Trieste: Storie dal sottofondo musicale, all’Auditorium della Casa della Musica

Un salto temporale che ci proietta nelle atmosfere in cui la musica oltreoceano avvolgeva la città. Erano gli anni che preannunciavano una data storica – il 26 ottobre 1954 – in cui cambiamenti epocali erano all’orizzonte. “Cambia la Musica”, con sottotitolo “Il Mito di Trieste in Italia”, è il nuovo progetto prodotto da Opera Viva Associazione culturale, ideato e diretto da Lorena Matic, che si realizza con il sostegno della Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia, il partenariato della Biblioteca Statale Stelio Crise, del Conservatorio di Musica Tartini, ISIS Nautico – Galvani, Università della Terza Età D. Dobrina, 55 Cooperativa Sociale e Bonawentura. 

“Un progetto che offre una doppia chiave di lettura, come suggerisce il titolo” – spiega Lorena Matic – “Musica come Modus Vivendi segnato dagli accadimenti che portarono Trieste all’Italia e come cambiò la Musica oggettivamente, influenzata dalle contaminazioni sotto il Governo Militare Alleato e negli anni immediatamente successivi, con ricadute sociali ed economiche su Trieste. Una rilettura del periodo storico attraverso il ruolo della musica e i suoi protagonisti nella stretta relazione con la città, che visse un sottofondo musicale, mutando abitudini e quotidianità”.

Credit foto Giorgio Grava

Con “Storie dal sottofondo musicale” si apre giovedì 17 aprile 2025, alle ore 17.00, all’Auditorium della Casa della Musica (via Capitelli 3 a Trieste), il progetto “Cambia la Musica. Il Mito di Trieste in Italia”, prodotto da Opera Viva Associazione culturale, ideato e diretto da Lorena Matic.

Il Gruppo Jazz del Liceo Musicale Carducci Dante coordinato dal prof. Andrea Zullian e composto da sei talenti emergenti (tromba Stefano Giacaz, Chitarra Mattia Harpf, contrabbasso Andrea Zullian, batteria Samuele Sfregola e voci di Sara Benfatto, Viola Veronica Maccaione, Mattia Burl), proporrà un repertorio capace di far rivivere l’atmosfera di uno dei numerosi jazz club presenti a Trieste all’epoca del GMA, con sonorità che vanno dagli albori del jazz fino agli anni Quaranta, tra cui brani di Lelio Luttazzi e il celebre “Trieste mia”, che portò il nome di Trieste ben oltre i confini localiIl concerto prevede anche un momento speciale con l’esibizione del maestro Gino Cancelli, per molti anni prima tromba nell’Orchestra del Teatro Verdi di Trieste e indiscusso protagonista della scena musicale degli anni americani.

A seguire, è in programma l’inaugurazione di una mostra fotografica ­­– anticipata dagli interventi storici del Maestro Gino Cancelli e del Coordinatore Attività culturali della Casa della Musica Gabriele Centis – arricchita da immagini inedite provenienti da Archivi privati, che raccontano la scena musicale triestina e i suoi protagonisti, a cavallo del 1954. Musicisti che mossero i primi passi sotto l’entusiasmo americano e dalla successiva carriera strepitosa, a livello nazionale e internazionale. 

Credit foto Giorgio Grava

Oltre 50 le foto in mostra (visitabile fino al 17 maggio) grazie alla preziosa collaborazione, oltre che del maestro Gino Cancelli, del maestro Giorgio Grava, direttore d’orchestra della Rai e di molte altre orchestre (tra cui l’Orchestra della Canzone, dove, pochi sanno, Sergio Endrigo mosse i primi passi). Grava fu ideatore della gara canora Campanello d’Oro, che prendeva spunto dal più noto Campanile d’Oro che lo vide partecipe con la sua orchestra. Uno spaccato di una Trieste spensierata, degli anni ’50.

Tutti gli eventi sono a ingresso gratuito, per rimanere aggiornati potete iscrivervi alla Newsletter su www.assocoperaviva.it


Aps comunicazione Snc
di Aldo Poduie e Federica Zar
viale Miramare, 17 • 34135 Trieste
Tel. e Fax +39 040 410.910
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A-Head Project e 3500cm2: un progetto di accessibilità e inclusione

Portare l’arte contemporanea al di fuori dei musei e renderla accessibile a tutti, anche nei contesti di cura della mente per promuovere accessibilità e inclusione: è la nuova iniziativa di A-Head Project di Angelo Azzurro Onlus in collaborazione con il progetto “3500cm2” a cura di Lorenzo Benedetti con il dottor Francesco Cro e la Presidente dott.ssa Stefania Calapai.

3500cm2 sono i centimetri quadrati messi a disposizione di un artista per realizzare un poster di 50×70cm, la cui missione è diffondere il linguaggio dell’arte contemporanea a un pubblico più ampio ed eterogeneo, creando un museo diffuso per abbattere le barriere dello stigma della malattia mentale. Nasce dalla volontà di ripensare la fruizione dell’arte contemporanea al di fuori dei tradizionali spazi espositivi creando nuove connessioni tra le opere e chi le vive.

È una nuova sfida per la sinergica cooperazione tra arte e psichiatria: infatti negli anni A-Head Project di Angelo Azzurro Onlus ha combinato l’arte contemporanea con la psichiatria per la lotta allo stigma della malattia mentale. Il progetto 3500cm2 vuole diffondere il linguaggio dell’arte contemporanea a un pubblico più ampio ed eterogeneo portandolo fuori dai classici luoghi di fruizione come i musei.

Si tratta di un progetto innovativo che trasforma ospedali e centri di salute mentale in spazi più accoglienti e stimolanti attraverso la presenza di opere d’arte contemporanea: è questo l’obiettivo di 3500 cm2 curato da Lorenzo Benedetti in collaborazione con A-Head Project e la Presidente la Dott. Stefania Calapai e il Dott. Francesco Cro.

Il  progetto 3500 cm2 supportato da A-Head di Angelo Azzurro Onlus partirà a Maggio e interverrà in diverse strutture del Lazio, con un focus specifico su ambienti dedicati alla psichiatria e prevede due modalità di intervento complementari:

• Un nucleo permanente di opere: 30 poster  saranno collocate stabilmente all’interno delle strutture psichiatriche, contribuendo a migliorare la qualità degli spazi e offrendo ai pazienti e al personale sanitario un contatto quotidiano con l’arte.

• Distribuzione gratuita di poster per ogni sede, permettendo a pazienti, familiari, visitatori e operatori sanitari di portare con sé un opera d’arte e avvicinarsi a nuovi linguaggi visivi.

Le opere saranno installate in diversi centri di salute mentale del Lazio, strutture Residenziali e Semiresidenziali sia Pubbliche che Convenzionate.

Attraverso 3500 cm2, l’arte non è solo elemento decorativo, ma diventa strumento di connessione, stimolo culturale e miglioramento degli ambienti. L’intervento mira a coinvolgere attivamente pazienti, personale sanitario e visitatori in un’esperienza artistica inclusiva; offrire nuovi stimoli visivi e culturali, contribuendo al benessere psicologico; valorizzare il ruolo sociale dell’arte contemporanea dimostrando la sua capacità di generare impatti positivi anche in contesti non convenzionali.

3500 cm2 rappresenta un modello innovativo di accessibilità artistica, un progetto che avvicina l’arte al pubblico e trasforma gli spazi della cura in luoghi di incontro e ispirazione.

Gli artisti che collaboreranno con A-Head Project e 3500cm2 sono: Gisella Chaudry, Andreas Zampella, Camilla Gurgone, Lauren Hauge, Edson Luli, Alfredo Aceto, Maurizio Nannucci, Veit Stratman, Agnes Thurnaue, Rä di Martino.


