Roma: Per la serie L’artista-gallerista Paolo Di Capua e Hyunnart Studio

La serie – Con la mostra su Paolo Di Capua e il suo Hyunnart Studio arte contemporanea, a Blocco 13 prende il via una serie di 4 appuntamenti per rendere omaggio a quei personaggi che fanno della condivisione degli spazi un tratto distintivo del loro essere nel mondo dell’arte. Autori che destinano una parte del proprio studio, e del proprio tempo, a mostre, performance, incontri letterari o iniziative editoriali, chiamando a cimentarsi colleghi e amici. E dimostrando un’apertura ai linguaggi differenti rispetto al proprio. Ma, soprattutto, una curiosità e una marcata libertà di scelta, fuori da steccati, scuderie e regole di mercato. Da qui l’idea del binomio artista-gallerista da parte del curatore di queste prime quattro mostre, Carlo Alberto Bucci, che ha chiesto ai romani Paolo Di Capua, Piero Varroni di Eos libri d’artista (a Blocco 13 dal 5 al 19 aprile), Alberto D’Amico di Studio Campo Boario (29 aprile-16 maggio), infine a Gianni Baretta che ad Alessandria cura l’attività di Triangolo nero (sarà in via Benzoni dal 23 maggio), di raccontare attraverso le immagini la storia del loro spazio, a tutti gli effetti una loro “opera”. E di verificare, attraverso i propri lavori, e un’antologia di quelli di colleghe e colleghi coinvolti, influssi, sintonie e reciproche contaminazioni.

Per la serie L’artista-gallerista
Paolo Di Capua e Hyunnart Studio
 
Inaugurazione sabato 15 marzo (ore 17:00-21:00)

Fino al 29 marzo 2025 (solo su appuntamento)

Blocco 13, associazione culturale per l’arte contemporanea                    
via Benzoni 13, 00154, Roma,
blocco13roma@gmail.com

La prima mostraPaolo Di Capua, responsabile della programmazione che dal 2001 si svolge negli spazi del suo atelier/laboratorio di via Manzoni 85/87, sottolinea: “L’arte contemporanea è cultura e, quindi, qualcosa di necessario, in quanto attività di pensiero, di riflessione, di memoria, di elaborazione mentale e fisica”. “Per me – aggiunge lo scultore – è fondamentale poter avere con altri artisti scambi di riflessioni, di interpretazione e di confronto. Del resto, spesso già nei miei lavori cerco di coinvolgere il visitatore a partecipare, tenendo sempre disponibile la possibilità di elaborazione collettiva”. Accanto a propri lavori (tra cui, all’esterno, l’installazione sul tema della censura presentata in Cina nel 2006), l’artista propone a Blocco 13 opere di piccolo-medio formato – donate, acquistate o frutto di scambi – di autori già passati o che passeranno da Hyunnart: Claudio Adami, Gianni Baretta, Federica Bartoli, Luigi Battisti, Marina Bindella, Gregorio Botta, Virginia Carbonelli, Ettore Consolazione, Enrico Della Torre, Paola Fonticoli, Bahar Hamzehpour, Paul Klerr, Carlo Lorenzetti, Adele Lotito, Teodosio Magnoni, Loredana Müller, Elena Nonnis, Claudio Palmieri, Gianni Paris, Claudia Peill, Maurizio Pierfranceschi, Roberto Piloni, Ernesto Porcari, Massimo Ruiu, Giuseppe Salvatori, Vincenzo Scolamiero, Alessandra Silenzi, Guido Strazza, Francesca Tulli, Alfredo Zelli.

Paolo Di Capua è nato a Roma nel 1957. Dal 1976 al 1981 ha frequentato i corsi di Architettura e Storia dell’arte all’università La Sapienza. Nel 1985 si è diplomato all’Accademia di belle arti di Roma. Allievo dello scultore Lorenzo Guerrini e della storica dell’arte Lorenza Trucchi, dall’inizio degli anni Ottanta ha tenuto personali e collettive in Italia, Germania, Corea del sud, Stati Uniti, Svizzera, Marocco e Cina. Nel 1992 ha conseguito il dottorato di ricerca in Arti visive in alla facoltà di Belle arti dell’Università La Laguna, Isole Canarie, Spagna. Nell’ottobre 2007 ha realizzato un’opera permanente (metri 7×18) per la facoltà di Ingegneria, dell’Università Han Yang di Seoul, Erica Campus. Dal 2007 al 2011 ha tenuto un corso di insegnamento sulle relazioni tra arte visiva e architettura, al dipartimento di Architettura della stessa Università Han Yang. Nel 2010 ha tenuto la personale “Il senso del tatto” nel Museo civico di San Gimignano. Nel 2011 ha esposto “Crescita di piante notturne” (h. cm 350) in fusione di alluminio e acciaio nell’Il Shin Building a Seoul, in occasione della 54esima Biennale di Venezia, Padiglione Italia nel mondo (nel 2013 l’opera è stata acquisita dal Museo nazionale di arte contemporanea di Seoul). Ha tenuto incontri sul suo lavoro all’Università Han Yang di Seoul, a Pechino (Istituto italiano di cultura) e nella sede a Roma della Cabot University. La sua mostra “Natura Umana” si è tenuta all’Istituto italiano di Cultura a Rabat, in Marocco (2019/20). Il video “me “, girato nel proprio studio, è stato proiettato nel 2022 a Roma e Mantova e, nel gennaio 2023, a Barcellona (Espronceda Center of Arts and Culture). Ha pubblicato i due libri d’artista, “Segni di Versi” e “Segni con Versi”. Da maggio a settembre del 2024 ha tenuto una personale a Roma, al Museo Carlo Bilotti, a cura di Mario De Candia, e, da dicembre 2024 a gennaio ’25, una alla Nube di Oort. Per il natale ’24-‘25 ha realizzato, su indicazione di Giuseppe Appella, il presepe d’autore presentato a Castronuovo Sant’Andrea (Potenza). È in preparazione una sua antologica al Museo Martorell di Barcellona per l’autunno 2025.


Blocco 13, associazione culturale per l’arte contemporanea, via Benzoni 13, 00154 Roma (Italy)
tel. ++39.3292866299, blocco13roma@gmail.com
 
Sabato 15 marzo (dalle 17:00 alle 21:00). La mostra rimane aperta fino al 29 marzo 2025, tutti i giorni, anche la sera, ma soltanto su appuntamento.

Da Simona Pandolfi <pandolfisimona.sp@gmail.com>

L’Aquila: Riccardo Chiodi – Làmbere

Sabato 15 marzo 2025 alle ore 18.00, presso la sede della Fondazione de Marchis, al primo piano di Palazzo Cappa Cappelli, la Fondazione Giorgio de Marchis Bonanni d’Ocre è lieta di ospitare la mostra Làmbere di Riccardo Chiodi, a cura di Emiliano Dante e Piotr Hanzelewicz. 

