
Palazzo Reale di Milano dedica la prima grande retrospettiva italiana a Leonora Carrington (1917-2011), pittrice, scrittrice e pensatrice ribelle del Surrealismo, che fece dell’immaginazione un linguaggio di resistenza. Un percorso che attraversa le molte vite di una donna inquieta e geniale, capace di fondere mito e libertà, esilio e ironia, femminilità e cosmologia.
Fino all’11 gennaio 2026, Milano ospita un’esposizione che rende finalmente giustizia a una figura tra le più affascinanti e complesse del Novecento. Intitolata semplicemente “Leonora Carrington”, la mostra — promossa dal Comune di Milano, Palazzo Reale, MondoMostre, Civita Mostre e Musei ed Electa — è curata da Carlos Martin e Tere Arcq, due fra i massimi esperti dell’artista, e presenta un’ampia selezione di dipinti, disegni, fotografie, documenti e scritti. Dopo Milano, il progetto approderà al Musée du Luxembourg di Parigi, a conferma del suo rilievo internazionale.
Una formazione ribelle
Nata in Inghilterra in una famiglia dell’alta borghesia industriale, Leonora Carrington cresce tra le fiabe celtiche raccontate dalla nonna e le rigide convenzioni vittoriane imposte dal padre. Fin da adolescente manifesta un carattere indocile e un precoce talento artistico. Nel 1932 trascorre alcuni mesi a Firenze, dove resta incantata dalle geometrie di Piero della Francesca, dai cavalli di Paolo Uccello, dalle atmosfere simboliche di Botticelli. È la sua prima immersione nel Rinascimento, una lezione di armonia e mistero che non l’abbandonerà mai.
Nel 1936 viene ammessa all’Ozenfant Academy di Londra, fondata dal teorico del purismo Amédée Ozenfant, e due anni dopo espone alla International Surrealist Exhibition, dove conosce Max Ernst, di ventisei anni più anziano. Tra i due nasce un amore travolgente, osteggiato dalla famiglia di lei, che disereda la giovane artista. Carrington ed Ernst fuggono insieme in Provenza, a Saint-Martin-d’Ardèche, dove creano un universo domestico popolato da pittori e poeti surrealisti: Leonor Fini, Paul Éluard, Man Ray, Tristan Tzara.
Dall’amore all’esilio
Lo scoppio della guerra segna la fine di quella breve stagione felice. Ernst, di origini tedesche, viene internato dal governo francese, e Leonora fugge in Spagna, dove subisce violenze e un successivo internamento in una clinica psichiatrica di Santander, esperienza che segnerà profondamente la sua vita e la sua arte. Riesce infine a raggiungere New York, grazie all’aiuto di Peggy Guggenheim e di amici surrealisti, e nel 1942 si stabilisce definitivamente in Messico, dove sposa il fotografo ungherese Emerico “Chiki” Weisz e ritrova la propria voce artistica.
In Messico, Carrington entra in contatto con una vivace comunità di artisti e intellettuali in esilio — tra cui Remedios Varo, Kati Horna e Frida Kahlo — e sviluppa una pittura personalissima, sospesa tra mitologia europea, magia precolombiana e simbolismo alchemico.
L’arte come alchimia
Le opere di Carrington uniscono precisione narrativa e visione mistica: stanze che si trasformano in laboratori segreti, donne che mescolano erbe e invocano animali totemici, presenze ibride sospese tra umano e divino. Nella sua immaginazione la casa — luogo domestico per eccellenza — diventa spazio di potere e conoscenza, laboratorio di esperimenti magici e di metamorfosi.
La mostra milanese ricostruisce questo universo con una selezione di visioni alchemiche e fantastiche provenienti da musei e collezioni private internazionali. Le opere del periodo messicano — tra cui The Pomps of the Subsoil, The House Opposite e And Then We Saw the Daughter of the Minotaur — restituiscono una pittura dal colore caldo, intenso, narrativo, in cui risuonano i ricordi dell’arte italiana e l’eco della cultura mesoamericana.
Accanto ai dipinti, fotografie, libri, scritti e documenti inediti svelano il lato intellettuale di Carrington: i suoi racconti surreali (La debuttante, La settima cavalla, Il latte dei sogni), i testi teatrali e i disegni preparatori, che testimoniano una mente sempre in movimento, affascinata da matematica, astrologia, ermetismo e filosofia eretica.
Una modernità ritrovata
L’allestimento non insiste solo sul mito dell’artista donna, ma sulla sua indipendenza di pensiero, capace di anticipare temi che oggi chiamiamo ecofemminismo e post-umanesimo. Carrington non dipinge per “rappresentare” la donna, ma per immaginare un nuovo equilibrio tra natura e spirito, tra animale e umano, tra visibile e invisibile.
Nel suo universo non c’è separazione tra arte e vita. L’immaginazione è una forma di conoscenza, e la pittura diventa uno strumento di sopravvivenza. “L’arte,” scriveva, “non serve a decorare il mondo, ma a trasformarlo.”
