Il teatro, per lo più, era presente solo nelle
grandi città, dove attori importanti come Zacconi e la Duse
portavano al pubblico italiano Ibsen e Tolstoi. Appaiono
autori come il poliedrico Gabriele D'annunzio ( La figlia di
Jorio, La citta' morta, Francesca da Rimini), dove il teatro,
come altre sue forme espressive, si colora di
decadentismo e contemporaneamente si collega al gusto
liberty che domina i suoi tempi. Tra i contemporanei
citiamo Chiarelli (La maschera e il volto), Rosso di San
Secondo, Niccodemi e Fraccaroli. Il panorama dell’offerta
teatrale diventa sempre più vasto. Si passa dal Feyedeau ( Una
dozzina di rose scarlatte, Da giovedì a giovedì, e altre) di
Aldo de Benedetti, alla ricerca futurista e d’avanguardia di
Marinetti e Anton Giulio Bragaglia. Ricordiamo anche Diego
Fabbri e Ugo Betti (Corruzione a Palazzo di Giustizia).
E poi Pirandello, con cui il dramma borghese
diventa dramma
psicologico.
Luigi Pirandello (Agrigento, 28 giugno 1867 – Roma, 10
dicembre 1936) diventa conosciuto in tutto il mondo proprio
grazie al teatro. In esso travasa tutta la sua visione morale
della società. Lo chiama il teatro dello specchio.
Egli lo costruisce
affinchè lo spettatore, come in uno specchio,
si riconosca all’interno dell’azione, nei personaggi e
nell’ipocrisia propria della società borghese d’inizio secolo.
E’ considerato come uno dei grandi drammaturghi del XX
secolo. Ha vinto il
Nobel per la letteratura nel 1934. La motivazione recita: “Per il suo coraggio e l'ingegnosa ripresentazione dell'arte drammatica e
teatrale”.
La sua opera può essere divisa in tre
fasi:
Prima fase - Il teatro siciliano Seconda fase - Il teatro umoristico
Terza fase - Il teatro nel teatro
Prima fase - In
questa fase Pirandello, ancora alle prime armi nel teatro,
crea delle opere in dialetto siciliano, che egli ritiene più
vivo ed immediato della lingua italiana. Seconda fase -
Crescendo, l’autore si allontana sempre più dal verismo per
approdare al decadentismo. E’ il teatro dei paradossi (se
vogliamo umoristici) in cui egli frantuma le certezze e le
ipocrisie della società, per approdare alla sua visione
relativistica della realtà, dove scoprire la dimensione vera
della vita, superando ogni maschera sociale. Il “Teatro
dello specchio”, fa riflettere, e ci spoglia di ogni
consuetudine, denudandoci da ogni maschera che nasconde
l'ipocrisia.
Terza fase - Riprendendo una tecnica teatrale
di Shakespeare, il palcoscenico multiplo, egli vuole
sorprenderci, sovvertendo ogni regola di messa in scena. Con
il suo “teatro nel teatro”, egli parla alle orecchie ma anche
agli occhi. Il teatro pirandelliano si fa vita davanti allo
spettatore coinvolto dall’azione scenica. Crolla, così, il
concetto della “quarta parete”, che divide l’attore dal
pubblico. Quest’ultimo, nel teatro, non è più passivo: la sua
vita e quella degli attori si fondono, facendo diventare scena
anche la platea del teatro.
Se il teatro dannunziano e
pirandelliano furono ambedue legittimati dal fascismo, durante
il ventennio non si sviluppò un teatro di regime significativo
dell’ideologia stessa del fascismo. Due sono, concretamente,
le nuove espressioni dell’epoca: il teatro dei telefoni
bianchi di di Aldo De Benedetti e il teatro di varietà,
ambedue di svago e divertimento per il pubblico. Se il ceto
medio borghese preferiva assistere alle rappresentazioni della
commedia di costume, quella che fu poi denominata «delle rose
scarlatte», o del teatro dei «telefoni bianchi», basato più
che altro su trame costruite sul classico triangolo amoroso,
il vero teatro delle masse fu il varietà, che ebbe vita anche
oltre la stessa seconda guerra mondiale e confluirà nel cinema
e, soprattutto negli spettacoli televisivi. Con le sue
sfarzose scene, le musiche, la bellezza delle ballerine, ma,
soprattutto, le impertinenti battute degli attori comici,
praticamente impossibili da mettere sotto censura, e che
trattavano argomenti su spunti derivanti dalla cronaca e
dall’attualità, il varietà si impose proprio come fenomeno di
massa, dando, se vogliamo, una imprevedibile versione della
commedia e del teatro dell’Arte. D’altra parte,
contemporaneamente, trionfavano il teatro dialettale e le
farse alla De Filippo, sostanzialmente sul modello del
vaudeville e della pochade francese.
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