Battista Guarini, o Giovanni Battista Guarini
(Ferrara, 10 dicembre 1538 – Venezia, 7 ottobre 1612) fu
professore di eloquenza a Padova ed ebbe contatti con diverse
corti italiane: la corte di Alfonso II d'Este, quella
granducale toscana e poi alla corte di Francesco Maria II
della Rovere. La sua opera più famosa è il dramma
pastorale Il pastor fido, rappresentato a Padova per la
prima volta nel 1590. La composizione fu molto criticata, in
quanto contaminava il dramma con parti comiche, oltre ogni
regola dei generi teatrali del Cinquecento. Alle critiche
Guarini rispose con il pezzo Compendio della poesia
tragicomica (del 1601). Secondo un ottica storica, invece,
Guarini può essere considerato un precursore del gusto
barocco. E’ ricordato, anche, come teorico di una nuova
forma d’insegnamento (pubblicò De ordine docendi ac
studendi),
ritenendo lo studio come un impegno libero, liberatorio
e chiaro. Arrivò a
sostenere l’importanza del riposo ed del gioco, andando
decisamente oltre il vecchio meccanismo scolastico dai modi
rigidi e grevi dell’educazione medioevale.
Bernardo Dovizi da Bibbiena (Bibbiena, 2 Agosto o 4
Settembre 1470 – Roma, 9 o 11 Novembre 1520) chiamato
Cardinal Bibbiena o direttamente il Bibbiena, nasce
dalla famiglia dei Dovizi, signori di Bibbiena, capoluogo del
Casentino aretino. Fedele alla famiglia ducale di Firenze,
seguendo Piero de' Medici (primo figlio di Lorenzo il
Magnifico), nell’esilio da Firenze nel 1494 dopo la discesa in
Italia di Carlo VIII, re di Francia. Fu segretario del
cardinale Giovanni de' Medici, futuro papa Leone X, al tempo
del suo esilio alla corte di Urbino di Guidobaldo da
Montefeltro. Nel suo soggiorno ad Urbino conobbe Francesco di
Giorgio Martini, il Laurana, ma principalmente Baldassarre
Castiglione con cui strinse amicizia fraterna. Dopo
l'elezione a Papa di Leone X, il Bibbiena lo seguì a Roma. Qui
ottenne nomine (la porpora cardinalizia), incarichi
d’importanza (gli fu affidata la corrispondenza papale) e di
responsabilità (fu Legato papale in Francia dal 1515 al 1518 e
poi nel 1520). Morì a Roma (1520). Attualmente è sepolto nella
Basilica di Santa Maria in Aracoeli. Il Teatro del ‘500
deve molto alle innovazioni inserite nella sua opera La
Calandria dal Bibbiena. Innanzitutto, i consueti riferimenti
alla commedia plautina e terenziana, tipici del teatro
umanista, vengono superati a favore di una ispirazione alla
novellistica medievale. Molta è la somiglianza tra il
personaggio della Calandria con il personaggio boccacciano di
Calandrino che compare nel Decameron. Scrive
Baldassarre Castiglione nel
Prologo dell’opera:
«in prosa, non in versi; moderna, non antiqua; vulgare, non
latina». Il tema, la beffa amorosa che viene
perpetrata, e l’ambientazione scenica sono del tutto
innovativi. Nella sua prima messinscena, il Bibbiena fu
affiancato dallo scenografo (famoso per i tempi) Girolamo
Genga, appaiono, essendo la commedia ambientata a Roma, quinte
praticabili con vedute della città capitolina. La beffa
amorosa diviene un modello della commedia del XVI secolo
(dalle commedie di Ariosto a quelle di Niccolò Machiavelli);
la vivacità degli intrecci e dell’azione, con continui cambi
di costume, anticipano, invece, le rappresentazioni degli
zanni della Commedia dell'Arte. Furono introdotti
nell’opera teatrale quegli intermezzi che porteranno alla
nascita del melodramma. Assistendo alla messinscena della
Calandria, gli spettatori, tra un cambio di scena e l’altro,
godono di effetti speciali, carri trionfali e danze.
Niccolò Machiavelli (Firenze, 3 maggio 1469 – Firenze,
21 giugno 1527) ebbe personalità poliedrica: fu filosofo,
scrittore e politico di grande fama. Vissuto nella prima metà
del Cinquecento, il Machiavelli è stato sempre giudicato, come
il suo contemporaneo Leonardo da Vinci, un uomo del
Rinascimento. La
sua opera più conosciuta è, senz’altro, Il Principe. Da
questo testo nasce la grande considerazione sulle sue capacità
di politico acuto e sottile, ma anche del
termine
machiavellismo, con la sua accezione più negativa che
positiva, stando a significare un atteggiamento spregiudicato,
bugiardo e disinvolto nell'uso del potere di qualunque secolo.
Partendo da Cicerone che affermava: "un buon politico
deve avere le giuste conoscenze, stringere mani, vestire in
modo elegante, tessere amicizie clientelari per avere
un'adeguata scorta di voti", il Machiavelli arrivò a
definire la figura del Principe del Cinquecento, il quale
deve essere abbastanza scaltro per capire gli inganni dei
rivali politici, esperto nella gestione degli interessi propri
e nazionali, pronto ad impiegare l’azione militare se
necessaria. La capacità
d’iniziativa, di gestione, di manovra
e costruttiva rientra
perfettamente nel motto rinascimentale
homo faber
fortunae suae.
Unitamente egli pone le esigenze morali di fronte alla famosa,
Ragion di Stato, che costringe a sacrificare nel proprio
nome ogni regola al superiore interesse di una nazione
Machiavelli attraverso il suo stile narrativo rende palesi
concetti che, se diversamente espressi sarebbero molto
difficili da capire, e riesce a esprimere le sue tesi in
maniera “fresca”, come definì il suo stile Nietzsche in
Al di là del bene e del
male. Egli, infatti, utilizza un lessico, fatto di parole
comuni e modi di dire, i latinismi sono tratti dal gergo
cancelleresco, usa metafore, paragoni e immagini, ma,
soprattutto, Machiavelli preferisce gli esempi concreti tratti
dalla storia, conosciuta da tutti,
piuttosto che difficili concetti astratti.
Machiavelli, grazie a questi studi, è ritenuto l’iniziatore
della scienza politica moderna.
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