Il breve testo che compare in pagina non corrisponde alla comunicazione tenuta lunedì 18 novembre 2024 nel salone della Borsa della Camera di Commercio di Messina, a conclusione dei recenti lavori di ripristino. La comunicazione, infatti, è stata chiaramente più ridotta, per necessità di tempo e per scopo dell’incontro che aveva come finalità illustrare lo stato dell’arte dell’economia provinciale attraverso la dashboard interattiva. Questa versione è invece tratta da “Percorsi del “bello” di Messina: un patrimonio da difendere“, un libro di autori vari curato dai compianti Franco Munafò e Giovanni Molonia per il Rotary Club Messina nel 2015. Un modo per ricordare l’impegno profuso da molti studiosi a favore di una città che merita di essere valorizzata.
I palazzi istituzionali del post-terremoto
La Camera di Commercio di Messina
di Sergio Bertolami
Percorsi del “bello” di Messina: un patrimonio da difendere
a cura di
Franco Munafò e Giovanni Molonia
Ho raccolto sulla mia scrivania schizzi e foto, ritagli di stampa d’epoca, schede di lettura, che mi portano ad un lavoro attento e meticoloso iniziato anni fa con grande entusiasmo. Forse potrebbe essere l’entusiasmo – col passare del tempo sempre più stemperato – il tema conduttore di questo scritto. Il mio senz’altro, ma soprattutto l’entusiasmo di Camillo Puglisi Allegra che con la Camera di Commercio di Messina iniziò il suo percorso professionale. Un percorso certamente di prestigio, ma a Messina segnato da disillusioni.
Esattamente due mesi prima di compiere 29 anni il giovane ingegnere esce dall’anonimato proprio di chi ha fatto esperienza negli studi collaborando ad opere non sue, che oggi qualcuno vorrebbe a lui attribuire perché vi percepisce tratti del suo carattere artistico. Lunedì 27 gennaio 1913, Camillo coglie, per così dire, la palma di una vittoria sofferta. Il Consiglio camerale approva, infatti, il progetto definitivo per la ricostruzione della nuova sede, dopo i danni subiti dal terremoto del 1908.
Ho davanti a me anche i disegni al tratto con i quali, due anni prima della vittoria, fregi vagamente Liberty delineavano gli interni del salone delle conferenze che non si realizzerà mai. Disegni particolari, se pensiamo che sono la produzione di un giovane fresco di laurea, conseguita in quello stesso anno 2011 alla Scuola d’applicazione di Roma (più o meno l’equivalente della Scuola Normale di Pisa, ma con indirizzo in ingegneria). Scorro, altresì, una lettera presentata all’Ill.mo Sig. Commissario Prefettizio del Comune di Messina che riferisce di quello stesso salone. È datata 29 luglio 1925. Sono passati 14 anni, ma l’edificazione della sede per gli uffici della Camera di Commercio stenta a partire e l’ingegnere inoltra l’ennesimo progetto «da sostituirsi a quello già presentato e che ebbe a subire le necessarie approvazioni di cotesto municipio in data 26 gennaio 1924».
Usa il termine “subire”, perché a Camillo la burocrazia e le norme tecniche sembrano “pastoie” che tarpano le ali della sua concezione artistica che preferirebbe libera nelle forme e nei concetti. È quanto dichiara ai giornali nel momento della vittoria. Per ottenerla ha dovuto apportare modifiche al progetto esibito nel primo concorso. Ora, nella lettera del Venticinque, scrive delle ulteriori variazioni: «Il presente progetto, conservando nelle linee generali i caratteri di distribuzione delle piante e l’architettura del precedente, importa lievi modifiche quali la soppressione della rampa carrozzabile d’accesso, la riunione in un solo ambiente della Sala delle Conferenze e della Borsa, l’ampliamento dei cortili», come risulta in modo evidente dall’esame dei disegni acclusi.
Ciò che sorprende ad un progettista di oggi è che si parli di “lievi modifiche” che in realtà sovvertono per intero l’impianto planimetrico. Forse è perché ciò che a Camillo veramente interessa, pur assecondando ogni burocrazia, è di ottenere celermente «la necessaria approvazione onde iniziare al più presto il lavoro di costruzione». Ma l’opera sarà avviata solo a partire dall’anno seguente, con la gara d’appalto vinta dall’impresa di costruzioni P.A.C.E. di Messina.