Riccardo Chiodi  
Làmbere
A cura di Emiliano Dante e Piotr Hanzelewicz

Inaugurazione 15 marzo 2025 ore 18.00
Fondazione Giorgio de Marchis Bonanni d’Ocre – Palazzo Cappa Cappelli

Corso Vittorio Emanuele II, 23 – L’Aquila

Fino al 5 aprile 2025

In esposizione, oltre alla produzione dell’ultimo anno di ricerca dell’artista, anche alcune selezioni di lavori, dal 2012 in poi, che esplorano le tematiche generali della mostra ed in particolare i diversi aspetti della relazione con chi o cosa è “altro”: dall’approfondimento del tema del corpo tra peso e leggerezza, già presente in 209949 gr ℮ negli spazi di 16 Civico nel 2017, all’indagine dei rapporti con il corpo dell’altro, portati avanti nel progetto Per renderti il tuo sangue a Spazio Varco nel 2020. Con Làmbere la ricerca artistica di Riccardo Chiodi è sguardo che torna sull’altro, con la consapevolezza della conquista dello spazio: se formalmente il lavoro di Riccardo Chiodi richiama sperimentazioni di arte spaziale o esperienze optical, la componente concettuale e relazionale risulta indispensabile per comprendere pienamente la sua poetica qui presentata in un ventaglio ampio e completo. Làmbere è una mostra costruita da continui strappi che creano strisce che vengono avvicinate, a sfiorarsi, a ricomporre in tal modo un’unità ordinata e pulita seppur sfilacciata.

Come scrive il curatore Emiliano Dante: «La costanza della struttura, l’incedere per minime variazioni, al contrario delle esperienze degli anni ’60, nasce dall’esigenza di lavorare su altro rispetto alla forma in sé. Dove il minimalismo si concentrava sulle strutture primarie, dove l’optical trovava la sua ragion d’essere nella pura stimolazione retinica, l’opera oggettuale di Chiodi trova il suo orizzonte operativo fuori dal semplice rapporto oggetto-occhio, in un altro che è lavoro, è fatica, è tempo, è vissuto. La ricorrenza strutturale, quindi, è in effetti un modo di trascendere l’esperienza individuale. Serve simultaneamente a trasformarla e a interpretarla, a mostrarla e, paradossalmente, a nasconderla. Ecco quindi che il lavoro estenuante sulla materia sfocia in una perfezione impersonale – ed ecco che il vestito delle feste della nonna, che è lo stesso con cui è stata vestita al suo funerale, viene mostrato al pubblico – ma mostrato non in quanto vestito, ma in quanto materia. Mostrato e nascosto, celebrato e sezionato.»

E Piotr Hanzelewicz prosegue: «Riccardo è tante cose. Alcune più di altre hanno impattato e lasciato segni nella sua vita. Alcune in forma transitoria, altre lo accompagneranno fino a quando smetterà di respirare per sempre. Riccardo ha fatto pugilato e quindi si è misurato ed ha dovuto misurare il peso del suo corpo, per lavorare poi sul peso fisico delle sue opere pittoriche (in legno, ferro e tela) che godevano di una straordinaria leggerezza visiva. Poi c’è stato il trapianto di midollo e la conseguente perdita di peso fisico, in favore di un aumento del “peso visivo”. Poi c’è la recente diagnosi di Asperger, qui dichiarata pubblicamente per la prima volta. Riccardo gioca con il suo cognome per firmarsi. Non lo fa però con un riferimento didascalico e diretto al “chiodo” o ai “chiodi”: prende il “dato di fatto” del suo cognome e lo divide in parti uguali ottenendo Chi odi. Fa sempre così, fa così anche con la tela. Il timbro con cui sigla le sue opere può fare riferimento ad un aulico “colui che senti, ascolti” oppure a “colui per il quale nutri odio”. Alì suggeriva di volare come una farfalla e di pungere come un’ape. Calvino parlava di una intelligente sottrazione di peso. A Newton cadde una mela in testa e fu un avvenimento di una riguardevole gravità.»

Riccardo Chiodi, nato a L’Aquila (1973), dove vive e lavora, si avvicina alla pratica dell’arte negli anni del liceo e ne approfondisce i fondamenti storico-teorici nel percorso universitario. Da subito esplora i confini del disegno, della pittura, della scultura e della musica approdando ad una personale ricerca. Nei primi anni la sua produzione artistica è prevalentemente basata sulla pittura su tela; la prima personale è del 2006. Dal 2014 sviluppa maggiormente la ricerca polimaterica introducendo l’utilizzo di ferro e alluminio e limita la tavolozza al bianco, rosso e nero; i metalli diventano protagonisti, fondendosi con i tessuti secondo ritmi scanditi da linee, aperte o chiuse, parallele. In questo periodo inizia a misurarsi anche con la videoarte.

Emiliano Dante è nato a L’Aquila nel 1974. Come filmmaker, ha realizzato la trilogia di documentari sperimentali sul terremoto costituita da Into The Blue (2009), Habitat – Note Personali (2014) e Appennino (2017), e i film di finzione Limen (Omission) (2012) e The Coin (in postproduzione). Ha insegnato Cinema, Fotografia e Televisione alla Facoltà di Scienze della Formazione dell’Aquila, Storia dell’arte contemporanea nelle Università dell’Aquila e di Cassino, Regia al Centro sperimentale di cinematografia dell’Aquila. Attualmente insegna Pratica e cultura dello spettacolo all’Accademia di Belle Arti di Roma. Tra le sue pubblicazioni, Merda d’Artista (2005), Breve saggio sulla storia e la natura degli audiovisivi (2007) e Terremoto Zeronove (2009).

Piotr Hanzelewicz (Polonia, 1978) vive in Italia. Ha fatto esperienze diverse fra loro, studi, lavori. Ama il termine cosa/cose. Non ha un approccio scientifico ma si attesta su una curiosità utile a creare collegamenti tra discipline diverse, talvolta lontane fra loro. Questa è la griglia di partenza. Poi c’è tutto il resto, insomma, poi ci sono le cose. Nota curiosa: è nato lo stesso giorno in cui è morto Paolo VI, pertanto non è sbagliato affermare che uno come Piotr Hanzelewicz nasce ogni morte di papa. Tra le principali esposizioni personali: 2011 – “L’inquilino del terzo piano” a cura di Enzo de Leonibus con testi di Teresa Macrì e Marco Patricelli – Museolaboratorio Città S. Angelo (PE); 2013 “Laborioso laborioso laborioso” a cura di Franco Speroni con testi in catalogo di Alberto Abruzzese e Michela Becchis – Istituto Polacco (Roma); 2014 “All’ombra del pavone” a cura di Michela Becchis – Biblioteca del Senato (Roma); 2019 – “One hundred bucks and few cents” a cura di Fabio de Chirico e Giuseppe Capparelli, con testo in catalogo di Edoardo Marcenaro – Galleria Rosso20sette (Roma). 


La Fondazione Giorgio de Marchis Bonanni d’Ocre viene istituita a L’Aquila nel 2004 allo scopo di conservare, tutelare e valorizzare il patrimonio documentario e librario raccolto dal professor Giorgio de Marchis nel corso della sua carriera di storico dell’arte. Manifesti, locandine, inviti e brossure sono solo alcuni esempi delle tipologie documentarie che caratterizzano l’archivio composto da quasi 200.000 pezzi. Cataloghi di mostre, monografie e saggi, che popolano la biblioteca, contribuiscono a restituire l’immagine di un periodo denso di cambiamenti non solo a livello sociale ma anche storico-artistico, quale gli anni Sessanta e Settanta in Europa. Dal 2018 abita gli spazi del primo piano del Palazzo Cappa Cappelli che apre costantemente per eventi, mostre e collaborazioni con artisti ed enti.


