Self-portrait, 1959, ©Estate of Vivian Maier,
Courtesy of Maloof Collection and Howard Greenberg Gallery, NY

A Palazzo Sarcinelli di Conegliano
in mostra “Vivian Maier. Shadows and Mirrors”

Nota Informativa a cura di Daniel Buso (co-curatore della mostra)

 Vivian Maier. Una vita e un film

Chi è davvero Vivian Maier? Ecco un approfondimento per conoscere meglio questa artista che continua ad emozionare con il suo stile fotografico inconfondibile.

La vita di Vivian Maier

La mostra si propone lo scopo di raccontare le svariate sfaccettature di un’autrice ancora oggi avvolta da un alone di mistero. I suoi progenitori, dal lato materno, provenivano da un piccolo e provinciale ambiente del mondo rurale francese. La prima ad allontanarsi fu Eugenie Jaussaud (la nonna) che si imbarcò per gli Stati Uniti. Vivian Maier nacque così a New York il 1° febbraio 1926, da Maria Jaussaud e Charles Maier. I genitori presto divorziarono e Vivian crebbe sola con la madre, condividendo per un breve periodo un appartamento con la fotografa Jeanne Bertrand. Dal 1938 iniziò a fare la governante per guadagnarsi da vivere. La svolta nella sua vita avvenne a New York, negli anni ‘50, quando Vivian acquistò la sua prima macchina fotografica Rolleiflex. Trasferitasi a Chicago iniziò ad appassionarsi sempre di più di fotografia, cercando di catturare i frammenti della città. Gli scatti di Vivian testimoniano la quotidianità americana fra gli anni ’50 e la metà degli anni ’70. La fotografa è considerata oggi una esponente di spicco della street photography, erede ideale dei grandi maestri francesi come Eugène Atget e Henri Cartier-Bresson. All’inizio degli anni ’60 Vivian Maier cominciò a filmare per strada, specialmente luoghi ed eventi. Le tecniche di ripresa di Vivian Maier, come nel caso della sua fotografia, rivelano il suo metodo di “caccia e cattura”. Dietro la cinepresa sicuramente Maier perdeva la parziale invisibilità che le consentiva la Rolleiflex, però poteva zoomare sui suoi soggetti, cosa impossibile con la sua macchina. Le sue immagini in movimento sono rese dinamiche da rapidi tagli e frenetiche panoramiche. Sul finire degli anni ’70 Vivian Maier iniziò a scattare fotografie a colori. In questa fase Maier utilizzava una macchina Leica, molto più leggera e semplice da usare. Vivian Maier è stata ricordata da chi la conobbe come una donna sola sostenuta da una trascinante passione per l’arte fotografica. Grazie a questo suo grande amore, consegnò alla storia una mole impressionante di opere. Tuttavia, non realizzò mai una mostra d’arte mentre era in vita. Le sue opere iniziarono a divenire di dominio pubblico solo a partire dal 2007, due anni prima della sua morte. Un tesoro destinato a divenire inestimabile: più di centomila negativi, migliaia di fotografie stampate in ogni formato, scatole Kodak con centinaia di diapositive e pellicole cinematografiche; oltre che più di mille rullini non ancora sviluppati. Da questo momento la storia cambiò il proprio corso. L’anonima bambinaia di Chicago era pronta per diventare Vivian Maier, autorevole rappresentante della street photography.

John Maloof e il fenomeno culturale chiamato “Vivian Maier”

A partire dai primi anni del nostro secolo, John Maloof iniziò ad occuparsi attivamente della cultura e della storia della sua città: Chicago. Deciso a realizzare un libro dedicato alla vita della parte nord-occidentale della città, Maloof cominciò a raccogliere informazioni e soprattutto le immagini fotografiche necessarie per la pubblicazione. Durante la sua ricerca si trovò a visitare una casa d’aste del luogo, la RNP, sperando di trovarvi materiale utile per il suo libro. Trovò così una scatola di negativi che rappresentavano la città di Chicago negli anni ’60. Senza avere la possibilità di valutarli con attenzione, decise di rischiare e si aggiudicò il lotto per una cifra attorno ai 400 dollari. Inizialmente, dopo averli attentamente visionati, decise che non erano sufficientemente interessanti per entrare nel suo libro. Successivamente però Maloof tornò su quei negativi e decise di scannerizzarli. Lo stile di Vivian Maier lo ispirò al punto da spingerlo a divenire un fotografo a sua volta. Egli iniziò a pattugliare le strade di Chicago con una Rolleiflex e si allestì una camera oscura in casa. La sua passione per Vivian era diventata quasi un’ossessione e fu in quel momento che prese la decisione di ricostruire un archivio della sua opera fotografica. Nel corso di pochi anni, Maloof riuscì a raccogliere quasi il 90% del lavoro di Vivian Maier, salvandolo dalla dispersione tra i vari collezionisti. Nel complesso accumulò una mole di quasi 150.000 negativi, oltre a 3.000 stampe e centinaia di rullini e pellicole cinematografiche. Da enigmatica tata chiusa in sé stessa a icona internazionale della street photography. John Maloof, attraverso la riscoperta dei negativi, portò il talento di Vivian Maier sotto le luci della ribalta. Le sue immagini hanno fatto letteralmente il giro del mondo in decine di mostre d’arte, visitate da centinaia di migliaia di persone. Il fascino suadente che emana da questa donna è in parte dovuto alla sconcertante parabola che è stata la sua vita. Un connubio a tratti inestricabile tra passione artistica e mistero esistenziale, dedizione e talento.

VIVIAN MAIER.
Shadows and Mirrors

Conegliano, Palazzo Sarcinelli
23 marzo – 11 giugno 2023

Mostra a cura di Anne Morin in collaborazione con Tessa Demichel e Daniel Buso. Organizzata da ARTIKA in sinergia con diChroma Photography e la Città di Conegliano.

Vernice per la Stampa: giovedì 23 marzo, ore 11

La mostra “Vivian Maier. Shadows and Mirrors”, composta da 93 autoritratti, racconta la grande fotografa e la sua ricerca incessante di trovare un senso e una definizione del proprio essere. L’esposizione è in programma presso Palazzo Sarcinelli a Conegliano, dal 23 marzo al 11 giugno 2023. La mostra, a cura di Anne Morin in collaborazione con Tessa Demichel e Daniel Buso, è organizzata da ARTIKA, in sinergia con diChroma Photography e la Città di Conegliano.

Vivian Maier fotografò per più di quarant’anni, a partire dai primi anni ’50, pur lavorando come bambinaia a New York e a Chicago. Spese la sua intera vita nel più completo anonimato, fino al 2007, quando il suo corpus di fotografie vide la luce. Un enorme e impressionante mole di lavoro, costituita da oltre 120.000 negativi, film in super 8 e 16mm, diverse registrazioni audio, alcune stampe fotografiche e centinaia di rullini e pellicole non sviluppate. Il suo pervasivo hobby finì per renderla una delle più acclamate rappresentanti della street photography. Gli storici della fotografia l’hanno collocata nella hall of fame, accanto a personalità straordinarie come Diane Arbus, Robert Frank, Helen Levitt e Garry Winograd.

L’allestimento di Palazzo Sarcinelli esplora quindi il tema dell’autoritratto di Vivian Maier a partire dai suoi primi lavori degli anni ’50, fino alla fine del Novecento.


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