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Sempre verso la fine dell’Ottocento, Pitrè, con l’aiuto di Salvatore Salomone Marino, editò una rivista specializzata nel settore etnografico, intitolata Archivio per lo studio delle tradizioni popolari. La diresse dal 1880 al 1906.

Col passare del tempo, crebbe la sua importanza ed i suoi meriti. Arrivarono, così, le prime nomine ed i primi onori. Se nel 1894, Pitrè con la pubblicazione della Bibliografia delle tradizioni popolari d'Italia, fu premiato dalla Reale accademia delle scienze di Torino, nel 1903, fu nominato Presidente della Reale Accademia di Scienze e Lettere di Palermo e nel 1909, divenne socio dell'Accademia della Crusca. Fu, anche, presidente della Società siciliana di storia patria. Nel 1910, fu chiamato a ricoprire la cattedra di demopsicologia (cioè il folclore), all’Università di Palermo. Ma non basta, perché, due anni prima della sua morte (1914), Giuseppe Pitrè fu nominato Senatore del Regno d’Italia.

Mentre raccoglieva informazioni, Pitrè instaurò rapporti epistolari con numerosi studiosi sparsi per il mondo. Tale corrispondenza è oggi conservata nel museo etnografico di Palermo.  Tale museo fu fondato dallo stesso Pitrè nel 1910. In esso egli raccolse tutto il materiale informativo e gli oggetti pazientemente raccolti in tutta la Sicilia. Il museo è oggi collocato nelle ex-stalle della Palazzina Cinese, che si trova all'interno del Parco della Favorita di Palermo.

Negli anni di studi e ricerche, Giuseppe Pitrè ampliò la sua opera, non solo come bacino antropologico (pubblicò, nel 1894, il trattato
Bibliografia delle tradizioni popolari in Italia), ma anche testi letterari, quali Palermo cento e più anni fa, e libri su Goethe (che visitò Palermo e la Sicilia),e sulla stessa Divina Commedia. Oltre a questi libri, egli realizzò inoltre testi riguardanti studi storici e filologici.

L’amico Salvatore Salomóne Marino
Salvatore Salomóne Marino, come il Pitrè, era un medico palermitano, che, pubblicò, nel 1867, il suo primo testo di canti popolari. Ricercatore etnografico, nonostante la pubblicazione di diversi trattati, è oggi conosciuto soprattutto per  “La baronessa di Carini”. Al suo interno, oltre ad un poemetto del XVI secolo sulla baronessa, scritto in siciliano, egli riportò i numerosi documenti ritrovati sull’accaduto. L’uccisione da parte del padre della baronessa, viene rivissuto direttamente sui testi del successivo processo (secondo il diritto spagnolo), che scagionò il genitore.

 
 
 
 
 

 
 
 
 

   
 
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