Riccardo Chiodi  
Làmbere
A cura di Emiliano Dante e Piotr Hanzelewicz
Inaugurazione 15 marzo 2025 ore 18.00
Fino al 5 aprile 2025

Orari: giovedì 11.00-13.00 / 16.30 – 19.00; venerdì e sabato 16.30 – 19.00; domenica 11.00-13.00 / 16.30 – 19.00 –  Ingresso libero


Fondazione Giorgio de Marchis Bonanni d’Ocre
Corso Vittorio Emanuele II, 23 – L’Aquila (AQ)
www.fondazionedemarchis.it

Contatti
Diana Di Berardino tel. 338458 1985
Barbara Olivieri tel. 3498832591
fondazione.demarchis@gmail.com

Ufficio stampa 
Roberta Melasecca_Melasecca PressOffice – blowart
roberta.melasecca@gmail.cominfo@melaseccapressoffice.it
tel. 3494945612
cartella stampa su www.melaseccapressoffice.it

Messina: a Spazio Lilla proiezione del documentario

80° anniversario della Resistenza – Venerdì 14 marzo ore 19 a Spazio Lilla, Associazione Culturale ARB, via Enrico Martinez, 11 Messina, proiezione del filmato “L’implacabile tenente Rossi”. Introduce Giuseppe Restifo, interviene Francesco Calogero regista.

“L’implacabile tenente Rossi” Documentario di Francesco Calogero sugli Internati Militari Italiani

Dopo l’8 settembre 1943, un tenente di stanza in Grecia è condotto coi suoi uomini nei campi di internamento tedeschi in Polonia e Germania. Venti mesi di umiliazioni sopportate con esemplare coraggio, a fianco di tanti amici e compagni, fra i quali il filosofo Enzo Paci, il poeta Roberto Rebora e lo scrittore Giovanni Guareschi, ascoltando la radio di nascosto, tenendo conferenze filosofiche e sognando gli Stati Uniti d’Europa.

Il tenente Antonio Rossi racconta come, non mostrando mai segni di debolezza, riuscì a resistere agli stenti dei lager nazisti. Solo al riparo dallo sguardo degli altri metteva da parte la sua maschera austera, torturandosi al pensiero della madre malata o nel ricordo struggente del padre.

“Lavorare sul diario scritto da Antonio Rossi è stato un modo per riavvicinarmi a mio padre, anche lui deportato nei lager nazisti, per comprendere meglio i suoi ideali e le sue sofferenze a soli vent’anni. Un’età, questa, che la mia generazione ha avuto la fortuna di vivere in maniera assai meno traumatica. Fa oggi impressione pensare all’imponenza di quella scelta, alla presa di coscienza cui furono sottoposti tanti giovani, già provati dal terrificante contatto con la guerra. Un’esperienza che ha reso una generazione fedele a valori che sembrano oggi trascurabili: l’onore, il rispetto di sé, la dignità” (F. Calogero).

Francesco Calogero (Messina, 1957), laureato in giurisprudenza, per diciotto anni ha collaborato con il Festival di Taormina e dal 1995, anno in cui ha anche esordito nella regia di opere liriche, dirige il Messina Film Festival. Dopo aver realizzato due Super8 e alcuni video, nel 1987 ha diretto il suo primo lungometraggio, La gentilezza del tocco.

Filmografia

La gentilezza del tocco (1987), Visioni private (1990), Nessuno (1992), Cinque giorni di tempesta (1997), Metronotte (2000), L’implacabile tenente Rossi (doc., 2002).

Scheda film

Regia: Francesco Calogero
Soggetto: Antonio Rossi (IV)
Fotografia: Gian Filippo Corticelli
Montaggio: Mirco Garrone
Durata: 23 minuti
Colore: C
Genere: Biografico cortometraggioTratto da:diario di Antonio Rossi tratto dall’Archivio diaristico di Pieve Santo Stefano
Produzione: Angelo Barbagallo e Nanni Moretti per Sacher Film in collaborazione con Rai Tre e Tele+Distribuzione: Sacher Film.


Anpi – Associazione nazionale partigiani d’Italia
Comitato provinciale di Messina
comunicato stampa – 11 marzo 2025

Venezia: Festival “Bizet, l’amore ribelle” al Palazzetto Bru Zane

Nel 2025 si presenta una duplice occasione per celebrare Georges Bizet: il 150° anniversario della prima di Carmen e della morte del suo autore. Il festival Bizet, l’amore ribelle è stato concepito a immagine del compositore, che si divideva tra opera, mélodie e pezzi per pianoforte (il suo strumento).

FESTIVAL “BIZET, L’AMORE RIBELLE”
Venezia, Palazzetto Bru Zane
29 marzo – 16 maggio 2025

L’autore dell’opera francese oggi più rappresentata al mondo, Georges Bizet (1838-1875), morto all’età di 36 anni, non poté mai assaporare il suo successo. La leggenda che lo riguarda insinua che la mediocre accoglienza ricevuta da Carmen gli sia stata fatale. Per quanto eccessiva, questa idea rivela la posizione dell’artista d’avanguardia rispetto al suo tempo: tra gli anni Cinquanta e Settanta dell’Ottocento, Bizet compose un’opera che poté essere veramente apprezzata solo a partire dagli anni Ottanta. Brillante allievo del Conservatorio di Parigi, vincitore del Prix de Rome e membro attivo della Société nationale de musique, Bizet apparteneva alla generazione nata nel momento della fioritura del Romanticismo, la cui missione era trovare dei modi per rinnovarlo. Ma il pubblico dell’epoca non era ancora pronto a seguirlo.

Durante il festival di primavera a Venezia, articolato in sette concerti e una conferenza, il pubblico di oggi potrà accedere a un ritratto di Bizet che va oltre il capolavoro che ha consacrato il suo successo.

La presentazione-concerto del festival, giovedì 20 marzo, offrirà un assaggio del repertorio valorizzato durante il festival con un recital di mélodies intervallate da pezzi per pianoforte solo eseguiti da Adèle Charvet (mezzosoprano) e Florian Caroubi (pianoforte).

La settimana successiva, il primo concerto di inaugurazione sabato 29 marzo metterà in luce le qualità di trascrittore di Bizet, che in gioventù si guadagnava da vivere lavorando per altri compositori come Charles Gounod o Camille Saint-Saëns. Il pianista Nathanaël Gouin interpreterà una serie di queste composizioni, completate dalle sue trascrizioni di opere di Bizet.

Domenica 30 marzo, ritroveremo un Bizet giovane con Le Docteur Miracle, deliziosa opéra-comique in un atto con cui vinse (ex-aequo con Charles Lecocq) un concorso organizzato da Offenbach. Presentata in versione concerto alla Scuola Grande San Giovanni Evangelista, l’opera rivela il naturale talento comico del compositore.

Il festival proseguirà mercoledì 2 aprile con un altro genere caro a Bizet: la mélodie, tanto abbondante quanto poco conosciuta nel suo catalogo. Il tenore Reinoud Van Mechelen, accompagnato da Anthony Romaniuk al pianoforte, svelerà alcune di queste gemme – composte tra l’altro su testi di Victor Hugo o Pierre de Ronsard – pur lasciando spazio ai contemporanei di Bizet.

Martedì 8 aprile, Monique Ciola terrà una conferenza sul legame di Bizet con il suo strumento prediletto: il pianoforte. 

Torneremo, appunto, al pianoforte martedì 15 aprile, questa volta a quattro mani con il Duo Spina & Benignetti. Oltre a opere e trascrizioni dei suoi contemporanei, il Duo eseguirà l’unica raccolta a quattro mani di Bizet, Jeux d’enfants, composta mentre si apprestava a diventare padre.

Martedì 6 maggio segnerà il ritorno al Palazzetto Bru Zane di Roberto Prosseda che ha già contribuito a rivalorizzare il repertorio romantico francese a Venezia e in CD. Interpreterà opere di Bizet in alternanza con pezzi di Gounod e Farrenc, tra la poesia di un Nocturne e il virtuosismo delle Variations Chromatiques.  

