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 BREVE STORIA DEL TEATRO

Introduzione e
definizioni di Teatro

La rappresentazione del divino nei riti primitivi
Ai primordi del Teatro Greco
Nascita della terminologia teatrale
Costumi e maschere del teatro greco
I protagonisti del Teatro greco
…e la Commedia?
Il Teatro romano
Autori romani
Il Teatro medievale
Il Teatro rinascimentale
Altri autori rinascimentali
La commedia degli Zanni
Il Teatro seicentesco spagnolo
Il Teatro elisabettiano
Il Teatro classico francese
Il Teatro del Settecento in Italia
Il Teatro del Settecento in Germania
Il Teatro dell’Ottocento in Francia
Il Teatro dell’Ottocento in Inghilterra
Il Teatro dell’Ottocento in Italia
Tra Ottocento e Novecento in Italia
L’alba del XX secolo in Italia
Il teatro contemporaneo del Novecento
Nella seconda metà del Novecento

 
 
 
 

 

 

 
 
 
 
   

 

 
  Breve Storia del Teatro
Il Teatro classico francese
 
16/25
 


Pierre Corneille, Jean Racine e Jean-Baptiste Poquelin detto Moliere, sono le tre stelle del teatro classico seicentesco francese.
Con la rappresentazione della “Sophonisbe” di Jean Mairet la classicità irrompe con la tragedia sulle tavole del palcoscenico in Francia.
Pierre Corneille (Rouen, 6 giugno 1606 – Parigi, 1º ottobre 1684), fu un importante esponente di questo tipo di teatro, (dovuto alla riscoperta dell’antica storia romana). Ai suoi inizi egli scrive quasi esclusivamente commedie, che fanno parte del filone della "commedia eroica". Nella stagione 1635-1636, scriverà successivamente L'illusione comica, ritenuta uno dei suoi capolavori.
La sua prima tragedia, datata 1629, è “Mélite”, che, rappresentata a Parigi, ottenne grande successo. La messa in scena dell’opera " Le Cid" dà il via alla grande stagione dell’autore francese. In onore del Cardinale Richelieu, che lo aveva inserito nella società dei cinque autori  (1635), produttori di opere teatrali su commissione, egli scrisse la tragedia “Medea” e, poi, l’" Horace". Tra i suoi titoli maggiori seguenti abbiamo: "Cinna", " Andromede", " Nicodeme" e " Psiche'", in cui cantò il tema dell’amore.


Jean Racine (La Ferté-Milon, 22 dicembre 1639 – Parigi, 21 aprile 1699), partecipante, con diritto,  alla grande stagione della tragedia nell'age classique francese, diviene scrittore teatrale dopo il suo incontro con Moliere. Diversi sono i copioni, come diversi sono i temi delle opere che ha scritto. " La thebaide", composta a soli venticinque anni, " Andromaque", tragedia di passioni, " Phedre", il suo punto massimo, " Berenice", che si caratterizza come teatro della Ragione.
Sulla tragedia raciniana Michel Foucault ha scritto: «Nel teatro di Racine ogni giornata è minacciata da una notte: notte di Troia e dei massacri, notte dei desideri di Nerone, notte romana di Tito, notte di Atalia. Sono queste grandi facce di notte, questi quartieri d'ombra che frequentano il giorno senza lasciarsi annientare, e non spariranno se non nella nuova notte della morte. E, a loro volta, queste notte fantastiche sono ossessionate da una luce che forma come il riflesso infernale del giorno: incendio di Troia, torce dei pretoriani, luce pallida del sogno. Nella tragedia classica francese giorno e notte sono disposti a specchio, si riflettono all'infinito e danno a questa semplice coppia un'improvvisa profondità che con un solo movimento avvolge tutta la vita e tutta la morte dell'uomo». (Michel Foucault, Storia della Follia nell'età classica, Bur 1976)


Figlio di un tappezziere di Corte, Jean-Baptiste Poquelin detto Moliere (Parigi, 15 gennaio 1622 – Parigi, 17 febbraio 1673), appassionato del teatro, iniziò dalle piccole compagnie che miseramente girovagavano per la Francia. Nonostante sia conosciuto come autore, egli iniziò la sua attività come attore e regista. Conobbe il teatro italiano attraverso la sua amicizia con il grande Scaramuche, Tiberio Fiorilli (oltre che attore anche danzatore, acrobata e musicista). La sua gavetta professionale lo segnò stranamente. Dietro i suoi personaggi vi sono sempre gli attori che dovranno recitarli, caratterizzando, con la loro personalità e interpretazione, ogni battuta che gettava sul foglio. Proprio del testo era la messa in scena, che sarebbe seguita, con la sua espressivita', il ritmo, il movimento e la mimica stessa degli attori. Ad esempio, il personaggio di Bejart nell'Avaro si rifà ad un suo amico, attore della compagnia, che era zoppo, e che, probabilmente, avrebbe dovuto interpretarlo.
Moliere, prendeva i soggetti dalla vita stessa, ovunque il suo occhio attento individuava lo spunto giusto. Egli si impadroniva delle espressioni, il carattere, le strane fissazioni o qualunque realtà ironica. Ecco perché i suoi personaggi sono vivi e concreti, immediatamente memorizzabili. E poiché lentamente ascendeva nella vita e nelle classi sociali, egli si ritrovò a distinguere motivi di rappresentazione anche nei potenti, nella nobiltà, e nei suoi colleghi attori che frequentavano tali ambienti. Piu' volte si trovò a difendersi da infuocate accuse che provenivano dalla chiesa e dai vari nobili, nuovi nobili e colleghi che ne lusingavano ipocritamente tale nobiltà. Ma Moliere, come si dice, scrisse solo commedie e libelli di autodifesa?

No, due sono le motivazioni che stanno alla base della sua opera: la possibilità di migliorare la società facendo riflettere sul nostro carattere e il raggiungimento da parte della commedia dello stesso livello della tragedia, ritenuta allora superiore (cosa che gli riuscì pienamente).
Il fatto che attingesse ironicamente dalla vita stessa, gli fece notare anche che le contraddizioni della  società spesso derivavano dal pensiero dei suoi contemporanei (Moliere conosceva anche gli sviluppi della filosofia e del pensiero razionale). Correggere i vizi umani e gli inspiegabili risvolti del carattere mettendo, quasi uno specchio davanti ai propri spettatori, poteva far giungere a quella “Catarsi” di cui parlava Aristotele (vedi personaggi quali, ad esempio, Tartufo, Don Giovanni, e il Malato Immaginario).
Asceso all’alta società, egli si incontrò (e si scontrò) con i suoi colleghi della tragedia, stimati solo per questo. I pedanti, stucchevoli e imbalsamati autori e attori drammatici, che giocavano con i rigidi schemi della tragedia seicentesca, erano molto spesso più vicini alla vanità e al patetico, che alla finta grandezza delle opere che interpretavano. Questo, come già detto, gli procurò inimicizie e noie, da cui riuscì a difendersi per opera della stima che gli portava Re Luigi XIV.
Con la commedia " L'ecole des femmes" e con gli atti unici "Critica alla scuola delle mogli", " La scuola dei mariti" e " Improvvisazione a Versailles"  (ma, in generale, con l’intera sua opera), Moliere superò e scavalcò il teatro classico, suo contemporaneo, per giungere ad una modernità che spiega il successo delle sue commedie ancora ai giorni nostri.

   
 
   
   
 
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