Uno storico motto del giornalismo inglese raccomandava di “separare i fatti dalle opinioni”. Ma esistono i fatti? O piuttosto dobbiamo ascoltare Nietzsche: “Contro il positivismo, che si ferma ai fenomeni: «ci sono soltanto fatti», direi: no, proprio i fatti non ci sono, bensì solo interpretazioni.” (Opere, v. VIII, Frammenti Postumi 1885-1887, Adelphi, Milano 1975). Proprio così, non ci sono fatti, ma solo interpretazioni. La riprova è sotto gli occhi di tutti.

Ad ascoltare il ministro dei Trasporti leghista Matteo Salvini la data di apertura dei cantieri per il Ponte sullo Stretto è fissata all’estate del prossimo anno, ma sulla base di quale certezza non lo ha ancora spiegato. Al contrario le notizie di stampa si susseguono in modo contraddittorio. Dunque, leggendo passo-passo l’articolo di Mario Primo Cavaleri, proviamo a distinguere se esistono davvero fatti concreti, piuttosto che opinioni espresse delle differenti parti politiche sotto le spinte dettate dal ricorrente clima elettorale.

A questo punto dovremmo essere in grado di “interpretare” un processo in continuo divenire, un processo «fluido», che si sposta sempre di nuovo e che non si avvicina mai alla verità. Tutto ciò perché, come insegna Nietzsche, è in questo “interpretare” che riusciamo ad esprimere la normale dimensione del nostro rapporto con la realtà. E la realtà è sempre la stessa: a farci le spese sono i soliti noti, nello specifico, siciliani e calabresi.

C’è un detto siciliano che sovviene a proposito del turbolento dispiegarsi della vicenda Ponte sullo Stretto: comu finisci si cunta.

E a proposito o sproposito, ci sovviene anche una battuta di Gianfranco Micciché, che da ex viceministro con delega all’allora Cipe, ricorda come a suo tempo alla voce Ponte venivano postate somme che si sapeva già non sarebbero servite per quell’opera; erano lì, belle e scritte, pronte a essere dirottate… ove convenga.

Così vanno, o meglio andavano, le cose di questo mondo. Oggi lo scenario è un altro ma gli interrogativi si sommano, così da disseminare altra oscurità in una storia mai chiara.

Nel balletto di cifre, di scadenze rimaste senza esito e di quelle prossime già liquidate come improbabili; di chi deve fare cosa, di come tirar innanzi, si è inserito ieri l’ennesimo colpo di scena: alle risorse per il Ponte devono concorrere le due Regioni con un miliardo e seicento milioni.

Una decisione consacrata nel quarto emendamento, consegnato dal Governo al Parlamento, che ha fatto sobbalzare persino il governatore siciliano Renato Schifani, fino a pochi giorni or sono grande estimatore dell’Esecutivo e del ministro delle infrastrutture, ora amareggiato non solo dalle news a sorpresa ma soprattutto per non essere stato consultato.

Cos’è accaduto tra il ministro Matteo Salvini e il presidente Schifani? I loro rapporti sembravano idilliaci, anzi proprio da Palazzo d’Orleans era arrivato il soccorso finanziario con il tempestivo annuncio di un miliardo, lo stesso giorno in cui il Consiglio dei ministri varava la prima stesura della manovra di bilancio che postava per il 2024 appena 780 milioni, cioè molto meno dei tre miliardi inizialmente ipotizzati dal ministro.

Strada facendo, la giunta regionale ha corretto il tiro, dicendo a Roma: la cifra di un miliardo sarà rivista al ribasso.

Ecco, però, inaspettatamente la contromossa di ieri: quel miliardo la Sicilia lo pagherà comunque perché sarà decurtato dal Fondo di sviluppo e coesione, quattrini che lo Stato si tratterrà alla fonte, nel senso che non giungeranno a destinazione. Quei fondi, che la Regione avrebbe dovuto impiegare per fare altre opere, non arriveranno più nell’ammontare fissato.