Il progetto A-HEAD nasce nel 2017 per volere della famiglia Calapai per la lotta allo stigma dei disturbi mentali e dalla collaborazione tra l’Associazione Angelo Azzurro ONLUS ed artisti e dj di respiro internazionale: infatti con il progetto A-HEAD Angelo Azzurro, curato da Piero Gagliardi dal 2017 dino al 2022, mira a sviluppare un percorso conoscitivo delle malattie mentali attraverso l’arte, sostenendo in maniera attiva l’arte contemporanea e gli artisti che collaborano ai vari laboratori che da anni l’associazione svolge accanto alle attività di psicoterapia più tradizionali. Data la natura benefica del progetto, con A-HEAD la cultura, nell’accezione più ampia del termine, diviene un motore generatore di sanità, nella misura in cui i ricavati sono devoluti a favore di progetti riabilitativi della Onlus Angelo Azzurro, legati alla creatività, intesa come caratteristica prettamente umana, fondamentale per lo sviluppo di una sana interiorità. Lo scopo globale del progetto è quello di aiutare i giovani che hanno attraversato un periodo di difficoltà a reintegrarsi a pieno nella società, attraverso lo sviluppo di nuove capacità lavorative e creative.


Angelo Azzurro ONLUS
infoangeloazzurro@gmail.com
https://associazioneangeloazzurro.it
www.facebook.com/Aheadangeloazzurro
www.instagram.com/angelo_azzurro_onlus

Ufficio Stampa A-Head Project Angelo Azzurro
Alessio Morganti
alessio.mrg@hotmail.it

Venezia: un’istituzione artistica all’avanguardia

SMAC San Marco Art Centre, un’istituzione artistica all’avanguardia, inaugura in Piazza San Marco a Venezia, il 9 maggio 2025.
SMAC sarà una realtà permanente situata al secondo piano delle Procuratie, un nuovo spazio espositivo composto da 16 gallerie nel cuore di Venezia.
Il programma inaugurale di SMAC prevede due mostre personali dedicate all’architetto moderno australiano Harry Seidler e alla pioniera paesaggista coreana Jung Youngsun.

Venezia – Il 9 maggio aprirà al pubblico SMAC, un nuovo centro artistico all’avanguardia che presenterà un programma dinamico che abbraccia arti visive, architettura, moda, tecnologia e cinema. Situato al secondo piano delle Procuratie di Piazza San Marco, SMAC dispone di oltre 1.000 metri quadrati di spazio espositivo, recentemente restaurato dall’architetto David Chipperfield, vincitore del premio Pritzker. Attraverso la ricerca, il dialogo e la sperimentazione, SMAC esaminerà con occhio critico la cultura visiva contemporanea e le sue relazioni con la storia, la scienza, la filosofia e la società. Il programma espositivo sarà realizzato in collaborazione con istituzioni e curatori internazionali di livello mondiale. In concomitanza con la 19. Mostra Internazionale di Architettura, La Biennale di Venezia 2025, SMAC propone due mostre inaugurali che si concentreranno sulla carriera di due pionieri nei rispettivi campi: l’architetto moderno australiano Harry Seidler, con Migrating Modernism: The architecture of Harry Seidler e For all that Breathes on Earth. Jung Youngsun and Collaborators, che presenta il lavoro dell’architetta paesaggista coreana Jung Youngsun. Oltre alle mostre inaugurali, SMAC presenterà da due a quattro grandi mostre ogni anno. Per l’autunno del 2025 inoltre è annunciata la mostra co-curata da Daniel Birnbaum e Jacqueline Davies, intitolata The Quantum Effect.

I co-fondatori Anna Bursaux, David Gramazio e David HrankovicSMAC colma una lacuna nel ricco panorama culturale di Venezia. Ci concentriamo su contenuti che fanno luce sull’inaspettato, che sfidano le convenzioni e pongono domande rigorose. Siamo un’organizzazione indipendente e sperimentale, che sfida i modelli tradizionali di gestione museale e di produzione di mostre. Accogliamo con favore collaborazioni, fornendo alle istituzioni, agli artisti e ai creativi una piattaforma a Venezia. Crediamo che le arti aprano nuove possibilità di coesistenza umana e permettano alle città e alle comunità di prosperare.

SMAC occupa il secondo piano delle Procuratie, di proprietà di Generali, che hanno commissionato a David Chipperfield il restauro dell’intero edificio, reimmaginandolo come un centro di inclusione sociale e di cultura, aperto al pubblico per la prima volta in 500 anni per offrire un luogo di incontro, di ispirazione e di discussione delle sfide del futuro.

Simone Bemporad, Chief Communications & Public Affairs Officer del Gruppo GeneraliDesidero ringraziare Anna Bursaux, David Gramazio e David Hrankovic. La visione di SMAC introduce un nuovo concetto a Venezia, arricchendo l’offerta della città integrandola in un contesto unico come quello delle Procuratie di Piazza San Marco. Questo capolavoro di 500 anni fa è stato riaperto alla città e al mondo, progettato per accogliere e ispirare una comunità vibrante che si impegna e si dedica alle grandi sfide del futuro attraverso la fondazione The Human Safety Net. Oggi questa realtà è ulteriormente arricchita dalla stimolante presenza di SMAC, con cui siamo entusiasti di collaborare, sulla base di obiettivi condivisi e del nostro desiderio di essere sempre più un punto di riferimento, di incontro e di ispirazione.

Lo spazio espositivo di SMAC è composto da 16 sale, disposte lungo un corridoio continuo che si estende in lunghezza per oltre 80 metri. Ci sono 58 finestre che si affacciano sulla piazza simbolo di Venezia, con un’altezza dei soffitti di 4,5 metri per ogni sala. I visitatori accedono all’edificio da Piazza San Marco 105, attraverso Corte Maruzzi, un cortile privato che conduce a una scala monumentale. Il delicato restauro delle Procuratie di David Chipperfield, orchestrato da Generali Real Estate, ha previsto il recupero dei dettagli che riflettono la storia architettonica della città, conferendo al contempo all’edificio una visione contemporanea.

Le pareti sono rivestite in marmorino veneziano grigio chiaro, ottenuto da marmo frantumato, mentre i pavimenti sono in terrazzo bianco. Le porte originali dell’infilata sono state conservate e alcune sale contengono travi rinascimentali a vista. SMAC sarà uno dei pochi spazi a Venezia che consente condizioni di qualità museale internazionale che comprendono il controllo completo del clima e dell’umidità. Due sale con affreschi di epoca napoleonica faranno da cornice agli eventi che accompagneranno ogni mostra. Gli eventi di questa sezione del programma di SMAC favoriranno lo scambio di idee tra partner delle mostre, curatori e pubblico.

Migrating Modernism. The architecture of Harry Seidler presenta la straordinaria storia personale e l’opera dell’importante architetto moderno Harry Seidler (Vienna 1923 – Sydney 2006), con particolare attenzione agli artisti con cui ha lavorato. La mostra presenta anche le opere degli artisti che hanno collaborato a progetti con Seidler come Josef Albers, Alexander Calder, Helen Frankenthaler, Frank Stella, Lin Utzon e Sol LeWitt, oltre al famoso ingegnere strutturale italiano Pier Luigi Nervi. La mostra è curata da Ann Stephen e Paolo Stracchi dell’Università di Sydney, con la consulenza speciale di Nikolaus Hirsch. È organizzata in collaborazione con il Chau Chak Wing Museum dell’Università di Sydney.

