Con uno pseudonimo si è fatta strada in un mondo dominato dagli uomini

Una grande retrospettiva al Kunstmuseum di Anversa riscopre l’opera della pittrice modernista belga Marthe Donas – nota sotto lo pseudonimo androgino “Tour Donas” – e la riallaccia alla storia dell’avanguardia europea, restituendole un posto che per decenni le era stato negato.

Marthe Donas, pittrice belga astrattista e cubista

Nelle sale del Royal Museum of Fine Arts (KMSKA) di Anversa si apre una mostra-sfida. Con 55 opere selezionate — dalla pittura cubista all’astrazione pura, fino ai “dipinti sagomati” e alle superfici tessili — l’esposizione intitolata Donas, Archipenko & La Section d’Or. Enchanting Modernism propone una rivisitazione critica dell’eredità artistica europea del primo Novecento, restituendo visibilità a una figura marginalizzata: Marthe Donas (1885–1967).

La mostra rimarrà visitabile fino al 11 gennaio 2026 e, come afferma il curatore Adriaan Gonnissen, si inserisce in un movimento più ampio volto a “riscoprire artiste influenti, ma trascurate”, affiancandosi a analoghe operazioni su Artemisia Gentileschi, Michaelina Wautier, Mary Cassatt e Maruja Mallo.

Un’esperienza che sfida le categorie

L’allestimento intende mostrare un volto diverso della modernità: non provocatoria come Duchamp né radicale come il Suprematismo, ma elegante, curioso, sottilmente sensibile agli intrecci fra arte astratta e bellezza classica. Gonnissen parla di un’astrazione che “cammina di pari passo con l’eleganza”.

Tra i pezzi più attesi c’è The Dance (1918–19), un’opera ritenuta perduta e rinvenuta in Giappone in vista della mostra. L’insieme restituisce un’immagine composita del percorso di Donas: dall’inizio cubista alle sperimentazioni formali più radicali, fino agli interventi materici su tela.

L’esposizione la collega inoltre ad Alexander Archipenko, suo mentore, compagno intellettuale ed emotivo per un periodo, e a La Section d’Or, l’officina internazionale dell’avanguardia europea.

Una vita tra lotta, nomi e cancellamenti

Marthe Donas nacque il 26 ottobre 1885 ad Anversa, in una famiglia borghese francofona. Il padre, contrario ai suoi progetti artistici, le impedì sin dall’inizio un pieno accesso alla formazione: già nel 1902 la tolse dall’Accademia di Belle Arti di Anversa dopo solo un mese.

Il destino la spinse a nuove vie: durante la Prima guerra mondiale, mentre la famiglia fuggiva nei Paesi Bassi, Marthe approdò a Dublino, dove studiò la tecnica del vetro artistico alla bottega An Tur Gloine di Sarah Purser. Da lì, si trasferì a Parigi (1916), dove incontrò il cubismo di André Lhote e iniziò ad essere attiva nella scena d’avanguardia.

Nel 1917 si stabilì sulla Costa Azzurra, dove conobbe Archipenko. Tra i due nacque un’intesa artistica intensa: sotto la sua influenza, Donas sviluppò pitture sagomate (ovvero che infrangono il rettangolo convenzionale), collage materici e una forte attenzione al colore e al ritmo formale.

Per sfuggire all’emarginazione implicita che una donna poteva subire nel mondo dell’arte astratta, Marthe scelse pseudonimi come Tour d’Onasky, M. Donas, e infine Tour Donas. Sotto quei nomi neutri di genere firmò le sue opere e circolò tra riviste d’avanguardia: De Stijl, Mécano, Der Sturm, Sélection.

Negli anni venti la sua attività fu intensa: mostre a Parigi, Ginevra, Berlino e Bruxelles segnalarono il suo inserimento in circuiti internazionali, con l’appoggio di galleristi come Herwarth Walden.

Tuttavia, a partire dalla fine dei “roaring twenties”, la pittura di Donas cadde progressivamente nell’oblio. Problemi familiari, pressioni economiche, il suo matrimonio con Henri Franke e la nascita della figlia (avvenuta quando Donas aveva già 45 anni) segnarono una lunga pausa artistica.

Riprese a dipingere negli anni ’40 e ’50 con uno stile più lirico, romantico e poi sempre più astratto: ma il riconoscimento rimase scarso e tardivo, spesso confinato a cerchie specialistiche o istituzioni straniere. Morì il 31 gennaio 1967, a Audregnies, in Belgio, praticamente dimenticata da molti contemporanei.

Restituzioni e rivendicazioni

Questo ritorno in scena attraverso la mostra di Anversa non è solo un risarcimento simbolico, ma fa parte di una strategia museale e storiografica di recupero. Prima del recente riallestimento del KMSKA (riaperto nel 2022), la collezione del museo conteneva solo una tela di Donas — peraltro non sempre esposta.

C’è chi parla oggi di una «riattribuzione» della storia: si cerca di inserirla accanto a nomi consolidati come Piet Mondrian, Amedeo Modigliani o gli artisti della Section d’Or, non più come “curiosità femminile”, ma come interlocutrice piena della modernità.

Il curatore Gonnissen sottolinea che Donas non fu mai un’«allieva giovane» di Archipenko, bensì un’artista già matura al momento dell’incontro — un dettaglio che mira a correggere letture riduttive. Peter Pauwels, storico che da decenni lavora su Donas, critica l’atteggiamento condiscendente dei colleghi belgi del passato.

Alla fine della mostra, è collocata una composizione di Donas che pare dialogare con una scultura di Archipenko: i cromatismi, le forme, i contrasti sono in rapporto — eppure Donas “fa qualcosa di suo”, come nota Pauwels, senza mai copiare.

Perché Donas oggi conta

La riscoperta di Marthe Donas non è un atto di retrospettiva nostalgica, ma un invito a ripensare le genealogie dell’arte moderna. Con la sua esperienza — frammentata, tormentata, contaminata — essa incarnò molte tensioni del Novecento: fra genere e anonimato, tra sperimentazione e delicatezza, tra partecipazione internazionale e marginalità locale.

La mostra ad Anversa non si limita a esibire opere rare, ma a contestualizzarle: inserendole dentro reti transnazionali (La Section d’Or), relazioni personali e politiche (il rapporto con Archipenko), mediazione critica (le riviste d’avanguardia) e pratiche materiali (collage, tensioni sagomate).

In definitiva, quel che colpisce è la persistente attualità della sua vicenda: un’artista che invisibilizzò il suo genere per emergere in un mondo ostile, e che oggi — grazie a sforzi curatoriale e storico-critici — reclama un riconoscimento che non le fu mai pienamente accordato.


Wikipedia

The Guardian


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