di Cesare Giorgianni
La presentazione del mio ultimo romanzo, “Raustina”, è stata accompagnata anche da una rapida carrellata sugli altri quattro libri che ho scritto per Armando Siciliano Editore: “Baracche e schiavitù nell’Europa del XX secolo” (2015), “Morte a Taormina” (2016), “Il rifugio della morte” (2019) e “La coppola di velluto nero” (2021). Il primo, storico, racconta in “presa diretta” la prigionia di mio padre Alfredo in due campi di concentramento-lavoro nazisti durante la Seconda Guerra Mondiale; gli altri costituiscono invece una trilogia di gialli in “salsa messinese”, tutti “conditi”, tra l’altro, da immagini e cartoline d’epoca. Ed a chiuderla questa trilogia è stata proprio “La coppola di velluto nero”, che ho voluto dedicare “ai giornalisti siciliani assassinati dalla mafia”.
Tra questi, a pagare con la vita il suo lavoro, fu il caro collega e amico Beppe Alfano (8.1.1993). Per tale ragione, prima di illustrare i contenuti dell’ultimo romanzo della trilogia, ho affidato a mia figlia Urania la lettura di due passaggi dedicati a Beppe, contenuti nel volumetto pubblicato per la “Giornata della Memoria dei Giornalisti uccisi da mafie e terrorismo” (si celebra il 3 maggio di ogni anno), realizzato nel 2020 dal Gruppo Siciliano dell’Unione Nazionale Cronisti Italiani. Con “La coppola di velluto nero” ho cercato di sottolineare quelle che sono le dinamiche, i “codici”, le “declinazioni”, le “logiche”, le “sfaccettature” e le “distorsioni” del potere politico-mafioso.