La lunga ombra di Leonora
La riscoperta di Carrington, esplosa dopo la sua morte nel 2011, è oggi un fenomeno globale. Le sue opere sono entrate nelle collezioni del MoMA, della Tate Modern, del Museo de Arte Moderno di Città del Messico e del Centre Pompidou, mentre la sua figura ispira scrittrici e artiste contemporanee da Marina Warner a Caitlín R. Kiernan, da Bjork a Florence Welch.
“Era una donna del Rinascimento,” afferma il curatore Carlos Martin, “capace di attraversare pittura, scrittura e filosofia come se fossero la stessa materia.”
Ed è proprio questa molteplicità che la mostra milanese riesce a restituire: una mappa di vita e di mente, in cui l’arte è rito, la follia rivelazione e la libertà, finalmente, un atto poetico.
Leonora Carrington. Scheda sintetica
Luogo e date: Palazzo Reale, Milano – Fino all’11 gennaio 2026
Curatori: Carlos Martin e Tere Arcq
Organizzazione: Comune di Milano – Cultura | Palazzo Reale | MondoMostre | Civita Mostre e Musei | Electa S.p.A.
Dopo Milano: Musée du Luxembourg, Parigi (2026)
Opere esposte: circa 100 tra dipinti, disegni, fotografie, documenti e materiali d’archivio
Le visioni di Leonora Carrington. Pittura, scrittura e magia dell’immaginazione
Nel corso della sua lunga vita, Leonora Carrington ha intrecciato pittura, letteratura e filosofia come se appartenessero a un unico linguaggio. Ogni opera è un frammento di un cosmo alchemico dove il femminile diventa forza trasformatrice e l’immaginazione uno strumento di conoscenza. Ecco alcune tappe fondamentali del suo percorso.
1937-1939 | La debuttante
Il primo racconto pubblicato da Carrington è una fiaba surreale e crudele: una giovane sostituisce se stessa con una iena per sfuggire a un ricevimento mondano. Dietro l’ironia si cela la ribellione di una donna contro l’educazione vittoriana e le convenzioni sociali. È già chiaro il tema della metamorfosi, che attraverserà tutta la sua opera.
1943 | Down Below
Scritto dopo l’internamento psichiatrico di Santander, Down Below è il racconto lucido e spettrale di una discesa negli abissi della mente. Pubblicato da André Breton, il testo è una delle più radicali testimonianze di follia e liberazione nel Novecento surrealista, capace di anticipare le riflessioni di Antonin Artaud e di Sylvia Plath.
1947-1953 | Il periodo messicano
Trasferitasi a Città del Messico, Carrington elabora una pittura densa di simboli esoterici e riferimenti mitologici. Nascono opere come The House Opposite e Green Tea, popolate di figure ibride, animali sacri e rituali magici. La casa, il corpo e la cucina diventano spazi di potere e trasformazione: laboratori dell’anima dove l’artista riscrive i ruoli del femminile.
1950-1970 | The Hearing Trumpet (Il cornetto acustico)
Romanzo pubblicato nel 1976 ma scritto vent’anni prima, è un capolavoro di ironia e sovversione. Racconta la storia di una novantenne che, con il suo cornetto acustico, scopre un complotto in una casa di riposo e si ritrova coinvolta in una rivoluzione cosmica. È un inno alla vecchiaia come fase di conoscenza e riscatto, e un testo di culto del femminismo visionario.
1950-2000 | The Milk of Dreams (Il latte dei sogni)
Serie di racconti e disegni dedicati ai figli Gabriel e Pablo, in cui Carrington immagina creature ibride, metamorfosi, dialoghi con animali e macchine. Il libro, pubblicato postumo, è divenuto nel 2022 il titolo della Biennale di Venezia curata da Cecilia Alemani, che ha celebrato proprio il principio fondante della sua poetica: “L’immaginazione come forma di libertà radicale.”
2000-2011 | Ultimi anni e eredità
Negli ultimi anni, Carrington dipinge con gesti più essenziali, ma conserva intatta la curiosità intellettuale. Vive in una casa piena di gatti, piante e oggetti simbolici. Nel 2005 riceve la Medalla de Bellas Artes dal governo messicano. Muore a Città del Messico nel 2011, lasciando un’eredità che oggi risuona nel pensiero ecofemminista, nella pittura onirica e nel cinema visionario contemporaneo.
In sintesi, Carrington non ha mai separato arte e vita. Ha attraversato il secolo come una “strega gentile”, in equilibrio tra fiaba e filosofia, ribellione e conoscenza. Le sue opere, oggi più che mai, parlano di libertà interiore e di quella parte di realtà che solo l’immaginazione riesce a rivelare.
A chiarimento delle problematiche relative al copyright delle immagini.
Le immagini eventualmente riprodotte in pagina sono coperte da copyright (diritto d’autore). Tali immagini non possono essere acquisite in alcun modo, come ad esempio download o screenshot. Qualunque indebito utilizzo è perseguibile ai sensi di Legge, per iniziativa di ogni avente diritto, e pertanto Experiences S.r.l. è sollevata da qualsiasi tipo di responsabilità.







