Collezione Archeologica Strada | Presentato oggi il Catalogo dei Materiali 

Sabato 16 novembre alle ore 15 al Museo Archeologico nazionale della Lomellina di Vigevano Rosario Maria Anzalone, archeologo e direttore regionale Musei nazionali Lombardia, ha presentato il catalogo scientifico della Collezione Strada, edito per i tipi di SAP Società Archeologica s.r.l.

LA COLLEZIONE ARCHEOLOGICA STRADA
CATALOGO DEI MATERIALI

Il volume, curato da Rosanina Invernizzi, già direttrice del Museo che dal 2023 conserva ed espone la collezione, costituisce un altro importante tassello della complessa operazione di acquisizione, studio ed esposizione della collezione Strada. L’incontro è stato anche l’occasione per ripercorrere le tappe che hanno condotto alla recente acquisizione al demanio di questa importante raccolta, esempio – tra le altre cose – di proficua sinergia tra istituti periferici del Ministero della Cultura.

La collezione Strada comprende reperti provenienti da ritrovamenti occasionali effettuati tra la fine dell’Ottocento e gli inizi del Novecento in Lomellina, già parte di altre collezioni locali. Essa esemplifica dal punto di vista cronologico e tipologico la cultura materiale del territorio nell’antichità e illustra significativamente i gusti dei collezionisti ottocenteschi. Per abbondanza e qualità, gli oggetti in vetro risultano preponderanti, con la presenza di un unicum costituito da una coppa in vetro soffiata in stampo databile al secondo quarto del I secolo d.C., unico esemplare integro tra i pochissimi a noi noti del maestro vetraio Aristeas.

Il catalogo scientifico – esito del lavoro di un team di specialisti – contestualizza i materiali nel quadro delle conoscenze archeologiche del territorio, evidenziando gli elementi di novità. Il volume comprende saggi introduttivi sulla figura del collezionista, sulla formazione della collezione, sui motivi dell’acquisizione al patrimonio dello Stato e presenta quindi il catalogo di tutti i reperti in ordine cronologico, suddivisi per materiali e classi. Un ricco apparato di disegni e fotografie illustra gli oggetti. Il catalogo sarà disponibile anche in formato pdf open access sul sito della Direzione regionale Musei nazionali Lombardia e del Museo Archeologico della Lomellina.

La presentazione del catalogo scientifico della collezione è stata inoltre un’occasione preziosa per riaffermare il ruolo del Museo nel territorio, quale importante presidio culturale per la comunità scientifica e per la cittadinanza.

A conclusione della presentazione del catalogo, gli autori e la curatrice – Rosanina Invernizzi –  sono stati a disposizione delle domande e hanno condotto una visita presso la sala V che ospita i reperti della collezione.

La casa editrice è stata presente per la vendita promozionale del volume.
 
La collezione archeologica Strada. Catalogo dei materiali
2024, © SAP Società Archeologica s.r.l.
ISBN 978-88-99547-98-1
29,7x21cm, 171 pagine

Da Studio ESSECI info@studioesseci.net

Pisa, Museo della Grafica – “Ultrasky: alla scoperta del Blu Egizio dalle Arti alle Scienze”

Il Museo della Grafica di Palazzo Lanfranchi (Comune di Pisa, Università di Pisa) è lieto di invitarvi all’inaugurazione della mostra:

Giovedì 21 novembre, ore 16:00

Pisa, Museo della Grafica – Palazzo Lanfranchi (Lungarno Galileo Galilei, 9)

Evento gratuito, ingresso libero

Museo della Grafica – Lungarno Galilei, 9 – Pisa
Tel. 050/2216060 (62-67-59-70)
E-mail: museodellagrafica@adm.unipi.it
www.museodellagrafica.sma.unipi.it


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Bologna, Collezioni Comunali d’Arte: Alex Trusty Photographer

Il 16 novembre 2024 nella sede delle Collezioni Comunali d’Arte del Settore Musei Civici Bologna, a Palazzo d’Accursio, apre al pubblico la mostra Contemporary Museum Watching, monografica del fotografo Alex Trusty.
Dopo il successo di pubblico e di critica riscontrato questa primavera a Palazzo Reale di Milano, arriva a Bologna questa esposizione che vuole essere un vero e proprio omaggio al processo artistico e alla fruizione delle opere d’arte.

Contemporary Museum Watching

Alex Trusty Photographer
A cura di Luciano Bolzoni

16 novembre 2024 – 16 febbraio 2025
Collezioni Comunali d’Arte
Palazzo d’Accursio | Piazza Maggiore 6, Bologna
www.museibologna.it/collezionicomunali

Mostra promossa da Phos Photography Contemporary Culture
In collaborazione con Settore Musei Civici Bologna | Musei Civici d’Arte Antica
Main Sponsor UniCredit

Inaugurazione 
Sabato 16 novembre 2024 ore 12.00

Palazzo d’Accursio, Sala Anziani
Piazza Maggiore 6, Bologna 

Contemporary Museum Watching raccoglie oltre 50 scatti – tratti da una selezione di circa 25.000 fotografie realizzate nell’arco di quasi dieci anni (2015-2024) in oltre 80 musei in tutto il mondo – che ritraggono gli spettatori in contemplazione davanti alle opere d’arte: dalla Pinacoteca di Brera di Milano alla Galleria Borghese di Roma, dai Musei Vaticani al Museo Archeologico Nazionale di Napoli, passando per numerose istituzioni internazionali, quali la National Gallery di Londra, il MoMa – Museum of Modern Art di New York, il Musée d’Orsay di Parigi, il Musée Magritte di Bruxelles e il Museum Palace di Taiwan, per citarne alcuni.

Alex Trusty ha un occhio colto e curioso: non sorprende trovarlo a visitare musei e mostre, dove ad attrarlo è tutto ciò che succede di fronte, o intorno, a un’opera d’arte, e in particolare quello che, ai suoi occhi, è parte complementare dell’opera, ossia lo spettatore in contemplazione.
Il fotografo, infatti, è sempre stato affascinato dalle reazioni soggettive di ciascun visitatore di fronte alle opere, siano esse famose o meno: ognuno è attirato dagli elementi più disparati ed è spesso impossibile comprendere quali, perché suggeriti anche da motivazioni intime e personali. Per questo Alex Trusty si aggira per le sale dei musei a caccia di scatti furtivi, praticando una sorta di art watchers watching, come lo definiva il grande Elliott Erwitt. Ne è un esempio la giovane donna con il suo barboncino, all’interno del salone d’onore della Quadreria di Palazzo Magnani di Bologna, in contemplazione del ciclo di affreschi dei Carracci Le Storie di Roma.

«Il rapporto uomo-opera d’arte è oggi spogliato del senso di soggezione del passato, per far posto a una interazione libera e nuova, tutta da documentare e interpretare», sottolinea Alex Trusty. «Ecco, anche da questa riflessione nasce Contemporary Museum Watching».