Inserito all’interno della coproduzione con Asolo Musica che prosegue per la seconda stagione, il concerto successivo si terrà presso l’Auditorium Lo Squero sull’Isola di San Giorgio sabato 10 maggio. Gli artisti dell’Académie de l’Opéra national de Paris eseguiranno mélodies e duetti di Bizet, Massenet, Gounod e Saint-Saëns.

Venerdì 16 maggio, il festival si concluderà con un concerto in collaborazione con l’Accademia Teatro alla Scala, con la quale il Palazzetto Bru Zane collabora per la quinta stagione. Gli artisti interpreteranno una selezione di arie di Bizet e dei suoi contemporanei tra i più affascinanti dell’epoca.

TUTTI GLI EVENTI
 
GIOVEDÌ 20 MARZO
ORE 18
PALAZZETTO BRU ZANE
Presentazione del festival
Adèle Charvet mezzosoprano
Florian Caroubi pianoforte
Mélodies et pezzi per pianoforte di BIZET
ingresso gratuito
 
SABATO 29 MARZO
ORE 19.30
PALAZZETTO BRU ZANE
Il giovane Bizet
Nathanaël Gouin pianoforte
Opere composte o trascritte per pianoforte di GOUNOD, BIZET e SAINT-SAËNS
 
DOMENICA 30 MARZO
ORE 17
SCUOLA GRANDE SAN GIOVANNI EVANGELISTA
Le Docteur Miracle
Dima Bawab Laurette / soprano
Marie Kalinine Véronique / mezzosoprano
Marc Mauillon Le Capitaine Silvio / tenore
Thomas Dolié Le Podestat / baritono
Vincenzo Tosetto voce recitante
Thomas Tacquet pianoforte
Le Docteur Miracle di BIZET
Opéra-comique in un atto di Georges Bizet su un libretto di Léon Battu e Ludovic Halévy, rappresentato per la prima volta al Théâtre des Bouffes-Parisiens il 9 aprile 1857.
 
MERCOLEDÌ 2 APRILE
ORE 19.30
PALAZZETTO BRU ZANE
Amore e sogni
Reinoud Van Mechelen tenore
Anthony Romaniuk pianoforte
Mélodies e pezzi per pianoforte di BIZET, LASSEN, LISZT, VIARDOT CHOPIN
 
MARTEDÌ 8 APRILE
ORE 18
PALAZZETTO BRU ZANE
Bizet in bianco e nero
Monique Ciola relatrice
 
MARTEDÌ 15 APRILE
ORE 19.30
PALAZZETTO BRU ZANE
La grande sfida
SPINA & BENIGNETTI PIANO DUO
Eleonora Spina e
Michele Benignetti pianoforte a quattro mani
opere per pianoforte a quattro mani di BIZET, GOUNOD, GOUVY e BILLEMA
 
MARTEDÌ 6 MAGGIO
ORE 19.30
PALAZZETTO BRU ZANE
Bizet segreto  
Roberto Prosseda pianoforte
opere per pianoforte di BIZET, GOUNOD e FARRENC
 
SABATO 10 MAGGIO
ORE 16.30
AUDITORIUM LO SQUERO
Nuovi romantici
Artisti dell’Académie de l’Opéra national de Paris
Mélodies e duetti di BIZET, MASSENET, GOUNOD SAINT-SAËNS
In collaborazione con l’Académie de l’Opéra national de Paris
Coproduzione Asolo Musica / Palazzetto Bru Zane
Concerto fuori abbonamento. Tariffe e prenotazioni: boxol.it/auditoriumlosquero
Concerto proposto il 14 maggio 2025 all’Amphithéâtre Olivier Messiaen dell’Opéra Bastille,
Parigi (Francia)
 
VENERDÌ 16 MAGGIO
ORE 19.30
PALAZZETTO BRU ZANE
Il pescatore di perle
Artisti dell’Accademia Teatro alla Scala
Brani da opere liriche di BIZET e dei suoi contemporanei
In collaborazione con l’Accademia Teatro alla Scala
Concerto proposto in maggio 2025 al Ridotto dei Palchi “Arturo Toscanini” del Teatro alla Scala, Milano

Palazzetto Bru Zane
Venezia, San Polo 2368
 
Contatti per la Stampa
contact@bru-zane.com
 
In collaborazione con Studio ESSECI – Sergio Campagnolo
Ref. Roberta Barbaro
roberta@studioesseci.net Tel. 049 663499

Roma: Emanuele Parmegiani – I’m back

Mercoledì 12 marzo 2025 alle ore 18.00, nelle sale del Museo Fondazione Venanzo Crocetti, inaugura la mostra personale I’m back di Emanuele Parmegiani a cura di Alberto Dambruoso, promossa da Supergas Italiana

Emanuele Parmegiani – I’m back
A cura di Alberto Dambruoso |
Inaugurazione 12 marzo 2025 ore 18 | Fondazione Venanzo Crocetti – Roma

In mostra l’ultima produzione dell’artista nella quale, come scrive il curatore, «sono ancora il segno e il colore ad ergersi a protagonisti delle opere», così come «sono sempre il pop, il graffitismo, l’arte informale e l’espressionismo i riferimenti artistici ai quali si può ricondurre il suo modus operandi.»

Infatti, continua Dambruoso, «il segno di Parmegiani è vorticoso, serpentino, tende ad ispessirsi formando dei reticoli. Questa trama, costituita da infiniti segni che si accavallano tra di loro, è, di fatto, la base sia dei suoi disegni sia dei suoi dipinti. Le nuove opere pittoriche sono ancora esplosioni vitalistiche di colori che testimoniano della sua inesauribile energia e della sua potente visione immaginativa. Qui il colore viene steso di getto, lasciando volutamente che le colature attraversino la superficie del quadro facendo vibrare l’intera composizione. Ma sono soprattutto i disegni in bianco e nero quelli che, a mio avviso, destano maggior interesse nella ricerca degli ultimi anni. È in questa serie di opere su carta che Parmegiani ha impresso un nuovo corso al suo segno: opere fittissime, frenetiche, al limite del horror vacui più manifesto si alternano ad altre in cui, al contrario, il bianco del fondo prevale sul nero della figura. Anche i registri mutano: si va da quelli riflessivi e tragici del “New York, Parigi, Roma durante il discorso del Duce”, dove l’affastellamento del segno dà il senso delle folle oceaniche nelle pubbliche radunate”, a quelli più ironici come “The lady beauty” dove la costruzione della figura sembra seguire le leggi della caricatura, rendendo ilare il soggetto rappresentato. 

Ma sono tanti altri i disegni nati negli ultimi due – tre anni, a volte astratti altre figurativi, che destano molto interesse proprio per le qualità intrinseche di un segno di stampo visionario, tale da generare immagini inedite, a metà strada tra realtà e surrealismo. “Il sonno della realtà genera mostri”, affermava Goya intitolando così una delle sue più celebri acqueforti. Facendo il verso a Goya, Parmegiani sembra partire dal sogno, di tipo delirante e allucinatorio, per generare a volte dei mostri nelle sue opere. Ma i mostriciattoli di Parmegiani, pur mostrando i denti aguzzi, non spaventano. Essi assumono delle sembianze grottesche, goffe ed ironiche che sembrano nate più dalla fantasia di un bambino che di un adulto. E io credo stia proprio qui la forza in molte delle sue opere: farci vedere il mondo con gli occhi di un bambino al fine di far emergere l’eterno bambino che è in noi. Dall’altra parte, queste opere possono invece essere lette come la metafora dell’uomo moderno che vive in una società costituita da tanti piccoli e grandi mostri bramosi di un potere costrittivo. In questo senso le sue opere possono sono un monito a non farsi assoggettare e ad essere liberi nell’autodeterminarsi.»

