È un antico convento dalle vicende travagliate ad accogliere
il nuovo
MUSEO FRANCA GHITTI

MUSEO FRANCA GHITTI

Darfo Boario Terme (Brescia)
Dal 23 settembre 2023

VERNICE INAUGURALE
Venerdì 22 settembre 2023, ore 11,30

Alla presenza del Sindaco di Darfo Boario Terme, Dario Colossi, dell’Assessore alla Cultura e al Turismo della Comunità Montana di Valle Camonica, Massimo Maugeri e di Elena Pontiggia, storica dell’arte, che guiderà alla visita del Museo.

Il nuovo Museo Franca Ghitti, che aprirà i battenti a Darfo-Boario Terme il 22 settembre, trova sede in un  luogo simbolo di Darfo, l’antico   complesso conventuale di Santa Maria della Visitazione.
Accanto alla elegante chiesa, si estende quella che per alcuni secoli è stata una cittadella della fede e dell’educazione.
Una testimonianza di epoca settecentesca ci descrive un convento “caratterizzato da quattrocento ambienti, magnifici corridoi dalle leggere e svelte arcate. In mezzo a quella mole quadrata vi era un giardino con fontana di acqua perenne. Adiacente al fabbricato si distendeva per sei”  

Un luogo davvero speciale per la sua collocazione sul territorio. L’architetto che, per ordine del Cardinale Angelo Maria Querini, patrizio veneto e Vescovo di Brescia, percorse la valle per individuare la ideale collocazione per il nuovo complesso sacro, venne affiancato da un medico, con l’incarico di verificare la salubrità e, diremmo oggi, “l’energia”, del luogo.

Il convento era destinato ad accogliere le Suore Visitandine, membre della  congregazione della Beata Vergine Madre di Dio della Visitazione, nata ad Annecy nel 1610, dalla nobildonna Giovanna Francesca Frémyot, ispirata a San Francesco di Sales, sua guida spirituale.

Le suore dell’Ordine furono inizialmente impegnate, oltre che nella preghiera, nella visita e nell’assistenza dei malati, orientandosi poi verso la clausura.

I lavori di costruzione del nuovo complesso conventuale furono abbastanza celeri. Iniziati nel  1721, risultano già  comletati nel 1729.

“…Quì dunque destinato dal ciel un tal santuario ed esaminata e approvata la canonica idoneità del luogo e del sito per una tal fondazione, altro non si volle, se non affrettare senza risparmio l’allestimento della fabbrica”, chiosa una testimonianza d’epoca.

In pochi anni il numero delle  religiose residenti raggiunse la trentina,  per lo più espressione della piccola nobiltà del territorio. Nel convento erano ospitate poi le educande, fanciulle della nobiltà e borghesia locali.

Il nuovo ordine napoleonico portò alla soppressione, nel 1797,  del convento mentre la chiesa passò alla parrocchia. Nel 1810, il  complesso conventuale venne trasferito al Pubblico Demanio e le ultime suore vennero disperse. Messo sul mercato, l’ex convento passò poi in mano privata.

Nel 1834 il fabbricato fu acquistato da una nuova istituzione religiosa, quella delle suore del Sacro Cuore.   L’Istituto del Sacro Cuore, che qui venne attivato, comprendeva il noviziato, l’asilo, le scuole comunali e professionali, oltre al convitto, la ricreazione festiva per la popolazione ed il ricovero per le suore anziane. L’edificio si distinse  come importante centro religioso ed educativo a servizio dell’intera Valle Camonica.

In questa fase, la chiesa ritornò al convento e nel  1895, dedicata al Sacro Cuore, venne restaurata e decorata da Carlo Cavallotti di Milano, con l’aggiunta di statue scolpite dal Passatori di Brescia.

Nel 1970 le religiose lasciarono il complesso;  nel 1974 subentrarono le Clarisse di Lovere che vi restarono sino al 1976.

Quando anche queste se ne allontanarono, per il convento iniziò una fase di tragica devastazione con la dispersione dei suoi beni più preziosi. Nel maggio del 1976,  il Comune di Darfo Boario Terme decise l’acquisizione del complesso con  l’obiettivo di farne sede di sede di istituzioni culturali e sociali.

Prima che il Comune potesse metterci mano, l’edificio venne occupato da giovani contestatori che ne fecero  bivacco e dispersero suppellettili e arredi, compresi quelli  della chiesa

Nell’aprile del 1980, il Comune di Darfo, in accordo con la Sovrintendenza,  decise di intervenire per cercare di porre rimedio alla devastazione. Le prime cure furono riservate alla chiesa.  Significativo, tra 1980 e 1981, l’intervento di restauro degli affreschi, ad opera della scuola dell’Enaip di Botticino.

