Diamo una possibilità alla pace

Riecheggiando il “Give peace a chance” di John Lennon, un gruppo di persone e associazioni hanno organizzato un evento cittadino dal significativo titolo di “Diamo una possibilità alla pace”. Gli interrogativi su questi tempi assurdi di guerra e sterminio degli “scarti” umani sono tanti e profondi. Pensando di interpretare i desideri della gente comune che nella sua maggioranza, anche nella nostra Italia e in città, vuole assolutamente la pace, si è costituito un insieme di promotori di “Dialoghi disarmati”, una serie di incontri intesi a riflettere sulle ragioni della pace e per un mondo senza guerre.

Una prima tappa del percorso è l’evento cittadino “Diamo una possibilità alla Pace” per superare l’appiattimento quasi generalizzato al pensiero unico della ineluttabilità di questa guerra che giustifica migliaia di morti, milioni di profughi, sperpero di risorse, effetti devastanti nel mondo intero, minaccia di guerra planetaria.

Quindi è stato chiesto al sen. Raniero La Valle di venire a Messina per cercare insieme delle risposte.

L’incontro è previsto per giovedì 30 giugno, alle ore 18, al Palazzo della Cultura di viale Boccetta. Porterà i saluti Nino Mantineo e introdurrà Caterina Pastura.

L’evento non prevede solo la relazione del sen. La Valle, ma la possibilità di porgere domande da parte delle associazioni promotrici e ci sarà spazio per altri interrogativi dei partecipanti.

Quale senso può avere oggi una guerra che procura vittime in maggioranza civili? Un protagonista di queste guerre, Gino Strada, diceva che su 10 feriti da lui curati in luoghi di guerra, 9 erano civili, compresi donne e bambini.

Cosa mai nella storia ha risolto la guerra?

Si può dire oggi che abbiamo guerre difensive mentre si teorizza la necessità di una guerra preventiva e infinita?

I gruppi e i cittadini che hanno promosso l’evento sono: Piccola Comunità Nuovi Orizzonti, Anpi, Salvo Trimarchi, Emergency, Caritas Messina, Italia Nostra, Mesogea Editrice, Tenda della Pace, Azione Cattolica, Cisl, Cgil, Uil, Migrantes, Azione cattolica diocesana, Meic Messina, Anolf-Cisl, Comunità islamica di Messina.

È prevista infine la possibile sottoscrizione di un documento finale dell’incontro.

Raccuja celebra il centenario di Giovanni Raccuia, partigiano

Aveva solo 21 anni nel 1943 e l’8 settembre, il giorno dell’armistizio e della fuga del re e degli alti comandi militari e politici, dovette decidere da che parte stare.

Giovanni Raccuia, nativo di Raccuja, non ebbe dubbi: dalla parte dell’antifascismo e della Resistenza. La domanda se la posero in milioni gli italiani dopo due anni e mezzo di guerra, fossero in divisa o meno. Molti di loro scelsero di “andare in montagna”, di unirsi alle formazioni partigiane. Raccuia lo fece sul fronte orientale, dove si trovava, e si unì alle Brigate Garibaldi, pronto a combattere insieme ai partigiani jugoslavi. Con loro e con i suoi compagni italiani andò a liberare Lubiana dai nazi-fascisti.

Sabato 25 giugno la sezione dell’Anpi – l’Associazione nazionale dei partigiani d’Italia – celebrerà a Raccuja il centenario della nascita con l’iniziativa “Giovanni Raccuia partigiano – nel centenario della nascita 1922-2022 – un raccujese nella lotta di Liberazione partigiana”, che si svolgerà al Castello Branciforti alle ore 18.

A introdurre l’incontro saranno Adelina Bertilone, Presidente Anpi Sezione di Raccuja, e Giuseppe Martino, Presidente provinciale Anpi Messina.

Seguiranno i relatori Elina Gugliuzzo, Prof. Associata Università Pegaso Napoli, su “Resistenza italiana, Resistenza europea”; Giuseppe Restifo, Ricercatore indipendente, su “La partecipazione dei meridionali alla Resistenza” e Antonino Teramo, Dottore di ricerca in Storia, su “Non solo un rito: le rievocazioni della Resistenza”.

Sono previsti interventi programmati di Anita Carmela Cugno, Docente, che porterà “Una testimonianza diretta su Giovanni Raccuia” e di Giuseppe Cugno per l’Associazione nazionale famiglie caduti e dispersi in guerra.

Si chiuderà con gli interventi del pubblico.

Nel quadro dell’iniziativa è prevista anche l’apposizione di una targa ricordo di Giovanni Raccuia sulla casa dove nacque cent’anni fa.

