Siamo tornati di nuovo nel vestibolo. Finora abbiamo potuto osservare come l’intera distribuzione del piano terra soddisfi un insieme orchestrato di esigenze funzionali e di finezze progettuali. Ogni ambiente trova la propria posizione in un equilibrio di spazi, luce, percorsi, servizi. Ma l’intento era anche sfruttare le migliori visuali. So bene che la vostra tentazione è commentare arredi e decorazioni. Lo faremo, ma in qualche altro momento, perché ancora dobbiamo terminare di “vedere” il resto della casa. Émile annota, nell’introduzione alla propria relazione, un passo di John Ruskin: «La cosa più nobile che lo spirito umano possa fare a questo mondo è vedere qualcosa, e dire in modo diretto quello che ha visto. Ci sono centinaia di persone che sanno parlare, per una sola che sa pensare, ma ce ne sono migliaia che sanno pensare, per una che sa vedere». Vedere, ma anche ascoltare – aggiungerei – sono capacità rare. Anzi rarissime.

Studiosi, conoscitori di una vasta rosa di discipline, hanno convenuto di avere un debito nei confronti di Ruskin. William Morris e Charles Robert Ashbee furono suoi discepoli entusiasti e, attraverso di loro, l’eredità di Ruskin ha trovato riscontro nel movimento Arts and Crafts. L’arredamento da cui siete rimaste deliziate appartiene a questa cultura. Vorrei, però, farvi presente che si svilupperà poco meno di un decennio dopo che la costruzione di Émile venne completata. Ecco perché in questo momento è utile rimanere concentrati solo sulla ripartizione pura e semplice dello spazio.

Il vestibolo, con i suoi quattro metri e novanta per cinque metri e mezzo, offre lo spazio necessario. Per verificarlo basta un misuratore laser da cui non mi separo mai. Proviamo, dunque, a vedere – come ci sollecita Ruskin – anche la fluidità degli ambienti di servizio, dopo avere visto quelli di rappresentanza. Si dispongono sul lato opposto, quello a destra del vestibolo. Il corridoio permette di collegare facilmente la cucina con la sala da pranzo. E qui cominciano le contraddizioni. La cucina, infatti, dovrebbe stare accanto alla sala da pranzo, ma non troppo vicina. Quando si siede a tavola non piace avvertire odori fastidiosi, né udire rumori di pentole e stoviglie. Si pretende l’efficienza, ma anche il decoro, per cui la vicinanza va bene, ma occorre che sia mediata. Da cosa? Una successione di spazi funzionali interposti concilia tali esigenze. Osserviamo, infatti, la presenza di ben tre filtri. L’office, posto esattamente davanti all’entrata in sala. A seguire, una scala secondaria a chiocciola, che discende alla cantina dei vini. Infine, la dispensa delle scorte alimentari, che precede l’area vera e propria destinata alla preparazione e cottura dei cibi. L’office, in particolare, serve a riporre piatti in porcellana, bicchieri in cristallo, posate, e all’epoca piccole attrezzature come gli scaldavivande per le entreés. In questo spazio contenuto si provvedeva anche a comporre le pietanze con accuratezza e a decorarle esteticamente. Essendo questa una casa di campagna è facile immaginare che il servizio adottato fosse quello alla francese, dove tutti i piatti erano messi in tavola contemporaneamente. Lo possiamo intuire dalle dimensioni della sala che non permette di servire oltre una dozzina di coperti. Il servizio alla russa e quello d’ambigù, contrariamente, prevedevano tra 28 e 40 coperti.

Occorre anche sottolineare che la cucina progettata da Émile, giustamente, non è collocata a mezzogiorno, questo per evitare eccessivi surriscaldamenti. Né è interrata, come richiedeva la stessa Vivienne già nel suo telegramma dall’Italia. Le cucine interrate sono sempre difficili da controllare rispetto all’esterno, impegnative da gestire, sono malsane per chi ci lavora e inoltre diffondono odori per tutto il pianterreno. Nel nostro caso, è posta allo stesso livello della sala da pranzo. La cucina diviene, così, il fulcro dell’area di servizio. Anticipata da office e dispensa, è seguita da un vano dove troviamo il forno per il pane e adiacente a questo – per rigovernare pentole e terraglie – vediamo l’acquaio, dotato di un’uscita diretta verso l’orto.

La scaletta è però ben distinta da quella che scende alla bassa corte, sulla quale si affacciano la scuderia per tre cavalli, una rimessa per due carrozze, una selleria, e una scaletta di servizio per salire gli alloggi del cocchiere, dello staffiere, e al magazzino dei foraggi nel sotto il tetto. A fianco della scuderia, è riservata una rampa diretta dalla corte al magazzino. Più oltre, un po’ nascosti, troviamo i water-closet per i domestici. In prossimità della scala di servizio a chiocciola, all’esterno della casa è stato eretto un muro d’appoggio coronato da un pergolato. È utile a separare nettamente gli spazi di servizio e da quelli dell’abitazione. Più oltre, trova luogo un secondo cortile rustico, con il pollaio, la fossa del letame e altri elementi adeguati alla vita di campagna di un tempo, ma oggi destinati allo sgombero. Al di là del muro d’appoggio nulla di tutto ciò si scorge. Questo perché il muro è abbellito dalla siepe che Monsieur Jacques cura con particolare impegno, applicando tecniche di potatura per modellare le piante in forme decorative. È la siepe accanto alla quale abbiamo parcheggiato la Parisienne di Eulalie quando siamo arrivati stamattina. A proposito, che ore si son fatte? >>> Segue >>>