentare un nuovo progetto di Marcello Tedesco (Bologna, 1979) che indaga in modo innovativo e radicale il significato dell’opera pubblica. Il progetto è ospitato sia nello spazio interno del Museo, visitabile solo su appuntamento, che nel giardino adiacente, sempre fruibile dalla comunità e dai visitatori.

Marcello Tedesco, Il giardino delle idee cristallizzate, 2024, salgemme rosa e grigie, tondino di ferro low

Museo Spazio Pubblico presenta
Il giardino delle idee cristallizzate.
Similitudine dell’opera pubblica e delle forze a lei avverse.
 
Un progetto di Marcello Tedesco a cura di Luisa Bravo
 
OPENING: 14 giugno 2024, ore 18,30
MEET THE ARTIST: 25 giugno, ore 18,30
Via Curiel 13/d, Bologna
www.museospaziopubblico.it

Dopo un articolato percorso di sperimentazione l’artista è pervenuto all’idea secondo cui la progettazione dello spazio collettivo non può oggi limitarsi esclusivamente alla consueta prassi di collocare nello spazio comune un’opera in una scala adeguata al contesto. Difatti questa, a prescindere dalla sua qualità, ha per sua natura un elemento divisivo intrinseco, che contraddice l’idea stessa di spazio pubblico. L’elemento divisivo consiste nel fatto che l’opera, così concepita, rischia di essere espressione di un particolare e ristretto ambito culturale e sociale che difficilmente potrà relazionarsi con la totalità della società.

La sfida inerente all’elaborazione dello spazio pubblico è davvero grande, in quanto richiederebbe la capacità di pensare oltre le convenzioni tradizionali, in questo caso oltre l’archetipo del monumento o i suoi derivati rivisitati in una chiave contemporanea. Dobbiamo veramente scandalizzarci se qualcuno non sentendosi rappresentato da questa forma, e dal retaggio che questa presuppone, ne contesta in qualche modo la legittimità?

La domanda che si è posto l’artista è se oggi esiste ancora una dimensione accomunante tutti gli esseri umani a prescindere dalle numerose differenze sociali, economiche e culturali. La risposta a questo quesito ha richiesto diversi anni di ricerca nei quali l’artista ha realizzato, a partire dal 2013 a oggi, diverse opere “pubbliche” in luoghi difficilmente raggiungibili come deserti, boschi, montagne. La motivazione per una tale attività, apparentemente incongruente, consiste proprio nella volontà di comprendere sul campo criticità e potenzialità dell’opera pubblica e le sue possibili formulazioni oltre i suoi aspetti convenzionali.

Se l’opera d’arte tradizionalmente intesa nel contesto pubblico reca intrinseci elementi di divisività, difficilmente eludibili in un’ottica autenticamente democratica, la possibilità di focalizzare l’attenzione creativa sui processi di trasformazione interiore e sulle resistenze a questi è un terreno che l’artista ha ritenuto essere l’elemento essenziale che accomuna l’esperienza umana.

Ogni essere umano indistintamente è chiamato per vivere ad affrontare complessi processi di trasformazione e rarefazione di stati emotivi che lungi dall’essere una questione privata diventano piuttosto qualcosa di socialmente rilevante, in quanto strettamente connessi alla dimensione del pensiero e del comportamento.

L’installazione pensata nello spazio pubblico esterno ha come titolo Il giardino delle idee cristallizzate. Numerosi blocchi di salgemma rosa e grigia sono collocati su esili strutture di acciaio. Questi effimeri elementi, perfettamente assimilati e quasi mimetizzati nel paesaggio, sono intesi da Marcello Tedesco come sedimenti di idee cristallizzate, immobili e inerti manifestazioni di un passato che in qualche modo inibisce la formulazione di idee nuove, le quali a loro volta diventeranno comportamenti inediti. Il processo di trasformazione predisposto dall’artista consiste nell’esporre questi sedimenti minerali alle forze della vita: ossigeno, umidità, calore, luce, buio, tempo. L’azione concertata e simultanea di questi innesca un processo irreversibile di rarefazione progressiva della materia, che nel corso del tempo dissolve silenziosamente ma inesorabilmente i blocchi di salgemma.

