Primo piano Argomenti Schede Anteprime Editoriali
 
 
 
 
   
 
 

 
 
 
       CATALOGO DEI PRODOTTI
 
 

Sommario

 
 

 BREVE STORIA DEL TEATRO

Introduzione e
definizioni di Teatro

La rappresentazione del divino nei riti primitivi
Ai primordi del Teatro Greco
Nascita della terminologia teatrale
Costumi e maschere del teatro greco
I protagonisti del Teatro greco
…e la Commedia?
Il Teatro romano
Autori romani
Il Teatro medievale
Il Teatro rinascimentale
Altri autori rinascimentali
La commedia degli Zanni
Il Teatro seicentesco spagnolo
Il Teatro elisabettiano
Il Teatro classico francese
Il Teatro del Settecento in Italia
Il Teatro del Settecento in Germania
Il Teatro dell’Ottocento in Francia
Il Teatro dell’Ottocento in Inghilterra
Il Teatro dell’Ottocento in Italia
Tra Ottocento e Novecento in Italia
L’alba del XX secolo in Italia
Il teatro contemporaneo del Novecento
Nella seconda metà del Novecento

 
 
 
 

 

 

 
 
 
 
   

 

 
  Breve Storia del Teatro
Il Teatro rinascimentale
 
11/25
 


La cultura umanistica del quattrocento italiano, fondata sul razionalismo (proprio dei pensatori, dei poeti e degli artisti), riparte, in ambito teatrale, con la riscoperta del Teatro Classico, e con esso può rinascere il teatro laico e colto. L’Arte del teatro, torna a far parte della vita pubblica. Nelle corti italiane e poi europee si recitano gli antichi testi prima in latino e poi in volgare. Nello spazio tra un atto e il successivo, nasce l’intermezzo musicale di argomento mitologico. Da esso si svilupperà il melodramma e il teatro d'opera. Vengono composti, sempre ispirandosi agli autori greci e latini, i primi copioni. Tra gli autori citiamo: Ariosto, Tasso, Guerini, Bibbiena e Machiavelli.
Il Teatro, con il ripensamento della scena, e studiando Vitruvio, diedero vita alla prospettiva scenica (con Baldassare Peruzzi). Un allievo del Bramante, Serlio, ideò le tre scene archetipo: per la tragedia, per la commedia e per l'azione satiresca, ognuna con le sue caratteristiche tipologiche.
Lo splendore del teatro di corte, sempre più ricco e stupefacente, attirò artisti e uomini di cultura, come Vasari, Raffaello e Giulio Romano. E’ risaputo che Leonardo da Vinci progettò macchine sceniche per gli "Olimpi" (divertissement in maschera).
Nel ‘500 si edificano i primi teatri, dopo il buio medievale, come il Teatro Olimpico di Palladio a Vicenza (1579-80)

Ludovico Ariosto (Reggio Emilia, 8 settembre 1474 – Ferrara, 6 luglio 1533) è considerato l’ultimo grande umanista. Nonostante il tramonto dell’Umanesimo, egli continua ad impersonificare “l'uomo nuovo che si pone al centro del mondo”, demiurgo della vita e della realtà fantastica. Famoso e influente al suo tempo, egli rinnova superando i canoni epocali. L’ottava applicata dall’Ariosto nei suoi testi, chiamata "ottava d'oro", rappresenta un canone d’eccellenza della letteratura fino all’illuminismo.
Nacque da famiglia nobile ferrarese: il padre era inserito nella corte del duca Ercole I d'Este ed era comandante militare degli Estensi a Reggio Emilia, la madre Daria Malaguzzi Valeri, era una nobildonna di Reggio Emilia. Fu avviato dal padre verso gli studi di legge a Ferrara, ma li abbandonò per seguire studi umanistici presso il monaco agostiniano Gregorio Da Spoleto.
Morto il padre nel 1500, l’Ariosto, essendo il primo di dieci figli, dovette assumersi il compito di amministrare la famigli. Ottenne notevoli incarichi di tipo politico e militare, e per tutta la vita gli furono offerti e rivestì posti d’ preminenza. Ad esempio nel 1522 Alfonso d’Este lo incaricò del governo della Garfagnana, appena annessa al Ducato di Ferrara.
Il suo più grande desiderio da “sedentario”, come egli si definiva, fu quello di dedicarsi alla letteratura. La sua più importante opera è, senz’altro, l’Orlando Furioso, che iniziò a scrivere nel 1505 e pubblicò nel 1516. Nel 1525, fermatosi a Ferrara, si dedicò alla composizione e alla messa in scena di alcune commedie e all'ampliamento dell'Orlando Furioso.
L’opera, come le altre che compose, non è un poema di corte, ma è la prima opera letteraria ad essere pensata e finalizzata alla pubblicazione tipografica, tale da raggiungere un pubblico decisamente più vasto. Rappresenta, quindi, la prima grande opera di letteratura moderna nella cultura occidentale.

Di nobili origini Torquato Tasso (Sorrento, 11 marzo 1544 – Roma, 25 aprile 1595) deve la sua fama soprattutto all’opera Gerusalemme liberata e alla sua stessa vita, che ne ha fatto un eroe romantico, variamente usato da numerosi autori nella prima metà dell’Ottocento. Il suo stile si confronterà con quello del suo contemporaneo Ludovico Ariosto: tanto coerente ed educativo (ma meno appassionante) il primo, quanto fantastico e piacevole, ma confuso, quello del secondo.

