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Dipinto Attribuito a Fra Carnevale (1425–1484)

 Foto da Wikimedia Commons

     
 
PRIMO PIANO

Nascita di

un’idea

 
Si può dire che il concetto di città ideale sia sorto sin dall’inizio, quando gli uomini cominciarono a creare le prime città. Tuttavia, se nella classicità i modelli si erano sviluppati in una ben definita soluzione architettonica, con la caduta dell’impero romano e l’inizio del lungo e freddo medioevo, tale “purezza” compositiva si perse. Così pure scomparve la polis a vantaggio della feudalità, i monasteri e la  campagna. Ciononostante, con il rilancio delle città, dei comuni e dell’urbanizzazione si ricompose il quadro precedente.
Solo in periodo rinascimentale si tentò di recuperare un ideale di perfezione urbanistica.  A tale idea venne legato il concetto di perfezione del pensiero umano. L’intento, riacquisito, fu di dare vita ad un ambiente urbano geometrico e in quanto tale, razionale (e rappresentabile con una prospettiva). Il nuovo ideale venne applicato in molti campi, a partire dalla filosofia, e, alla fine del XVI secolo, esso porterà alla razionalità di un'impostazione scientifica e alla scienza. Parallelamente nacque un’aspirazione alla purezza utopistica.
Il tema di una città ideale divenne proprio del periodo rinascimentale e condurrà a ricerche e studi nei campi dell’arte, dell’architettura e dell’urbanistica, anche se mancheranno vere e proprie applicazioni e costruzioni.

Realtà ed utopia
Può l’architettura possedere un afflato ideale, tale che questo confluisca nella ricerca programmatica delle funzioni e la realizzazione progettuale, essere cioè astrattamente concettuale? La risposta sarebbe negativa, in quanto i dati concreti e sensibili la rendono campo della mediazione. Oltretutto la gestione dello spazio pubblico appartiene alle specifiche amministrazioni, e la stessa localizzazione, detta al progettista condizioni specifiche d’intervento. E se ciò è evidente nella realtà attuale, a maggior ragione è vera quando il potere è in mano ad un despota o principe qualsivoglia. Ad esempio di ciò basti pensare al panorama urbano delle città dell’antico Egitto. Da un lato le povere e piccole abitazioni di mattoni di fango essiccato al sole del popolo, w dall’altro i grandi palazzi e statue, espressioni del potere faraonico e sacerdotale. E’ tutt’altro che la raffigurazione di una città ideale. Ciononostante, sempre nell’antichità, vi è la descrizione dell’aspirazione umana di costruire edifici dal forte impatto significativo ed ideale. E’ il caso della torre di Babele, narrata nella Bibbia. Il sogno di raggiungere il cielo contiene in sé tutta la carica simbolica di un’utopia.

Successivamente, il rapporto tra idealità ed espressione architettonica entrò nelle riflessioni filosofiche e politiche dell’antica Grecia. Platone in due dialoghi (nella Repubblica e nelle Leggi), esprime i suoi concetti politici rapportati a forme utopistiche di governo, ma evita di descrivere la sua città ideale materialmente. Unico giudizio, il rifiuto urbanistico di una regolarità eccessiva, a suo avviso sgradevole. L’idea astratta rimase profondamente inserita sia nel pensiero etrusco, ma soprattutto greco.
L’intento seguente fu applicare un progetto politico ideale su una  architettura urbana. Su indicazione di Pericle, vennero fondate in Italia città coloniali perfette, quali le polis di Marzabotto e Gonfienti (del VI secolo a.C.), e la città di Thurii, vicino Sibari (del 444 a.C.). L’opera maggiore, tuttavia, l’abbiamo dall'architetto Ippodamo di Mileto, che espresse, nella propria città, un modello urbanistico ortogonale di grande fortuna, ripreso ad ispirazione da molti progettisti nel corso della storia (l’impianto, infatti, è detto ippodameo). Alla base di questo, gli storici annotano influenze culturali del sofista Protagora e della corrente pitagorica, fonte di un’organizzazione numerica delle dimensioni e dei rapporti, che ricadevano sulla struttura sociale e sulle prerogative e potenzialità dei cittadini.
 
 
 
 
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