Il processo materiale al quale assistiamo è similitudine di una trasformazione inerente ai pensieri che ogni singolo individuo può attivare per superare l’azione inibitoria che blocca l’affiorare di nuove prospettive. Attraverso il linguaggio di una scultura, intesa come capacità di rivelare le forze latenti della realtà, l’artista offre la possibilità di comprendere e interiorizzare uno stato di cose che riguarda ogni singolo essere umano e trarre dall’osservazione di questo processo ispirazione per la de-mineralizzazione dei propri pensieri.

Il processo appena descritto e le relazioni che innesca tra individuo e gruppo, tra paesaggio naturale e contesto urbano e il mutuo reintegrarsi di essi, sono come Tedesco intende l’opera pubblica in questo frangente. Dunque, in questo caso alla comunità è offerta una sorta di misterioso dispositivo per favorire quanto appare necessario attuare per la rigenerazione sociale, attraverso non astratte ideologie, bensì mediante un’esperienza reale.

L’installazione presentata all’interno di Museo Spazio Pubblico affronta, come l’opera nel giardino, il tema della dissoluzione dei sedimenti minerali. Tuttavia, qui la sostanza utilizzata è il cloruro di calcio, materiale mai utilizzato in campo artistico, il quale ricorda in modo impressionante l’aspetto delle ossa; come a dire che siamo davanti ad un processo di trasformazione molto profondo e radicale. Qui si affronta la dissoluzione di pensieri provenienti dal passato che si sono “nascosti” e intersecati nella parte più remota dell’essere umano e da lì agiscono come forze bloccanti.

All’interno di alcune teche di cristallo il processo di rarefazione è colto in varie fasi, la cruenza di tale azione è testimoniata dall’aspetto estremamente traumatizzato sia delle teche che del cloruro di calcio in fase di disgregazione. L’impressione che si ha è quella di assistere a un processo di trasformazione interiore, l’impianto formale e i materiali utilizzati tendono a sottolineare questo sguardo fissato verso l’interno, dove la trasparenza è sinonimo di capacità penetrativa e osmosi tra un dentro e un fuori. Questo aspetto evidenzia la stretta relazione tra vita interiore e sociale.

La capacità scultorea di Marcello Tedesco di rendere visibile le forze architettoniche del reale, certamente oltre gli assunti esclusivamente materialistici, in quest’opera appare in tutta la sua sconcertante evidenza. Anche se formalmente l’opera è lontana dal sembrare qualcosa di inerente alla rappresentazione dell’essere umano è dall’altro lato evidente come invece l’artista riesca a cogliere attraverso le sue “azioni scultoree” la realtà umana in modo profondo e universale, sapendo equilibrare, in un linguaggio incisivo, il processo e la sua (temporanea) formalizzazione.

Riteniamo che questo peculiare approccio all’opera pubblica possa dare qualche ulteriore impulso alla sua elaborazione, nella speranza che un crescente numero di individui senta la necessità di de-mineralizzare il proprio pensiero, liberandolo da sedimenti ormai svuotati di vita.


Marcello Tedesco (Bologna, 1979) si forma all’Accademia di Belle Arti di Brera dove segue vari workshop con artisti appartenenti alla scena internazionale. Consegue inoltre una formazione antroposofica a Trento. Accanto al lavoro artistico intraprende anche l’attività di regista realizzando numerosi film. Dal 2019 è direttore e curatore di mtn | museo temporaneo navile di Bologna e del programma di residenze artistiche Capital Project (Colle Ameno, Sasso Marconi). Ha collaborato in veste di curatore con la Fondazione Rusconi e Museo Spazio Pubblico di Bologna. 