Nel processo di elaborazione dello scatto Alex Trusty ricorre a un gioco di percezione, portando lo spettatore all’interno del quadro e creando delle analogie di forme e colori tra opera e osservatore, in una sorta di trappola ottica. Lo spettatore stesso finisce così per assomigliare a ciò che vede e ne rimane intrappolato. Come la giovane ragazza “catturata” e resa come immobile per sempre nella Grande Jatte dipinta da Georges Seurat (Art Institute of Chicago) o la donna presa per mano da un nudo inquietante nel Ludwig Museum di Colonia.

Altri protagonisti della fotografia di Alex Trusty sono i musei, le cui architetture diventano esse stesse opere d’arte: edifici, gallerie e spazi museali con cui lo spettatore interagisce ancor prima di avvicinarsi all’opera d’arte. Ne è un esempio lo scatto del Centre Pompidou di Parigi, che mette in risalto la struttura in acciaio e in vetro e il gioco di colori e di trasparenze del progetto.

La tappa bolognese di Contemporary Museum Watching – iniziativa promossa da Associazione Culturale Phos Contemporary Photography Culture in collaborazione con Settore Musei Civici Bologna | Musei Civici d’Arte Antica – è stata resa possibile grazie al contributo di UniCredit, Main Sponsor dell’iniziativa.
La mostra è accompagnata dal catalogo edito da artem con la prefazione di Sylvain Bellenger, Direttore Emeritus del Museo e Real Bosco di Capodimonte ed ex Presidente e Curatore dell’Art Institute di Chicago.
L’esposizione rientra nell’edizione 2025 di ART CITY Bologna, il programma di mostre, eventi e iniziative promosso dal Comune di Bologna in collaborazione con BolognaFiere in occasione di Arte Fiera.
A supporto della narrazione espositiva sono in programma alcune iniziative: domenica 1 dicembre 2024 alle ore 11.30 e sabato 18 gennaio 2025 alle ore 11.00, visita guidata con l’artista; sabato 14 dicembre 2024 alle ore 16.00 nella Cappella Farnese, presentazione del catalogo Contemporary Museum Watching di artem; sabato 8 febbraio 2025 alle ore 11.30 nella Cappella Farnese, talk nell’ambito di ART CITY Bologna.

Alex Trusty, pseudonimo di Alessandro Fidato (1967). Fotografo e manager romano, ha vissuto a Roma, Napoli e negli Stati Uniti, mentre oggi vive e lavora a Milano. Inizia a fotografare giovanissimo grazie al padre Carlo, appassionato anch’egli di fotografia, dal quale impara le tecniche della camera oscura.
Coltiva la passione per la fotografia con l’amore per il viaggio e per l’osservazione curiosa di ciò che lo circonda. Con lo pseudonimo di Alex Trusty, che usa tuttora, allestisce la sua prima mostra fotografica collettiva nel 2014 con un reportage su L’Aquila dopo il terremoto.
Ha esposto le sue fotografie in diverse sedi, tra cui recentemente Palazzo Reale di Milano, Palazzo delle Arti di Napoli, Museo Archeologico Nazionale di Napoli, Fondazione Stelline di Milano e Villa Pomini a Castellanza, Varese.
È specializzato in black&white, street photography, cityscape, architettura e landscape.
www.alextrusty.com


LE DICHIARAZIONI

«Il museo è ormai concepito come una realtà essenziale per la vita delle persone che in esso cercano un luogo per pensare, comprendere, creare, incontrare gli altri, riposare, misurarsi, edificarsi, commuoversi, divertirsi, liberare la fantasia. Nella mostra Contemporary Museum Watching di Alex Trusty, che si dipana all’interno di alcune sale delle Collezioni Comunali d’Arte a Palazzo d’Accursio, la costruzione di ognuna delle fotografie esposte prevede l’esistenza di un’opera d’arte e di un museo che la contiene, ma soprattutto di una persona che – nell’atto di ammirarla e di coglierne ogni segreto – nella maggior parte dei casi la nasconde, sostituendosi a essa.»
Eva Degl’Innocenti, Direttrice Settore Musei Civici Bologna

«Siamo orgogliosi di essere Main Sponsor della mostra Contemporary Museum Watching di Alex Trusty. Un progetto che, attraverso la fotografia, esplora il rapporto tra le persone e l’arte. In UniCredit, da lunga tradizione, ci adoperiamo per il progresso anche culturale dei territori nei quali siamo presenti, al fine di promuovere un’identità sociale sana e consapevole. Siamo convinti, infatti, che una visione aperta e attenta all’arte e alla cultura contribuisca a uno sviluppo sociale sostenibile, generando partecipazione, creando un senso di appartenenza e favorendo la conoscenza e il dialogo. Leve funzionali alla crescita della comunità. Ci auguriamo che questa esposizione, uno sguardo curioso, acuto ed eloquente sulla società di oggi, si trasformi in un’esperienza stimolante e arricchente per il maggior numero possibile di persone.»
Livio Stellati, Responsabile Territorial Relations Centro Nord UniCredit

«L’Associazione Culturale Phos, nata con la missione di promuovere il concetto di fotografia come arte visiva, con un occhio di riguardo per le espressioni contemporanee, è entusiasta di collaborare con l’artista Alex Trusty per promuovere la mostra fotografica Contemporary Museum Watching. Questo progetto rappresenta appieno il nostro impegno a valorizzare e condividere l’arte fotografica del presente.»
Vittorio Vismara, Presidente Associazione Culturale Phos Contemporary Photography Culture

«Quello di Trusty più che un metodo è un’attitudine che lo porta ad avvicinarsi all’opera usando la mediazione dei visitatori intenti alla contemplazione. Nella sua fotografia i musei, che custodiscono le opere, le loro sale, i loro angoli più remoti, diventano essi stessi delle opere da osservare, comprendere, leggere, interpretare.»
Luciano Bolzoni, Curatore della mostra


CONTEMPORARY MUSEUM WATCHING
ALEX TRUSTY PHOTOGRAPHER

Mostra fotografica a cura di Luciano Bolzoni

16 novembre 2024 – 16 febbraio 2025
Orario: martedì e giovedì: 14.00-19.00; mercoledì e venerdì: 10.00-19.00; sabato, domenica e festivi: 10.00-18.30 (chiuso: lunedì e Natale; la biglietteria chiude 30 minuti prima del museo)
Ingresso: intero € 6; ridotto; € 4; ridotto 19-25 anni € 2; gratuito possessori Card Cultura
Catalogo: artem (136 pp.; € 30)

Collezioni Comunali d’Arte
Palazzo d’Accursio | Piazza Maggiore 6, Bologna
Tel. +39 051 2193998 / +39 051 2193631
museiarteantica@comune.bologna.it – 
www.museibologna.it/collezionicomunali
Facebook: Musei Civici d’Arte Antica
Instagram: @museiarteanticabologna
TikTok: @museiarteanticabologna
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Ufficio stampa mostra
Studio Giornaliste Associate BonnePresse
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Ufficio stampa Settore Musei Civici Bologna
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Gorizia, Palazzo Attems Petzenstein: Italia Sessanta. Dal Boom al Pop

Un decennio effervescente e controverso quello dei “mitici” Anni Sessanta. Tempo di complessi mutamenti sociali e politici, certo, ma anche di originali spinte creative e dell’imporsi di nuovi approcci e nuove visioni. A mutare è il modo di vivere, di abitare, lavorare, vestire, amare e gestire il tempo libero.

