L’articolo del noto giornalista Mario Primo Cavaleri è uscito sull’Eco del Sud, Gazzetta indipendente di informazione della Sicilia e della Calabria. Experiences ha chiesto di poterlo pubblicare anche sulle proprie pagine, perché esprime una posizione del tutto condivisibile. Il governo Draghi aveva incaricato Italferr, società del gruppo FS, di redigere uno studio di fattibilità riguardante la realizzazione di un attraversamento stabile dello Stretto di Messina. Sia che in ultima analisi si fosse optato per il Ponte a campata unica, sia per un Ponte a più campate.

L’allora ministro Enrico Giovannini in audizione alle commissioni riunite Ambiente e Trasporti della Camera aveva detto: «La Sicilia è tra le isole più popolose al mondo che non posseggono un attraversamento stabile; eppure, ha un elevato potenziale di collegamento. Il collegamento stabile dello Stretto di Messina, congiuntamente agli interventi programmati dal Pnrr sulle reti di trasporto, in particolare sull’Av, permetterebbe di rendere confrontabili i tempi medi di viaggio sulla rete ferroviaria da e verso il Sud con quelli oggi offerti al Centro-Nord e ridurrebbe anche i costi di attraversamento».

L’attuale governo ha scelto e avviato l’iter per il Ponte a campata unica. Secondo alcuni, avrebbe evitato un nuovo gioco dell’oca per non tornare alla casella zero. La casella zero sarebbe stata, in altre parole, valutare un Ponte a tre campate su un tracciato differente rispetto al progetto “storico” a campata unica che molti, anzi troppi, hanno sempre decantato come “cantierabile”. Ora, tra i sostenitori del Ponte NO-Mai e quelli del Ponte SI-Sùbito, c’è chi condivide la domanda equilibrata posta dall’articolo dell’Eco del Sud, rappresentativa di una maggioranza che non si esprime ad alta voce, ma esiste. Eccome!

Una domanda non priva di senso per chi vive le realtà di Messina e Reggio Calabria: «Ripensare il progetto, avvicinando il Ponte alle due città e riducendo le due torri che, posizionate in acqua, sarebbero meno impattanti, è una perdita di tempo?… Tra le due furiose, annebbiate tifoserie, c’è ancora spazio per una riflessione attenta, soppesata, ponderata?».

Il mega raduno che ha visto sfilare a Messina migliaia di persone, tante da riempire la grande piazza Duomo, è stato motivo per attardarsi sulla quantificazione e dare i numeri, più che sul merito delle questioni poste.
I No Ponte sono da sempre contrari all’opera, quale che sia, perché dannosa per l’ambiente e il paesaggio, inutile dal punto di vista dei trasporti considerando altre le emergenze prioritarie e urgenti su cui intervenire, come le reti interne, stradale e ferroviaria. Peccato che solo alcuni dei big partecipanti hanno sviluppato argomentazioni meritevoli, altri si sono contraddetti e i più hanno optato per i soliti slogan. Ma era una manifestazione di piazza, quindi ci sta tutto.

D’altronde, pari e patta con chi, favorevole al Ponte, ha preso posizione a prescindere e ripete come un ritornello le stesse divagazioni. Chi vuole il collegamento accetta ogni proposizione in modo acritico, ha una visione idealizzata; innamorato comunque, sente già il “roco mormorar di lucide onde, s’ode d’una fiorita e fresca riva”, sembra perso insomma in un sonetto del Petrarca. Come sarà, quali le scelte tecniche, cosa comporterà concretamente, gli importa poco. Si fida di ciò che proviene dalle sedi decisionali di Roma. Purché sia.

Tra le due furiose, annebbiate tifoserie, c’è ancora spazio per una riflessione attenta, soppesata, ponderata?
Illudiamoci di sì. E’ l’atteggiamento dei pochi che, senza lasciarsi irretire dal romantico ricordo della piroga, vogliono guardare al futuro e immaginare l’utilità del ponte, giacchè è nella natura dell’uomo comunicare con l’altra sponda, collegarsi nel modo migliore e rapido. Questi solitari teoreti analizzano il merito per evidenziare un punto cruciale: l’attuale progettazione, cioè quella concepita negli anni ‘90, completata un decennio dopo e riproposta oggi praticamente tale e quale, è proprio la soluzione migliore?

Tra i contestatori in piazza, cinquemila o più non interessa, e di contro i tanti a casa in attesa di novità sullo stupor mundi, si pongono i critici che obiettano l’eccessiva accelerazione con cui si è riesumata una procedura e una progettazione datata senza tener conto di ciò che nel frattempo si è realizzato in giro per il mondo, cioè ponti a più campate.

Un’opzione che lo stesso Ministero dei trasporti (a guida prima De Micheli e poi Giovannini) aveva ritenuto di dover approfondire affidando a Italferr l’incarico di uno studio di fattibilità proprio sulle tre campate (modello Akashi e Dardanelli). Ci sarebbe voluto altro tempo? Certamente. Ma se si fosse andati avanti su quella indicazione avremmo avuto già il responso dei tecnici e, aspetto non trascurabile, un utile pronunciamento di esperti, così da essere pienamente consapevoli della scelta migliore.
Il perché tanta fretta nel liquidare a priori tale opzione si spiega solo con i desiderata della politica che avverte il bisogno di dare risposte immediate. Un lustro di legislatura si consuma rapidamente, nel mentre l’agenda elettorale presenta più di una scadenza, corre, non contempla la ponderazione; se è possibile agganciarsi a un finanziamento va bene pure il rinfiorare di qualsiasi progetto se foriero di drenare risorse, bypassare normative ingombranti e lunghe da digerire da chi opta per il tutto e subito.

Da qui a cascata una serie di permanenti interrogativi su cui i critici ostinatamente insistono: davvero il Ponte sullo Stretto non ha necessità di ulteriori approfondimenti perché studiato, radiografato in ogni aspetto da mezzo secolo?
Ripensare il progetto, avvicinando il Ponte alle due città e riducendo le due torri che, posizionate in acqua, sarebbero meno impattanti, è una perdita di tempo?
Dal ministro, massimo responsabile dell’intera procedura, provengono dati che con disinvolto sussiego si autoaccreditano, ma sono basati su criteri di scientificità acclarata e attribuibili a fonti qualificate?
Di questo passo decine di altri dilemmi… da provare invidia per chi invece procede risoluto nella convinzione di aver scelto oltre ogni ragionevole dubbio.

Epperò se poi si sentono slogan campati per aria, tipo “si potrà andare da Reggio a Messina in due minuti”; oppure “il ponte è opera del territorio e per il territorio” mentre i comuni interessati balbettano, beh allora c’è da sobbalzare, da rimanere esterrefatti. Questo nastro sospeso, per come è stato concepito e lo si vuole realizzare hic et nunc… inaudita altera pars è stato calibrato proprio per il territorio?
Prudentemente, non rimane che aspettare il materializzarsi di atti, coerenti e carichi di garanzie.

Allora, niente ponte? Al contrario. Ponte sì, accompagnato da chiarezza, da una comunicazione puntuale sui tanti aspetti rimasti nel limbo. Niente sentenze apodittiche e pregiudizi. Al riparo però da quegli stereotipi propri dei politici che, nell’esorbitare in banalità, alimentano il preconcetto e la sfiducia.


Dall’editoriale di Mario Primo Cavaleri su lecodelsud.it pubblicato in data 06 dicembre 2023