La sua prassi artistica è focalizzata sull’ampliamento del linguaggio scultoreo e architettonico. Sue opere sono state presentate in prestigiosi contesti come Pinacoteca Nazionale di Bologna, Fondazione Michetti (Francavilla al Mare), Fabbrica del Vapore di Milano, Museo Civico Bodini (Gemonio), PAC – Padiglione di Arte Contemporanea di Milano. Alcuni suoi video sono stati inseriti nell’archivio della GAM di Torino. Ha inoltre esposto in contesti internazionali quali l’AV17 Gallery di Vilnius, la SAFA – State Academy of Fine Arts of Armenia (Yerevan), Madeinbritaly (Londra), The Turist (Montevideo). 

Negli ultimi anni realizza opere di scultura architettonica in luoghi isolati come deserti, boschi e in alta montagna.

Recentemente il suo poema “Un’architettura barbarica” è stato pubblicato sul numero 39/40 di Città in Controluce. Nel 2023 il Museo del Novecento di Milano ha acquisito un suo disegno nell’ambito del progetto Drawings for lightning.

Principali mostre personali: 
Il giardino delle idee cristallizzate, Museo Spazio Pubblico, Bologna; Expedient exhibition, PIETRO, Bologna; À VRÈS, Cesare Zavattini/Marcello Tedesco, Kappa  Noun, San Lazzaro di Savena; Megaloschemos, Galleria Arrivada, Milano, a cura di Samuele Menin; Aufbluhen, Gelateria Sogni Di Ghiaccio, Bologna, a cura di Rossella Moratto; Lamed, Surplace, Varese, a cura di Andrea Lacarpia; Sophie Von K, Spazio 74/b, Milano, a cura di Samuele Menin; Polaritis, AV17 Gallery, Vilnius.


MUSEO SPAZIO PUBBLICO­­­­­ + IL GIARDINO
Il giardino delle idee cristallizzate.
Similitudine dell’opera pubblica e delle forze a lei avverse.
Un progetto di Marcello Tedesco a cura di Luisa Bravo
www.museospaziopubblico.it 
14 giugno – 19 luglio 2024
 
Visitabile nello spazio di Museo Spazio Pubblico solo su appuntamento.
(WhatsApp)  +39 331 417 3672 / +39 338 5661021
 info@museospaziopubblico.it

mtn | museo temporaneo navile
www.museotemporaneonavile.org
info@museotemporaneonavile.org

Borgo Incoronata, Foggia: fino al 31 agosto “Rossi Cardinali” di Francesco Petrone

Da venerdì 14 giugno fino al 31 agosto 2024, presso la sede dell’Azienda Borgo Turrito a Borgo Incoronata (Foggia), sarà possibile ammirare l’installazione Rossi Cardinali di Francesco Petrone. 
Accompagnata da un testo critico di Chiara Guidoni, l’opera, ideata e creata per il viale alberato dell’azienda, si muove su una riflessione parallela fra il simbolo e la natura, creando un meccanismo ossimorico che l’artista abbraccia frequentemente nella sua poetica e nella sua produzione: un viale di alberi di ulivo tempestato da una miriade di uccelli cardinali in cera rossa.

Francesco Petrone
 
Rossi Cardinali, l’installazione tra gli ulivi di Borgo Turrito


Dal 14 giugno al 31 agosto 2024

Borgo Incoronata – Foggia

La genesi dell’opera sarebbe quindi da ricercare in un doppio binario, che da un lato analizza la figura dell’uccello cardinale, in particolare modo nella sua valenza simbolica e cromatica, e dall’altro, attraverso l’utilizzo di un materiale come la cera, abbraccia una riflessione più ampia sul rapporto dell’uomo con le forze naturali. 