A distanza di quattro anni dalla sua ultima mostra personale, I’m back – sono tornato «suona dunque come un atto di rinascita.»

Emanuele Parmegiani nasce a Roma nel 1974, dove vive e lavora. Dopo gli studi classici si iscrive alla Facoltà di Sociologia e Scienze della Comunicazione, dove orienta la sua ricerca sulla sperimentazione cinematografica, e in particolare sul cortometraggio come forma di comunicazione della propria arte. Ideatore e autore di sceneggiature per il cinema e per il teatro, ha approfondito anche lo studio della recitazione come sintesi di molte forme d’arte, alternando lunghi periodi alla fotografia e alla pittura. Dal 2010 si dedica esclusivamente alla pittura, esponendo in diverse mostre personali e collettive sia in Italia che all’estero. Hanno scritto di lui: Lina Calenne, Alberto Dambruoso, Valeria Lupi, Paola Valori. Tra le principali esposizioni: 2011, Animals, curata dallo staff della rivista Exibart, Galleria dei Serpenti – Roma; 2016, L’utopia della mente stellare a cura di Alberto Dambruoso e Lina Calenne, Micro arti visive – Roma; 2018, Metropolitania, a cura di Alberto Dambruoso e Lina Calenne, Micro arti visive – Roma. Tra il 2020 e il 2021 espone permanentemente nello spazio Tibaldi Arte come unico artista; nel 2021 presenta la mostra personale Dopo tutto, Palazzo Velli Expo – Roma, a cura di Alberto Dambruoso.


I’m back – sono tornato – tradotto dall’inglese, è il titolo della mostra personale di Emanuele Parmegiani. L’artista romano mancava dalle scene artistiche da qualche anno e quel I’m back suona dunque molto come un atto di rinascita. Sì perché per un artista avere la possibilità di esporre gli esiti più recenti della propria ricerca è di vitale importanza essendo questo, quello del confronto con il pubblico e la critica, il momento più significativo del proprio lavoro. Ci sono artisti che realizzano poche mostre personali in carriera, altri che partecipano a molte rassegne. Non vi sono regole e non è detto che chi esponga di più abbia maggiore possibilità di visibilità o più cose da dire rispetto a quelli che espongono poco. Anzi, a dire il vero, a volte sono proprio questi ultimi i più apprezzati perché le opere vengono selezionate normalmente con molto rigore e la qualità risulta evidente. Per Parmegiani il momento del confronto è fondamentale al fine di dare un senso alla sua vita, prima di tutto di uomo e poi chiaramente di artista. Normalmente inizia a programmare la mostra con largo anticipo, selezionando man mano nel tempo tutte le opere che vorrebbe mostrare al pubblico. Arriva poi il momento del confronto con i critici che si occupano della curatela della mostra. In questa fase Parmegiani, come ho avuto modo di riferire in altre presentazioni, si dimostra sempre disponibile ad ascoltare i consigli di chi intende impostare la mostra in un determinato modo. Anche perché, fosse per lui, porterebbe tutto lo studio! D’altronde, per capire l’artista, occorrerebbe prima di tutto entrare nel suo studio dove si possono trovare opere sparse caoticamente in ogni angolo. Brandelli di tele, vernici rovesciate sul pavimento, carte accatastate alla rinfusa. È l’immagine di una mente in perenne stato di azione/agitazione che cerca ogni giorno un modo nuovo per esprimersi. 

Ma veniamo alla mostra che qui si presenta al Museo Crocetti. Rispetto alla sua ultima personale di quattro anni fa, la sua ricerca non si è discostata molto da un sentiero che l’artista ha tracciato fin dagli inizi del suo percorso artistico. Sono, infatti, ancora il segno e il colore ad ergersi a protagonisti delle opere. Sono sempre il pop, il graffitismo, l’arte Informale e l’espressionismo i riferimenti artistici ai quali si può ricondurre il suo modus operandi. Il segno di Parmegiani è vorticoso, serpentino, tende ad ispessirsi formando dei reticoli. Questa trama, costituita da infiniti segni che si accavallano tra di loro, è, di fatto, la base sia dei suoi disegni sia dei suoi dipinti. Le nuove opere pittoriche sono ancora esplosioni vitalistiche di colori che testimoniano della sua inesauribile energia e della sua potente visione immaginativa. Qui il colore viene steso di getto, lasciando volutamente che le colature attraversino la superficie del quadro facendo vibrare l’intera composizione. Ma sono soprattutto i disegni in bianco e nero quelli che, a mio avviso, destano maggior interesse nella ricerca degli ultimi anni. È in questa serie di opere su carta che Parmegiani ha impresso un nuovo corso al suo segno: opere fittissime, frenetiche, al limite del horror vacui più manifesto si alternano ad altre in cui, al contrario, il bianco del fondo prevale sul nero della figura. Anche i registri mutano: si va da quelli riflessivi e tragici del “ New York, Parigi, Roma durante il discorso del Duce”, dove l’affastellamento del segno dà il senso delle folle oceaniche nelle pubbliche radunate”, a quelli più ironici come “The lady beauty” dove la costruzione della figura sembra seguire le leggi della caricatura, rendendo ilare il soggetto rappresentato. Ma sono tanti altri i disegni nati negli ultimi due – tre anni, a volte astratti altre figurativi, che destano molto interesse proprio per le qualità intrinseche di un segno di stampo visionario, tale da generare immagini inedite, a metà strada tra realtà e surrealismo. 

«Il sonno della realtà genera mostri», affermava Goya intitolando così una delle sue più celebri acqueforti. Facendo il verso a Goya, Parmegiani sembra partire dal sogno, di tipo delirante e allucinatorio, per generare a volte dei mostri nelle sue opere. Ma i mostriciattoli di Parmegiani, pur mostrando i denti aguzzi, non spaventano. Essi assumono delle sembianze grottesche, goffe ed ironiche che sembrano nate più dalla fantasia di un bambino che di un adulto. E io credo stia proprio qui la forza in molte delle sue opere: farci vedere il mondo con gli occhi di un bambino al fine di far emergere l’eterno bambino che è in noi. Dall’altra parte, queste opere possono invece essere lette come la metafora dell’uomo moderno che vive in una società costituita da tanti piccoli e grandi mostri bramosi di un potere costrittivo. In questo senso le sue opere possono sono un monito a non farsi assoggettare e ad essere liberi nell’autodeterminarsi.


INFO

Emanuele Parmegiani
I’m back
A cura di Alberto Dambruoso
Promossa da Supergas Italiana
Catalogo in galleria
www.emanueleparmegiani.it

Inaugurazione 12 marzo 2025 ore 18.00
Fino al 19 marzo 2025
Orari: dalle 11:00 alle 13:00 e dalle 15:00 alle 19:00; sabato orario continuato dalle 11:00 alle 19:00

Museo Fondazione Venanzo Crocetti
Via Cassia 492 – Roma
Tel 0633711468
info@fondazionecrocetti.it
www.museocrocetti.it

Ufficio stampa 
Roberta Melasecca_Melasecca PressOffice – blowart
roberta.melasecca@gmail.cominfo@melaseccapressoffice.it
tel. 3494945612
cartella stampa su www.melaseccapressoffice.it

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LOVESICK negli USA per promuovere l’album “Remember my name”

LOVESICK, COUNTRY MUSIC TRA CINEMA E TV, NUOVO LOOK E UN LUNGO TOUR NEGLI USA

Lovesick, country band bolognese di stanza ma sempre più cittadina del mondo per vocazione e per mestiere, hanno un rapporto sempre più confidenziale e consolidato con l’occhio della telecamera.