Maurizio Vezzosi: Lettera aperta al “Corriere della Sera” che oggi sul Corriere non c’è

Maurizio Vezzosi, analista e reporter freelance ha pubblicato anche su Experiences alcuni suoi contributi, relativi a convegni, prima dello scoppio della guerra tra Russia e Ucraina. Via e-mail spedisce alcuni reportage che pubblica su riviste di geopolitica e di attualità. Sono certamente più informati di tanti altri. Soprattutto perché ha scelto di descrivere il teatro di guerra nella parte più infuocata, quella occupata dai russi. Qualche settimana fa ha scritto: «Intendo ribadire che non esistono guerre gentili o raffinate. La tragedia di Mariupol, come quella dell’intero Donbass e dell’intera Ucraina, poteva e doveva essere evitata. Professionalmente, e umanamente, ho il dovere di fare tutto quello che è nelle mie possibilità per scongiurare nuove tragedie: molto più semplicemente, ho il dovere di dire la verità». Oggi con questa sua lettera aperta risponde al Corriere della Sera che ha pubblicato una “lista di putiniani” senza interpellare quanto meno gli interessati. Noi di Experiences abbiamo ricevuto il testo ieri pomeriggio. Abbiamo atteso che questa mattina il maggiore quotidiano italiano ne desse notizia, ma non è avvenuto; potrebbe farlo prossimamente. Ci pare sempre valido concedere a tutti il diritto di replica. Già da ieri la lettera è presente sul web in una pagina di Articolo21.

Al direttore del “Corriere della Sera” dott. Luciano Fontana

Alla vicedirettrice dott.sa Fiorenza Sarzanini

Alla dott.sa Monica Guerzoni

Gentili colleghi,

Non posso esimermi dal prendere parola per replicare in modo opportuno alle esternazioni del vostro giornale sul tema della fantomatica rete di propaganda “putiniana” di cui, a vostro avviso ma a mia insaputa, sarei membro. La lettera che state leggendo vi sarebbe pervenuta in anticipo se solo avessi avuto modo di comporla già nei giorni trascorsi. Tuttavia, da mesi mi trovo in un contesto di guerra, ed in guerra il tempo è quasi sempre poco.

Nella decina di persone segnalate con nomi, cognomi, foto nella pubblicazione del vostro giornale di domenica 5 giugno ci sono anch’io, pur non essendo membro di alcuna presunta rete, tanto meno “putiniana”. Quanto realmente può venirmi imputato è l’aver messo in discussione una certa narrazione sulla guerra d’Ucraina, aver insistito sulla necessità di una soluzione politica ed aver criticato la scelta di inviare armi a favore dell’esercito di Kiev. Con la particolarità di averlo fatto sia nel corso di conferenze ed interventi televisivi, sia lavorando per mesi nel teatro di guerra ucraino, apparentemente senza suscitare alcun genuino interesse da parte del vostro giornale. Il punto di vista che ho espresso è sufficiente, evidentemente, per essere liquidato come “putiniano”: d’altra parte, soprattutto negli ultimi mesi analoghi anatemi sono stati lanciati contro chiunque in Italia o all’estero abbia avuto l’impertinenza di criticare pubblicamente l’operato della presidenza ucraina o, peggio ancora, di quella statunitense. Impertinenza che ha distinto – oltre ad alcuni esperti e commentatori italiani – anche Henry Kissinger e Papa Francesco.

Quelle pubblicate dal vostro giornale – e poi riprese da altre redazioni – sono congetture gravemente diffamanti nei miei confronti, come semplice cittadino italiano e come professionista. Mentre l’edizione del vostro giornale di domenica 5 giugno veniva data alle stampe, mi trovavo a Donetsk, città da dove scrivo: a circa un chilometro dal luogo in cui mi trovavo, in pieno centro città, sono esplosi una decina di missili “Grad” lanciati dall’esercito ucraino. Una manciata di minuti dopo mi trovavo sul posto per documentare quanto successo, respirando il fumo acre di decine di veicoli inceneriti e camminando su tappeti di vetri andati in frantumi. Dopo aver raccolto le immagini dell’attacco, ho trascorso la notte montando il reportage che “Non è l’Arena” avrebbe trasmesso su LA7 di lì a poche ore: dopo aver inviato il reportage, di prima mattina, ho ricevuto notizia della vostra pubblicazione con una foto e nell’immediato ho ritenuto che si trattasse di uno scherzo.