For All That Breathes On Earth. Jung Youngsun and Collaborators è organizzata in collaborazione con il Museo Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea di Seul, MMCA. La mostra presenta il lavoro della principale architetta paesaggista coreana Jung Youngsun, ripercorrendone lo sviluppo della pratica, dall’attivismo iniziale sino agli ambiziosi progetti statali come quelli per le Olimpiadi di Seul e l’aeroporto internazionale di Incheon. L’opera di Jung illustra la profonda connessione tra natura, architettura e resilienza umana. La mostra è curata da Jihoi Lee ed è resa possibile dal Ministero coreano della Cultura, dello Sport e del Turismo e dalla Fondazione coreana per gli scambi culturali internazionali, per commemorare i 140 anni di scambi culturali tra Corea e Italia. Ha inoltre ricevuto il patrocinio del Comune di Venezia.

A questo si aggiunge, nella settimana di inaugurazione, un evento del programma pubblico intitolato The World Around On Site: Venice Biennale 2025, organizzato da SMAC e da The World Around, un’organizzazione no-profit che promuove il lavoro di architetti e designer che affrontano le sfide globali del nostro tempo. L’8 maggio, il futuro dell’architettura e del design contemporaneo sarà discusso in un forum che riunirà voci di spicco del mondo dell’arte, della cultura, dell’architettura, del design e della tecnologia. Il simposio si terrà nell’auditorium di The Home of The Human Safety Net, al terzo piano delle Procuratie.

The Quantum Effect co-curata da Daniel Birnbaum e Jacqui Davies è invece in programma a SMAC nell’autunno del 2025. L’esposizione sarà un ponte tra scienza, arte, cinema, architettura e filosofia, esplorando l’intersezione tra la scienza quantistica e l’espressione creativa. Fondendo concetti di estetica tradizionale e idee innovative, esaminerà come le teorie quantistiche plasmano e influenzano le arti. La mostra approfondirà i paradossi spaziali e temporali della scienza quantistica, traendo ispirazione dalla fantascienza e dalla sua influenza sulla cultura popolare, compresi i video musicali, i videogiochi e la moda.

La posizione straordinaria di SMAC è resa possibile grazie a un importante accordo con Generali, proprietaria delle Procuratie, e alla collaborazione di Elia Federici e Fresia Re Spa. Il terzo piano delle Procuratie ospita The Home of The Human Safety Net, con la mostra interattiva “A World of Potential”, un percorso immersivo in cui i visitatori sono guidati alla scoperta dei propri punti di forza e possono collegarsi ai programmi della Fondazione. Le interazioni tra The Home of The Human Safety Net e SMAC consentono di creare ulteriori sinergie nell’intersezione tra arte e impatto sociale, nello sviluppo di iniziative per la comunità locale e globale e nella creazione di nuove partnership.


SMAC San Marco Art Centre

SMAC è un nuovo centro per le arti nel cuore di Venezia. Ogni anno SMAC presenta un programma dinamico e vivace di mostre sorprendenti che abbracciano tutta la cultura visiva. SMAC è situato in uno dei luoghi più iconici del mondo, Piazza San Marco, all’interno delle Procuratie, recentemente restaurate dall’architetto David Chipperfield, vincitore del premio Pritzker. SMAC presenta un programma ambizioso che spazia dall’arte all’architettura, dal design alla moda e al cinema, offrendo opportunità di scoperta sia agli specialisti che al grande pubblico. SMAC si concentra su contenuti che fanno luce sull’inaspettato, che sfidano le convenzioni e pongono domande rigorose. Attraverso la ricerca, il dialogo e la sperimentazione, SMAC esamina con occhio critico la cultura visiva contemporanea e le sue relazioni con la storia, la scienza, la filosofia e la società. SMAC ritiene che le arti aprano nuove possibilità di convivenza umana e permettano alle città e alle comunità di prosperare.

Procuratie

Le Procuratie sono state aperte al pubblico nel 2022 per la prima volta in 500 anni, dopo un importante restauro di David Chipperfield commissionato da Generali e orchestrato da Generali Real Estate. Il secondo piano ospita SMAC San Marco Art Centre. Il terzo piano ospita The home of the Human Safety Net, una fondazione che opera in 26 Paesi per liberare il potenziale di chi vive in condizioni di vulnerabilità. La mostra permanente “A World of Potential” è concepita come un’esperienza che porta i visitatori a scoprire la propria combinazione unica di punti di forza caratteriali, consentendo loro di vedere le migliori qualità nelle persone che li circondano.

The Home Of The Human Safety Net

The Human Safety Net è un movimento globale di persone che aiutano le persone, la cui missione è sbloccare il potenziale delle persone che vivono in condizioni di vulnerabilità, in modo che possano trasformare la vita delle loro famiglie e comunità. I programmi di The Human Safety Net sostengono le famiglie vulnerabili con bambini piccoli (0-6 anni) e integrano i rifugiati attraverso il lavoro e l’imprenditorialità. La sede di The Human Safety Net è stata concepita come un amplificatore dei suoi programmi attraverso la mostra interattiva “A World of Potential”, che guida i visitatori alla consapevolezza del proprio potenziale e del diritto che tutti abbiamo di esprimerlo e svilupparlo, nonché il centro di co-working, lo spazio eventi e la biblioteca dedicata ai temi dell’inclusione sociale.

Chau Chak Wing Museum

Situato sulle terre di Gadigal, il Chau Chak Wing Museum è un centro per la condivisione delle vaste collezioni dell’Università di Sydney con la comunità. Inaugurato ufficialmente nel 2020, il Museo comprende tre collezioni distinte all’interno di un’unica istituzione multidisciplinare. Dalla cultura delle Prime Nazioni, alle collezioni di storia naturale, alle antichità e alle opere d’arte contemporanea, la collezione del museo incarna la creatività culturale e artistica e accoglie tutte le comunità che vogliano interagire con le collezioni.

MMCA

Fondato nel 1969, il Museo Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea della Corea (MMCA) rappresenta una delle istituzioni artistiche e culturali più importanti della Corea, condividendo la sua storia con il corso dell’arte moderna e contemporanea coreana.

Il MMCA gestisce attualmente quattro sedi: MMCA Gwacheon, aperto nel 1986, MMCA Deoksugung, presso il Palazzo Deoksugung di Seul, aperto nel 1998, MMCA Seul, aperto nel 2013, e MMCA Cheongju, aperto nel 2018.

L’MMCA Seul è un museo polifunzionale che ospita una vasta gamma di opere d’arte contemporanea e rappresenta il volto dell’arte moderna e contemporanea coreana. L’MMCA Deoksugung è specializzato in arte moderna, con particolare attenzione alla Corea dal 1900 agli anni Cinquanta. L’MMCA Gwacheon si concentra sulla ricerca e sull’arte per famiglie, allargando gli orizzonti della storia dell’arte ai settori dell’architettura, dell’artigianato, delle stampe e del design e offrendo un’esperienza completa con il suo Museo dei bambini. L’MMCA Cheongju ha sede in un’ex fabbrica di tabacco che è stata riconvertita in “deposito visibile”, specializzato nel ciclo di vita curativo delle opere raccolte e nelle sue fasi di ricerca, conservazione ed esposizione.

In qualità di istituzione culturale di primo piano, l’MMCA svolge un ruolo fondamentale nel plasmare e diffondere discorsi critici nel campo dell’arte contemporanea, ponendosi come sito dinamico per l’indagine intellettuale, l’educazione creativa e la coltivazione dell’impegno estetico attraverso mostre rigorosamente curate.


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Roma: il nuovo intervento espositivo di Piano Terra affidato a Luca Grechi

Dopo l’esordio con Ramo d’oro, opera di Elisa Montessori, che ha inaugurato Project Window con una riflessione intima e poetica sul segno e sul paesaggio, il progetto espositivo di Piano Terra prosegue con Sentieri spontanei, un’installazione ideata da Luca Grechi in dialogo con Alessandro Dandini de Sylva. L’inaugurazione è prevista per martedì 15 aprile alle ore 18.00.