In queste settimane, tra il 18 febbraio e l’11 marzo 2025 è trasmessa in prima visione Tv su Rai 1 la serie televisiva italiana Miss Fallaci, con la regia di Luca Ribuoli, dove i Lovesick, sono presenti in diverse scene ancora una volta in qualità di musicisti-attori, nonché nella colonna sonora.

Già negli anni scorsi, andando con ordine, nel 2020 hanno partecipato con alcuni brani alla colonna sonora della serie televisiva ‘Mental’ con la regia di Michele Vannucci, nel 2021 per la prima volta come musicisti-attori nella serie su Sky TV ‘Speravo de morì prima’ dedicata a Francesco Totti, con la regia di Luca Ribuoli e successivamente, nel 2022, sempre come musicisti-attori nelle sale cinema in ‘Lamborghini – The Man Behind the Legend’, con la regia di Robert Moresco. Insomma, ovunque nelle biopic vi sia una congiunzione con la realtà americana, sia essa strettamente musicale ma non solo, arriva loro un caldo invito a partecipare.

Non è un caso, questo perché la formazione bolognese negli ultimi anni ha curato nei minimi dettagli non solo l’aspetto della produzione discografica, ma anche della scenografia dei loro concerti nonché del loro look di scena marcatamente western

Una scelta non solo dettata da un’esigenza stilistica ma anche per ricreare un’atmosfera da totale ‘immersione americana’ che vogliono regalare al loro pubblico durante ogni loro concerto. 

Un riscontro di grande successo che traspare nei loro post e video social che di giorno in giorno, fanno raccogliere loro sempre più consensi da ogni parte del mondo.

Tra non molto infatti, durante l’intenso tour italiano in corso per la presentazione del loro ultimo album ‘Remember My Name’ sarà presto annunciato un lungo tour negli Usa, che toccherà 7 Stati e oltre 16 Città. Un’occasione ancora per trovare nuovi spazi, allargare ulteriormente gli orizzonti e cogliere nuove opportunità. Qui le date del tour europeo della Primavera 2025:

  • 7 Marzo – Lumiere, Pisa – IT
  • 29 Marzo – The Rockabilly Rave, Great Yarmouth – UK
  • 4 Aprile – Crossroad Live Club, Roma – IT
  • 10 Aprile – Biko Club, Milano – IT
  • 12 Aprile – Capitol, Pordenone – IT
  • 24 Maggio – Wortreich, Glarus – SWISS
  • 25 Maggio – Lambic, Torino – IT

Nella playlist Spotify ‘This is Lovesick’ è possibile ascoltare le loro migliori canzoni, mentre per acquistare i loro album in formato fisico e seguirli nei loro tour promossi dall’agenzia booking Barley Arts e dall’ufficio stampa A-Z Press è possibile consultare il loro sito.


Ufficio stampa
A-Z Press
info@a-zpress.com

A Monaco di Baviera in mostra il gioiello contemporaneo

La Munich Jewellery Week, il principale evento mondiale dedicato alla gioielleria contemporanea, ospita Living Matter, una mostra che esplora il rapporto tra materiali e trasformazioni. Parte integrante di Handwerk & Design, l’esposizione invita i visitatori a guardare la gioielleria non solo come un semplice accessorio, ma come una forma d’arte viva, in continua metamorfosi, che interagisce con chi la indossa e con l’ambiente circostante.

Living Matter 2025
“materia pulsante di vita” nel gioiello contemporaneo

L’esposizione a Monaco di Baviera dal 12 al 16 Marzo è parte degli eventi di Jewellery Munich Week e Handwerk & Design

Curata da HOOROON e Arte Design Venezia, Living Matter sfida la concezione della materia come statica, mostrando come materiali tradizionali come metalli e pietre possano acquisire qualità di movimento, fluidità e trasformazione naturale. La mostra raccoglie le opere di artisti provenienti da tutto il mondo, la cui gioielleria si ispira a trame biologiche come vene, linfa e pelle, offrendo un’esperienza sensoriale che richiama la vitalità della natura. In questo modo, la gioielleria diventa un mezzo attraverso cui esprimere l’energia e il dinamismo della vita.

Tra gli artisti selezionati ci sono: Metalsmith Liz (USA), Taylor Chyn (Italia), Sandra Cepeda-Joya de Arte (Messico), Diana Schuhmacher-Dee (Romania), Elle Irwin (USA), Yael Herman (Israele), Brigitta B. Horváth (Ungheria), Alina Cuvin – Calima Jewels (Romania), Johanna Typaldos (USA), Allegra’s Jewelry Collection (Romania), Anna Maria Pitt (Belgio), Valeria Benalcázar (Ecuador), Carla Becerra (Argentina), Zhuwei Lu (USA), e Tony Drawbridge (Nuova Zelanda).

Brigitta B. Horváth (Ungheria) esplora il linguaggio del corpo e dei gesti attraverso le sue spille, simbolizzando le scelte e le interazioni umane. Diana M. Schuhmacher (Romania) sfida i limiti dell’immaginazione con le sue creazioni, mentre Taylor Chyn (Italia) usa texture per esprimere una profondità spirituale. Johanna Typaldos (USA) fonde influenze globali nella sua gioielleria, cercando di insegnare e creare attraverso le sue opere. Carla Becerra (Argentina) cattura l’essenza dei momenti fugaci con ricche texture metalliche, mentre Alina Cuvin (Romania) presenta gioielli dalle forme organiche e contemporanee. Anna Maria Pitt (Belgio), premiata designer islandese, coniuga sperimentazione e ordine nelle sue opere, esposte in tutta Europa. Sandra Cepeda-Joya de Arte (Messico) fonde scultura e gioielleria, mentre Valeria Benalcázar (Ecuador) mescola la sua esperienza nella conservazione artistica con materiali organici e sintetici. Elle Irwin (USA) crea sculture ispirate alle texture naturali delle coste, e Laura Moisa (Romania) preserva la natura attraverso l’argento. Metalsmith Liz (USA) unisce l’artigianato e l’arte indossabile, mentre Yael Herman (Israele), con oltre 40 anni di esperienza, realizza pezzi audaci che uniscono tradizione e innovazione. Zhuwei Lu (USA) crea opere d’impatto caratterizzate da forme organiche e colori evocativi. Infine, Tony Drawbridge (Nuova Zelanda) esplora il confine tra naturale e intrusivo nell’esperienza umana.

La Munich Jewellery Week, evento annuale che si svolge a Monaco, è un appuntamento fondamentale per la gioielleria contemporanea, che cresce ogni anno grazie alla collaborazione tra artisti e designer provenienti da tutto il mondo. Ormai riconosciuto come il principale evento del settore, rappresenta una vetrina d’eccezione per nuovi talenti e creazioni innovative e sperimentali.

L’Associazione Culturale Arte Design Venezia promuove la cultura e il design internazionali attraverso mostre e iniziative che celebrano il patrimonio artistico di Venezia. Nel corso degli anni, ha creato una rete globale che connette artisti, designer e artigiani locali, collaborando con musei e fondazioni veneziane. Tra i suoi progetti più significativi ci sono la Venice Design Week e la VDW Jewelry Selection. La collaborazione con HOOROON nasce dall’intento di unire forze per promuovere la gioielleria contemporanea a livello internazionale. Arte Design Venezia sta anche preparando la 12ª edizione della VDW Jewelry Selection 2025, con le candidature aperte sul sito ufficiale www.venicedesignweek.com.