Gli uccelli rappresentano il rapporto fra la terra e il cielo, fra ciò che è terreno e ciò che è divino: una creatura capace di abitare entrambe queste sfere e di esserne perciò messaggero. Il rosso è invece il colore che allude alla passione e al sangue, colore vivo e vivificante, ma contemporaneamente foriero di una sfera sensibile profonda e umana. Anche l’ulivo, per cui l’istallazione è stata pensata, ha un significato che spazia dal mito alla tradizione cristiana: albero caro ad Atena che lo donò al popolo ateniese, ma anche il simbolo degli ultimi momenti prima della passione di Cristo. La cera, invece, materiale morbido e plasmabile, allude alla possibilità di mutamento, di trasformazione, in particolare, in questo senso, una trasformazione collegata ad agenti naturali. 

L’installazione inaugurerà la stagione estiva, contraddistinta in questi ultimi anni da temperature alte, siccità, o fenomeni atmosferici potenti e incontrollati: l’azione umana, che l’artista rappresenta attraverso la sua azione e creazione, sottostà inevitabilmente a quella della natura, che ha tentato in passato di plasmare, ma che, sempre più palesemente, lo consuma, pagando il dazio di maltrattamento perpetrato per secoli. 

Come scrive Chiara Guidoni nel testo di presentazione: «Francesco Petrone riflette su un cardine, un cardinale, che apparentemente non ha centro, ha anzi il potere di cucire la terra al cielo con il suo andamento. Un cardinale che, parafrasando Platone, con la forza della sua ala “tende per sua natura a portare in alto ciò che è pesante, sollevandolo dove abita la stirpe degli dei”. Cardinali appollaiati, che dalla loro solitudine sono tornati stormo, a riposo, a guidare la strada degli spettatori in un viale di alberi sacri a molti: pagani, profani e cristiani. L’artista sceglie quindi questa casa per le sue sculture, a fornire loro un’aura di pace e prosperità, ad augurar loro una vittoria che non cinga solo il loro capo di ulivo, ma il loro essere e i loro significati».

Francesco Petrone (Foggia, 1978) vive e lavora a Roma. Si laurea con lode presso l’Accademia di Belle Arti di Foggia; ha lavorato come scenografo per il teatro e il cinema ed è docente presso il Liceo Artistico Argan di Roma. La sua pratica è incentrata su un’analisi del contesto contemporaneo attraverso l’uso della scultura non come fine ma come mezzo di indagine. L’interesse si situa sul simbolo, che riporta attraverso l’uso di materiali industriali e freddi, quali cemento armato e ferro, ma anche quotidiani e caldi, quali legno, pane, ghiaccio, muffe e muschi. Artista votato alla circolarità, riconosce la coincidenza dei concetti di inizio e di fine, se ne fa messaggero, attraverso forme, idee e materiali. Il suo campo di indagine comprende anche una pratica più effimera, legata alla trasparenza e all’inafferrabilità, avvicinandosi al concetto di tempo, che egli riflette nel vetro, in un gesto che è lo specchio del suo processo di indagine artistica verso l’essenza. Fra le mostre si segnalano: Station to Station (Reggio Calabria, 2021), Biennale d’Arte di Viterbo (Celleno), Lazzaro Art doesn’t sleep (New York, Milano, Roma, Palermo, Istanbul), Ingombri/Altro altrove, MAAM – Macro Asilo(Roma), Atelier d’Artista – MACRO Asilo (Roma), Art Room 72 (Shangai), Apulia Land Art (Alberobello (BA)), Collezionisti&Collezioni, MARCA (Catanzaro), ARTSIDERS, Galleria Nazionale dell’Umbria (Perugia), Mosche nello stomaco, MAAM (Roma).


Meglio il volo dell’uccello che passa e non lascia traccia, del passaggio dell’animale, che resta segnato per terra.
L’uccello passa ed è dimenticato, e così dev’essere.
L’animale, dove non è più, e perciò non serve a niente, rivela di esserci stato, e ciò non serve a niente.
Il ricordo è un tradimento alla natura, perché la natura di ieri non è natura.
Ciò che è stato non è niente, e ricordare è non vedere.
Passa uccello, passa e insegnami a passare!