ITALIA SESSANTA. Arte, Moda e Design.
Dal Boom al Pop

Gorizia, Palazzo Attems Petzenstein
29 giugno – 27 ottobre 2024

Mostra a cura di Carla Cerutti, Enrico Minio Capucci, Raffaella Sgubin, Lorenzo Michelli

Sono gli anni dell’alluvione di Firenze e Venezia, del ’66, delle contestazioni studentesche del ’68 e ’69, del primo esprimersi degli Anni di piombo, ma anche quelli in cui ogni sogno sembra poter diventare realtà, a partire dall’uomo a passeggio sulla Luna. A Milano nasce il Salone del Mobile, trionfano le materie plastiche che consentono ulteriore libertà creativa. Sono gli anni della plastica arancione, del design, delle più incredibili sperimentazioni. Fioriscono oggetti-icona destinati a connotare l’epoca e che, nel loro piccolo, mutano il mondo di vivere. Basti citare il mangiadischi che porta la musica ovunque si voglia: una piccola, enorme rivoluzione.

“Italia Sessanta. Arte, moda e design. Dal Boom al Pop”, a Gorizia in Palazzo Attems Petzenstein dal 29 giugno al 27 ottobre, offre l’imperdibile opportunità di compiere un viaggio dentro quello che è uno dei grandi miti della storia recente.

La mostra, inappuntabile nei contenuti e nell’analisi storico critica, si annuncia leggera, divertente, coinvolgente.

Ad accogliere i visitatori sarà una sfavillante Ferrari 275 gtb del 1965, affiancata da una Lamborghini Miura, quest’ultima presente solo in immagine, per questione di spazio, simboli evidenti e universali del design ma anche dell’imporsi della tecnologia Made in Italy.

I curatori – Carla Cerutti per il design, Enrico Minio Capucci e Raffaella Sgubin per la moda e Lorenzo Michelli per le arti visive – hanno scelto di raccontare il decennio sottolineando le assonanze di generi.

A raccontare l’antefatto, ovvero il decennio dei ’50, aveva provveduto, un anno fa, nella medesima sede, “Italia Cinquanta. Moda e Design. Nascita di uno stile”, mostra visitatissima e molto amata.

Quel racconto, parlando dei ’60, si amplia. Al di là del design e della moda, il racconto si apre anche all’arte, riconoscendo quanto questo linguaggio espressivo si intrecci con gli altri due. Nel ’64 la Biennale di Venezia ufficializza la Pop Art, che con il Radical Design impone il primato della invenzione poetica sulla funzionalità. Intanto nuove figurazioni e forme, tra Pop e Op, nuovi materiali e nuove tecnologie si irradiano dagli epicentri di Milano e Roma alle periferie, crescendo modelli originali e avanzate sensibilità.

I creativi meticciamenti tra design, arte, moda, comunicazione, musica, spettacolo producono, e rendono popolari, oggetti come il telefono Grillo e la radio TS  502, entrambi di Zanuso, i televisori Brionvega, oggi oggetto del desiderio di ogni collezionista, la macchina da scrivere Valentine di Ettore Sottsass per Olivetti, tra i tanti. Il nuovo coinvolge tutte le arti applicate, dai vetri alle ceramiche. E, naturalmente, la moda. In mostra abiti icona come il Pigiama Palazzo imposto da Irene Galitzine accanto agli abiti di Valentino, Capucci, Missoni, Pucci, Balestra e a borse e scarpe di Ferragamo, Gucci, Roberta di Camerino… Ma si assiste anche all’ingresso della plastica nella moda e l’influenza di Pop e Op, con le creazioni di Getulio Alviani e Germana Marucelli. Ad accogliere queste nuove creazioni sono case nuove e nuovi arredi, anch’essi spazi di sperimentazione e nuove visioni firmate da Joe Colombo, De Pas e D’Urbino, Giancarlo Piretti, Archizoom, Studio 65, Achille e Pier Giacomo Castiglioni, Vico Magistretti, Elio Martinelli, Umberto Riva, Gae Aulenti, Gino Sarfatti, Gio Ponti, Tobia Scarpa, tra i tanti. Tra le invenzioni del momento, come non citare il Sacco di Gatti, Paolini e Teodoro reso celebre dai film di Fracchia?

Il design muta forma anche agli strumenti musicali: iconica la chitarra della Eko, Rocket, ideata dal geniale Oliviero Pigini per il gruppo musicale inglese The Rokes, destinato a mietere grandi successi in Italia. A questo proposito, una sezione sarà dedicata alla “Britaly”, la British Invasion. Molti artisti e musicisti britannici saranno, infatti, attratti dal nostro Paese e vi si stabiliranno portando con sé la nuova ventata culturale proveniente dal Regno Unito.

Dalla minigonna alla musica, all’arte: novità che l’Italia assorbe e ripropone con buon gusto e genialità.


Progetto allestimento: Roberto Festi
Immagine della mostra e progetto grafico: Studio Polo 1116, Sergio Brugiolo e Chiara Romanelli
Accompagna la mostra un volume edito da Antiga Edizioni su progetto grafico di Studio Polo 1116
 
Palazzo Attems Petzenstein
Gorizia, piazza Edmondo De Amicis 2
0481 385335
musei.erpac@regione.fvg.it
https://musei.regione.fvg.it/
 
ORARI: dal martedì alla domenica dalle 10.00 alle 18.00
Chiuso lunedì. Ogni prima domenica del mese ingresso gratuito
 
Biglietti d’ingresso:
Biglietto intero: 6 euro
Biglietto ridotto: 3 euro (ragazzi tra i 18 e i 25 anni; gruppi di almeno 10 persone; nuclei familiari con minorenni; soci Coop; soci Cec; soci FAI)
 
Ufficio Stampa della Mostra
Studio ESSECI, Sergio Campagnolo
www.studioesseci.net +39 049.6634999
roberta@studioesseci.net (rif. Roberta Barbaro)

Brassaï. L’occhio di Parigi al Museo Civico di Bassano del Grappa

Il Museo Civico di Bassano continua la sua proposta nel solco della grande fotografia internazionale, e lo fa presentando al pubblico la mostra Brassaï. L’occhio di Parigi, a cura di Philippe Ribeyrolles Barbara Guidi, dal 16 novembre 2024 al 21 aprile 2025.

Realizzata in collaborazione con Silvana Editoriale e con l’Estate Brassaï Succession, la mostra presenterà quasi 200 stampe d’epoca, oltre a sculture, documenti e oggetti appartenuti al fotografo, per un approfondito e inedito sguardo sull’opera di Brassaï, con particolare attenzione alle celebri immagini dedicate alla capitale francese e alla sua vita.