Sentieri spontanei è un’installazione pensata appositamente per la vetrina di Piano Terra e si compone di oggetti pittorici ­- alcuni trovati, altri realizzati dall’artista – disposti a formare una mappa fatta di tracce, segni e presenze silenziose. Ogni elemento si connette agli altri in una rete di rimandi che attraversa il tempo della ricerca.

Gli oggetti pittorici si offrono come frammenti di un linguaggio in trasformazione, sentieri che attraversano l’evoluzione del pensiero pittorico e ne restituiscono la complessità stratificata. Come nelle songlines cantate dagli aborigeni australiani, ogni oggetto conserva la memoria di un luogo, di un gesto, di una visione. Le immagini si contaminano, le forme si richiamano, le superfici dialogano. Il tempo della pittura si dilata, accogliendo ciò che è stato e ciò che potrebbe ancora essere.

Questo secondo progetto anticipa un terzo capitolo: martedì 13 maggio prenderà forma un ulteriore atto di questa collaborazione. Uniti da una solida amicizia e alleanza professionale, Grechi e Dandini de Sylva, invertiranno per l’occasione i loro ruoli, si assisterà ad un’interazione dinamica tra il processo creativo e la curatela, sperimentando nuove modalità di fruizione artistica.

Due sensibilità e due linguaggi espressivi diffferenti, ma accomunati da un’attenzione condivisa alla dimensione simbolica del paesaggio e da una comune indigine tra il visibile e l’invisibile, tra presenza e sospensione.

Luca Grechi, Senza titolo (Isola verticale), 2017,
dimensioni variabili

La vetrina di Piano Terra si trasformerà per i prossimi due mesi in un luogo di soglia, dove la pittura e fotografia si susseguono, contaminandosi e rispecchiandosi, aprendo nuove possibilità di lettura e attraversamento.

L’installazione sarà accompagnata da una brochure contenente alcune domande e risposte, che fungerà da memoriale e diventerà un sentiero, un percorso che racconterà il lavoro di Grechi.

L’esperienza si arricchirà ulteriormente, nel corso delle prossime settimane, con un talk e un workshop.

Project Window è uno spazio espositivo site-specific, visibile dall’esterno 24 ore su 24, concepito per favorire un’interazione continua con il contesto urbano e per proporre una fruizione dell’arte lenta e quotidiana.


Opening: martedì 15 aprile 2025, ore 18.00 – 21.00
Sentieri spontanei: 16 aprile –  9 maggio 2025
Orari di apertura: visibile h24 dall’esterno
Indirizzo: Piano Terra | Piazza Grecia, 18 – Roma

Contatti: info@pianoterrastudio.it

Ufficio stampa: Manuela Ruggeri
Da Piano Terra <info@pianoterrastudio.it> 

Queerness e Arte Trasformativa: un evento accademico, ma anche un manifesto esperienziale

Il 15 aprile 2025 dalle 13.00 alle 15.00 Barbara Lalle propone, presso l’Aula 1 e Aula EX BAR_Cortile della sede di Via di Ripetta dell’Accademia di Belle Arti di Roma, il laboratorio e performance Sì sono una puttana, con la collaborazione e la cura di Roberta Melasecca e Michela Becchis.

Il laboratorio è aperto a tuttə, studentə, docentə, e visitatorə esternə ed è inserito all’interno di Queerness e Arte Trasformativa, progetto di ricerca e produzione del corso di Grafica d’Arte, a cura del Prof. Gianfranco D’Alonzo con la neodiplomata Elisa Dell’Accio, che propone per tutto il mese di aprile laboratori, documentari, performance, incontri, mostre: un atto collettivo di riflessione e trasformazione, un laboratorio diffuso in cui arte e politica si fondono a partire dai corpi e dalle loro traiettorie queer.

Il progetto infatti indaga la queerness come forza trasformativa che attraversa le pratiche artistiche, ridefinisce identità, moltiplica sguardi, abita gli spazi, intrecciando arte, postumanesimo e studi di genere. Queerness e Arte Trasformativa non è solo un evento accademico: è un manifesto esperienziale, un gesto di apertura alla pluralità dei corpi, delle storie, delle possibilità, un invito a ripensare l’arte come pratica situata e incarnata, come spazio dove trasformarsi e trasformare.

Il laboratorio Sì sono una puttana nasce dall’omonimo testo di Clementine Morrigan: è scrittura del corpo, non rappresentazione figurativa ma processo di autosoggettivazione e autodeterminazione di esso in una traslazione terminologica che meglio definisce il corpo come ‘soggetto’ e lo allontana dall’essere naturalmente ‘oggetto’.

Ma se è l’ordine simbolico, incentrato su una cultura androcentrica, a codificare puntigliosamente chi sia una puttana, come possiamo tuttə noi riappropriarci di noi stessə e autodeterminarci?

Questa sarà la domanda che verrà posta durante il workshop e alla quale ognuno potrà rispondere con una propria strategia di autodeterminazione. Infatti, su una nuova identificazione e identità del soggetto, che mantiene al centro il corpo come manifestazione del suo essere differenziato e non omologato, si instaura un nuovo ed inedito equilibrio, ancora fragile ma in divenire continuo. Nel superamento della dicotomia tra soggetto e alterità e nella rifondazione di un paradigma culturale, appare uno spazio naturale di relazione che affonda le sue radici nel ‘desiderio’, un universo simbolico che anela all’infinito e che esprime il reciproco riconoscimento. 

Per partecipare: non è necessaria prenotazione ma si raccomanda di presentarsi alle ore 12,30 presso l’Aula 1 della sede di Via di Ripetta, possibilmente vestiti di nero (di qualsiasi stile, informale, sportivo, elegante, ecc., basta sentirsi a proprio agio).

Barbara Lalle, terapista per la riabilitazione neurologica post‐traumatica e docente impegnata quotidianamente nell’integrazione delle disabilità gravi, mossa da una “emergenza di dire”, come artista, attraverso le varie forme delle arti visive (pittura, fotografia, video, ecc.) e della performance, esplora le modalità in cui disagio, deprivazione, dolore possano essere compresi, narrati, superati. Sperimenta da anni le diverse modalità di arte partecipata, coinvolgendo altri artisti e le comunità locali dove opera. Finalista Premio Adrenalina 2012; finalista Premio Cascella 2015; Premio Città di Soriano 2015; menzione speciale Bridge Art 2018. Performance: 2015. L’arte dell’errore giudiziarioIl labirinto di Icaro involato, MAXXI; Esodi, MACRO. 2016 Rilevazione-Rivelazione; ContattoNon è area per voi, RM; Logos in progress, RM. 2017. M-UNO Interno 14, MACRO; Bautta, Millepiani RM; APRIR-SI, Case Romane del Celio RM; 2018. Burning Home, Tevere Art Gallery; 2019. Buck up and cry!, MACRO; Realtà Istantanee, MACRO; Punto di Partenza, portici di Piazza Vittorio Emanuele II Roma; Più forte, T.A.G. Roma; 2020. Stauros performance itinerante Roma, Ring Giardini di Colle Oppio Roma, Tre cose vuole il campo, Roma; 2021. Templi frondosi, installazione ambientale con Dario Marcozzi, Passo del Furlo Fossombrone (PU); Buck up and cry, installazione multimediale performativa, Festival Todiimmagina 2021; TAG Roma; Habitus, performance Santa Marinella (RM); 2022 performance Visualizzazione di un angelo, Torre degli Annibaldi Roma; 2023 performance Lapsus in vitam, Studio Campo Boario Roma; 2023 performance Io vedo…, Biblioteca Laurentina Roma; 2023 performance Terzo Paradiso Con tutti i bambini del mondo con Silvia Stucky e Isabel Dehais, Studio Campo Boario Roma; 2023 Lettura performativa Sì, sono una puttana, Biblioteca Vallicelliana Roma; 2024 Performance Sì, sono una puttana, Forte Prenestino Roma; 2024 progetto Incontroluce Recidency, Malosco Val di Non; 2024 performance Dressed by you, Fidelia APS Anguillara Sabazia; 2025 performance Dressed by you, Scuderie Aldobrandini Frascati; 2025 performance Dressed by you, Spazio Testaccio Roma.


