Nelle
società arcaiche, ancora più di
adesso, la vita era concepita
ciclicamente e il grano in
particolare era sentito come
metafora visibile di questa
concezione. Infatti se da un lato
la sua morte apparente e la sua
mancanza erano sentiti come fine
della vita vegetale, dall'altro la
potenza di vegetale racchiusa in
esso faceva avvertire il grano
come fonte di vita. Il grano
dunque aveva un valore ambivalente
ed era percepito come uno degli
elementi della realtà in grado di
sconfiggere l'opposizione primaria
della vita/morte, da qui deriva il
suo valore "mitico" la sua
connessione ai rituali e agli dei
preposti all’imposizione della
vita sulla morte. Adone ad esempio
è uno dei numi dell’antichità
classica il cui dramma rituale
ripercorre le fasi del cessare e
del rifiorire della vegetazione,
la descrizione più completa di
questo rituale in onore del
giovane Adone si trova nel XV
idillio di Teocrito, Le
Siracusane: " si comunica col
celebrare il matrimonio tra Adone
ed Afrodite, cioè una ierogamia
che suole sempre avvenire per
garantire la fertilità della terra
e degli animali, nel giorno
successivo le donne in corteo ,si
lamentano e si battono il petto,
coi capelli disciolti, e
accompagnano il dio morto al mare
per un allontanamento che comunque
è presagio di un ritorno". In
realtà sotto altra forma e con
diversi adattamenti il mito di
Afrodite e Adone riemerge in
quello frigio di Cibele ed Attis,
in quello egizio di Iside e
Osiride, in cui vi è sempre una
dea che piange la morte del suo
amato che nella fattispecie
personifica la vegetazione ed il
grano in particolare.
Il
rituale di questo di questo mito
primitivo, in cui la morte e la
successiva resurrezione del dio,
in un certo senso provavano il suo
potere di convertire la morte in
vita, in relazione alle fasi
principali del ciclo vegetale,
trova strette connessioni con il
dramma sacro della settimana
santa, con la morte e la
resurrezione del giovane Cristo,
con le lamentazioni durante la
processione e con i cosiddetti
"sepolcri"'. Quest’ultimi deposti
ai piedi degli altari centrali
delle chiese consistevano in semi
di grano e di altri cereali fatti
germogliare al buio, che sembrano
derivare direttamente dai
"giardini di Adone". In effetti
tutte le feste, nella loro
struttura più profonda hanno come
tema il superamento della
contrapposizione vita/morte, e in
particolare i rituali festivi che
scandiscono il ciclo dell'anno
sono connessi all'esperienza e
alla rappresentazione del tempo,
in quanto "segnano" la continuità
in rapporto ai ritmi della
vegetazione di cui sottolineano
l’annuale rivivere, ma le feste
sono tali anche in quanto
"segnano" un tempo "altro",
diverso rispetto a quello
quotidiano. Nella cultura
contadina il pane per la sua
importanza era fra tutti i cibi
quello deputato a segnare
permanenze e cesure, a misurare la
durata delle settimane delle
stagioni, e la sua preparazione ed
il suo consumo erano legati sia
all'alimentazione quotidiana che a
quella dei giorni di festa.
Ogni
festa ha ovviamente i suoi cibi
rituali, ma il pane lo ritroviamo
quasi sempre protagonista di
altari e banchetti, di doni e di
voti, questo pane però, proprio
perché deve sottolineare la
particolare dimensione festiva
rispetto a quella feriale, è
diverso da quello quotidiano
soprattutto per la forma, che deve
riassumere in se i significati
simbolici e rituali di una
determinata festa. La confezione
dei pani rituali, e la loro
modellazione raggiunge a volte
esiti di raffinatezza artistica,
tanto che il Cirese a proposito
parla di "arte plastica effimera",
è è un’arte figurativa popolare
che si basa su un patrimonio
tecnico e manuale tramandato
oralmente in ambito familiare, ed
è una tradizione diffusa nell’area
mediterranea, ma che si trova
espressa maggiormente in Sicilia
ed in Sardegna. La donna è
l’artista in questione, infatti
nella cultura popolare contadina,
spetta a lei "la gestione privata
del sacro" in ambito familiare,
nonché la funzione di saldare
l'unità del gruppo familiare e di
produrre e riprodurre la vita e la
natura. In effetti
nell'espressività della
figurazione dei pani la massaia dà
prova delle propria abilità
tecnica che a ben vedere si
risolve quasi sempre nell'agilità
del moto delle mani, solo di rado
infatti essa usa stampini di
metallo o di legno, che sono per
lo più opera di stagnini locali,
molto in uso inoltre sono le
teglie di latta, delle "lanni",
con il bordo rilevato o ondulato,
di forma circolare, quadrata o