BRASSAÏ. L’OCCHIO DI PARIGI
Bassano del Grappa (Vi), Museo Civico
16 novembre 2024 – 21 aprile 2025

A cura di Philippe Ribeyrolles Barbara Guidi

Ungherese di nascita – il suo vero nome è Gyula Halasz, sostituito dallo pseudonimo Brassaï in onore di Brasso, sua città natale – ma parigino d’adozione, Brassaï (1899-1984) e stato assieme a Cartier-Bresson uno dei padri della fotografia del Novecento, autore di immagini che tutt’oggi identificano nell’immaginario collettivo il volto della capitale dell’arte moderna, Parigi. Pittore, scultore, scrittore dalla formazione cosmopolita, intellettuale a tutto tondo, osservatore curioso, acuto e sensibile, Brassaï sceglie di dedicarsi principalmente alla fotografia attorno al 1929, ovvero solo dopo il suo definitivo trasferimento nella capitale francese.

“E con grande piacere che presentiamo negli spazi espositivi del Museo Civico l’opera di uno dei più grandi fotografi di tutti i tempi – dichiara Nicola Ignazio Finco, Sindaco di Bassano del Grappa – che ha saputo raccontare la Parigi della prima metà del Novecento come pochi altri, consegnandoci immagini che ancora oggi costituiscono dei documenti visivi imprescindibili per chi voglia conoscere e studiare la capitale francese negli anni compresi tra le due guerre mondiali. Immagini che ancora oggi, a distanza di quasi un secolo dalla loro realizzazione, conservano intatta tutta la forza e l’immediatezza di veri documenti di vita vissuta e profondamente partecipata.”

La Ville Lumière, con i suoi luoghi e i suoi protagonisti e la musa ispiratrice di Brassaï: dai quartieri operai ai monumenti simbolo della citta, dal mondo della moda ai ritratti degli amici artisti e intellettuali, fino ai graffiti e alla vita notturna.

“La fotografia e per Brassaï un atto mentale” afferma Barbara Guidi, Direttrice dei Musei Civici di Bassano del Grappa. “Essa e non solo un modo per guardare il mondo bensì il mezzo con il quale, o attraverso il quale, scoprirlo, comprenderlo e misurarlo. E lo strumento con cui, parafrasando Heidegger, Brassaï “abita il mondo”. Con questo spirito affronta il paesaggio urbano diurno ma soprattutto notturno di Parigi, divenendo pioniere della fotografia “in assenza di luce”, una pratica allora ritenuta tecnicamente ardua e con cui segna una pagina indelebile della storia di quest’arte: come diceva Diane Arbus ai suoi allievi, “in Brassaï c’è la sostanza stessa dell’oscurità”.

“Altrettanto straordinaria e la galleria di immagini dei protagonisti di quegli anni leggendari: scrittori, artisti, musicisti, personaggi del mondo della moda e dello spettacolo, ma anche le persone più umili, come i venditori ambulanti e i lavoratori delle Halles che, visti assieme, compongono un ritratto corale di poetica bellezza. Nelle sue passeggiate, Brassaï non si limita alla rappresentazione del paesaggio o alle vedute architettoniche, ma si avventura anche in spazi interni più intimi e confinati, dove la società si incontra e si diverte. La vicinanza al movimento surrealista e l’amicizia con artisti e scrittori celebri come Dalì, Matisse, Prevert e Picasso gli apre infine le porte dei salotti intellettuali, permettendogli di partecipare allo straordinario fermento culturale che investi Parigi in quegli anni irripetibili.

Genio poliedrico dal multiforme talento – si è cimentato con il disegno, la pittura, la scultura ma anche con la scrittura – Brassaï trova nella fotografia il mezzo perfetto con cui affrontare il reale. L’obiettivo e un filtro che gli permette di depurare il mondo che lo circonda dalle convenzioni e dalle consuetudini, trasformando anche l’oggetto più banale in qualcosa di sorprendente: “Se tutto può diventare banale, tutto può ridiventare meraviglioso: che cos’e il banale se non il meraviglioso impoverito dall’abitudine?” afferma infatti l’artista.

Le sue più celebri immagini, come la serie Parigi di notte e le foto che hanno ispirato la nascente poetica del Surrealismo e quelle della serie Graffiti che hanno precorso la poetica dell’Informale e dell’Art Brut, accompagnate da una selezione di sculture, un arazzo, documenti e oggetti appartenuti all’artista, si articoleranno in un percorso espositivo di dieci sezioni tematiche che immergeranno il visitatore nelle sofisticate e misteriose atmosfere della capitale francese della prima metà del Novecento, meta di artisti e intellettuali, “città spettacolo” che seduce e rapisce.

“La mostra Brassaï. L’occhio di Parigi offre l’occasione unica di conoscere tanto l’opera magistrale di uno dei più importanti artisti del secolo scorso, quanto di compiere un vero e proprio viaggio nel tempo e nello spazio, immergendosi nelle atmosfere più autentiche della Parigi della prima metà del Novecento” dichiara Giada Pontarollo, Assessore alla Cultura di Bassano del Grappa. “Dopo il debutto nella prestigiosa sede di Palazzo Reale a Milano, ma completamente ridisegnata nel percorso e nel racconto, e con la presenza di opere inedite, la mostra trova oggi nel nostro Museo Civico, già punto di riferimento per importanti mostre fotografiche di rilievo internazionale, il luogo prediletto per consentire al grande pubblico di accostarsi e approfondire un nuovo, importante capitolo della storia della fotografia attraverso l’opera di uno dei suoi massimi protagonisti.”

La mostra sarà inoltre accompagnata dall’omonima pubblicazione in lingua italiana e inglese a cura di Philippe Ribeyrolles, studioso nonché nipote del grande fotografo, e da una ricca offerta didattica pensata per tutte le tipologie di visitatori.

Tra le attività in programma prenderà avvio anche uno speciale workshop organizzato in collaborazione con il Liceo Artistico “Michele Fanoli” di Cittadella, articolato in quattro appuntamenti condotti dal prof. Dario Antonini, che consentirà al pubblico di cimentarsi in prima persona nell’arte della stampa su carta fotografica in camera oscura e visitare liberamente la mostra Brassaï. L’occhio di Parigi.

Gli appuntamenti, della durata di circa 2 ore, si svolgeranno alle ore 15:30 nelle date di sabato 18 gennaio, 15 febbraio, 22 marzo e 5 aprile. Al termine dell’attività ciascun partecipante potrà portare a casa l’immagine realizzata a ricordo della mostra. Le prenotazioni saranno disponibili a partire dal mese di dicembre.

La mostra Brassaï. L’occhio di Parigi e patrocinata dalla Regione del Veneto. Media Partner Il Giornale di Vicenza Rete Veneta. 

