Osservando e discorrendo s’è fatta ora di pranzo. Marcel ha telefonato che purtroppo non riesce ad avvicinare, così abbiamo deciso di ultimare nel pomeriggio il nostro percorso, con un giro degli ambienti privati e funzionali del primo piano. Ora si tratta, però, di stabilire il ristorante dove andare. La qual cosa appare ostica. Lilli, della quale conosco i gusti e soprattutto le sue curiosità per le piacevolezze culinarie, mi ha già accennato di aver fatto un pensierino su di un Maquereau flambé, sauce aux légumes et tartare d’algues, cioè a dire uno sgombro alla fiamma, salsa di verdure e tartare di alghe. Ci rende noto che potremmo gustare questa o tante altre prelibatezze a Chantilly nel raffinato Chateau de la Tour, un hotel di charme che si distingue anche per il suo “Restaurant de qualité”. In altre parole, un ristorante pluripremiato che fa parte del Collège Culinaire de France. Colpa mia, lo ammetto, Lilli mi ha preso in parola, quando stamane ho detto al mio brioso gruppo di donne che intendevo quella di oggi come una semplice visita, anziché un sopralluogo di lavoro. Lilli in pratica si sente in vacanza, io no.

Se proprio lo desidera, ci andremo, ma in un’altra occasione, ho chiarito. Non è un problema di distanza, perché sono appena otto chilometri da Creil. Piuttosto sono io che non mi sento in vena di pranzare in un ristorante troppo impegnativo. Preferirei, piuttosto, un bistrot come quelli frequentati da Maigret, dove assaporare qualcosa di tipico come il coq au vin, per intenderci, accompagnato da un buon bicchiere di Borgogna. Dopo una consultazione generale, la proposta di Eulalie e Alizée ha trovato l’approvazione calorosa di tutt’e quattro. A Verneuil-en-Halatte, non più di un chilometro e mezzo, si trova L’Atelier du Blanc Manger. Il solo riferimento al bianco mangiare – piatto popolare, ora dolce ora salato, fra i più diffusi a partire dal medioevo – ci convince che potremo gustare qualcosa di veramente stuzzicante.

Possiamo dire che cercavamo un vero ristorante di cucina francese e l’abbiamo trovato. Un locale sobrio ed elegante dove si respira un’atmosfera accogliente e distensiva. Cucina tradizionale, che tuttavia non rinuncia alla tentazione di nuove creazioni culinarie. Io che, almeno a tavola, non amo i salti nel vuoto, anche se mi piace essere sorpreso, ho provato il gusto e la vitalità di una cucina perfetta. Mi limito a trascrivere unicamente la mia scelta. Per Entrée, Crème brûlée al foie gras. Come Plat, un freschissimo Rombo in crosta di erbe aromatiche con burro bianco. Tra i formaggi qualche Tartina di brie ciboulette – per me che non adoro affatto la cipolla, è tutto dire – per concludere, come dessert, una pralina di caffè.

Quando nell’uscire ci siamo complimentati con la proprietaria per i piatti cucinati e l’accuratezza del locale, ci ha risposto con una battuta di spirito che è un po’ il loro motto: «Un piccolo spazio a casa propria è meglio di uno grande a casa degli altri». Una affermazione alla quale Alizée ha replicato: «La qualità non è mai casuale: è sempre il risultato di uno sforzo intelligente». Mi paiono le migliori attestazioni per riprendere il lavoro del pomeriggio, che più di un lavoro è per noi un piacere, come lo è stato il pranzo.

Continuiamo la nostra visita. Dal vestibolo superiamo con una doppia rampa di scale i tre metri e novanta d’altezza che ci separano dal secondo piano. Sbarchiamo direttamente nell’anticamera sovrapposta al vestibolo che, parimenti, diventa lo snodo della zona notte. Lo schema del piano inferiore si ripete esattamente in quello superiore, ma le destinazioni d’uso hanno obbligato Émile a sostanziali varianti. In corrispondenza del salone trovava posto la camera da letto di Vivienne. Se fosse rimasto quello sottostante, lo spazio a disposizione forse sarebbe stato troppo generoso, anche per l’epoca. Una tramezzatura supplementare ha ridotto le dimensioni, consentendo di ricavare una seconda anticamera, che funge da collegamento fra il guardaroba a destra della camera di Vivienne e il suo bagno personale a sinistra. Una soluzione ingegnosa, utile per installare armadi – sempre graditi – e per rendere più raccolta e silenziosa quest’area della casa. La parte superiore della tramezzatura è vetrata, così da garantire il passaggio della luce senza comprometterne l’intimità. Le porte che separano la camera da letto dal resto del piano risultano, perciò, doppie: un accorgimento che isola acusticamente e valorizza la distinzione tra ambienti.

Questa seconda anticamera, che rappresenta il vero cuore nascosto, serve anche come passaggio intimo e diretto della coppia. In tempi ancora più remoti – fra Sei e Settecento – avremmo distinto dei veri e propri appartamenti privati, ma nella nostra casa le dimensioni sono più misurate. L’area che Émile si riserva è disposta in una posizione favorevole: esattamente sopra la sala da biliardo. L’ambiente, ampio, è suddiviso con razionalità. Una porzione, come già detto, è destinata alla toeletta di Vivienne, completa di vasca da bagno e riscaldata, come tutte le stanze della casa, da un camino a legna. Posti esattamente sopra il suo studio troviamo la toeletta e i due gabinetti igienici riservati. Chiudendo le porte che collegano questa serie di vani funzionali, i coniugi sono del tutto isolati dal resto della casa. Ne risulta un’ala non accessibile ad estranei, silenziosa e del tutto autosufficiente.

Sulla destra dello scalone, invece, ripetendo la logica del corridoio già presente al piano terreno, si assicura la comunicazione tra gli ambienti funzionali ubicati fra l’anticamera del piano notte e la scala di servizio a chiocciola che sale fino alla soffitta. In sequenza troviamo, come sappiamo, il vasto guardaroba accanto alla stanza della signora. Al centro del corridoio, è ricavata una camera che avrebbe dovuto essere utilizzata per figli che non non sono mai venuti. Nonostante il desiderio di maternità di Vivienne, non era destino. In fondo, chiude il corridoio la stanza per la biancheria collocata sopra la cucina.

Gli spazi a baywindow del piano terreno sono sfruttati con intelligenza anche al piano superiore. La loggia sopra la sala da pranzo diventa un grazioso gabinetto da toeletta a servizio della camera dei bambini; quella che sovrasta la sala da biliardo è destinata come estensione privata della camera da letto del padrone di casa. Infine, la loggia scenografica del salotto è trasformata in un terrazzo per la camera di Vivienne, ideale per l’estate, decorato romanticamente con fiori e protetto da un tendone. Uno spazio intimo e arioso, in armonia con il giardino sottostante.

L’insieme del piano superiore si presenta, dunque, come una vera e propria dimora nella dimora. Razionale nella distribuzione, armonico nel dialogo con il piano terra, raffinato nell’alternanza tra ambienti privati e spazi funzionali. La casa progettata da Émile, che ha saputo ascoltare con sensibilità d’animo i desideri di Vivienne, ha preso forma non solo come struttura, ma soprattutto come modo di abitare. >>> Segue >>>