I GRANDI MAESTRI DEL DESIGN. Episodio 2: la poltrona Kubus

Nel 1910, Josef Hoffmann, figura cardine del modernismo viennese, disegna la poltrona Kubus, un’icona geometrica che anticipa il razionalismo del Novecento. Realizzata oggi da Wittmann, questa seduta è il simbolo dell’equilibrio perfetto tra artigianato e astrazione formale, e incarna lo spirito utopico della Secessione viennese.

Kubus Wittmann Poltrona
Kubus firmata da Josef Hoffmann per Wittmann è una poltrona con struttura in legno di faggio nero, rivestimento in pelle.

All’inizio del XX secolo, Vienna è una città in bilico tra tradizione e avanguardia. Nelle sue strade convivono ancora le decorazioni sontuose dello storicismo e i primi segni della modernità. In questo scenario nasce la poltrona Kubus, progettata nel 1910 da Josef Hoffmann (1870–1956), architetto, designer e cofondatore della Secessione Viennese. È un oggetto che non si limita a sedersi nella storia del design: la plasma, la anticipa, la razionalizza.

Una geometria perfetta

La Kubus è un inno alla forma pura. Il suo nome deriva dalla parola “cubo”, e non potrebbe essere più esplicito: ogni elemento, dal bracciolo alla seduta, è composto da piccoli cuscini quadrati, rivestiti in pelle e disposti con meticolosa simmetria. La struttura, completamente modulare, dà l’impressione di un volume costruito con la logica dell’architettura più che del mobilio.
Hoffmann, che aveva studiato con Otto Wagner e cofondato i Wiener Werkstätte nel 1903, concepiva ogni oggetto come parte di un insieme armonico, dove l’arte applicata e l’architettura si incontrano. La Kubus nasce dunque da una visione totalizzante, quella del Gesamtkunstwerk — l’opera d’arte totale — in cui anche la poltrona diventa parte di un’architettura ideale.

Un design tra arte e matematica

Il rigore geometrico della Kubus non è solo estetico: è il riflesso di un pensiero. In un’epoca ancora legata agli ornamenti floreali dell’Art Nouveau, Hoffmann sceglie la semplificazione radicale. Ogni decorazione viene sostituita da ritmo e proporzione, da una precisione quasi matematica che preannuncia il Bauhaus e il razionalismo europeo.
Eppure, dietro la sua apparenza astratta, la Kubus conserva un’anima profondamente artigianale. Ogni cuscino è cucito e imbottito a mano, ogni dettaglio rifinito con una cura quasi maniacale. È il perfetto equilibrio tra la macchina e la mano, tra industria e bottega — un equilibrio che sarà poi al centro del dibattito del design del Novecento.

Dalla Secessione a Wittmann

La poltrona fu originariamente realizzata per l’Esposizione Internazionale di Buenos Aires del 1910, dove Hoffmann rappresentava l’Austria con un padiglione che riassumeva il meglio della produzione dei Wiener Werkstätte. Era il simbolo di una Vienna che si proiettava verso il futuro: elegante, sobria, ma fortemente concettuale.
Dopo la morte dell’autore, la Kubus rischiò di scomparire, ma fu Wittmann, storica manifattura austriaca, a riportarla in produzione, rispettando scrupolosamente le proporzioni e i materiali originali. Ancora oggi, ogni pezzo è realizzato a mano in Austria, con una precisione che mantiene viva l’eredità dell’autore e lo spirito dei Werkstätte.

Josef Hoffmann e il sogno della forma pura

Hoffmann fu molto più di un designer: fu un architetto visionario che cercò di conciliare bellezza, logica e funzione. Le sue opere — dal Palais Stoclet di Bruxelles alla Casa Primavesi — riflettono una poetica dell’ordine, una ricerca di armonia che trova nella Kubus una sua sintesi perfetta.
Il suo stile, spesso definito “freddo” o “razionale”, in realtà esprime un’idea di umanesimo geometrico: la convinzione che la forma, quando è giusta, contenga già in sé la misura del benessere umano. La Kubus, in questo senso, è una seduta “abitata” dalla logica, ma anche dal comfort e dalla grazia del gesto artigiano.

Un’icona senza tempo

Più di un secolo dopo, la Kubus continua a occupare un posto di rilievo nei musei di design e nelle case di architetti e collezionisti. Il suo linguaggio rimane sorprendentemente attuale: quella griglia di quadrati imbottiti parla lo stesso linguaggio dei pixel e delle architetture modulari del XXI secolo.
Non è solo un oggetto d’epoca, ma una matrice concettuale, un’idea di design come equilibrio tra pensiero e materia, tra rigore e emozione. Nella sua apparente semplicità, la Kubus racconta l’inizio di tutto: il momento in cui il design smise di essere decorazione e divenne disciplina.

Come scrisse Hoffmann: “L’ornamento non è un delitto, ma deve nascere dalla costruzione stessa.”
E la Kubus, costruita sul principio del cubo, resta una delle dimostrazioni più limpide di questa verità: una forma che non invecchia, perché perfetta nella sua proporzione.


About the author: Experiences