Dal 25 marzo al 29 novembre, il Museo delle Belle Arti della città di Beaune in Francia esporrà i disegni di Noël Dorville illustratore e caricaturista, il cui stile ha immortalato gli eventi e i personaggi che hanno segnato la fine del XIX secolo e l’inizio del XX e tutte le sue crisi.

Tra Otto e Novecento, l’orizzonte intellettuale europeo cambia profondamente. A perdere centralità è il positivismo, quella corrente di pensiero che aveva fatto della scienza, dell’ordine razionale e del progresso lineare i suoi capisaldi. A emergere, invece, è una molteplicità di visioni alternative che, pur tra loro spesso inconciliabili, condividono un punto di partenza comune: la messa in discussione della fiducia assoluta nella razionalità scientifica.

Il positivismo, sviluppatosi nel solco dell’Illuminismo e del pensiero rivoluzionario francese, aveva sistematizzato la convinzione che l’uomo, attraverso la scienza e la ragione, potesse conoscere e ordinare il mondo. In questa prospettiva si inserisce la celebre “legge delle tre fasi” formulata da Auguste Comte: dalla fase teologica (in cui i fenomeni sono spiegati ricorrendo a entità sovrannaturali) si passa a quella metafisica (dominata da concetti astratti), fino ad approdare allo stadio positivo, in cui solo l’osservazione empirica e il metodo scientifico possono offrire conoscenza vera e utile alla vita.

Per i positivisti, il progresso era un processo ineluttabile, lento ma continuo, che avrebbe portato all’emancipazione dell’uomo. Tuttavia, con l’avvicinarsi del nuovo secolo, questo impianto comincia a mostrare crepe sempre più evidenti.

Il disagio della civiltà e la crisi della ragione

La critica al positivismo non nasce soltanto in ambito filosofico. Essa riflette un più ampio disagio culturale che attraversa la letteratura, la psicologia, l’arte, la politica. Le certezze dell’età borghese – ordine, sviluppo, razionalità – iniziano a essere percepite come forme di costrizione, gabbie che soffocano l’esperienza umana nella sua complessità emotiva e spirituale. L’uomo moderno comincia a sentirsi estraneo in un mondo governato da leggi impersonali, dalla tecnica, dalla burocrazia.

In questo clima si diffondono idee che rimettono al centro l’interiorità, la soggettività, la vitalità creativa. Il culto della scienza cede il passo a una rinnovata attenzione per ciò che sfugge al controllo razionale: l’istinto, il desiderio, la volontà, il sentimento. Le risposte al tramonto del positivismo sono molteplici, e spesso divergenti.

Nietzsche: la critica alla “tirannia della ragione”

Una delle figure più influenti di questa nuova stagione è Friedrich Nietzsche. Sebbene morto nel 1900, il suo pensiero inizia proprio in questi anni a essere riscoperto e discusso con intensità. Nietzsche individua nella razionalità scientifica un meccanismo di dominio, una forma di addomesticamento della vita. In opposizione all’omologazione borghese, egli esalta la forza vitale, la volontà di potenza, l’individuo capace di andare oltre i valori costituiti: il “superuomo”.

Il nichilismo, per Nietzsche, non è un problema da evitare ma una condizione da attraversare: è il necessario crollo delle vecchie certezze. Il suo impatto sulla cultura novecentesca sarà immenso, anche se la trasfigurazione politica del suo pensiero – che troverà un’espressione distorta in ideologie antidemocratiche, razziste e antisemite – andrà ben oltre le intenzioni originarie del filosofo.

Bergson e l’intuizione del tempo interiore

Meno radicale, ma altrettanto influente, è l’opera del francese Henri Bergson, che si muove in una direzione diversa, fondata sull’irrazionalismo ma priva di pulsioni distruttive. Nella sua filosofia, premiata con il Nobel per la letteratura nel 1928, Bergson propone una visione alternativa del tempo. Al tempo misurabile e quantitativo della scienza, egli contrappone il concetto di durata: una dimensione interiore in cui passato e presente coesistono, si fondono, si sovrappongono.

Per Bergson, la conoscenza più autentica della realtà non avviene per via logica e analitica, ma attraverso l’intuizione, una forma superiore di istinto capace di cogliere direttamente il fluire della vita. L’arte, in questa prospettiva, assume un ruolo privilegiato: solo l’artista, mediante l’intuizione, può rivelare l’anima profonda delle cose, laddove la scienza si ferma alla superficie. Le sue idee influenzeranno a fondo la cultura letteraria del primo Novecento, in particolare l’opera di Marcel Proust, che nella Recherche du temps perdu farà del tempo interiore il vero protagonista del romanzo.

Croce e la via italiana allo storicismo

Mentre l’Europa si confronta con queste nuove visioni, in Italia si afferma la figura di Benedetto Croce, che reagisce alla crisi del positivismo su un piano differente. La sua filosofia rifiuta tanto l’irrazionalismo quanto il dogmatismo scientifico, cercando un equilibrio tra rigore razionale e sensibilità storica. Attraverso una rilettura originale di Hegel, Croce costruisce un sistema che ruota attorno a due grandi poli: l’arte e la storia.

Con la sua estetica come scienza dell’espressione e con il suo storicismo, Croce dà forma a una visione in cui l’umanità si realizza pienamente nella libera attività dello spirito. La conoscenza, per Croce, non può essere ridotta a dati empirici: è sempre inserita in un contesto storico, culturale, espressivo. La sua influenza sul pensiero italiano sarà profonda e duratura, estendendosi anche al dibattito sul marxismo, che Croce criticherà in modo sistematico, aprendo la strada a una riflessione autonoma sul rapporto tra etica, politica e cultura.

Le molte eredità della crisi

La contestazione del positivismo non si tradusse in una scuola unitaria, ma fu il punto di origine di una pluralità di approcci che segneranno tutto il Novecento: dall’esistenzialismo alla fenomenologia, dalla psicoanalisi alla teoria critica. La messa in discussione del primato della scienza non significò un rigetto totale del sapere razionale, ma un’esigenza di ampliarne i confini, includendo ciò che il calcolo e la misura non riescono a cogliere.

Il tramonto del positivismo, dunque, fu anche l’origine di una nuova epoca della cultura europea, più attenta alla complessità dell’esperienza umana e più consapevole dei limiti della conoscenza scientifica. Un passaggio decisivo che ancora oggi interroga le nostre idee di verità, progresso e libertà.


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