Nei sobborghi
di Tunisi abita la Storia. Si chiama
Cartagine, e fu, prima della cancellazione
da parte dei romani, la più importante
delle colonie fenice, tanto da offuscare
l’importanza della stessa madrepatria. Il
suo nome significa, infatti, “Città
nuova”, ma anche "Nuova Tiro”, la città di
provenienza dei coloni, posta sulle coste
dell’odierno Libano. Diversa è la data
di fondazione. Risalirebbe all'814 a.C.,
secondo il parere dello storico greco
Timeo, mentre lo storico Giuseppe Flavio
indica la data dell’826 a.C. I coloni
provenivano da Tiro. Secondo la leggenda
erano guidati dalla regina Didone,
chiamata anche Elissa. Il fratello,
Pigmalione di Tiro, ne avrebbe ucciso il
marito per impossessarsi delle sue
ricchezze. Vedutasi messa alle stette,
Didone sarebbe partita con altri coloni
fenici, approdando poi sulle coste
tunisine. Molto più semplicemente, i
fenici che componevano quella spedizione
erano oppositori politici del governo.
Fondando Cartagine, portarono con se il
dio Melqart e la propria cultura. Dopo una
iniziale contesa tra proprietari terrieri
e commercianti, la città imboccò la
seconda strada: quella del commercio. Tra
esploratori (Annone il navigatore) e
conquistatori (il generale Malco),
all'inizio del VI secolo a.C., Cartagine
sviluppò la sua influenza sulle coste
africane, fino (si dice) ad arrivare alla
Sierra Leone. I suoi esploratori si
spinsero anche verso l’interno
dell’Africa. Così facendo la città si
arricchì e prosperò sempre più. Nel V
secolo a.C., la città-stato di Cartagine
con la sua dominazione commerciale divenne
la polis maggiore dell’intero
Mediterraneo. Essa, infatti, controllava
le coste africane, dal Marocco fino
all’Egitto, parte dell'isola di Sardegna,
delle isole Baleari, di Malta, e della
parte occidentale della Sicilia.
Possedeva inoltre, delle colonie sulla
costa spagnola. Gli contendevano il
possesso della Corsica e del mar Tirreno
gli Etruschi. Ma l’unica vera civiltà
concorrente era quella greca. Questi
ultimi, oltre all’influenza nel mare Egeo,
avevano colonizzato la parte meridionale
dell’Italia (la Magna Grecia) e l’area
orientale della Sicilia. A nord si
opponeva a Cartagine la sola Marsiglia,
che era anche una colonia greca d’origine
focese.
La città di Cartagine era
amministrata da un’oligarchia. I
componenti di questa venivano chiamati
"suffeti", esattamente come quello del
governatore di Tiro, città fenicia
d’origine. Il termine si traduce con
quello di “giudici”. Se il popolo
aveva qualche influenza sulla
legislazione, la città era pienamente in
mano degli aristocratici e le loro
famiglie. Nel tempo alcuni suffeti
iniziarono a ricoprire cariche elettive,
ma eletti sempre dai nobili. Il potere
amministrativo, giudiziario ed esecutivo
dei suffeti era temperato dalla presenza
di un senato, con 300 membri, e dal
Consiglio dei Cento. La loro funzione era
simile al senato romano in epoca
repubblicana. L’esercito era invece
diretto separatamente da alcuni generali,
detti "strategoi", di incarico
pluriennale. Inizialmente Cartagine
usufruiva della rete commerciale impostata
dai fenici, perciò, aveva rapporti ad
oriente con la città-madre di Tiro e ad
occidente con Tartesso e città limitrofe,
poste sulla costa spagnola. In
particolare, con Tartesso commercializzava
argento, ma soprattutto stagno.
Quest’ultimo era fondamentale per ottenere
il bronzo, metallo principale nelle
civiltà del tempo. Un cambio di
velocità si ebbe quando Cartagine si
impossessò di Tartesso e della sua rete
commerciale. Risalendo, infatti, verso la
zona a nord-ovest della Spagna, i punici
raggiunsero le miniere di stagno,
acquisendole. Poi i suoi esploratori si
spinsero a nord verso la Cornovaglia,
mentre a sud le sue navi arrivarono,
seguendo la costa atlantica africana, al
Senegal e alle sue miniere d’oro.
Tutto questo portò ad una esplosione
commerciale di Cartagine, che divenne
fornitrice ed acquirente di tutte le
civiltà mediterranee. A nord, ad esempio,
gli Etruschi divennero partner dei
traffici punici, mentre ad oriente,
persino la Grecia aveva scambi commerciali
con la città, anche in periodi di guerra.
Nel teatro greco è rimasta la figura del
commerciante cartaginese, furbo, avido ed
infido, ma ciononostante comico. Al
contrario gli storici romani, che ne
parlarono negativamente.
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