HOOROON è un progetto che si dedica a rendere la gioielleria contemporanea comprensibile e accessibile, non solo come semplice decorazione, ma come espressione profonda dell’identità personale. Si propone di raccontare storie straordinarie e di presentare creazioni affascinanti, offrendo al pubblico una visione a tutto tondo della gioielleria moderna. Grazie a mostre ed eventi, HOOROON collabora con gallerie e istituzioni internazionali, dando visibilità ai designer e supportando la loro promozione globale.


Munich, Germany – March 12-16, 2025
9.30am – 6.00pm
Handwerksmessen mbH – booth B1.738
Am Messesee 2, 81829 Munich, Germany
Ticket: a partire da 7,00 €

Arte e Design Venezia Associazione Culturale
Lungomare Marconi 90
Lido di Venezia
mail@artedesignvenezia.org 
www.artedesignvenezia.org
Sabrina Casale
Da ArteDesign Venezia <artedesignvenezia@gmail.com>

Eleonora Giorgi, un angelo del cinema italiano

Una profonda consonanza con la poetica di Alessandro Manzoni lega Francesco Guadagnuolo agli “Inni Sacri”, ai quali dedicò una cartella di acqueforti nel 1985. In quest’opera grafica l’artista compie lo stesso percorso intellettuale che Manzoni rappresentò nei suoi versi: dalla realtà terrena intrisa di egoismi e di passioni alla sfera spirituale che eleva l’essere umano verso ciò che lo trascende e nel contempo ne valorizza l’esistenza.

Manzoni, con la sua maestria poetica, riesce a trasmettere la solennità e la gioia di questo momento attraverso versi potenti e parole evocative. L’angelo davanti al sepolcro vuoto è un’immagine che ci invita alla riflessione e alla contemplazione della fede e della speranza. Ed è nell’angelo che Guadagnuolo si è voluto ispirare al volto di Eleonora Giorgi, nel 1985, nel creare la sua Cartella di acqueforti.

Eleonora Giorgia è davvero un angelo del cinema italiano! È conosciuta per il suo talento straordinario e la sua capacità di portare emozioni autentiche sul grande schermo. Ha recitato in numerosi film acclamati dalla critica e ha conquistato il cuore di molti spettatori con le sue interpretazioni memorabili.

Dice Guadagnuolo: “L’immagine poetica che ho voluto immaginare di Eleonora Giorgi come un angelo della risurrezione degli “Inni Sacri” di Alessandro Manzoni, diviene una combinazione affascinante di arte cinematografica e letteratura sacra. Eleonora Giorgi, con la sua eleganza e presenza scenica, potrebbe certamente incarnare una figura così sublime e ispiratrice. La visione suggestiva di immaginare un angelo davanti al sepolcro vuoto nella “Risurrezione” degli Inni Sacri di Manzoni, evoca una scena di grande intensità e spiritualità. La figura dell’angelo, simbolo di purezza e messaggero divino, davanti al sepolcro vuoto rappresenta la vittoria della vita sulla morte e l’annuncio della risurrezione di Cristo”.

Gli “Inni Sacri” di Alessandro Manzoni sono una raccolta di poesie religiose scritte tra il 1812 e il 1822. “La Risurrezione” è uno degli inni più noti della raccolta. In questo inno, Manzoni celebra la risurrezione di Cristo, un evento centrale nella fede cristiana, con un linguaggio poetico e solenne. Manzoni utilizza versi intensi e simbolici per esprimere la gioia e la speranza che derivano dalla risurrezione. L’inno riflette la profonda spiritualità e la fede del poeta, oltre a mostrare la sua abilità nel creare versi che toccano il cuore dei lettori, soprattutto in un periodo di riflessione, speranza e rinascita come la Pasqua del Giubileo 2025 che è alle porte.


Da critica.artecontemp@libero.it

È GM Production, la nuova nata in casa Gruppo Matches

Una casa di produzione video e digital interna all’agenzia per raccontare brand, prodotti, iniziative ed eventi con immagini e format visivi all’avanguardia. E soprattutto produrre film. È la GM Production, nuova nata in casa Gruppo Matches, che, come agenzia, aveva già realizzato in passato per i suoi clienti spot e video di campagne pubblicitarie, come per la China Eastern Airlines.

Con GM Production (qui il link al logo animation: https://youtu.be/Eyfi3KZUUbU; qui il GM Production Reel: https://youtube.com/shorts/GrlCDmC_lkI)  presente in una sezione dedicata nel sito di Gruppo Matches, www.gruppomatches.com, è il salto ulteriore, una produzione tutta interna e dedicata anche al cinema breve, tutt’altro che secondo rispetto al cinema tradizionale in termini di qualità e impatto, soprattutto per narrazioni a forte contenuto valoriale, di sensibilizzazione e per le storie d’impresa, da ultimo tornate in auge.

L’agenzia di comunicazione Gruppo Matches fondata sei anni fa dal suo Ceo Andrea CICINI, che vanta oltre 22 anni d’esperienza nel settore internazionale, oggi ha sede a Roma, Cagliari, Treviso ed Hong Kong, un capitale sociale di 40mila euro, un +35% di utili nel 2024, grazie anche ad un fondo ottenuto attraverso un bando di FARE LAZIO per nuove infrastrutture e progetti, ha deciso di iniettare nuova linfa nei suoi circuiti creativi con la nascita della GM Production.

Affidata alla direzione e al coordinamento di Cristina Borsatti, produttrice e sceneggiatrice, attiva da oltre vent’anni nella comunicazione tradizionale e digital, che avrà il compito e la visione di transitare la neo GM Production verso nuove sfide audiovisive, facendo tesoro della peculiare esperienza maturata da Gruppo Matches e dal suo Ceo, a cavallo tra Italia e Cina, nel settore ADV, Cinema, comunicazione e grandi eventi d’intrattenimento.

Per Andrea Cicini, il plus di GM Production sta nell’aver saputo convogliare la naturale spinta creativa di una squadra giovane, proattiva, competente e motivata, verso un canale narrativo ulteriore ad alto tasso di immaginazione, in ascolto attivo dell’evoluzione tecnologica e digitale del mondo video e cinematografico propria della attuale era di comunicazione, capace di servirsi di un linguaggio visivo al passo coi tempi, sia nel digital che non. Una casa di produzione interna permetterà di contenere i costi, ottimizzare i tempi, assicurare qualità e flessibilità ai committenti”. “E – aggiunge Cicini – rappresenta un elemento di stimolo alla fantasia, al sogno, e allo sviluppo dei talenti interni ed in particolare sarà una porta aperta per i nuovi sceneggiatori e registi che vogliono sognare con noi”.

Concorda con il Ceo la neoresponsabile di GM Production, Cristina Borsatti, che aggiunge: “Sento una grande energia alla base di questo progetto, che si regge sulla competenza di un team talentuoso e motivato e ha alle spalle l’esperienza di un Gruppo leader nel settore della comunicazione e dello storytelling marketing. La sfida sarà quella di allargare il campo di azione di Gruppo Matches, che del linguaggio visivo ha già fatto un punto di forza per raccontare brand ed eventi. Nel mondo cinematografico e televisivo, in tutte le sue forme, entriamo con coraggio e sensibilità e con l’obiettivo di raccontare storie che sappiano parlare di questo nostro presente, che siano in grado di emozionare e di far riflettere“.