Quali sono retroscena? Il clima elettorale in vista delle Europee comincia a farsi irrespirabile tra gli attuali alleati di governo, in specie tra Lega e Forza Italia, con strategie di logoramento trasversali. In questo quadro non è semplice districarsi, decifrare obiettivi e ricadute. Possono avere influito i pessimi rapporti di Schifani con l’Mpa, il movimento di Raffaele Lombardo federato con la Lega che ieri ha parlato di “fine dei ricattucci” alimentando dubbi sulla provenienza. O, ancora, il tentativo di ridimensionare le aspettative del capo del Carroccio.

Dobbiamo limitarci ai fatti. Questi dicono che in realtà si è prevista una somma di circa 12 miliardi spalmata in nove anni per il Ponte, quando ancora non c’è un progetto definitivo e la road map scandita dallo stesso Ministero con vari appuntamenti è saltata, nel senso che nulla di quanto programmato si è realizzato. Non la riattivazione del contratto con il contraente generale (luglio); non la relazione di aggiornamento del progettista (settembre), né ovviamente l’approvazione della relazione da parte del comitato scientifico (dicembre), o il “cassetto digitale” sugli espropri che pure era inserito in legge.

Tuttavia il ministro Salvini continua a dare appuntamento in estate per l’avvio dei cantieri. E i parlamentari leghisti siciliani e calabresi, come se non vivessero la realtà dei luoghi, si compiacciono con il “capitano” rassicurando che tutto procede… secondo tabella di marcia! Qualcuno addirittura sottolinea come sia sacrosanto il sacrificio finanziario di Sicilia e Calabria, visto che il Ponte arricchirà le due regioni!

Per l’opposizione il gioco già facile sulla materia diventa adesso roba da ragazzi, perché da qualunque profilo lo si voglia analizzare, il progetto Ponte fa acqua. E turba la considerazione che si affronti con superficialità una questione di fondamentale importanza, facendo vacillare ancora una volta la prospettiva del collegamento.

“Cosa faranno i deputati, i senatori siciliani e il Governo regionale davanti alla decisione di governo di dirottare sul solo Ponte di Messina i fondi destinati alle altre infrastrutture dell’isola?“ si domanda Davide Faraone, capogruppo di Italia Viva alla Camera.
L’esponente renziano rileva che “dirottando 2,3 mld del Fondo di Sviluppo e coesione a parziale copertura della realizzazione dell’opera, non si tiene conto che con quei fondi le Regioni Calabria e Sicilia avrebbero potuto colmare il gap infrastrutturale delle loro aree interne. Questa notizia fa il paio con il taglio dei finanziamenti ordinari all’Anas, anche questi desinati alla realizzazione del Ponte. Io sono stato sempre favorevole alla realizzazione; la considero un’opera di straordinaria rilevanza per il futuro economico e sociale della nostra isola. Ma senza un complessivo rinnovamento di tutta la rete infrastrutturale siciliana, autostradale e ferroviaria, non sarà possibile sfruttare le opportunità create dal Ponte stesso. In altri termini: è giusto che la lite tra Schifani e Salvini si risolva in un enorme danno per i cittadini siciliani? Perché, dopo aver promesso investimenti di ogni genere e dunque mentito, il governo finirà per assestare un colpo mortale alle già disastrate infrastrutture del Sud”.

Ma non protesta solo la Sicilia. Il capogruppo dem a Palazzo Madama Francesco Boccia dice che “siamo di fronte ad un fatto gravissimo. Il governo sta letteralmente raggirando il Parlamento. Per dare copertura ad emendamenti bandiera come quello del Ponte, sposta risorse che in realtà sono già utilizzate, muovendole come i famosi carrarmati di Mussolini”.


Dall’articolo di Mario Primo Cavaleri su lecodelsud.it pubblicato in data 14 dicembre 2023