Poi gradualmente l’attenzione si è estesa all’ex complesso conventuale, destinato a sede scolastica.

Adesso la nuova destinazione quale sede del nuovo Museo Franca Ghitti, il cui nucleo iniziale ha trovato collocazione  in un’area dell’ex convento da poco ristrutturata grazie ad un cospicuo contributo regionale a valere su fondi dei Piani Integrati della Cultura (Pic). Il nuovo Museo nasce dalla volontà del Comune di Darfo Boario Terme, della Fondazione “Archivio Franca Ghitti” presieduta dalla professoressa Maria Luisa Ardizzone, New York University, dalla Comunità Montana e dal Consorzio Comuni BIM di Valle Camonica.


Franca Ghitti all’OK Harris Gallery, New York, 2008 con Valigia, 2007, carta trattata colorata su cartone, olio, chiodi, corda, 185x75x225 cm., Ph. Fabio Cattabiani

Biografia dell’artista

Franca Ghitti nasce a Erbanno, in Val Camonica, nel 1932. Suo padre possedeva una grande segheria e le ore trascorse da bambina a contatto col legno segnano profondamente la sua sensibilità. Franca studia con Gino Moro all’Accademia di Brera, poi all’Académie de la Grande Chaumière a Parigi e al corso di incisioni di Kokoschka a Salisburgo.

Nel 1963 è tra i fondatori del Centro Camuno di Studi Preistorici e le incisioni rupestri le ispirano le prime Mappe, tavole di legno con reti metalliche e chiodi. Realizza anche le prime Vicinie, Rogazioni, Litanie, con legni usurati e avanzi di segheria che evocano il mondo arcaico della sua terra. Nel 1966-67 realizza il grande affresco Racconti della Valle nel Palazzo del Comune di Breno, con “mappe” di campi, recinti e ovili.

Dal 1969 al 1971 lavora in Kenya. Vive a Nairobi, dove realizza le vetrate della Chiesa degli Italiani, a Wamba e Loiengalani sul Lago Turkana. I contatti con i costumi tribali e i luoghi non ancora turistizzati arricchiscono la sua opera di “altri alfabeti”, come li chiamera’.

Rientrata in Italia, conosce attraverso il poeta Lento Goffi, l’editore Vanni Scheiwiller. Con Vanni e Silvano Scheiwiller, Maria Luisa Ardizzone e Mary de Rachewiltz, figlia di Ezra Pound, stringe un lungo sodalizio. Nel 1977 abbandona l’insegnamento per collaborare col Museo delle Arti e Tradizioni Popolari di Roma, su incarico del ministero dei Beni Culturali, e nel 1978 avvia una collana sull’arte popolare della Val Camonica, pubblicando La valle dei magli, La farina e i giorni e Memoria del ferro,tutti con l’editore Scheiwiller. Nel 1979 realizza Ghitti-Gates, una scultura-cancello per il Museo Agricolo del castello di Brunnenburg in Alto Adige, già dimora di Pound. Si interessa anche all’architettura sia rustica che razionalista, a cui si ispira in grandi installazioni ambientali in Labrador, 1980; a Pantelleria, 1983; a Guatemala City, 1996.

Intanto espone in Italia (Milano 1984; Roma 1988); in Europa, ad Heidelberg, Monaco, Vienna, Budapest, Bilbao, San Pietroburgo, Transilvania (Omaggio a Brancusi, 1993); in America, a Rochester, Houston, New York.Del suo lavoro scrivono Elda Fezzi, Marchiori, Argan, Carluccio, Crispolti, De Micheli, Rossana Bossaglia e molti altri.

Franca Ghitti scompare a Brescia nel 2012. Nel 2013 nasce la Fondazione “Archivio Franca Ghitti”, nel 2016 esce la sua prima monografia, a cura di Elena Pontiggia (Skira). Le sue opere sono presenti in vari musei, tra cui i Musei Vaticani e  la GNAM di Roma.

La sua scultura è un originale dialogo fra la tradizione della Val Camonica, le civiltà extraeuropee e i linguaggi dell’arte contemporanea. Non cerca il volume, il modellato, la massa, ma la superficie, la tavola, la pagina. E, alla fine, la sua Valle diventa il mondo. Come ha detto lei stessa: “Non ho mai avuto un’idea romantica dell’arte come emozione, sensazione, cosa privata, ma ho sempre cercato una sorta di documentazione, informazione, archiviazione. Non ho cercato la mia voce, ma tutte le voci, soprattutto le voci che nessuno ascoltava: le voci della Valle, che è un frammento della valle del mondo”.


Info: www.fondazionearchiviofrancaghitti.com
 
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Studio ESSECI di Sergio Campagnolo
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