In realtà gli ostacoli maggiori che hanno causato ritardi per la realizzazione del monumentale palazzo non sono dovuti alla burocrazia, né tantomeno alle restrittive norme tecniche per le zone sismiche, messe a punto in conseguenza del gravoso terremoto che azzerò la città. L’ingegnere ne era consapevole. Tant’è che quando, quasi settantenne, segue un giovane collaboratore nella redazione di un breve saggio sul palazzo della Camera di Commercio, in quella circostanza indica i veri impedimenti. Sicuramente la guerra di Libia e il primo conflitto mondiale, che congelarono la gran parte di edificazioni a Messina fino a metà degli anni Venti. Non ultime le difficoltà finanziarie da parte dell’Istituzione camerale, che ripetutamente chiede di rendere la struttura da edificare sempre più economica. Per colore di cronaca vorrei citare, a riprova, le lettere con le quali il professionista sollecita il pagamento del proprio onorario; tant’è che una sua rimostranza la ritrovo pubblicata anche sulla stampa.
A conti fatti, il progetto del palazzo della Camera di Commercio e Borsa di Messina che nel 1925 chiede di realizzare non è più quello che il neolaureato ingegnere aveva immaginato e prodotto al suo esordio. Quella proposta progettuale era una delle tre soluzioni riconosciute meritevoli di attenzione. Le altre due, quelle di Bonci e Cannizzaro, erano state presentate da concorrenti più anziani e noti di lui. Ma nonostante i passaggi obbligati, che lo hanno portato a modificare l’opera per rispettare le richieste dei regolamenti tecnici e della committenza, Camillo Puglisi Allegra risulta il vincitore finale del concorso. Il palazzo monumentale edificato sorge imponente in piazza Cavallotti e oggi chiunque, qualora non lo avesse già fatto, può visitarlo. Ma come sarebbe stato l’edificio che non si è reso possibile?
Il carattere del palazzo rinascimentale adottato dal progettista dalle prime battute, anche nella versione finale, è rimasto invariato. D’altra parte era il carattere più diffusamente manifestato dalla maniera eclettica nell’architettura «di facciata, riferita ai palazzi italiani del secolo XVI», come dettava la trattatistica del tempo per gli edifici istituzionali. È mutata, invece, la planimetria, perché il cuore dell’edificio era una scenografica sala ottagona destinata alla Borsa. Esaminiamo tale planimetria attraverso la descrizione che ne fa R. Pennisi. Così è firmato il ritaglio di stampa che ho trovato in biblioteca. È redatto da uno dei professori del giovane Camillo, il quale si compiace col «vecchio allievo della sua vittoria, del battesimo dell’arte, del trionfo riportato fra tanti distinti artisti», augurandogli che «gli ingranaggi burocratici e le difficoltà che potranno sorgere non abbiano ad affievolire il giovanile entusiasmo». Tale entusiasmo – per rimanere in tema – è datato 2 febbraio 1913. Chissà se si è mantenuto intatto quando nel 1925 Camillo appronta la lettera di trasmissione dell’ultima redazione di progetto, per chiedere l’autorizzazione alla fase esecutiva.
Scrive il professore Pennisi: «A pianterreno, dall’ingresso principale costituito da cinque porte quasi ad imitazione del vecchio palazzo di città del Minutoli, si accede in un ampio vestibolo ove s’iniziano due scaloni gemelli d’adito al primo piano. Segue il salone della Borsa di forma ottagona con galleria di disimpegno alla quale simmetricamente s’addossano quattro ambienti per gli uffici inerenti. Comunica immediatamente la sala delle conferenze capace di oltre trecento persone, dalla decorazione intonata al bianco, dal carattere eminentemente pittorico, destinata a rievocare i punti più belli della Messina scomparsa. Ha molta importanza la biblioteca i cui locali all’occasione possono adibirsi ad altri usi».
Va fatto notare che di questo apparato decorativo scrive anche La Corte Cailler, il quale annota il 28 febbraio 1913 la visita del “giovane Camillo” che gli chiede consigli: «Egli desidera decorare i saloni della Camera di Commercio con la riproduzione a fresco dei monumenti più notevoli della nostra storia». A fine colloquio, chiede allo studioso di storia patria l’elenco dei monumenti, la spiegazione degli eventi maggiori e i quattro stemmi che rappresentarono Messina in varie epoche. Questa nota, raccolta nei Diari curati da Giovanni Molonia, dà un senso alla cartellina di riproduzioni che ho reperito nello studio romano dell’ingegnere. Riguarda fotografie di monumenti messinesi che riproducono antiche stampe, probabilmente le medesime che La Corte Cailler sottopose all’attenzione del progettista alle prese con gli elaborati esecutivi.
Continua il professore Pennisi nel descrivere la distribuzione interna: «Tutta questa parte centrale, che costituisce il nucleo dell’edificio, è separata dal resto delle fabbriche da quattro corti che bene arieggiano e favoriscono la più completa illuminazione. Tutto intorno sono locali da cedersi in affitto a Enti pubblici, fonte di proventi cospicui. L’intero primo piano contiene gli uffici della Camera, i gabinetti delle autorità, oltre qualche altro locale da cedere in affitto. Il piano sotterraneo, utilissimo come luogo di deposito, serve anche d’ufficio per i saggi delle merci. Come si vede l’ubicazione di tutti i locali risponde perfettamente al bisogno».