INFO
https://abaroma.it/attivita/queerness-e-arte-trasformativa/
 
Barbara Lalle
barbix2002@libero.it
Roberta Melasecca
roberta.melasecca@gmail.com
dryapple.wordpress.com
associazioneblowart.wordpress.com/

Due pratiche artistiche apparentemente distanti, ma profondamente complementari

L’esposizione, inaugurata il 2 aprile, unisce in dialogo due ricerche artistiche uniche, accomunate dalla riflessione sulla condizione umana e sul rapporto tra materia, forma e percezione. La mostra “Unveiling the Unknown” nasce dall’esigenza di mettere in relazione due pratiche artistiche apparentemente distanti ma profondamente complementari. Se da un lato Théo Viardin esplora l’umanità attraverso figure monumentali in continua trasformazione, interrogandosi sulle mutazioni dell’essere umano nel contesto del biopunk e della crisi ecologica, dall’altro Lou Jaworski decostruisce la materia, lavorando con materiali carichi di memoria e significato per affrontare questioni di percezione e struttura.

L’accostamento di queste due ricerche mira ad indagare la sopravvivenza e l’evoluzione della forma umana, esplorandone le tracce nel tempo e nello spazio. Se Viardin rappresenta corpi mutanti immersi in scenari essenziali, Jaworski utilizza materiali che evocano la stratificazione temporale e il dialogo tra il fisico e il digitale. I loro linguaggi si intrecciano in un equilibrio sottile tra figurazione e astrazione, corporeità ed evanescenza, memoria storica e visione del futuro.

Attraverso questa mostra, Tempesta Gallery intende creare un percorso visivo e concettuale che affronta le tensioni tra umanità e post-umanità, fisicità e digitalizzazione, tradizione e avanguardia. Viardin e Jaworski, con i loro linguaggi complementari, ci portano a riflettere sul destino della nostra presenza nel mondo e sulle possibili direzioni future dell’esistenza umana.

Théo Viardin (nato a Parigi nel 1992, vive e lavora a Marsiglia) esplora nei suoi dipinti enigmatici la figura umana in costante mutazione. Le sue opere presentano figure colossali che sembrano vegliare l’una sull’altra, caratterizzate da un uso stratificato della pittura a olio che alterna pennellate gestuali a velature eteree. Il suo lavoro si nutre di un dialogo con la filosofia e affronta il tema della condizione umana attraverso contrasti e dicotomie. Il biopunk diventa un mezzo per riflettere sulla fine dell’umanità così come la conosciamo e sulle sue possibili evoluzioni. Le sue recenti esposizioni lo hanno portato a esporre in città come Parigi, New York, Londra, Berlino, Vienna, Shanghai, Anversa, Madrid e Palma di Maiorca tra il 2021 e il 2024.

Lou Jaworski (nato a Varsavia nel 1981) adotta un approccio post-minimalista nelle sue sculture, installazioni e stampe, caratterizzato da un linguaggio visivo essenziale. L’uso di materiali carichi di significato, come marmo, magneti in ferrite, grafite e meteoriti, conferisce alle sue opere un valore universale e senza tempo. Alcune delle sue creazioni incorporano hardware da server rack, impiegato come struttura architettonica per esplorare il concetto di memoria materiale e conservazione. Le sue opere, al tempo stesso astratte ed evocative, amplificano gli elementi architettonici e le proprietà dei materiali, fungendo da catalizzatori di pensiero ed energia.


La mostra Unveiling the Unknown si propone di esplorare il confine tra ciò che conosciamo e ciò che sfugge alla nostra comprensione immediata, dissolvendolo progressivamente. Le opere di Lou Jaworski e Théo Viardin ci invitano a vivere un’esperienza visiva e sensoriale che, oltre a stimolare la nostra vista, coinvolge anche il tatto, guidandoci lungo un cammino che svela dimensioni sconosciute, realtà alternative e prospettive mai esplorate prima.

L’essere umano è costantemente chiamato a subire trasformazioni profonde, che lo conducono a integrarsi con ambienti sempre più complessi e inimmaginabili, mutando la propria pelle per fondersi con un mondo che diventa sempre più ibrido. Questo processo segna un momento cruciale nell’evoluzione della specie, un passaggio in cui l’individuo è costretto, per ragioni di permanenza, a rinnovare la propria relazione con l’esistenza. Una relazione, questa, che si reinventa e si adatta incessantemente, attribuendo nuovi significati alle cose, nel tentativo di preservarne l’essenza originaria.

L’idea di unveiling, che caratterizza la mostra, evoca il concetto allegorico del mito della caverna di Platone, in cui prigionieri incatenati vedono solo ombre proiettate su una parete, credendo che quelle ombre siano la realtà. La mostra rintraccia questa rappresentazione nel momento preciso in cui i prigionieri escono dalla caverna e vedono, per la prima volta, la realtà autentica. Similmente, le opere di Jaworski e Viardin ci invitano a liberare il nostro sguardo, a trascendere le apparenze e a entrare in contatto con ciò che è, a prima vista, invisibile, misterioso o nascosto.

In questo contesto, assunto come certo che tra percezione ed estensione non esiste alcun rapporto di subordinazione – una condizione ineluttabile, ab origine – possiamo affermare che solo attraverso un soggetto incarnato si può cogliere la vibrazione del mondo, al di là della sua dimensione intellettuale, in un equilibrio paritetico tra trascendenza e immanenza.

Questa esortazione ad esplorare nuove dimensioni della realtà trova un parallelo nelle riflessioni di Maurice Merleau-Ponty sulla percezione corporea. Merleau-Ponty ha esplorato come la percezione non sia solo un atto mentale, ma anche fisiologico, e come la nostra esperienza del mondo sia mediata dal corpo stesso. In quest’ottica, le opere dei due artisti sembrano invitarci a riscoprire la percezione del mondo attraverso il corpo, per l’appunto, esplorando le innumerevoli sensazioni che lo abitano, per accedere a significati che vanno oltre una mera, talvolta bieca, osservazione razionale.