Alberto Caeiro (eteronimo di Fernando Pessoa), Il guardiano di greggi, XLIII,1011-1912

Succede a volte di non accorgersi del nostro incedere. Succede perché scambiamo le cose della vita per la vita stessa: il tempo, sempre sulla nostra bocca e sui nostri piedi, si trova troppo lontano dal cuore. 

I nostri passi segnano la nostra strada, vediamo dove eravamo e ci portano dove saremo: interi, assoluti, ma probabilmente disgregati, spesso senza simili, incediamo. Andiamo tanto avanti da non esser più una parte ma l’unica parte, il soggetto che compie, lascia la traccia del suo andare, a volte per inconsapevolezza, a volte per vanità.

“Meglio il volo d’uccello che passa e non lascia traccia”: un inno all’impermanenza? Forse un inno alla realtà che sta nel presente, un invito a non fare dei ricordi dei vuoti simulacri. 

La parola “cardinale” viene da “cardine”, l’elemento che resta fermo mentre il resto ruota, il punto di partenza e di ritorno di un movimento. Centro, ma anche cerniera, il raccordo necessario affinché dal fulcro non ci si allontani troppo. 

Francesco Petrone riflette su un cardine, un cardinale, che apparentemente non ha centro, ha anzi il potere di cucire la terra al cielo con il suo andamento. Un cardinale che, parafrasando Platone, con la forza della sua ala “tende per sua natura a portare in alto ciò che è pesante, sollevandolo dove abita la stirpe degli dei”. Cardinali appollaiati, che dalla loro solitudine sono tornati stormo, a riposo, a guidare la strada degli spettatori in un viale di alberi sacri a molti: pagani, profani e cristiani. L’artista sceglie quindi questa casa per le sue sculture, a fornire loro un’aura di pace e prosperità, ad augurar loro una vittoria che non cinga solo il loro capo di ulivo, ma il loro essere e i loro significati.

L’artista fa inoltre ritorno ad un tradizione antichissima, anch’essa mediata nel culto cristiano da resistenze pagane, quella della scultura votiva in cera: materiale naturale e di facile reperibilità anche in tempi antichissimi, che ha dato forma alle anime degli antenati, dei Lari e dei Santi e conservato auspici di fedi diverse, dai geni familiari di greci e romani, fino agli ex voto di piccole maestranze cattoliche. Si può affermare che la cera fosse la materia delle genti, andando in soccorso di tutti coloro che non si potevano arrischiare verso legno, metallo o pietra: ha custodito i cuori dei popoli, nelle epoche, nobile non per ceto, ma per messaggio. È stata lì a proteggere anime, corpi e speranze, una custode mite e leggera, materiale non freddo e perciò incline ad allearsi col fuoco, che la plasma e di cui a volte diventa la casa.  

In quest’opera, con le fiamme il legame è duplice: questi cardinali sono rossi sia per operazione mimetica, intesa nel suo senso più filosofico, sia per allusione simbolica. Colore vitale e spesso sacro il rosso è il buon auspicio, ma anche la passione, è l’amore ma anche il sangue del sacrificio. Parallelismo necessario diventa quindi quello con la fase alchemica della rubedo, il compimento del processo di trasformazione della materia, ma anche, simbolicamente, l’alba. L’alchimia nei secoli, da falsa scienza, è diventata significato simbolico e psicologico, compiendo un percorso, in cui, attraverso cambiamenti, addizioni, sottrazioni, ebollizioni e evaporazioni, si giunge al nuovo giorno, risorti anche se laici con un nuovo essere e una nuova coscienza, preziosa come l’oro che si ricercava in tempi ormai passati.

L’artista racconta questo passaggio dell’uomo, moderno, ma forse antico, in cui l’incedere si mescola troppo spesso con l’incidere, con l’avere un’incidenza, in cui il senso profondo potrebbe essere quello di vivere del raccordo che esiste appunto fra la terra e il cielo, fra la sfera terrestre e quella celeste, di farlo con la vitalità e la leggerezza, ricordandoci dei sacrifici da pagare per l’integrità di questo nostro andare e essere messaggeri e non solo spettatori della fine e dell’inizio.