rettangolare che servono a cuocere
in forno anche dolci, biscotti, e
focacce. Le attrezzature
domestiche usate per la
panificazione sono di solito le
stesse usate per i dolci, e in
occasione di particolari feste e
cerimonie in cui bisogna preparare
una quantità maggiore di pani, gli
utensili si scambiano e si
prestano proprio come la
collaborazione reciproca tra le
donne. In realtà molti elementi
decorativi che ritroviamo nei pani
rituali e ordinari sono ottenuti
con stoviglie ed utensili d'uso
quotidiano: il coltello ad esempio
serve ad incidere motivi a dente
di lupo, a reticolo, o
,geometrici, con i denti della
forchetta o con il pettine si
decorano gli abiti delle "pupe di
pane", con il ditale si incidono
dei cerchietti in cui vengono
inserite delle nocciole come si
suole fare a Palazzolo Acreide,
per decorare la "cucciaredda" di
Natale, a volte si usa anche la
chiave come punzone per chiudere
le due estremità di una ciambella
che viene preparata a Canicattini
Bagni per Sant'.Antonio Abate, per
proteggere dal fuoco, mentre la
chiave più grande è adoperata per
ottenere motivi circolari. Le
varie tipologie dei pani rituali
sono comunque il tratto distintivo
della festa, essi possono assumere
forme geometriche, vegetali,
floreali, animali ed antropomorfe,
queste, sono mutate per lo più da
simbologie astrali o da
iconografie greco-romane e
giudaico-cristiane. Insieme alle
rappresentazioni di tipo
naturalistico se ne ritrovano
altre con significato allegorico
come il cuore, la stella, il
grappolo, le rosette stilizzate,
elementi figurativi che si
ritrovano incisi anche sui
bicchieri di corno,sui bastoni dei
pastori, sui collari lignei dei
bovini, come sulle coperte tessute
al telaio, sui lavori di ricamo,
nella pittura delle casse nuziali.
Altre forme di pani rituali sono
determinate dal loro particolare
ruolo di ex voto, infatti come
quelli di cera o di metallo questi
ex-voto di pane riproducevano
delle figure umane, teste o altre
parti del corpo guarite per
intercessione di qualche santo, il
Pitrè a proposito riferisce un
simpatico aneddoto "Gli ex-voto si
chiamano miracoli e fino ad una
ventina di anni fa, presso il
teatro di Santa Cecilia in
Palermo, c’era una bottega con la
tabella Qui si fanno miracoli".
In
particolare per gli ex-voto di
pane il Pitrè afferma: "In quasi
tutti i comuni dell’isola,
per grazie invocate ed ottenute ed
a compimento di voti fatti, si usa
eseguire o far eseguire in certe
teste dell’anno delle devozioni,
panini sacri, la loro qualità è
prestabilita dal voto ed allo
avvicinarsi della ricorrenza
festiva del santo della grazia
richiesta, la donna prepara in
casa con l’aiuto dei suoi tanti
pezzi di devozione, che porta in
chiesa a fare benedire da un
sacerdote e li consegna a chi si
occupa della raccolta delle
offerte. Dalle affermazioni dello
studioso si può dedurre che
quest’usanza fosse molto diffusa,
in Sicilia ma il gesto di
devozione sta non solo nella
preparazione, ma anche nel consumo
di questi pani, accompagnato di
solito dal segno della croce e da
un’invocazione, il consumo stesso
di quel particolare pane anzi ha
carattere propiziatorio e preserva
da malattie e calamità.
Grazie
alla povertà degli strumenti e
alla usualità delle delle materie
prime, la preparazione casalinga
dei pani rituali si è spesso
mantenuta viva, (mentre quella
della produzione del pane
quotidiano è ormai del tutto
perduta), ma ovviamente se le
stesse feste sono sottoposte con
il passare del tempo a mutamenti
che riguardano la sfera dei
significali e dei comportamenti,
anche i pani rituali ad esse
connesse hanno a volte cambiato il
loro significato, acquisendone uno
nuovo. In effetti alcuni pani, il
cui consumo era in origine legato
ad una determinata festa, talvolta
sono divenuti di consumo
quotidiano, questo comunque è un
fenomeno marginale rispetto a
quello che ha interessato i dolci,
infatti, sebbene si sia impoverita
la, tipologia dei pani. o si siano
persi alcuni aspetti
magico-religiosi ad essi legati,
tuttavia sono piuttosto
irrilevanti le innovazioni
introdotte per i temi figurati e
le tecniche di lavorazione. Il
pane rituale dunque è quello che
più si configura come "permanenza,
e garantisce la continuità,
conferma e ribadisce identità
relazioni e certezze, tanto poter
affermare con il Buttita che "la
sua stabilità morfologica è
direttamente proporzionale alla
natura effimera della sua materia.
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