GM Production sarà accompagnata nei suoi primi giorni di vita dal lancio del corto “QUINN”, diretto da Gianluca Mangiasciutti e Stefano Usberghi, attualmente in fase di post-produzione. Il protagonista della storia, un giovane alla ricerca della propria identità sessuale, dopo aver subito un brutale pestaggio, decide di mettersi sulle tracce del proprio aggressore. Con quel che ne seguirà. “Aver dato il la a GM Production con questo cortometraggio – spiega Andrea Cicini su un tema estremamente attuale e sentito, quello della privazione della libertà, reso attraverso lo svolgersi di una storia particolarmente originale, è un grande motivo d’orgoglio per Gruppo Matches. Ringrazio tanto tutto il cast, i due bravissimi attori Costantino Seghi e Filippo De Carli per aver interpretato magistralmente la parte, il produttore esecutivo Alberto De Angelis e l’organizzatore generale Valerio Alessio Stati. Un particolare ringraziamento va all’impeccabile regia e fotografia.

Sono molto felice e orgoglioso di avere al timone l’amica Cristina Borsatti, di cui ho profonda stima da sempre. L’attività di GM Production – ha commentato ancora Cicini darà voce ulteriore alle inclinazioni di una agenzia particolarmente votata all’espressione artistica in tutte le sue forme, alimenterà la dimensione culturale della sua attività, le consentirà di contribuire a mettere in campo una comunicazione efficace, coerente e responsabile, anche grazie ad uno strumento potente come quello del cinema. C’è bisogno di riscoprire il valore delle emozioni.”


Gruppo Matches – Fondata nel 2019 a Roma, ma con una vocazione internazionale grazie all’esperienza maturata all’estero da Andrea Cicini: oltre 13 anni in CINA nella comunicazione, strategia marketing e coordinamento dei grandi eventi internazionali quali Olimpiadi Pechino 2008, Casa Italia Paralimpiadi 2008, Shanghai Expo2021, Super Coppa, F1, Moda, Cinema ed altro.  Una collaborazione che tuttora continua. Tra i suoi asset: creatività per lo sviluppo di campagne Atl-Btl, Graphic e Web Design, Social Media, organizzazione di Eventi, Produzione Audiovisiva come casa cinematografica indipendente e Management Sportivo (ANDY DIAZ, ALESSIA SCORTECHINI, JACOPO LUCHINI). Per ulteriori informazioni sull’Agenzia e su GM Production: www.gruppomatches.com


Comunicazione Gruppo Matches
e-mail: media@gruppomatches.com
www.gruppomatches.it

Da Diana Daneluz <dianadaneluz410@gmail.com> 

Palazzo della Penna e Indigo Art Gallery portano a Perugia “Vita, morte e miracoli”

Palazzo della Penna – Centro per le arti contemporanee, in collaborazione con Indigo Art Gallery, presentano la mostra “Vita, morte, miracoli” di Davide Dormino e Francesco Petrone, a cura di Chiara Guidoni, che inaugurerà domenica 9 marzo, a partire dalle ore 18, al piano terra del museo, in via Prospero Podiani, 11.

ARTE / Palazzo della Penna e Indigo Art Gallery portano a Perugia “Vita, morte e miracoli” / inaugurazione domenica 9 marzo 2025

Vita, morte, miracoli“. La mostra sarà visitabile fino a domenica 13 aprile 2025

Il miracolo, quello laico e umano, altro non è che un segno tangibile, un mutamento, una trasformazione felice. Evento straordinario, che si sottrae alle logiche della ragione e che viene tuttavia accolto come assioma: così è. 

Lo si potrebbe quindi intendere quale testamento particolare dell’abilità di coloro che, con i propri mezzi, sono riusciti a cambiare qualcosa, di minuto o di imponente, che non riguarda solo loro stessi. Questo mutamento con la sua aura investe chiunque vi assista: lo spettatore ne porterà in sé una prova, imperscrutabile ma longeva. Della vita e della morte di ognuno questo resta: qualche piccolo miracolo di chiarezza, di ingenuità, di purezza, di fatica, di volontà. 

Se la scultura, delle forme d’arte, è quella che più si avvicina alla vita, per il suo occupare uno spazio, avere un peso e un volume, Dormino e Petrone la eleggono a soggetto privilegiato della loro poetica, tanto quanto l’esistenza umana. La loro ricerca abbraccia uno stile che non abbandona quasi mai il figurativismo, ma che sente la necessità di parlare di qualcosa di più rispetto alla sola dimensione tangibile, sempre presente e manifesta. Le sculture si arrampicano e tendono verso l’alto, con la stessa volontà che le spinge invece verso le profondità sotterranee. Sono allusioni e simboli, a volte ricorrenti, di un’umanità presente, perduta e forse felicemente ritrovata.

Le opere portano traccia delle loro mani: gli artisti non ricercano mai il grado di distacco della perfezione. Il segno resta, serve a palesare che quel gesto esiste, che è parte di un organismo, che possiede un cuore, un fegato e una pelle: le opere sono il negativo dei loro corpi, occupano lo spazio che le mani hanno deciso di non stringere troppo forte, di lasciare agli altri. E lo fanno con l’innocenza e la consapevolezza di una volontà pura, che muove i suoi passi da una necessità creativa che è quella di raccontare un presente che abitano con spirito critico.

Vita, morte, miracoli è una mostra che presenta una produzione eterogenea di materiali e significati: le opere selezionate sono i personaggi di un racconto comune, di un’epopea senza eroe, che riguarda l’esistenza umana tutta, terrena e al contempo eterea. I miracoli altro non sono che ciò che si riesce a lasciare in eredità e dono, un testamento spirituale e concreto, che si manifesta attraverso l’arte. La mostra sarà visitabile fino a domenica 13 aprile.

Davide Dormino, nato a Udine nel 1973, vive e lavora a Roma. Dal 2003 insegna Disegno, Scultura e Installazione alla RUFA. Realizza sculture monumentali, in marmo, bronzo e ferro, affrontando tematiche universali. Tra le sue opere più celebri: Breath (2011), installata permanentemente presso le Nazioni Unite a New York, e Anything to say? (2015), scultura itinerante dedicata al coraggio e alla libertà d’espressione, esposta in 26 capitali europee e premiata nel 2016 con il Prix Èthique dall’organizzazione AntiCor.

Francesco Petrone (Foggia, 1978) vive e lavora a Roma. Si laurea con lode presso l’Accademia di Belle Arti di Foggia; ha lavorato come scenografo per il teatro e il cinema ed è docente presso il Liceo Artistico Argan di Roma. La sua pratica è incentrata su un’analisi del contesto contemporaneo attraverso l’uso della scultura non come fine ma come mezzo di indagine. L’interesse si situa sul simbolo, che riporta attraverso l’uso di materiali industriali e freddi, quali cemento armato e ferro, ma anche quotidiani e caldi, quali legno, pane, ghiaccio, muffe e muschi. Artista votato alla circolarità, riconosce la coincidenza dei concetti di inizio e di fine, se ne fa messaggero, attraverso forme, idee e materiali. Il suo campo di indagine comprende anche una pratica più effimera, legata alla trasparenza e all’inafferrabilità, avvicinandosi al concetto di tempo, che egli riflette nel vetro, in un gesto che è lo specchio del suo processo di indagine artistica verso l’essenza. L’artista è stato selezionato per il PAC (Piano Arte Contemporanea) 2024, con un progetto in collaborazione con il Piccolo Museo del Diario di Pieve Santo Stefano (AR).


Giorgio Vicario
Ufficio stampa
Mg2 comunicazione – studio associato
Da Mg2 comunicazione <info@mg2comunicazione.it>