Lou Jaworski, con la sua straordinaria abilità di manipolare materiali e forme, infrangendo le leggi storicamente immutabili della statuaria, crea scenari sensoriali che mettono in discussione le certezze della realtà tangibile e stimolano una riflessione profonda sulla percezione visiva. Le sue opere, di chiara matrice post- minimalista, invitano non solo a osservare, ma anche a toccare oltre la superficie, rivelando strati di significato nascosti e aprendo porte su universi sconosciuti. Con un approccio intimo ed evocativo, l’artista esplora il confine tra il mondo fisico e quello surreale, facendo emergere l’inconscio collettivo e svelando il “noumeno”, l’essenza di una realtà che, come Kant ci ha insegnato, sfugge alla nostra comprensione diretta. L’uso di materiali significativi, come marmo, magneti in ferrite, grafite e meteoriti, conferisce alle sue opere una qualità universale e senza tempo, mentre l’integrazione di hardware da server rack, come struttura architettonica avveniristica, contribuisce all’esplorazione del concetto di memoria materiale e di conservazione. Le sue creazioni scultoree monumentali, irreali ed evocative, amplificano le proprietà dei materiali, fungendo euritmicamente da catalizzatori di pensiero ed energia. Il suo contributo, in occasione della mostra Unveiling the Unknown, si manifesta in diverse direzioni: da un intervento site-specific che, pervadendo le pareti della galleria, consiste in un murale astratto realizzato con polvere di meteorite, le cui tonalità richiamano quelle dell’argento, alla scultura monolitica Gemini, la cui forma è generata dalle proprietà magnetiche del materiale stesso. La struttura, per la sua forma verticale, evoca l’immagine di una persona non stabile e fissa, ma effimera, poiché continuamente sottoposta a cambiamento. Le frecce bianche che la contraddistinguono, disegnate sui magneti di ferrite durante la produzione, indicano la direzione del magnetismo. Inoltre, ci sono due sculture da parete, YYYY ed EQUALITY, che simboleggiano rispettivamente: la prima, l’astrazione di un simbolo utilizzato generalmente come segnaposto per inserire la data dell’anno nel mondo digitale, e che, per di più, rappresenta tutti gli anni, il calendario, i cicli naturali, l’alternanza delle stagioni e, più in generale, il cosmo; la seconda scultura, invece, riproduce il simbolo “=” che tutti conosciamo, poiché viene comunemente utilizzato in matematica e geometria, ma anche per esprimere il concetto di equilibrio, di pari opportunità, o, più semplicemente, di uguaglianza.

Theo Viardin, dal canto suo, sfida la percezione visiva e concettuale, invitando lo spettatore a oltrepassare le apparenze per scoprire verità nascoste nell’indolenza dell’ordinario. Le sue opere pittoriche, ricche di tensione e suggestione, rivelano la bellezza nelle imperfezioni e nelle transizioni, esplorando la condizione umana attraverso un linguaggio viscerale e sfuggente. Con forme fluide e colori che oscillano tra tonalità metalliche e livide, sanguigne e incandescenti, l’artista esplora la connessione tra l’umano, la creatura e il creatore, dando vita a una nuova mitologia che indaga i misteri esistenziali più profondi e sconosciuti. Le sue immagini enigmatiche ed evocative suscitano riflessioni sull’alterità e sulla vulnerabilità, dissolvendo i confini tra visibile e invisibile e invitando a una percezione più empatica, corporale e immediata della realtà. Le figure imponenti, che sembrano vegliare dolcemente l’una sull’altra, sono realizzate con un uso stratificato della pittura a olio, alternando pennellate gestuali a velature eteree. Inoltre, il lavoro di Viardin, nato da un costante e profondo dialogo con la filosofia, esplora la condizione umana e le sue possibili evoluzioni, utilizzando l’approccio biopunk, particolarmente nichilistico, come strumento per riflettere sulla fine dell’umanità così come la conosciamo.Alla luce di tutto ciò, possiamo affermare con certezza che Unveiling the Unknown non è semplicemente una mostra, ma un invito a guardarsi intorno per esplorare l’ignoto, sia dentro che fuori di noi. È un’opportunità per immergersi in uno spazio di riflessione, mistero e rivelazione. Il dialogo tra le sensibilità artistiche, dissimili ma complementari, di Jaworski e Viardin stimola una curiosità multisensoriale, arricchendo la nostra comprensione della realtà e sfidando la paura che troppo spesso aleggia su ciò che è sconosciuto. Così, nella stessa misura in cui Merleau-Ponty, nel tentativo di definire la struttura auto-affettiva del puro sentirsi, afferma che Toccare è toccarsi. La carne, il mio corpo è il perno del mondo che vi si prolunga, anche questa mostra ci ricorda che l’arte non è solo visione, ma un’esperienza fisica e sensoriale a tutto tondo, capace di connetterci profondamente con il mondo che ci circonda, idealmente nella sua accezione più pura e autentica. Unveiling the Unknown ci invita, dunque, a trascendere il semplice sguardo, per toccare, sentire e vivere ogni esperienza, abbracciandone il significato più autentico e profondo, mentre ci conduce alla scoperta dell’ignoto e delle forze antitetiche di attrazione che lo caratterizzano, un gorgoglio incandescente che pulsa dietro la superficie della realtà.


Tempesta Gallery
3 aprile – 13 giugno 2025
Martedì – Venerdì | 15:00 – 19:00
apertura speciale sabato 5 aprile 2025 | 15:00 – 19:00
Foro Buonaparte 68, Milano
info@tempestagallery.com

Da TEMPESTA Gallery | PRESS <press@tempestagallery.com>

Ragusa: per la prima volta in Sicilia i reperti archeologici del Museo Egizio di Torino

Per la prima volta approdano in Sicilia, nello splendore barocco di Ragusa, i reperti archeologici provenienti dalle collezioni del Museo Egizio, Torino. La mostra “Gli Egizi e i doni del Nilo”, dal 13 aprile al Museo della Cattedrale – Palazzo Garofalo di Ragusa, narra tremila anni di storia dell’antico Egitto. Prodotta e organizzata dal Comune di Ragusa e da Arthemisia, curata dal Museo Egizio, la mostra coinvolge l’intero territorio siciliano grazie a prestiti provenienti anche dal Museo del Papiro “Corrado Basile” di Siracusa, dal Museo Archeologico Nazionale “Antonio Salinas” di Palermo e dal Museo Archeologico Ibleo di Ragusa. Attraverso reperti archeologici, sale immersive e apparati didattici e scenografici, la mostra propone un viaggio affascinante alla scoperta della civiltà nilotica, che da sempre incanta il mondo intero.

La Sicilia per la prima volta ospita i reperti delle collezioni del Museo Egizio, il più antico Museo al mondo dedicato alla storia dell’antico Egitto. Ragusa, capitale del barocco, accoglierà a partire dal 13 aprile 2025 la mostra “Gli Egizi e i doni del Nilo”, che propone un viaggio alla scoperta di una delle civiltà più antiche del Mediterraneo.

Oltre tremila anni di storia lungo le sponde del Nilo saranno narrati al Museo della Cattedrale – Palazzo Garofalo, dove si potranno conoscere le abitudini, l’arte, la religione, le tombe e molto altro ancora, attraverso l’esposizione di 24 reperti provenienti da Torino, e con la partecipazione di alcuni musei siciliani che ospitano opere egizie quali il Museo Archeologico Nazionale Antonio Salinas di Palermo, il Museo Archeologico Ibleo di Ragusa, e il Museo del Papiro “Corrado Basile” di Siracusa.

Un’operazione corale e di grande respiro, con la produzione di Arthemisia, artefice delle mostre di maggior successo al mondo.

La mostra, attraverso l’esposizione di preziosi manufatti antichi, sale multimediali, apparati didattici e scenografici, consente di comprendere e di immergersi nel mondo dell’antico Egitto, per una esperienza unica.

Promossa dal Comune di Ragusa e dal Museo Egizio – Torino, la mostra è prodotta e organizzata da Arthemisia, in compartecipazione con la Fondazione Federico II, con il sostegno della Provincia di RagusaRegione Siciliana – Assessorato del turismo, dello spettacolo e dello sport Assessorato dei beni culturali e dell’identità sicilianaAeroporto di CataniaGAL Terra Barocca ed Enjoy Barocco – Sicilian Experience ed è curata per il Museo Egizio da Paolo Marini.

Nel Museo della Cattedrale – Palazzo Garofalo di Ragusa, gioiello del barocco siciliano, i visitatori scopriranno l’antica civiltà nilotica attraverso un percorso espositivo ideato attorno ai reperti del Museo Egizio – oltre alle opere provenienti dai musei della Sicilia -, un racconto a ritroso nel tempo, dall’Epoca Predinastica (3900−3300 a.C.) all’Età greco-romana (332 a.C.−395 d.C.). Vasi, stele, amuleti e papiri, oltre ad una maschera funeraria in cartonnage, offriranno al pubblico una sintesi del Museo Egizio più antico al mondo, che celebra nel 2025 i duecento anni dalla sua nascita.