Nella persona della dott.sa Sarzanini, il vostro giornale ha giustificato la pubblicazione con la necessità di non poter ignorare una “notizia”. Ma il vostro giornale si è forse limitato a riportare una “notizia”? O ha tracciato una narrazione congetturale gettando consapevolmente discredito su alcune persone, tra cui chi scrive? Ha forse valutato in modo critico i bollettini giunti – benché riservati – nelle mani della dott.sa Sarzanini? Si è forse preoccupato, almeno, di interpellarmi prima o dopo la pubblicazione? Quale circostanza dimostrebbe il mio aver attinto, come il vostro giornale sostiene, all’articolo di Manlio Dinucci da voi citato? La dott.sa Sarzanini, durante un confronto con alcune delle persone “messe all’indice” ha affermato: “Queste persone sono liberissime di esprimere le proprie opinioni, ma se raccontano fatti che non sono provati, e questi fatti si trasformano in disinformazione e propaganda, non va bene. E non andrebbe bene neanche se lo facessero a favore dell’Ucraina”, Quali sono i “fatti non provati” di cui io avrei parlato? Di quale disinformazione parla la dott.sa Sarzanini? Di quale propaganda? Non escludo che qualcuno tra le persone inserite nell’infausta lista possa aver diffuso notizie senza verificarle: se così fosse, la scelta sarebbe stata senz’altro criticabile, ma dove sarebbe la mia responsabilità? A questo proposito, sorge spontanea una domanda: il vostro giornale, dal 24 febbraio scorso, quante notizie ha pubblicato sul tema della guerra riportando come attendibili ipso facto le informazioni divulgate da una delle due parti belligeranti senza sottoporle ad alcun tipo di ragionevole valutazione o verifica? In relazione a quella che sembra ormai una prassi assodata, si dovrebbe forse presumere che il vostro giornale operi nell’ambito di un particolare regime deontologico che lo esenta dai doveri fondamentali che la categoria giornalistica è in generale tenuta ad osservare? Considerando che dal 2014 ad oggi le compagini ucraine si sono dimostrate quantomeno sbrigative nei confronti delle voci critiche, i risvolti della vostra pubblicazione aumentano notevolmente i rischi a cui sono esposto: nell’ipotesi più ottimistica, questo aspetto non vi ha evidentemente preoccupato un granché.

Quella emersa con la vostra ormai nota pubblicazione è una vicenda assai grave che non trova precedenti simili nella storia dell’Italia repubblicana. Ma, considerando l’atmosfera che si respira in Italia non posso dirmi sorpreso da questo tentativo di delegittimazione, benché mi stupisca il vostro piglio, degno, in questa circostanza, di un giornale scandalistico. Sulla vicenda di cui mio malgrado sono diventato – insieme ad altri – protagonista, permangono ad oggi evidenti incongruenze ed ambiguità che forse il tempo aiuterà a dipanare. Sono portato a credere che, come voi affermate, il mio nome sia effettivamente presente in almeno uno dei “bollettini” ancora secretati. Rispetto a questo, non io, non le altre persone “messe in lista”, ma il vostro giornale – dovrebbe pretendere la desecretazione completa dei documenti di cui solo in parte avete rivelato il contenuto: e avrebbe dovuto farlo prima che l’on. Urso, presidente del Copasir, prendesse l’iniziativa in questo senso. A proposito: se questi documenti sono stati redatti su fonti aperte – seppur con il livello più basso di classificazione, come il sottosegretario Franco Gabrielli ha confermato – che cosa si dovrebbe tenere lontano dagli occhi dell’opinione pubblica?

La pubblicazione del vostro giornale sembra ricalcare i dossier che certe università o centri studi statunitensi sono soliti stilare sulle figure che in Italia – o altrove – esprimono punti di vista non apprezzati. E’ oltretutto curioso che in un articolo pubblicato lo scorso 20 maggio da una nota piattaforma statunitense si potessero già rintracciare vari argomenti poi comparsi nel bollettino sulla “disinformazione”. E’ evidente che la vostra sia stata una scelta deliberatamente diffamante nei miei confronti e denigrante rispetto alla mia figura: tuttavia, il vostro giornale ha il merito di aver portato alla conoscenza del grande pubblico alcuni risvolti delle iniziative governative sulla “disinformazione”. Dai risvolti dell’operazione a cui il vostro giornale – coadiuvato da altri – si è prestato emerge il disappunto mosso dall’orientamento della maggioranza degli italiani, dimostratasi scarsamente influenzata da mesi di pressione mediatica volta a costruire consenso in favore della politica di scontro pretesa dagli Stati Uniti e coadiuvata dal governo italiano.

Quanto emerge dalle pagine del vostro giornale è una pittoresca concezione del pluralismo e della democrazia liberale. L’operazione a cui il vostro giornale si è prestato certo non ne incentiva la credibilità e la fiducia che i vostri lettori vi ripongono. Né vi avvicina agli obiettivi che rincorrete, tentando di stigmatizzare come una conseguenza della “disinformazione” un senso comune degli italiani che si dimostra essere piuttosto lontano dal vostro, non solo in materia di guerra e di pace. E arrivando persino a dare degli improbabili volti ai presunti responsabili dei vostri fallimenti.