Studio-Esseci-2025


Info
+39 0424 519 901
biglietteriamusei@comune.bassano.vi.it
www.museibassano.it  
 
Ufficio stampa
Studio ESSECI, Sergio Campagnolo
Simone Raddi simone@studioesseci.net
+39 049 663499
 
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+39 0424 519373
ufficiostampa@comune.bassano.vi.it
 
Ufficio Comunicazione Musei Civici
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+39 0424 519919
museo@comune.bassano.vi.it

Alla Magnani-Rocca per la prima volta in Italia ‘La Promenade’ di Renoir 

Alla Villa dei Capolavori si celebrano i 150 anni dalla nascita dell’Impressionismo con un evento di respiro internazionale che rappresenta un’occasione imperdibile per gli appassionati d’arte.

Dal 1° settembre al 15 dicembre 2024, la Fondazione Magnani-Rocca di Mamiano di Traversetolo, presso Parma, ha l’onore di ospitare La Promenade di Pierre-Auguste Renoir, uno dei quadri più affascinanti dell’artista francese e di tutto l’Impressionismo; il dipinto proviene dal J. Paul Getty Museum di Los Angeles per una prima assoluta in Italia nell’ambito di una importante collaborazione tra i due musei.

Per la prima volta in Italia uno dei capolavori dell’Impressionismo:
‘La Promenade’ di Renoir dal Getty Museum di Los Angeles
Fondazione Magnani-Rocca, Mamiano di Traversetolo – Parma
1° settembre – 15 dicembre 2024

La Promenade di Renoir è esposta alla Villa dei Capolavori insieme al meraviglioso Monet, ai Cézanne e ai due Renoir della Collezione permanente, che rappresentano il più ricco e importante nucleo di pittura francese del periodo impressionista visibile in Italia.
Eseguito nel 1870, La Promenade è considerato uno degli esiti più alti della produzione di Renoir e anticipa quella rivoluzione che cambierà il corso della storia dell’arte: l’Impressionismo, movimento che nasce ufficialmente il 15 aprile 1874 con la prima mostra di un gruppo di giovani artisti – Monet, Degas, Pissarro, Morisot e Renoir – pronti a trasgredire le regole dell’arte accademica, che già da alcuni anni stavano sperimentando la nuova pittura fatta di luce e natura en plein air.

La luce del sole screziata gioca su una lussureggiante radura boschiva. Un giovane scosta il fogliame per aprire la strada alla sua compagna. Lei gira la testa di lato in segno di modestia, forse esitante nel seguirlo più lontano nel bosco. Nella Promenade entrambe le figure sono cruciali per la scena, ma sono trattate in modo molto diverso. Mentre i verdi appena colpiti dalla luce nell’angolo in alto a destra illuminano la figura scura dell’uomo, ben illuminata e vestita di bianco la donna è il fulcro dell’immagine. Molto probabilmente si tratta di Lise Tréhot che fu la modella preferita e la compagna di Renoir durante gli anni Sessanta del XIX secolo e appare in molte delle sue opere di quel periodo.

Il dipinto raffigura una scena di vita quotidiana i cui personaggi sono tipi ben riconoscibili socialmente. Il canotier si presenta come un piccolo borghese, appartenente alla classe medio-bassa e la sua compagna come una delle famose grisettes, le ragazze di buon cuore comuni nella mitologia della vita bohémien parigina, interessate ai bei giovani per il loro fascino, non per i loro soldi. Parigini in gita romantica che evocano un mondo rilassato di piaceri fugaci, dove le restrizioni sociali sono allentate nel contesto di una natura libera.

Stilisticamente La Promenade è un omaggio agli artisti precedenti che Renoir ammirava molto come Watteau e Fragonard. Ma a differenza delle immagini di seduzione create dai suoi predecessori, quella di Renoir è una immagine istantanea catturata con spontaneità: due giovani immersi nella natura, forse in un parco, non in posa sullo sfondo di un atelier.

Renoir aveva trascorso l’estate precedente dipingendo all’aperto con Monet, che lo incoraggiava a orientarsi verso una tavolozza più chiara e luminosa e a indulgere nella sua predilezione per una pennellata lussureggiante e piumosa. La luce che filtra attraverso il fogliame diventerà un marchio distintivo delle migliori opere impressioniste di Renoir degli anni 1870 e 1880. In Promenade l’artista conserva anche un po’ della tavolozza verde e marrone di Courbet e usa una miscela di colore sottile e oleosa, dove le sue tinte smaltate fluttuano a macchie l’una nell’altra per creare profondità; una pittura che gli consente di esprimere la sua personale percezione sensoriale del mondo che gli sta intorno.

In questi termini la tecnica di La Promenade ne fa uno dei primi veri quadri impressionisti.

Renoir all’inizio del Novecento affronterà con immutato entusiasmo una nuova stagione artistica, caratterizzata da una più evidente distanza rispetto alla resa naturalistica del motivo ispiratore, rilevata dall’intensità delle gamme cromatiche e dalla perdita delle linee di contorno degli elementi raffigurati, dissolte nelle armonie colorate delle vibrazioni luministiche, come ben documentano i dipinti dell’artista scelti da Luigi Magnani e parte delle raccolte d’arte della Fondazione Magnani-Rocca, che, accostati a La Promenade, consentono uno speciale confronto fra la pittura del giovane e quella dell’anziano Renoir.


RENOIR. LA PROMENADE
dal Getty Museum di Los Angeles
Fondazione Magnani-Rocca, via Fondazione Magnani-Rocca 4, Mamiano di Traversetolo (Parma).
Dal 1° settembre al 15 dicembre 2024. Orario: dal martedì al venerdì continuato 10-18 (la biglietteria chiude alle 17) – sabato, domenica e festivi continuato 10-19 (la biglietteria chiude alle 18). Domenica 1, sabato 7 e domenica 8 settembre orario 10-18.
Aperto anche 1° novembre e 8 dicembre. Lunedì chiuso.
Ingresso: € 15 valido anche per le Raccolte permanenti, la mostra ‘Il Surrealismo e l’Italia’ dal 14 settembre e il Parco romantico – € 13 per gruppi di almeno quindici persone – € 5 per le scuole e sotto i quattordici anni. Il biglietto comprende anche la visita libera agli Armadi segreti della Villa. Per meno di quindici persone non occorre prenotare, i biglietti si acquistano all’arrivo alla Fondazione.
Informazioni e prenotazioni gruppi:
tel. 0521 848327 / 848148   info@magnanirocca.it   www.magnanirocca.it   
A partire dal 14 settembre, il sabato ore 16 e la domenica e festivi ore 11.30, 15.30, 16.30, visita alla mostra ‘Il Surrealismo e l’Italia’ e al focus su Renoir e con guida specializzata; è possibile prenotare a segreteria@magnanirocca.it , oppure presentarsi all’ingresso del museo fino a esaurimento posti; costo € 20 (ingresso e guida).
Ristorante tel. 0521 1627509   whatsapp 393 7685543   e-mail marco@bstro.it

La mostra è realizzata grazie al contributo di:
FONDAZIONE CARIPARMA, CRÉDIT AGRICOLE ITALIA
Media partner: Gazzetta di Parma, Kreativehouse.
 
