La mostra dedicata al genio olandese proroga fino a domenica 16 novembre 2025

COMUNICATO STAMPA

Continua ancora il viaggio nel mondo di Escher al Polo Museale – Castello Conti Acquaviva d’Aragona di Conversano e la mostra dedicata al genio olandese proroga a grande richiesta fino a domenica 16 novembre 2025. Con un percorso coinvolgente e ricco di suggestioni, la mostra propone circa 80 opere originali, tra cui alcuni dei lavori tra più noti di Escher come Cascata (1961), 
Belvedere (1958), Relatività (1953), Giorno e notte (1938) Galleria di stampe (1956) e tante altre, accompagnati da installazioni multimedialispazi interattivi e contenuti didattici, che permettono di esplorare l’universo matematico, onirico e affascinante dell’artista.

La mostra M.C. ESCHER, promossa e sostenuta dal Comune di Conversano Città d’Arte Museco – Musei in Conversano e Regione Puglia, con il patrocinio del Ministero della Cultura, dell’Ambasciata del Regno dei Paesi Bassi, della Città Metropolitana di Bari, di Puglia Promozione ed ENIT – Agenzia nazionale del turismo, è prodotta e organizzata da Arthemisia in collaborazione con la M.C. Escher Foundation e Maurits ed è a cura di Federico Giudiceandrea, uno dei più importanti esperti al mondo dell’artista.

La mostra vede come sponsor SIECO Sistemi integrati per l’ecologiamobility partner Ferrotramviariapartner plus BCC ConversanoCestaro Rossi & C.Replan ESG e Upsystemspartner Vetrerie meridionaliBdM Banca e GVM Care & Research.

Il catalogo è edito da Moebius.
Da UFFICIO STAMPA ARTHEMISIA <press@arthemisia.it> 

C’è un momento, nella vita di ogni artista, in cui la realtà smette di bastare. Per Maurits Cornelis Escher, olandese, nato nel 1898, quel momento arrivò presto. E prese la forma di una linea che si incurva, di un piano che si ripiega su sé stesso, di una scala che sale e scende senza mai finire.
Oggi una grande mostra ripercorre il suo mondo fatto di paradossi e perfezione geometrica: un universo dove la logica diventa fantasia, e l’occhio non è mai sicuro di ciò che vede.

Gli inizi, tra natura e incisioni

Escher si avvicinò alla grafica grazie a Samuel Jessurun de Mesquita, uno dei nomi di punta dell’Art Nouveau olandese. Alla Scuola di Architettura e Arti Decorative di Haarlem, il maestro capì che quel ragazzo, più che costruire edifici, voleva costruire immagini.
Le sue prime stampe — fiori, insetti, paesaggi — sono prove di realismo, ma già lasciano intravedere qualcosa di diverso: linee che si inseguono, prospettive che si piegano. La natura, per lui, non era mai semplice osservazione. Era un codice da decifrare.

L’Italia come laboratorio

Nel 1921, Escher visitò l’Italia per la prima volta. Tornò l’anno seguente e, nel 1923, decise di stabilirsi a Roma. Il Paese divenne la sua officina visiva: viaggiava tra Venezia, la Toscana, la Calabria, la Sicilia, riempiendo taccuini di disegni.
Con un amico grafico svizzero, Joseph Haas Triverio, percorse la penisola in lungo e in largo. A Ravello scrisse: “Voglio trovare la felicità nelle cose più piccole, come una pianta di muschio su una roccia”. Quella frase racchiude il suo metodo: guardare il mondo da vicino, fino a trasformarlo in un labirinto.
Nel 1935, però, l’idillio si interruppe. Il clima politico si era fatto pesante, e il regime fascista non era più un rumore di fondo. Escher lasciò l’Italia per la Svizzera.

L’incontro con l’Alhambra

Fu in Spagna che la sua arte cambiò definitivamente. All’Alhambra di Granada, tra i mosaici moreschi, Escher scoprì le tassellature: figure geometriche che si ripetono all’infinito, senza spazi vuoti.
“I Mori erano maestri nel riempire le superfici con un motivo sempre uguale”, scrisse.
Quelle decorazioni diventarono la chiave del suo linguaggio. Catalogò 137 acquerelli di tasselli diversi, come un lessico di forme. Da allora, la sua arte si muoverà tra rigore matematico e immaginazione pura.

Le metamorfosi

Le tassellature generarono un nuovo tema: le metamorfosi. Da figure astratte a forme vive, e viceversa. Giorno e notte, bianco e nero, bene e male: Escher giocava con gli opposti, li faceva dialogare senza soluzione di continuità.
I suoi mondi sembrano muoversi. Ma il movimento è solo un’illusione: un trucco per farci credere che la realtà non è mai ferma.

La struttura dello spazio

Negli anni Trenta, Escher abbandonò la prospettiva classica. Iniziò a guardare lo spazio come una costruzione mentale. Sfere, solidi, superfici riflettenti, come il celebre nastro di Möbius, divennero strumenti per indagare il rapporto tra uomo e universo.
In una delle sue opere più note, una sfera riflette il mondo intero e, al centro, chi la osserva: l’artista stesso. È un modo per dire che l’uomo è il punto fermo dentro il caos, il fulcro di un equilibrio precario.

I paradossi e la matematica

Nel 1954, il Congresso Internazionale dei Matematici di Amsterdam consacrò il suo talento. I ricercatori scoprirono in Escher un collega in incognito, un geometra con la mano di un poeta.
Le sue architetture impossibili — Salire e scendere, Cascata, Relatività — raccontano un mondo in cui la logica sembra funzionare, ma solo per un istante. Guardi, e ti accorgi che l’impossibile è costruito con la stessa precisione del reale.

Le commissioni e la fama

Come ogni artista, anche Escher dovette lavorare su commissione. Disegnò ex libris, biglietti d’auguri, illustrazioni. Ma anche nei lavori più semplici tornava la sua ossessione: riempire lo spazio, far danzare le forme.
Negli anni Cinquanta e Sessanta, il suo nome cominciò a circolare sempre di più. Le riviste scientifiche gli dedicarono articoli, gli studenti di architettura lo studiarono come un caso unico. Poi arrivarono gli hippie.
Negli Stati Uniti, le sue figure geometriche vennero stampate su poster e magliette, trasformate in simboli psichedelici. Escher non ne fu entusiasta, ma la popolarità lo travolse.

Un artista per tutte le epoche

Oggi la sua arte continua a parlare a mondi diversi: pittori, scienziati, designer, registi. Il cinema cita spesso i suoi labirinti visivi, da Relatività a Cascata.
Forse perché Escher, più che rappresentare la realtà, l’ha interrogata. E nella sua domanda — fatta di scale che non finiscono e pesci che diventano uccelli — c’è ancora la curiosità di un ragazzo olandese che, un giorno, scoprì che la geometria poteva fare sognare.


Sede
Polo Museale – Castello Conti Acquaviva d’Aragona
Piazza Conciliazione (Arco monumentale)
Conversano – Bari

Informazioni e prenotazioni
T. +39 080 99 52 31

Sito
www.arthemisia.it

Hashtag ufficiale
#EscherConversano

Ufficio Stampa Arthemisia
Salvatore Macaluso | sam@arthemisia.it
press@arthemisia.it | T. +39 06 69380306 | T. +39 06 87153272 – int. 332

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