Vista la grottesca cornice in cui vorreste inserire la mia figura, posso immaginare che le mie analisi ed il mio lavoro sul campo abbiano finito per turbare la serenità dalla vostra redazione, o di chi ne ispira il lavoro. Al vostro giornale rispettare il mio lavoro non interessa: se così non fosse, prima di denigrarlo e liquidarlo si sarebbe almeno preoccupato di conoscerlo. Del resto, anche accusarmi in modo vagamente più serio di deficit di critica nei confronti della Russia dei nostri giorni potrebbe soltanto strappare un sorriso a chi conosce le mie riflessioni.

Le continue esplosioni a poche centinaia di metri da dove scrivo mi suggeriscono di tornare ad occuparmi della guerra che pare assai piacervi. Credo che con uno sforzo potreste riuscire a trattare i grandi temi della politica nazionale ed internazionale con una maggiore serietà: nel rispetto degli italiani e nel loro interesse. Auspico che possiate riuscirci, pur temendo che il giudizio degli italiani nei vostri confronti sarà piuttosto severo.

Con i migliori auguri
Maurizio Vezzosi

Donetsk, 20 giugno 2022

Maurizio Vezzosi, analista e reporter freelance. Collabora con RSI Televisione Svizzera, L’Espresso, Limes, l’Atlante geopolitico di Treccani, il centro studi Quadrante Futuro ed altre testate. Ha raccontato il conflitto ucraino dai territori insorti contro il governo di Kiev documentando la situazione sulla linea del fronte. Nel 2016 ha documentato le ripercussioni della crisi siriana sui fragili equilibri del Libano. Si occupa della radicalizzazione islamica nello spazio postsovietico, in particolare nel Caucaso settentrionale, in Uzbekistan e in Kirghizistan. Segue con attenzione le transizioni politiche che si stanno concretizzando in Bielorussia ed in Armenia. È assegnista di ricerca presso l’Istituto di studi politici “S. Pio V”.

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“Mostrava evidenti segni di nervosismo…”

Piena solidarietà a Claudio Risitano: è quanto dichiarano i firmatari di questo documento pubblico, dopo che giorno 30 pomeriggio è stato sottoposto a perquisizione personale e della propria auto. Gli agenti della Polizia erano alla ricerca di “armi, esplosivi o strumenti di effrazione”, ma Claudio, davanti al bar Spadaro del Muricello, ovviamente non aveva niente di tutto questo. Così pure non ne nascondeva nella sua automobile in via Torrente Trapani. Ma egualmente la perquisizione “è stata eseguita – si legge nel verbale della Polizia – poiché la persona indicata in oggetto all’atto del controllo mostrava evidenti segni di nervosismo”.

Il fatto suscita indignazione e riprovazione: ne prendano atto Questore e Prefetto. Ma soprattutto si presenta come una lesione dei diritti costituzionali del cittadino, in questo caso Claudio Risitano, ma domani potrebbe riguardare ognuno di noi. La violazione è avallata da decisioni politiche e da indirizzi di livello molto più alto di quello locale. A 150 metri dal Muricello, in piazza Casa Pia, quel pomeriggio del 30, c’era uno dei leader politici nazionali che hanno stracciato letteralmente l’art. 11 della Costituzione, facendo dell’Italia un Paese cobelligerante nei fatti.

In questo anno 2022 è cresciuta in noi la preoccupazione per la tenuta democratica del Paese, visto che vengono violate costantemente prerogative del Parlamento, che la crisi economica attinge e colpisce già i ceti popolari, mentre si assiste a una forte crescita della diseguaglianza sociale, che diritti storicamente conquistati vengono fortemente messi in discussione. È chiaro che episodi come quello del 30 pomeriggio al Muricello non si debbono ripetere e la vigilanza democratica non si deve abbassare, anche rispetto a fatti apparentemente “minori” ma esemplificativi di una situazione in corso di deterioramento democratico a cui occorre opporre un argine.

Enzo Bertuccelli

Santino Bonfiglio

Angela Cacciola

Tonino Cafeo

Patrizia Caminiti

Sostine Cannata

Floriana Castiglia

Lucio Costa

Antonio Currò

Lucia Di Pietro

Rosario Duca

Paola Fazio

Angela Flocco

Francesca Fusco

Concetta Giunta

Orazio Grimaldi

Alessandro Grussu

Giacomo Gugliandolo

Elina Gugliuzzo

Antonino Gussio

Daniele Ialacqua

Giulia La Fauci

Tina Luppino

Egidio Maio

Federico Martino

Giuseppe Martino

Riccardo Orioles

Daniele Pompejano

Maria Raccuia Barone

Giuseppe Restifo

Ivana Risitano

Angela Rizzo

Liboria Nuccia Romano

Alessandro Solano

Gino Sturniolo

Giovanni Tomasello

Margot Villari

IMMAGINE DI APERTURA di OpenClipart-Vectors su sfondo di  Miguel Á. Padriñán (da Pixabay)