La Fondazione Magnani-Rocca è una delle più importanti istituzioni artistiche d’Europa.
La Villa dei Capolavori, sede della Fondazione a Mamiano di Traversetolo, presso Parma, ospita la collezione d’arte di Luigi Magnani, con opere di Monet, Renoir, Cézanne, Goya, Tiziano, Dürer, de Chirico, Rubens, Van Dyck, Filippo Lippi, Carpaccio, Burri, Tiepolo, Canova e la più significativa raccolta di lavori di Giorgio Morandi.
 
Immersa nella campagna parmense, la Villa conserva ancora oggi un fascino sontuoso e senza tempo con i suoi arredi di epoca neoclassica e impero, circondata da un grande Parco Romantico con piante esotiche, alberi monumentali e gli splendidi pavoni bianchi e colorati.

Ufficio Stampa: Studio ESSECI  Sergio Campagnolo
Rif. Simone Raddi  simone@studioesseci.net  tel. 049 663499.

A Bolzano: Alla mostra sugli “ETRUSCHI. Artisti e artigiani” uno specchio di 2.500 anni fa

Quale donna (o uomo) può resistere dal darsi un’occhiata allo specchio? Ovviamente nessuna e nessuno, o quasi. Adesso così come nell’antica Etruria.
Oggi però i nostri specchi sono oggetti soprattutto funzionali. Non era così 2500 anni fa, epoca in cui risale lo spettacolare specchio in bronzo, naturalmente etrusco, che sarà uno dei reperti più ammirati dell’imminente mostra “Etruschi. Artisti e artigiani” promossa al Centro Trevi-Trevilab dalla Provincia autonoma di Bolzano, Cultura italiana, grazie alla collaborazione del Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia in Roma, diretto da Luana Toniolo e a cura di Valentina Belfiore e Maria Paola Guidobaldi.

ETRUSCHI. Artisti e artigiani
Bolzano, Centro Trevi-Trevilab
24 ottobre 2024 – 2 febbraio 2025

Mostra organizzata dall’Ufficio Cultura italiana della Provincia autonoma di Bolzano in collaborazione e a cura del Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia in Roma.

Lo specchio che il Museo Etrusco di Villa Giulia ha eccezionalmente concesso per l’esposizione bolzanina è un piccolo capolavoro che ben testimonia la tipicità e il primato raggiunto dagli Etruschi nella produzione di questa categoria di oggetti.

Lo specchio etrusco non esaurisce il suo significato nell’uso per la toeletta femminile e non è dotato solamente di una superficie riflettente. La caratteristica che rende peculiari gli specchi etruschi rispetto a quelli circolanti nel Mediterraneo antico è il retro figurato. La parte posteriore veniva infatti solitamente ornata con i personaggi e le scene più indicate per l’occasione d’uso. L’ispirazione è solitamente tratta dal mito greco, con cui i proprietari etruschi dell’oggetto amavano sfoggiare la propria cultura.

Ornare uno specchio con immagini richiedeva una grandissima abilità perché l’uso del bulino non consentiva ripensamenti come nella ceramica. La produzione etrusca di specchi, attiva dal VI fino ad almeno il II sec. a.C., conosce alcuni grandi centri, come Vulci, accanto al quale operano anche raffinate officine a Cerveteri, Orvieto e Chiusi. Gli specchi etruschi si diffondono come oggetto ricercato e di prestigio in tutta l’area etrusca. Per il loro valore simbolico e i messaggi che esprimono diventano anche parte integrante del rituale funerario.

Nello specchio che si potrà ammirare al Centro Trevi/TreviLab, a essere rappresentati sono personaggi contrassegnati dai nomi etruschi di Turan, Elina, Ermania e Elachsantre, che corrispondono ai greci Afrodite, Elena, Hermione e Paride Alessandro, nell’antefatto che porterà a scatenare la lunga guerra di Troia.

L’oggetto viene datato tra il 475 e il 450 avanti Cristo, ha dimensioni contenute (22 cm circa di altezza e 16 di larghezza), ed è straordinariamente bello. Nessuna donna poteva privarsi di oggetti così raffinati, oltre che utili, facendosi accompagnare da essi anche nell’ultima dimora, a testimonianza del rango e come messaggio imperituro di immortalità.


Il Centro Trevi/Trevilab è uno spazio guidato dal direttore di ripartizione Antonio Lampis nel quale si sono sviluppati, per decenni, iniziative rivolte alla comprensione dell’arte e che oggi mira a mantenere sempre vivo l’interesse verso la cultura e il ricco patrimonio artistico conservato nei grandi musei italiani,” come sottolineato da Marco Galateo, vicepresidente della Provincia e assessore alla Cultura italiana.

Info: www.provincia.bz.it/arte-cultura/cultura/centro-trevi.asp

Studio-Esseci-2025


Ufficio Stampa
 
Per MondoMostre
Studio ESSECI di Sergio Campagnolo
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Per Provincia Autonoma di Bolzano
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Venezia, Ca’ Pesaro: GIORGIO ANDREOTTA CALÒ Scultura lingua morta

Alla Galleria di Ca’ Pesaro un nuovo intervento di valorizzazione delle collezioni del museo, dedicato alle indagini nel contemporaneo: con l’inedito dialogo tra Giorgio Andreotta Calò, Arturo Martini e la città di Venezia, attraverso il linguaggio e riflessioni sulla scultura.

GIORGIO ANDREOTTA CALÒ
Scultura lingua morta
Venezia, Ca’ Pesaro – Galleria Internazionale d’Arte Moderna, Sale Dom Pérignon, II Piano
15 novembre 2024 – 4 marzo 2025 

A cura di Elisabetta Barisoni

Il titolo del progetto ospitato nella Sale Dom Pérignon di Ca’ Pesaro, Scultura lingua morta, richiama il celebre scritto del 1944 di Arturo Martini, in cui lo scultore mette in dubbio la capacità della scultura di esprimersi in maniera viva e universale, fino ad attaccarla apertamente, negarne la possibilità di essere salvifica, nei terribili anni della Seconda Guerra Mondiale. Dalle riflessioni di Martini, autore fondante del gruppo di artisti che ai primi del ‘900 si erano riuniti intorno al primo Direttore di Ca’ Pesaro Nino Barbantini e rappresentato nelle raccolte civiche conservate dalla Galleria, prende avvio un dialogo – quasi un corpo a corpo – tra Giorgio Andreotta Calò, artista veneziano annoverato tra le voci più autorevoli dell’arte italiana a livello internazionale, e la città di Venezia, considerata nella sua plasticità e fisicità.

La mostra propone un viaggio nelle opere più significative dell’artista, tra cui le ClessidrePinne NobilisCarotaggi, e due straordinarie Meduse. Uno degli esemplari di Medusa, entrato nella collezione civica di Ca’ Pesaro grazie al PAC2021 – Piano per l’Arte Contemporanea promosso dalla Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero della Cultura sarà esposto nello scalone del Museo ad accogliere i visitatori del primo piano mentre un altro instaura nelle sale un dialogo inedito con la Testa di Medusa di Martini, proveniente dalle collezioni della Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Ca’ Pesaro.