Poiché il padre fu esiliato dal Regno di Napoli (nel 1554), il Tasso da giovane visitò diverse città e corti: Roma, Urbino (nel 1557) e Venezia (nel 1559). Qui iniziò la stesura del suo primo poema, il Gierusalemme, all’età di quindici anni. Successivamente svolse i suoi studi a Padova e a Bologna (diritto, poi letteratura e filosofia). A Padova si iscrisse all'Accademia degli Eterei ed in seguito a quella degli Infiammati.
In occasione delle nozze del duca Alfonso II, il Tasso si recò a Ferrara, nel 1565, dove dimorò felicemente per diverso tempo. Conobbe artisti come Battista Guarini, Giovan Battista Pigna e altri intellettuali e letterati. Era ben accetto nella corte ferrarese per le sue qualità poetiche e per l'eleganza mondana. Il periodo fu fecondo di opere: riprese l’opera giovanile sviluppandola e dandogli il nuovo titolo Gottifredo. Nel 1575 realizzò il Discorso sull'Arte Poetica, e, dopo aver sottoposto  al giudizio di esperti il suo Gottifredo, alle critiche sollevate rispose scrivendo, nel 1576, Allegoria
.
Sembra essere tutto perfetto, ma la salute psichica del poeta inizia un doloroso cammino. Vere e proprie manie di persecuzione, insicurezze, paranoie, gli complicano la vita. Quando, nel 1579, alle terze nozze di Alfonso II con Margherita Gonzaga, dà in violente escandescenze, il suo destino è segnato: viene segregato nell'Ospedale Sant'Anna. Nella celebre cella, detta poi "del Tasso", passa sette anni della sua vita. Nonostante, però, il quadro clinico rimanga scuro, Tasso continua a scrivere: nel 1580 dà alle stampe il dramma pastorale Aminta, sempre nello stesso anno (senza la sua autorizzazione), viene pubblicata a Venezia la prima parte del Gottifredo, organizzato in 14 canti. Spinto dal successo riscosso, Tasso, nel 1581, pubblica a Ferrara la Gerusalemme liberata.
La malattia mentale che lo caratterizza, ma la perfezione dei suoi scritti, fa nascere un sospetto e poi una leggenda sul suo conto, secondo la quale egli veniva rinchiuso nell’Ospedale senza essere veramente pazzo. La realtà era che il duca lo aveva imprigionato a causa di una relazione segreta con sua sorella.
Il Tasso, autore di drammi epici, diventa l’eroe della sua stessa vita. La popolarità che si diffuse sul suo nome e sulle sue vicende, portò Goethe a scrivere nel 1790 il dramma Torquato Tasso. Durante il periodo romantico, la sua figura venne idealizzata: il genio, misconosciuto e oppresso, viene elevato a simbolo dello scontro tra individuo e società. Giacomo Leopardi lo considerò sempre  come un fratello spirituale, e lo citò spesso nelle sue opere, tanto da dedicargli il Dialogo di Torquato Tasso e del suo Genio famigliare (contenuto nelle Operette morali).
Tra gli altri, ammirati dalla storia e dalla personalità del Tasso, possiamo citare Jacopo Cabianca (poeta vicentino del XIX secolo) che compose, appunto, Il Torquato Tasso, un poema in dodici canti a lui ispirato.


Per il teatro, Torquato Tasso scrisse una favola pastorale L'Aminta, nel 1573, che fu poi pubblicata nel 1580 circa. Dell’opera il grande critico ottocentesco Francesco De Sanctis scrisse:
L'Aminta non è un dramma pastorale e neppure un dramma. Sotto nomi pastorali e sotto forma drammatica è un poemetto lirico, narrazione drammatizzata, anzi che vera rappresentazione, com'erano le tragedie e le commedie e i così detti drammi pastorali in Italia. ... Essa è in fondo una novella allargata a commedia, di quel carattere romanzesco che dominava nell'immaginazione italiana, aggiuntavi la parte del buffone, che è il Ruffo, la cui volgarità fa contrasto con la natura cavalleresca de' due protagonisti, Virginia e il principe di Salerno. Gli avvenimenti più strani si accavallano con magica rapidità, appena abbozzati, e quasi semplice occasione a monologhi e capitoli, dove paion fuori i sentimenti dei personaggi misti alla narrazione ... L'Aminta è un'azione fuori del teatro, narrata da testimoni o da partecipi con le impressioni e le passioni in loro suscitate. L'interesse è tutto nella narrazione sviluppata liricamente e ricca di cori, il cui concetto è l'apoteosi della vita pastorale e dell'amore: "s'ei piace, ei lice". Il motivo è lirico, sviluppo di sentimenti idillici, anzi che di caratteri e di avvenimenti. Abbondano descrizioni vivaci, soliloqui, comparazioni, sentenze, movimenti appassionati. Vi penetra una mollezza musicale, piena di grazia e delicatezza, che rende voluttuosa anche la lacrima. Semplicità molta è nell'ordito, e anche nello stile, che senza perder di eleganza guadagna di naturalezza, con una sprezzatura che pare negligenza ed è artificio finissimo. Ed è perciò semplicità meccanica e manifatturata, che dà un'apparenza pastorale a un mondo tutto vezzi e tutto concetti. È un mondo raffinato, e la stessa semplicità è un raffinamento. A' contemporanei parve un miracolo di perfezione, e certo non ci è opera d'arte così finemente lavorata.”

   
 
   
   
 
  HOME  
 
   

È vietata la riproduzione, anche parziale e con qualsiasi media, di testi ed immagini, la cui proprietà intellettuale appartiene ai rispettivi autori.

 

   
 
     
 
Experiences S.r.l. - Servizi per la promozione e lo sviluppo di attività culturali e ambientali - Copyright © 2004-2010. Tutti i diritti riservati - E-mail: info@experiences.it - Schermo 1024 x 768