Tra i capolavori in mostra, un modellino di imbarcazione proveniente dai corredi funerari del Primo Periodo Intermedio (2118 – 1980 a.C.), in legno stuccato e dipinto, decorato con la coppia di occhi udjat a protezione dello scafo. Per gli antichi egizi il viaggio del defunto verso la città sacra di Abido avveniva su questo tipo di imbarcazioni. Dalla Galleria della cultura materiale del Museo Egizio proviene il set completo di vasi canopi in alabastro di Ptahhotep, vissuto durante il Terzo Periodo Intermedio (1076 – 722 a.C.). I 4 vasi, utilizzati per conservare separatamente gli organi del defunto, sono chiusi da coperchi che ritraggono le teste zoomorfe dei Figli di Horus.

L’esposizione dedica anche un focus alle figure di Johann Joachim Winckelmann e Jean-François Champollion, con una riflessione che riporta il visitatore alle origini dell’egittologia.
Winckelmann, massimo esponente del Neoclassicismo, fu il primo a scrivere un trattato sull’arte egizia, mentre Champollion, decifratore dei geroglifici, contribuì alla comprensione della lingua e della cultura egizia, gettando le basi dell’egittologia moderna.

“Quando, nei mesi scorsi, il direttore del Museo Egizio di Torino, Christian Greco, tenne due straordinarie e coinvolgenti conferenze sulla civiltà egizia, – dichiara il sindaco di Ragusa Peppe Cassì – furono centinaia i ragusani accorsi ad ascoltarlo, ammaliati del fascino di una storia che, a dispetto del termine “storia”, è senza tempo. Fu l’ennesima conferma della passione per la cultura che anima il nostro territorio, luogo di ispirazione di alcuni degli ultimi giganti della letteratura, come Sciascia, Bufalino e Consolo, nonché del Camilleri cinematografico. “Gli Egizi e i doni del Nilo” si inserisce così in un programma di eventi culturali che di gran lunga anticipa e prolunga la nostra estate, da primavera ad autunno inoltrato: esperienze, percorsi, attività, spettacoli e incontri che permetteranno di sentire addosso la ‘suggestione Ragusa’.”

“Portare a Ragusa una mostra di tale portata, con il pieno coinvolgimento del prestigioso Museo Egizio di Torino, sembrava un sogno ambizioso. Oggi è realtà: con “Gli Egizi e i doni del Nilo” Ragusa e tutta la Sicilia si apprestano a vivere un viaggio straordinario nella geografia e nel tempo, con reperti che raccontano millenni di civiltà, di arte e di spiritualità di là dal Nilo.  Questa esposizione rappresenta un’importante opportunità per Ragusa, che si afferma sempre più come centro culturale di livello internazionale, capace di attrarre e ospitare iniziative di riconosciuto valore, meta di riferimento per chi ama l’arte. Il risultato è frutto di un lavoro comune, avviato negli scorsi anni grazie al dialogo con il direttore del Museo Egizio, Christian Greco, a cui va la nostra gratitudine, e reso possibile dal contributo di numerose realtà del territorio: istituzioni politiche e culturali, aziende di eccellenza, associazioni di categoria e cittadini, che hanno risposto con entusiasmo alla sfida”, afferma l’Assessore Giovanni Gurrieri.

“Il Museo Egizio porta in Sicilia una mostra e una storia millenaria raccontata da reperti originali che, dinastia dopo dinastia, conducono i visitatori dal IV millennio a.C. al II secolo d.C.: si parte con un antichissimo vaso, le cui pareti raccontano l’attività che si svolgeva lungo il Nilo, e si termina con una maschera funeraria in cartonnage, emblema di quel Paese che, ormai conquistato dai Romani, rimane ancora aggrappato alle usanze dell’Egitto faraonico. Il tutto è arricchito da istallazioni digitali che permettono di trasformare semplici copie in artefatti, in grado di coinvolgere il pubblico e di raccontare più storie. Fondamentali le sinergie con altre importanti istituzioni museali della regione, come il Museo Archeologico Regionale ‘Antonio Salinas’ di Palermo e il Museo del Papiro ‘Corrado Basile’ di Siracusa”, dichiara il curatore del Museo Egizio e della mostra, Paolo Marini.

“Da qualche anno portiamo avanti un bellissimo progetto di valorizzazione dei territori italiani meno conosciuti al pubblico delle mostre d’arte – dice Iole Siena, Presidente di Arthemisia –; è’ un progetto che mi sta molto a cuore, sia perché ritengo che l’eccellenza del nostro paese risieda proprio in quei centri che sono più piccoli solo geograficamente, e per un sentire fortemente etico, che mi spinge a voler mettere l’arte e le grandi mostre a disposizione di tutti. Le mostre d’arte portano inevitabilmente con sé anche uno sviluppo turistico ed economico, e questo dà ancora più senso a tutto il lavoro che facciamo. Ragusa rappresenta il cuore pulsante di questo progetto, e sono particolarmente felice di partecipare a questa “prima volta”, dato anche il mio personale e strettissimo legame affettivo con la Sicilia.”

La mostra vede come main sponsor Generali Valore Cultura, come sponsor Toyota TD Car e come sponsor tecnici SietGhibli e Aia Servizi.
Special partner
BAPS – Banca Agricola Popolare di SiciliaANCE RagusaCo.farmDesparHorus vini, HyperCappello GroupND petroliGruppo CappadonaNova QuadriLabichellaAriapEngel & Völkers RagusaSi.Sac.
Partner tecniciMoakRicca ITMosaicoelearningPelusoCentro Copigrafico Eliosprint, Ideology Creative StudioSpecter3DOMICRON ElettronicaSuperior BuildLorefice PianteAircon.
Mobility partner Etna trasporti.
Il catalogo è edito da Moebius.


Sede
Museo della Cattedrale – Palazzo Garofalo
Corso Italia, 87
97100 – Ragusa

Date al pubblico
13 aprile 2025 – 26 ottobre 2025

Orario apertura
Dal martedì al venerdì 10.00 – 13.30 | 15.30 – 19.00
Sabato e domenica 10.00 – 13.30 | 15.30 – 20.30
(la biglietteria chiude un’ora prima)
Lunedì chiuso

Biglietti
Intero € 13,00
Ridotto € 11,00

Informazioni e prenotazioni
T. +39 0932 183811
info@arthemisia.it

Sito
www.arthemisia.it

Hashtag ufficiale
#EgittoRagusa
@arthemisiaarte
@museoegizio
@ragusawelcome

Ufficio Stampa Arthemisia
Salvatore Macaluso | sam@arthemisia.it
press@arthemisia.it | T. +39 06 69380306 | T. +39 06 87153272 – int. 332

Stasera a Roma l’inaugurazione della mostra sui lavori di Vincenzo Frisina

Bibliothe nel cuore di Roma, in via Celsa 5, inaugura oggi, lunedì 14 aprile, alle 19.00 l’esposizione sul lavoro di Vincenzo FRISINA, artista italiano di origini siciliane che attualmente vie e lavora a Roma. Una produzione artistica, la sua, che spazia tra pittura, scultura e mosaico, con una predilezione per l’acrilico su tela e materiali naturali come legno e ceramica. Frisina ha esposto le sue opere in diverse città italiane e all’estero, tra cui Giappone, Australia e Svizzera. 