Insieme a queste opere sono esposti i materiali che per primi hanno attivato il dialogo dell’artista con il Palazzo sul Canal Grande: la seconda sala della mostra vive nei disegni e nei carotaggi, esito delle indagini eseguite dai professionisti dei Lavori Pubblici del Comune di Venezia sulla facciata di Ca’ Pesaro. 

Il rapporto tra la produzione plastica contemporanea e la città di Venezia, rappresentato dalla sensibilità di Calò cui si affiancano le collezioni di scultura di Ca’ Pesaro e la monumentale architettura del Palazzo, si arricchisce delle suggestioni ispirate dai preziosi documenti provenienti dall’Archivio Storico della Galleria. Sono tracce di campagne fotografiche condotte sulle collezioni, di cambiamenti e riflessioni sull’allestimento delle opere, sull’architettura e sulla facciata, trame di una storia che si intreccia con la produzione di Calò attraverso lo sguardo trasversale e dialogico del collettivo Ipercubo. 

La produzione plastica, ma anche la museografia, l’architettura e il restauro manutentivo, le indagini statiche e scientifiche sui materiali e sul palazzo, diventano tutti elementi di una lingua viva che testimonia il dialogo ininterrotto tra Venezia, i protagonisti del suo glorioso passato e gli interpreti del suo articolato presente.

La mostra è visitabile dal 15 novembre 2024 al 4 marzo 2025 con l’orario e il biglietto del Museo.

Giorgio Andreotta Calò (Venezia, 1979) vive e lavora tra Italia e Olanda. Ha studiato scultura all’Accademia di Belle Arti di Venezia e alla Kunsthochschule di Berlino. Tra il 2001 e il 2007 è assistente di Ilya ed Emilia Kabakov. Nel 2008 inizia la collaborazione con Galleria ZERO… (Milano). Nel 2008 si trasferisce in Olanda ed è artista in residenza alla Rijksakademie van Beeldende Kunsten di Amsterdam (2009-2011). Nel 2011 il suo lavoro è presentato alla 54. Biennale diretta da Bice Curiger. Nel 2012 vince il Premio Italia per l’arte contemporanea promosso dal MAXXI di Roma. Tra il 2012 e il 2013 è artista in residenza presso il Centre National d’Art Contemporain di Villa Arson a Nizza. Nel 2014 vince il Premio New York promosso dal Ministero per gli Affari Esteri italiano. Nel 2015 inizia a collaborare con la Galleria Sprovieri (Londra). Nel 2017 è uno dei tre artisti invitati a rappresentare l’Italia nel padiglione curato da Cecilia Alemani alla 57. Biennale e con il progetto Anastasis vince il bando Italian Council (2017). Nel 2019 gli viene dedicata una mostra personale presso Pirelli HangarBicocca a Milano. Tra il 2017 e il 2024 realizza per la collezione del Castello di Ama, un’opera ambientale permanente. Nel 2024 inizia la collaborazione con la Galleria Annet Gelink (Amsterdam). Il suo lavoro è presente nelle principali collezioni dei musei di arte contemporanea italiani e in prestigiose collezioni private in Italia e all’estero. Dal 2016 stabilisce il suo studio a Venezia e dal 2021 insegna all’Accademia di Belle Arti nel dipartimento di Scultura.


Museo Ca’ Pesaro
Galleria Internazionale d’Arte Moderna
Santa Croce 2076
30135 Venezia
Tel. +39 041 721127
 
Contatti per la stampa
Fondazione Musei Civici di Venezia
Chiara Vedovetto 
con Alessandra Abbate
press@fmcvenezia.it
www.visitmuve.it/it/ufficio-stampa
 
Con il supporto di
Studio ESSECI, Sergio Campagnolo
Roberta Barbaro
roberta@studioesseci.net

Asti, Palazzo Mazzetti: Per la prima volta arrivano le geniali opere di Escher

Dal 16 novembre Palazzo Mazzetti di Asti ospiterà una grande mostra dedicata ad Escher, artista delle geometrie e dei mondi impossibili, uno degli artisti del XX secolo tra i più amati dal grande pubblico in tutto il mondo.

“ESCHER”
16 novembre 2024 – 11 maggio 2025
Palazzo Mazzetti, Asti

Dal 16 novembre 2024 all’11 maggio 2025 le sale espositive di Palazzo Mazzetti ad Asti accoglieranno le opere di Escher,artista geniale e visionario, amatissimo dal grande pubblico in tutto il mondo, artista iconico per gli amanti dell’arte ma anche per matematici, designer e grafici, per le sue creazioni uniche in grado di coniugare l’arte con l’universo infinito dei numeri, la scienza con la natura, la realtà con l’immaginazione, generando invenzioni fantasiose e paradossi magici ma dal forte rigore scientifico.

Nato nel 1898 a Leeuwarden in Olanda, Maurits Cornelis Escher ha sviluppato uno stile unico e inconfondibile grazie alla sua straordinaria capacità di trasportare i visitatori all’interno di mondi immaginifici e apparentemente impossibili.

Nelle creazioni del grande maestro olandese, che ha vissuto e viaggiato in ltalia fra le due guerre, confluiscono innumerevoli temi e suggestioni: dai teoremi geometrici alle intuizioni matematiche, dalle riflessioni filosofiche ai paradossi della logica.
Le sue inconfondibili opere, che hanno influenzato anche il mondo del design e della pubblicità, sono una sfida alla percezione e rappresentano un unicum nel panorama della storia dell’arte di tutti i tempi.

Ad Asti, attraverso l’esposizione di oltre 100 opere, corredato da approfondimenti didattici, video e sale immersive, viene presentato l’intero percorso artistico di Escher, dagli inizi ai viaggi in Italia alle varie tecniche artistiche che lo videro impegnato per tutta la vita e che lo hanno reso un artista unico.

Tra tassellature, metamorfosi, strutture dello spazio e paradossi geometrici fino alle opere che dagli anni ’50 ne hanno accresciuto la popolarità tanto da poter parlare oggi di una vera e propria Eschermania, in mostra vengono presentati i lavori più noti dell’artista olandese come Mano con sfera riflettente (1935), Vincolo d’unione (1956), Metamorfosi II (1939), Giorno e notte (1938), la celebre serie degli Emblemata, e tantissime altre.

‟Mi ritengo davvero fortunato nell’iniziare il mio mandato alla guida dei musei astigiani – afferma il nuovo Presidente della Fondazione Asti Musei, Francesco Antonio Lepore, – con la mostra di un artista che ha saputo esplorare con la propria genialità e con il supporto esclusivamente della propria maestria grafica e delle proprie competenze matematiche quegli universi impossibili che oggi appaiono più vicini grazie agli algoritmi e all’intelligenza artificiale. Escher è un artista sempre attuale e le sue opere sono da quasi un secolo le icone ammalianti delle infinite possibilità di interazione tra arte e scienza”.

Il Presidente della Fondazione Cassa di Risparmio di Asti, Livio Negro, dichiara: ‟La Fondazione Asti Musei è lieta di offrirvi un viaggio attraverso la mente di un artista che ha saputo unire arte, matematica e filosofia in un modo unico ed originale. Sono sicuro che la mostra di Escher non solo arricchirà l’offerta culturale della città creando connessioni e stimolando un dialogo attivo tra arte, scienza e comunità, ma coinvolgerà in modo attivo tutti noi.

