1/4 – Siamo tutti sotto una specie di incantesimo
2/4 – Ma è vero che, se non stai pagando, il prodotto sei tu?
3/4 – L’intelligenza artificiale sta già governando il mondo
4/4 – Come fai ad uscire da Matrix se non sai di essere in Matrix?
Come fai ad uscire da Matrix se non sai di essere in Matrix? – 4/4
Esistono quindi dei precisi interessi commerciali alla base delle operazioni adottate dai social media e dai giganti tecnologici. Questo puntualizza The Social Dilemma, il nuovo documentario diretto da Jeff Orlowski e prodotto da Netflix. Quando si fa una ricerca su Google, per rendere chiaro il concetto, ognuno vede risultati diversi a seconda di dove vive o riguardo agli interessi dimostrati nel corso delle precedenti visualizzazioni. Ad ognuno, in altre parole, è proposto un mondo completamente diverso dall’altro. Abbiamo a che fare con informazioni di per sé stesse non più oggettive, ma orientate secondo le nostre predisposizioni. Questa tecnica si chiama “polarizzazione”, ovvero l’orientamento verso un centro esclusivo di interesse. Ecco perché molti si chiedono come mai gli altri non siano a conoscenza delle stesse notizie che noi abbiamo appreso nel corso delle nostre letture sul web. La risposta è che materialmente agli altri quelle notizie non sono mai apparse. Questa polarizzazione esiste anche per i media tradizionali, come i giornali stampati, i quali anche loro devono vendere pubblicità per sopravvivere. Quando, però, lo fanno attraverso la versione internet della loro testata, la polarizzazione è più facile. L’utilizzo è funzionale a mantenere le persone costantemente online. Deve essere chiaro per tutti, comunque, che le notizie sono una cosa, mentre la propaganda o la pubblicità sono un’altra. Ognuno crede che l’algoritmo sia stato progettato per fornire quanto si vuole trovare. In verità l’algoritmo è studiato per scovare quale argomento sia più vicino al nostro interesse, cosicché iniziando a guardare uno dei video consigliati, l’algoritmo continuerà a consigliarne altri dello stesso tipo. Questo è il funzionamento del sistema dei “consigliati”.
Solo per fare un esempio, conosciuto come la “teoria della terra piatta”, vale dire che l’argomento è stato consigliato dall’algoritmo centinaia di migliaia di volte agli utenti che volevano conoscerlo. Ecco perché molti si stanno convincendo di questa bufala colossale. Un domani di cosa ci vorrà convincere l’algoritmo? Sembra, da alcuni studi, che le notizie false su Twitter si diffondano sei volte di più delle notizie vere. Queste problematiche inclinano notevolmente il piano del comportamento umano. Pertanto, alcuni comportamenti divengono più difficili ed altri più facili. Come sappiamo, solo pochi scelgono la strada più difficile, per cui il sistema creato orienta più facilmente le persone verso delle informazioni semplicistiche, se non del tutto false. La notizia che bere più acqua possa ostacolare il diffondersi del coronavirus farebbe piacere a tutti, per questo attecchisce facilmente, benché non abbia alcun fondamento scientifico. È nella natura umana voler semplificare la complessità. Occorre tuttavia considerare che queste informazioni inventate fanno guadagnare alle aziende, in modo facile, molto più denaro. È dunque costruito un modello imprenditoriale basato sulla disinformazione a scopo di lucro. Tali disinformazioni hanno un minor prezzo di produzione, perché raccontare una balla lo sappiamo fare tutti e senza alcuna spesa. E dal momento che le notizie fasulle si trasmettono facilmente, in quanto costruite per incuriosire, i costi di produzione e diffusione sono estremamente bassi. Alla fine, però, si creano confusioni, tanto da arrivare a chiedersi cosa sia reale e cosa non lo sia affatto. Aumentano le teorie cospirazioniste. I social media amplificano i pettegolezzi e le dicerie. Questi strumenti di persuasione di massa possono diventare estremamente pericolosi nelle mani sbagliate. Il fine è manipolare l’opinione pubblica. Le narrazioni manipolative si diffondono con velocità fenomenale. In pratica, basta entrare in un gruppo che pensa che la terra sia piatta e chiedere all’algoritmo di indicare un migliaio di persone che presentano il medesimo profilo. Quindi non si tratta di convincere i terrapiattisti, ma di suggestionare altre persone che, assomigliando a loro, sono disponibili ad accettare le nuove teorie che si vorrebbero diffondere. In questi termini, se le fonti informative fossero esclusivamente i social media, la democrazia potrebbe essere in pericolo. Ecco perché si fa un gran parlare di corretta informazione, incentrata su delle fonti veritiere. Alla lunga certi strumenti tecnologici, male utilizzati, potrebbero corrodere il tessuto sociale. – Facebook ha davvero influenzato le elezioni politiche in alcuni paesi del mondo? È stato davvero strumento di hackeraggio da parte di alcune nazioni contro altre? – Come è facile comprendere, gli strumenti inventati a favore degli inserzionisti pubblicitari per convincere all’acquisto di prodotti commerciali, sono gli stessi che potrebbero servire per scopi nefandi. In altre parole, il sistema potrebbe essere venduto al miglior offerente, democratico o non democratico che sia.