INFO
 
Francesco Petrone
Rossi Cardinali
Testo critico di Chiara Guidoni
 
Inaugurazione 14 giugno 2024 dalle ore 20.00 – ingresso libero
Consigliata la prenotazione su https://eventi.borgoturrito.it/evento/rossi-cardinali

Fino al 31 agosto 2024
Orari
: dal lunedì al sabato 8:30-13:00 / 16:00-20:00; domenica 8:30-13:00

Borgo Turrito
Borgo Incoronata – Foggia
info@borgoturrito.it
tel 0881810141
www.borgoturrito.it
 
Ufficio stampa
Roberta Melasecca_Melasecca PressOffice – blowart
roberta.melasecca@gmail.cominfo@melaseccapressoffice.it
tel. 3494945612
cartella stampa su www.melaseccapressoffice.it

Pubblicato il 4 giugno 2004

Spazio Carme Brescia: Contaminazioni e Final Critics due esempi legati all’arte e alla ricerca

Inaugura venerdì 21 giugno p.v. alle ore 18.00 l’evento dedicato alla presentazione di due pratiche di successo che hanno caratterizzato l’Anno Accademico 2023/2024 dell’Accademia di Belle Arti di Brescia SantaGiulia.

Nella sede dell’Associazione Carme, situata nell’ex Chiesa Santi Filippo e Giacomo nel cuore della città di Brescia, verrà presentato il progetto scientifico Contaminazioni e gli esiti artistici del Final Critics legato alla didattica degli studenti del biennio di Arti Visive Contemporanee; due esempi concreti di attività legate all’arte e alla ricerca.

ACCADEMIA SANTAGIULIA: ARTE E RICERCA
Mostra organizzata dall’Accademia SantaGiulia di Brescia.

L’inaugurazione avrà luogo venerdì 21 giugno 2024 alle ore 18.00.
 
La mostra, ospitata nella sede dell’Associazione Carme, situata nell’ex Chiesa dei Santi Filippo e Giacomo nel cuore di Brescia, presenterà il progetto scientifico “Contaminazioni” e gli esiti artistici del Final Critics, attività didattica degli studenti del biennio di Arti Visive Contemporanee. Questi due progetti rappresentano esempi concreti di come l’arte e la ricerca possano integrarsi e interagire.

Contaminazioni è un progetto nato dalla collaborazione tra l’Università degli Studi di Brescia e l’Accademia di Belle Arti di Brescia SantaGiulia nel 2023, in concomitanza con Bergamo e Brescia Capitale Italiana della Cultura 2023. Lo scambio di visioni tra scienze biologiche e discipline artistiche ha visto gli studenti di UNIBS lavorare su biomateriali utilizzando microrganismi come funghi e scarti organici agro-industriali e urbani forniti da A2A, promuovendo la sostenibilità e il recupero dei rifiuti urbani. Successivamente, gli studenti dell’Accademia SantaGiulia hanno utilizzato questi biomateriali per creare opere d’arte innovative. Il carattere multidisciplinare del progetto che si muove tra arte e scienza, intende sperimentare nuove metodologie artistiche rispondendo alle esigenze dell’economia circolare e della transizione ecologica.

Il progetto sarà accompagnato da una pubblicazione scientifica, redatta in collaborazione tra l’Università degli Studi di Brescia e l’Accademia di Belle Arti di Brescia SantaGiulia. Il gruppo di ricerca dell’Accademia SantaGiulia è coordinato dal Prof. Marco La Rosa, coadiuvato e supportato dai docenti Elena Rogna e Mario Branca, e da Anna Cancarini, Duccio Guarneri, Martina Oldani, Giovanni Rossi e Alessandra Viola, studenti ed ex studenti dell’Accademia.