Passano anni da quel progetto. Nella relazione che consulto, sono trascorsi per la precisione trentaquattro anni. L’ingegnere Camillo Puglisi Allegra è ormai conosciuto anche fuori di Messina. Ha trasferito il proprio studio professionale da Venezia a Roma. Soprattutto è passato, dopo il primo, anche il secondo conflitto mondiale. Messina che in vent’anni era risorta dalle macerie, ora si trova a rimarginare le laceranti ferite dei bombardamenti americani. Anche la Camera di Commercio è stata colpita. L’intero angolo sinistro del fronte principale è squarciato, il sistema di copertura scosso. Urge la necessità di procedere alla riparazione dei danni bellici. Di conseguenza, anziché intervenire al ripristino del primo piano, la presidenza della Camera di Commercio e Industria sceglie una soluzione differente: incaricare l’ormai maturo ingegnere di redigere un progetto per la sopraelevazione del palazzo camerale. In verità occorrono nuovi spazi operativi, cosicché l’Istituzione si impegna ad affrontare i costi che i nuovi lavori richiedono; i quali, seppure condotti in economia, sono quantificati in quasi 30 milioni di lire.
«La creazione di un secondo piano limitato alla parte perimetrale sul 1° piano adibito ad uffici, attualmente non efficiente perché danneggiato, si impone per le accresciute necessità della Camera di Commercio». Anche questa volta le opere hanno carattere d’urgenza; ma i tempi non sono brevi neppure ora. La relazione che accompagna il progetto di sopraelevazione è datata Roma 20 luglio 1947. È domenica, a dimostrazione di quanta premura ci sia per presentare in tempi stretti gli elaborati. L’approvazione della commissione edilizia sarà accordata solo giovedì 8 febbraio 1951.
La relazione tecnica che accompagna progetto e calcoli statici è estremamente essenziale. Spiega che la sopraelevazione è prevista con corpo di fabbrica doppio, realizzato in calcestruzzo armato, per un’altezza di m. 4,75. In altre parole, si apriranno finestre sia sui fronti esterni che nelle due corti interne. La distribuzione degli ambienti ripete quella del piano inferiore e ciò vale anche per le opere di finitura perché, data la medesima destinazione dei locali, «è evidente che non dovranno essere dissimili da quelli dei normali uffici allogati nel piano sottostante». Anche i prospetti esterni riprendono i motivi ornamentali in atto e saranno eseguiti con gli stessi materiali. Questa scelta «risponde al carattere di unità architettonica e decoro richiesto dalla importante funzione cui l’edificio è destinato». I prospetti interni saranno rivestiti «semplicemente con intonaco lamato uso Livigni». È questo un tipo di finitura inventata nel 1901 dai fratelli Li Vigni «per l’imitazione di tutte le pietre tufacee, nella decorazione dei prospetti degli edifici», come precisa il certificato di brevetto.
In modo evidente, l’ingegnere non si discosta dal progetto realizzato e ne mantiene coerentemente i criteri compositivi. Forse un solo passaggio della relazione potrebbe destare qualche minima sorpresa. Descrive la copertura che sarà eseguita a tetto; specifica, però, che «verrà riutilizzato, quasi interamente, sia il materiale per la piccola orditura che quello del manto di tegole» a dimostrazione che i bombardamenti non hanno danneggiato del tutto né la copertura, né i locali sottostanti.
A me, che ho avuto modo di soffermarmi nei locali del suo studio di Roma, queste carte spurie di Puglisi Allegra danno una emozione tutta particolare. Mi restituiscono il senso del tempo che ha delineato una vita. Vi vedo il giovane Camillo immaginare e disegnare architetture ancor prima di laurearsi. Il lavoro all’interno di uno studio che copre un cinquantennio di impegno professionale. Una ricercata sistematicità quando l’anziano Camillo raccoglie in album fotografici le opere realizzate. Oggi molti di questi album sono forse irrimediabilmente dispersi. Quello della Camera di Commercio mi è stato prestato dalla famiglia ed è conservato. Ma sono sicuramente perduti la maggior parte dei lucidi originali, serbati da una sua zia che non ho mai conosciuto. Come è scomparsa l’intera biblioteca. Bellissimi volumi contraddistinti da segnalibri inseriti ancora fra le pagine. Li ho tenuti fra le mani, li ho sfogliati. Sono stati venduti dagli eredi sul mercato antiquariale, mentre a Messina le istituzioni non ne hanno mai voluto sapere.
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