Da quanto si è detto finora, possiamo dedurre che, se ognuno in virtù della polarizzazione ha diritto ad avere una propria versione dei fatti, non c’è bisogno di interagire, non è necessario trovare un compromesso per mettersi d’accordo. Al contrario, nella realtà dei fatti, serve una comprensione comune delle questioni attinenti al vivere sociale, all’ambiente, all’esistenza umana. Tuttavia, la tendenza è quella di permettere ai tecnologi informatici di trattare il problema come se fossero in grado di risolverlo. L’Intelligenza artificiale non distingue, però, la verità dalla menzogna. Se, pertanto, non siamo d’accordo su ciò che è vero, non possiamo affrontare e risolvere nessuno dei problemi. Jaron Lanier afferma che alcuni esponenti della Silicon Valley stanno costruendo una teoria secondo cui tutti gli utenti sarebbero dei piccoli neuroni intercambiabili e nessuno di loro sarebbe importante. Ciò trasformerebbe le persone in elementi di calcolo da programmare attraverso la manipolazione comportamentale. In questi termini la tecnologia diverrebbe una minaccia esistenziale. Ma in cosa consiste questa ventilata minaccia esistenziale? Non è certo la tecnologia a rappresentare la minaccia, ma la capacità della tecnologia stessa di tirare fuori il peggio della società. Caos nelle masse, sdegno, mancanza di fiducia reciproca, alienazione, populismo, distrazione e incapacità a concentrarsi, sono tutti elementi che influenzano la società. Per questo motivo le piattaforme tecnologiche devono responsabilizzarsi riguardo alle loro azioni: la gara per ottenere l’attenzione delle persone, per predire ciò che guarderanno una volta incollate allo schermo. Tutte queste problematiche si accresceranno sempre più. Probabilmente nei prossimi anni non si riuscirà ad affrontare la sfida del cambiamento. Verrà meno il livello di democrazia nel mondo. L’economia globale avrà effetti negativi. A chi nel corso del documentario enuncia tutti questi paurosi fantasmi – in una visione esistenzialista – si contrappone chi parla del sensazionalismo in cui il documentario è finito col cadere. Probabilmente la verità sta nel mezzo ed è sintetizzabile così: sono questioni di cui occorre parlare, perché come fai a svegliarti da Matrix se non sai di essere in Matrix? No, non è sicuramente tutto morte o distruzione, ma contemporaneamente utopia e distopia. Due differenti modi in cui si prefigurano situazioni, sviluppi, assetti politico-sociali e tecnologici nel prossimo futuro. Il problema deriva dal modello imprenditoriale, che sembra rendere impossibile modificare il sistema in atto. Chi rinuncerà mai a guadagnare un pozzo di soldi?
Ciò che emerge, come al solito, è la mancanza di una regolamentazione, evidenziano gli intervistati. «Perché le compagnie telefoniche sono tenute a rispettare le regole della privacy e le aziende digitali no? Perché non tassare la raccolta e la elaborazione dei dati?». Se ciò fosse applicato le società della Silicon Valley non acquisirebbero indifferentemente ogni tipo d’informazione sulla faccia del pianeta. Il problema è che la legge non è al passo con i tempi e, al momento, non protegge gli utenti. Al contrario protegge queste società globali, che bene sanno destreggiarsi traendone il massimo profitto. L’idea di una tecnologia umana ha rappresentato il punto di partenza della Silicon Valley, quando era un posto pieno di creatività. Si potrà migliorare tutto questo, se delle persone sostenute da senso critico guideranno il cambiamento. Occorrerà una volontà collettiva e una leadership all’altezza, persone che aprano un dialogo onesto su ciò che è pienamente ancora migliorabile. Ma la macchina del profitto ad ogni costo non farà mai marcia indietro, finché non ci sarà una forte pressione dell’opinione pubblica.
The social dilemma – Trailer italiano
IMMAGINE DI APERTURA – Elaborazione grafica del logo del documentario Netflix – Disegno di Gordon Johnson da Pixabay