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Il Tempio di Salomone

Foto da Wikimedia Commons

     
 
PRIMO PIANO

La Pesach ebraica

 

E’ nella Bibbia che si trovano le prime importanti verità religiose. Nell’Esodo, essa narra, con la decima piaga d’Egitto, come nella notte fra il 14 e 15 del mese di Abib, passò l’Angelo di Dio, con la morte dei primogeniti egiziani, ma risparmiando proprio i bambini ebrei, poiché le loro case erano segnalate dal sangue dell’agnello sulla porta. La parola, infatti, di pesach significa in ebraico "passare oltre". In questa tragica notte morì perfino il primogenito del faraone, che non voleva assolutamente che gli ebrei lasciassero il paese.
Successivamente, ecco il primo “passaggio”: la liberazione con la fuga degli Ebrei dalla schiavitù, con Mosè verso la terra promessa. La liberazione dalla schiavitù egiziana, il viaggio e il raggiungimento della terra di Israele, per volontà di Dio, e la nuova vita con Esso, rappresenta un momento cardine delle Sacre Scritture e della fede ebraica.

La Pasqua degli Ebrei durava sette giorni. Oltre alle celebrazioni nel tempio di Gerusalemme, veniva rispettato il riposo nel primo e nell’ultimo giorno della festa. Molti erano i pellegrini che raggiungevano la città nel periodo sacro. Nelle offerte votive, all’agnello si accludeva un fascio di spighe di grano e primizie di stagione, per il buon raccolto. L’offerta avveniva, in particolar modo, il 16 di Nisan.

Ancora adesso è tradizione cucinare, per Pasqua, l’agnello e, per gli israeliti, Il pane azimo, simbolo pasquale tradizionale. Quest’ultimo viene consumato durante i sette giorni rituali, tanto che la P
esach viene da loro chiamata anche “festa degli azzimi”. Gli ebrei ortodossi, inoltre, usano utilizzare stoviglie esclusive per cucinare e mangiare in tutto il periodo celebrativo.

Filone d'Alessandria, pensatore ebraico tra i più importanti, individua il significato della
Pesach nel ringraziamento a Dio, a  ricordo della fuga ed il passaggio del Mar Rosso (e quindi della nuova libertà), ma anche nel significato allegorico di “purificazione dell'anima”.
Mentre noi cristiani consideriamo Gesù Cristo il Messia, atteso nella Bibbia, gli Ebrei ancora lo aspettano. Al suo arrivo seguirà la fine del mondo. E’ per questo che per gli ebrei la Pasqua significa pure attesa per l’arrivo del Messia. Nella Bibbia, unitamente alla fuga dall’Egitto si assommano, infatti, una serie di passi chiave, quali le quattro notti segnalate nel libro delle memorie, che comprendono, oltre a quella di Pasqua, anche la creazione del mondo, il sacrificio di Isacco, l’arrivo del Messia e la fine del mondo

 
 
 
 
 
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