Analogamente alla ricerca scientifica, la formula del Final Critics rappresenta un elemento essenziale per l’ente formativo bresciano. Giovedì 20 giugno, gli studenti del biennio di Arti Visive Contemporanee hanno avuto l’opportunità di incontrare e presentare a tre ospiti d’eccezione, selezionati dalla rete di contatti dell’Accademia nel mondo dell’economia dell’arte, una selezione delle opere più rappresentative del loro percorso. Gli illustri ospiti di questa edizione sono stati il gallerista Federico Rui, il collezionista Andrea Boghi e la curatrice Ilaria Bignotti, offrendo così ai giovani artisti una rara occasione di dialogo e confronto, essenziale per la crescita e maturazione del loro linguaggio artistico, e consentendo loro di ricevere un feedback immediato e costruttivo. A completare tutto, l’ospitalità e la collaborazione intrapresa con l’Associazione Culturale Carme, che dal 2017 lavora e ricerca artisti locali e internazionali, puntando a definire le nuove estetiche e tendenze nell’arte contemporanea attraverso diversi tipi di media, e che accoglierà nei suoi spazi i lavori degli studenti.

La mostra inaugurerà al pubblico venerdì 21 giugno 2024 dalle ore 18.00 alle ore 21.00 e sarà visitabile sabato 22 e domenica 23 giugno 2024 dalle ore 15.00 alle ore 22.00.


Valeria Magnoli
Ufficio stampa
GRUPPO FOPPA
COOPERATIVA SOCIALE ONLUS

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Roma: “La migliore scienza per un vino sostenibile” al Consiglio Naz. delle Ricerche

Oggi, Venerdì 21 giugno 2024, alle ore 17.30 il Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR-ARTOV), Via del Fosso del Cavaliere 100 a Roma, in collaborazione con Vino Sapiens, organizza l’incontro: “La migliore scienza per un vino sostenibile”. Relazioni della Prof.ssa Gabriella De Lorenzis, Dipartimento di Scienze Agrarie e Ambientali – Università degli Studi di Milano, del Prof. Corrado Di Natale – Dipartimento di Ingegneria Elettronica Università di Roma Tor Vergata, e della dott.ssa Costantina Vocino – Vino Sapiens.

Conferenza organizzata in collaborazione con Vino Sapiens per un confronto 
sullo stato attuale di scienza, tecnologia e comunicazione del vino. 

Scienza, tecnologia e comunicazione si incontrano per una riflessione sul presente e sul futuro del Vino italiano. La conferenza di domani vedrà un confronto a partire dai tre tre ambiti di competenza dei relatori: Gabriella De Lorenzis, professore associato in Arboricoltura generale e Coltivazioni Arboree presso il Dipartimento di Scienze Agrarie ed Ambientali dell’Università di Milano “Nuovi orizzonti per una difesa sostenibile della vite dalle malattie fungine“; Corrado Di Natale, professore ordinario di Elettronica presso l’Università di Roma Tor Vergata e direttore del Centro Indiperdimentale di Volatilomica ‘A. D’Amico’ “La volatilomica del vino: una metolodogia per l’analisi della qualità del vino“; Costantina Vocino, co-founder di VINO SAPIENS “L’assaggio consapevole: il vino è, prima di tutto, relazione“.