Non ultimo la mostra si inserisce in un percorso di successo che ha visto approdare ad Asti le esposizioni dedicate a Chagall, a Monet e gli Impressionisti in Normandia, ai Macchiaioli, a Giovanni Boldini e alla Canestra di Caravaggio”.

La mostra ESCHER, con il contributo concesso dalla Direzione Generale Educazione, Ricerca e Istituti Culturali del Ministero della Cultura, è realizzata dalla Fondazione Asti Musei, dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Asti, dalla Regione Piemonte e dal Comune di Asti, con il contributo della Fondazione Cassa di Risparmio di Torino, in collaborazione con Arthemisia, la M.C. Escher Foundation e Maurits, con il patrocinio della Provincia di Asti.
Vede come sponsor il Gruppo Cassa di Risparmio di Asti ed è curata da Federico Giudiceandrea, uno dei più importanti esperti al mondo dell’artista.


Sede
Palazzo Mazzetti
Corso Vittorio Alfieri, 357
Asti

Date al pubblico
16 novembre 2024 – 11 maggio 2025

Orario apertura
Lunedì – domenica 10.00/19.00
(la biglietteria chiude un’ora prima)

Biglietti
Intero € 14,00
Ridotto € 10,00

Informazioni e prenotazioni
T. +39 0141 530 403
M. +39 388 164 09 15
www.museidiasti.com
info@fondazioneastimusei.it  
prenotazioni@fondazioneastimusei.it

Sito
www.museidiasti.com
www.arthemisia.it

Social e Hashtag ufficiale
#EscherAsti
@museidiasti
@arthemisiaarte

Ufficio Stampa Arthemisia
Salvatore Macaluso | sam@arthemisia.it
press@arthemisia.it | T. +39 06 69380306 | T. +39 06 87153272 – int. 332

Sole d’autunno. Il capolavoro ritrovato di Segantini

In occasione della recente acquisizione dell’opera Sole d’autunno, la Galleria Civica Giovanni Segantini di Arco intende presentare al pubblico il capolavoro segantiniano  nella cornice di un nuovo allestimento che ne valorizzi la centralità nel percorso della ricerca pittorica del pittore arcense, e il ruolo fondamentale di passaggio nell’evoluzione della sperimentazione segantiniana tra gli anni briantei e l’aprirsi della fase più intensa della sua attività dopo il trasferimento nei Grigioni, quando un rinnovato senso del colore, e della luce, si impone quale nucleo fondante di una nuova concezione estetica. Si tratta di un dipinto di eccezionale importanza, e dalla prestigiosa storia collezionistica acquistato presso la Galleria Bottegantica di Milano.

Sole d’autunno. Il capolavoro ritrovato
Arco (Trento), Galleria Civica G. Segantini
15 novembre 2024 – 26 gennaio 2025

A cura di Niccolò D’Agati

Non più esposta dal 1954, anno della rassegna Pittori Lombardi del Secondo Ottocento (Como, Villa Comunale dell’Olmo), l’opera riemerge finalmente agli occhi del pubblico dopo settant’anni. Nel contesto italiano, la musealizzazione di Sole d’autunno da parte del Comune di Arco per una cifra di 3 milioni di euro, costituisce uno dei più grandi acquisti pubblici mai avvenuti di un’opera del nostro Ottocento e in particolare la maggiore acquisizione segantiniana a partire dal 1927. Un capolavoro della cultura artistica nazionale entra oggi a far parte del patrimonio pubblico, favorendo non solo gli studi su Giovanni Segantini, ma su tutta la pittura dell’Ottocento Italiano.

In questa cornice, e nell’occasione del centoventicinquesimo dell’anniversario della scomparsa di Segantini, la Galleria dedica un focus sull’ininterrotto legame che la città di Arco da sempre mantenne vivo con la memoria del pittore, a partire dalla commissione del monumento a Leonardo Bistolfi e che si rinnova, oggi, con l’acquisto di un’opera finalmente restituita alla collettività e visibile dopo settant’anni dall’ultima esposizione.

Il dipinto, in rapporto alle sue specificità iconografiche, tecniche e pittoriche, rappresenta uno dei capisaldi della pittura di Segantini, configurandosi come uno dei suoi più importanti lavori, oggi noti, del 1887.

La tela, da leggere in continuità con i risultati raggiunti con l’opera Alla Stanga, 1885-1886 (Roma, Galleria Nazionale d’Arte Moderna), viene elaborata dal pittore nel momento in cui, complice la riflessione stimolata da Vittore Grubicy, sperimenta nell’Ave Maria a Trasbordo, 1886 (St. Mortiz, Segantini Museum) una prima istintuale – e non sistematica – applicazione della stesura divisionista. L’uso dell’impasto a colori puri è più libero, la pennellata articola in modo complesso la superficie, facendosi ora più corposa, ora più allungata; le sottili variazioni cromatiche, svincolate dalla convenzionalità crepuscolare degli anni briantei, restituiscono meticolosamente i valori cromatico-luministici studiati dal vero.

La centralità di Sole d’autunno è connessa altresì al soggetto rappresentato, icona di primaria importanza del naturalismo segantiniano, collegato ad altri due capolavori della sua produzione quali Allo sciogliersi delle nevi, 1888 (St. Moritz, Segantini Museum) e Vacche aggiogate, 1888 (Basilea, Kunstmuseum).

Sotto il profilo tematico, il dipinto costituisce inoltre un vero e proprio momento di frattura rispetto alle opere dei primi anni Ottanta del XIX secolo. La tela supera infatti l’impasse letteraria dell’idillio tragico ed elegiaco, al fine di celebrare una più diretta esaltazione della natura nei suoi valori essenziali, svincolandola così da una rilettura sentimentale per avvicinarla, invece, ad una concezione panica e universale, entro ciò che il pittore definisce «simbolismo naturalistico».

La straordinarietà di quest’acquisizione risiede anche nella storia collezionistica della stessa, passata dalla collezione di Alberto Grubicy (1887) a quella dell’importante famiglia Dall’Acqua (1894), transitando poi nella collezione Rossello (ante 1926), una delle più consistenti e importanti collezioni di tutto il Novecento italiano.


L’apertura al pubblico è prevista da venerdì 15 novembre 2024 alle ore 11.30
La mostra sarà aperta al pubblico in generale fino al 26 gennaio 2025;
dal 28 gennaio e fino al 31 marzo 2025, il percorso sarà disponibile SU PRENOTAZIONE per le scuole e i gruppi organizzati, con visite guidate, anche in tedesco ed inglese.
 
GALLERIA CIVICA G. SEGANTINI –  ARCO
Arco, Palazzo dei Panni | Via Segantini 9-17
Galleria: 0464 583653
Direzione: 0464 583608
cultura@comune.arco.tn.it
www.segantiniearco.it

Da Studio ESSECI info@studioesseci.net