Una visione suggestiva e simbolica

Tre le tele in mostra, mentre molto altro della ricerca dell’artista sarà raccontato per immagini nel corso del Vernissage. Tema comune ai quadri esposti è il ciclo cosmico di creazione, trasformazione e rigenerazione, con il trittico delle Uova Galattiche a rappresentarne l’inizio, il trittico della Forgia Galattica il processo di formazione e le nebulose del Cosmo interiore il risultato finale: un universo in continua evoluzione. Una trilogia che vuole indurre a riflettere sulla natura dell’esistenza e sul posto dell’uomo nell’universo. Nel trittico della Forgia Galattica, in particolare, torna il tema della sfera, caro all’artista: fin dal 2017, infatti, in una delle sue mostre più significative proprio dal titolo “Sphaerae”, Frisina esplorava il simbolismo della sfera come rappresentazione dell’Essere nella sua evoluzione e unicità, ispirandosi a concetti filosofici e cosmologici. Così Frisina: “Penso che l’esplorazione critica e tecnica del mondo naturale, insieme alla sensibilità, come l’archetipo dell’immaginazione, possa produrre una realtà che di per sé è unica e senza tempo. All’interno di ciò che chiamiamo il nostro mondo terreno, coesistono diversi livelli di percezione e comprensione di questa realtà, mondi diversi per i quali sento il costante bisogno di esprimermi e di evidenziarne le barriere reali e talvolta contradittorie che sono poste in essere come un confine“. 

Influenze

Come racconta lo stesso Frisina, molte sono le opere e gli artisti, incontrati nel corso dei suoi tanti viaggi, che lo hanno aiutato a trovare la propria direzione di ricerca. Tra questi, si sente particolarmente debitore a tre, tutti conosciuti in Australia: John Howley, Asher Bilu e David Bradtke. Il primo, anche musicista, per il suo innegabile contributo all’arte fantastica e per il suo interesse verso il racconto della civiltà contemporanea, in particolare della transizione verso una società tecnologicamente controllata. Bilu crea pitture, sculture e installazioni di arte astratta, sperimentando diversi materiali e tecniche, ma sempre attraverso la sua per la luce, la musica e la cosmologia. Bradtke propone opere caratterizzate da immagini surreali, anche per lui derivanti da impressioni raccolte lungo una lunga abitudine al viaggio. Tutti questi artisti hanno sicuramente influenzato e arricchito il percorso creativo di Frisina, contribuendo alla sua visione artistica unica. All’interno della quale le tematiche spazio-tempo rispondono al suo vissuto più intimo: “Da sempre i colori, le forme e le luci che creo mi mettono in contatto con lo spazio galattico. Con questa mostra – dice l’artista – spero di potervi portare in altre dimensioni,  che non sono fantascienza, ma parte della mia realtà“.

Di più su Vincenzo Frisina
Per informazioni sui suoi lavori e mostre, qui il suo sito ufficiale: www.vincenzofrisina.it

Opere di Vincenzo Frisina in mostra a Bibliothe 14 – 22 aprile 2025  Via Celsa, 5 , Roma 


Ufficio stampa
e-mail: dianadaneluz410@gmail.com

Roma: a PrimaLinea Studio POLICROMIE DI CONTROCULTURA

PrimaLinea Studio
POLICROMIE DI CONTROCULTURA
Indagine sugli artefici di un’estetica allucinata
a cura di Alessio “Gordo” d’Anelli
Inaugurazione venerdì 18 aprile 2025, ore 18.00
PrimaLinea Studio, via Giovan Battista Gandino 31, Roma 00167

Venerdì 18 aprile, dalle ore 18.00, PrimaLinea Studio è lieta di presentare “Policromie di Controcultura”, un’indagine in retrospettiva per cercare di risolvere uno dei più grandi crimini editoriali perpetrati in Italia. Il caso in esame: Torazine. Nata a Roma nel 1995 come filiazione della scena rave locale, Torazine è stata una rivista radicale, visionaria ed estrema. Il reato? Aver disseminato visioni acide e capsule di controcultura pop negli interstizi del sottosuolo italiano, infettando l’immaginario collettivo con un’estetica talmente ruvida, dissacrante e brutale da diventare, contro ogni previsione, un culto intergenerazionale.

Nell’ambito delle sottoculture italiane, Torazine è stato ciò che la CCRU (Cybernetic Culture Research Unit) fu per l’Inghilterra, ma senza la pretesa di decifrare il caos. Non un manifesto, ma un sintomo. Un condensato di immagini allucinatorie che tritura i simboli fino a farli collassare: Charles Manson sovrapposto a Che Guevara, svastiche impresse sulle fronti dei santi, collages disturbanti senza alcun intento conciliatorio, solo logica organica del delirio. Stampata su carta, diffusa come droga a basso costo negli umidi circuiti underground, Torazine non voleva essere arte, piuttosto ne celebrava la morte, il puzzolente cadavere, assemblandone i pezzi con necrofila passione.

Oggi il mainstream ha metabolizzato la dissidenza, normalizzando il crimine estetico, ma la forza di Torazine rimane intatta. Non è mai stata un progetto scritto a tavolino, non è mai stata un’estetica studiata: è esplosa, e si è riprodotta come un virus. Ed è proprio questo carattere che ha reso la rivista – e la sua riedizione, pubblicata da Nero Edizioni – un feticcio per diverse generazioni di frequentatori del sottosuolo.

L’esposizione, raccoglierà materiali d’archivio dispersi e poi ritrovati in camere sature di fumo e tempo evaporato, prove compromettenti di un’estetica che non avrebbe dovuto sopravvivere. Eppure, eccoci qui. Torazine è tutto ciò che detesti, e quindi tutto ciò che puoi desiderare.

La mostra resterà aperta fino al 10/05/2025
Visitabile su appuntamento dal martedì al venerdì. Scrivere a studioprimalinea@gmail.com


Da Simona Pandolfi <pandolfisimona.sp@gmail.com>

Cervia: Il Festival Internazionale dell’Aquilone festeggia il traguardo della 45° edizione



Per la prima volta nella storia del Festival, ARTEVENTO estende la durata della manifestazione aprendo già nel weekend di Pasqua (dal 19 al 21 aprile) la grande mostra “Balance and Harmony” del Maestro indonesiano Kadek Armika al Magazzino del Sale con laboratori creativi. Si anticipa così il Festival vero e proprio con lo spettacolare volo degli aquiloni in partenza dal 24 aprile sulla spiaggia di Pinarella.

ARTEVENTO CERVIA 2025 dedica la programmazione primaverile alla celebrazione dell’anniversario degli 80 anni dalla Liberazione, gli 800 anni dal Cantico delle Creature di San Francesco e i 10 anni dalla scomparsa di Moira Orfei con:

  • Arnoldo Mosca Mondadori con la sua “Orchestra del Mare” a cui va il Premio Speciale per Meriti di Volo 2025
  • Lo spettacolo “L’Uomo Calamita” della compagnia Circo El Grito con la collaborazione di Wu Ming 2
  • il pescatore Vito Fiorino e la proiezione del docu-film “A nord di Lampedusa” di Davide Demichelis e Alessandro Rocca
  • l’Indonesia Ospite d’Onore con la grande mostra “Balance and Harmony” del Maestro balinese Kadek Armika
  • la partecipazione di Mutoid Waste Company
  • gli spettacoli e i corsi di circo contemporaneo
  • la “Cerimonia delle Bandiere”, che vedrà sfilare le delegazioni ospiti
  • la partecipazione dei Maori dalla Nuova Zelanda
  • il super ospite internazionale Connor Doran da America’s Got Talent
  • la mostra dei Maestri internazionali della Kite Aerial Photography
  • il Campionato Italiano di Volo Acrobatico STACK Cervia’s Cup
  • 2 voli notturni e i laboratori per bambini e adulti

Il programma completo di ARTEVENTO CERVIA è consultabile sul sito della manifestazione: https://artevento.com/



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