Gabriella De Lorenzis, “la produttività della vite è fortemente influenzata, in termini sia quantitativi sia qualitativi, dall’incidenza di fitopatie causate da fitoplasmi, funghi, batteri e virus. Attualmente, il controllo di queste malattie dipende strettamente dall’impiego di prodotti fitosanitari ad attività fungicida, il cui utilizzo è regolamentato dalla Direttiva 2009/128/CE. La forte incidenza di queste malattie, le limitazioni sull’utilizzo dei prodotti fitosanitari e la resistenza ai fungicidi hanno spinto la comunità scientifica a ricercare soluzioni alternative e di supporto all’utilizzo di questi prodotti“. È probabile che la Professoressa relazionerà sulle possibili soluzioni alternative tra cui l’uso dei composti organici volatili (VOC) e l’utilizzo esogeno di double-stranded RNA (dsRNA) spiegandone i meccanismi. “L’adozione di queste pratiche alternative per il controllo delle malattie, ci proiettano verso una viticoltura sostenibile, più rispettosa dell’ambiente e dell’uomo. L’ottimizzazione delle molecole di dsRNA e l’identificazione di geni nuovi geni bersaglio sono alla base dei programmi di ricerca svolti dal Dipartimento di Scienze Agrarie ed Ambientali dell’Università degli Studi di Milano. Queste attività rientrano nei progetti di ricerca Grape4vine (Grape for vine: recycling grape wastes to protect grapevine from fungal pathogens) e SMARTBERRY (Smart Biotechnology for Sustainable Berry Cultivation).

Corrado Di Natale: “Poiché gli odori sono miscele di composti chimici, il riconoscimento avviene attraverso lattivazione di diverse combinazioni di recettori, connessi alla mucosa della narice attraverso una proteina transmembrana che blocca la molecola della sostanza volatile permettendo al recettore di scatenare il segnale che viene letto dal cervello come odore. Noi siamo quindi abituati a pensare agli odori in termini di sensazione fisica evocativa. Il naso artificiale invece considera gli odori strettamente dal punto di vista della struttura molecolare e delle proprietà chimiche». “Nel naso elettronico – anticipa il professore – le molecole odorose che si staccano dal «rumore di fondo» dellaria sono catturate da un sensore chimico che le aggancia, pesate su una microbilancia al quarzo piezoelettrico che trasforma la modificazione chimica della superficie segnale elettrico, raccolto e processato da un computer.  Il riconoscimento avviene per confronto con un database di odori noti”. Viene da chiedersi se le sue applicazioni preparino tempi duri per sommelier e mastri profumieri, Ma il Professore rassicura che “la raffinatezza dei nasi umani è per ora inarrivabile, anche perché non sono ancora chiari neppure i meccanismi dellolfatto, con il naso artificiale si simulano solo alcune funzioni, ma il naso elettronico può essere utilissimo in campo industriale e sanitario e per scopi investigativi o di identificazione personale”.

Costantina Vocino. “Se parliamo di comunicazione, dobbiamo tener presente che il vino non è solo una questione di prodotto, prima ancora esso è relazione. Poiché nasce in un territorio specifico, da un’annata unica e irripetibile, e attraverso la mano sapiente di uomini e donne che decidono di volta in volta gli interventi che ritengono più adatti in base alla loro personalissima sensibilità. Relazione che – ricorda Costantina Vocino – continua ancora dopo l’imbottigliamento, attraverso l’incontro fra le unicità psico-fisiche e  culturali del degustatore  e il calice, una relazione che progressivamente si fa sempre più profonda. Dagli elementi visivi come il colore, la consistenza, le tracce lasciate sulle pareti del calice, all’analisi olfattiva che svela molto del percorso evolutivo di un vino, a quella gustativa, epilogo di un racconto e che permette anche di verificare la narrazione veicolata dagli altri sensi“. 

L’intervento sarà completato dall’assaggio relazionale di tre etichette emblematiche dell’unione di tradizione e innovazione: “Trentesimo Pure Love”, [il coronamento di un sogno d’amore] spumante metodo charmat rosé da varietà resistenti, prodotto dall’azienda agricola Ca’ da Roman; “Limine”, [il tema del confine] vino bianco di grande struttura  da varietà resistenti, prodotto dalla azienda agricola Terre di Ger; “Pre British”, [il passato che sostiene il presente e rilancia il futuro] vino bianco in stile ossidativo da metodo Perpetuo, prodotto da Francesco Intorcia Heritage.

Per partecipare: info@vinosapiens.it


Comunicazione
VINO SAPIENS
Diana Daneluz
e-mail: dianadaneluz410@gmail.com