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Busto del faraone
Osorkon I,
XXII dinastia,
con iscrizione
del
re fenicio Elibaal
(Parigi,
Louvre). -
Foto
da Wikimedia Commons
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CARTAGINE
Cartagine e le guerre siciliane
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Parallelamente allo sviluppo
commerciale, crebbe la forza
militare. Cartagine, infatti, si
dotò di una grande flotta.
Poiché gli interessi economici
nella parte centrale del
Mediterraneo cozzavano con quelli
dei greci, la Sicilia divenne
punto di incontro e scontro.
Ambedue avevano fondato colonie,
create da polis che ne
controllavano il territorio, prima
solo sulle coste, poi anche verso
l’interno, suddividendosi l’isola.
Dalla parte orientale sorgevano le
città fondate dai greci, mentre
quella occidentale era appannaggio
dei Cartaginesi. Nella parte
centrale, chiaramente, era punto
di attrito fra le due civiltà.
Nel 480 a.C., in un periodo
che vedeva Cartagine alleata con i
persiani contro la Grecia, Gerone,
tiranno di Siracusa, le mosse
guerra (con l’aiuto dei greci) per
annettersi l’intera isola. A
questo punto, Cartagine per
difendere i suoi interessi in
Sicilia, vi inviò un esercito, al
comando del generale Amilcare, di
enormi dimensioni (si narra
addirittura di 300,000 soldati).
La spedizione, tuttavia, fu un
duro insuccesso. Se, infatti,
perse parecchie navi a causa del
mare tempestoso, una volta
sbarcato a Panormo (Palermo era
dei punici) si scontrò contro gli
avversari presso Imera. E fu una
sconfitta. Amilcare morì (o in
battaglia o suicida), lasciando
allo sbando quello che rimaneva
del suo esercito. Ricevuta la
notizia del tracollo, a Cartagine,
il governo della città entrò in
crisi. Venne rimpiazzato da una
Repubblica Cartaginese. La città
iniziò un lungo cammino per
recuperare la potenza militare
persa.
Dopo un’espansione
sul territorio, oggi tunisino,
diede vita a nuove colonie sulle
coste africane. Vennero inviate
spedizioni verso il Sahara e la
costa del Marocco e più in giù
verso il Senegal. Anche se nello
stesso periodo aveva perso il
controllo di alcune proprie
colonie sulla costa iberica, nel
410 a.C. Cartagine fu di nuovo
pronta per una seconda spedizione
in Sicilia. L’anno successivo,
infatti, il generale Annibale
Magone riportò contro il nemico
una preziosa vittoria,
impadronendosi di Selinunte ed
Imera. Tornò a Cartagine
vittorioso, anche se il lavoro non
era stato ultimato, tant’è che
Siracusa era rimasta intoccata.
Megone, quindi, nel 405 a.C.,
tornò in Sicilia, una seconda
volta, per impossessarsi stavolta
di tutta l’isola. E lo avrebbe
fatto se non fosse accorsa in
aiuto dei siracusani una tremenda
pestilenza. I cartaginesi mentre
stavano assediando la polis di
Aktagas (Agrigento), vennero
decimati dal morbo. Lo stesso
Annibale Magone vi morì,
contagiato. La Sicilia greca si
era salvata. Ma non per molto.
Infatti, il nuovo generale
cartaginese, Imilcone (che
sostituì Magone), dopo molte
vittorie (conquistò la polis di
Gela) stava per impadronirsi
dell’isola, quando venne
nuovamente fermato da un ritorno
di peste fra i suoi soldati. Non
gli rimase che firmare una pace
provvisoria con Dionisio il nuovo
Tiranno di Siracusa. Fu
quest’ultimo, nel 398 a.C. a
rompere per primo il trattato di
pace, con la presa della città di
Motya e un temporaneo successo.
Tuttavia con il ritorno di
Imilcone sull’isola le sorti del
conflitto cambiarono in favore dei
cartaginesi. Conquistata Messina,
scendendo la costa jonica
raggiunse Siravusa e la pose sotto
assedio. Imilcone vinse la partita
entrando vittorioso nella città
nel 397 a.C.. Il lavoro era
compiuto, se non fosse stato per
la peste, che colpì il suo
esercito, rendendo inutile il
successo riportato. Le
posizioni in Sicilia rimasero
congelate da allora in poi, con
continui scontri fra i due rivali
(greci e cartaginesi), ma nessuno
preponderante.
La
Sicilia, comunque, rimaneva
inquieta. Nel 315 a.C. furono
stavolta i siracusani a prendere
l’iniziativa. Agatocle tiranno di
Siracusa fece assediare Messana,
per poi rivolgersi verso i
possedimenti punici. Nel 311 a.C.
fu messa sotto assedio Akragas
(Agrigento). I cartaginesi, a quel
punto, furono costretti a tornare
per la terza volta con il loro
esercito in Sicilia. Il generale
Amilcare, nipote di Annone il
Navigatore, molto abilmente,
ricominciò a riconquistare il
territorio perso, fino a che, nel
310 a.C. arrivò a controllare la
maggior parte dell’isola. Pose
sotto assedio Siracusa. Per uscire
dall’accerchiamento, Agatocle fece
una mossa diversiva. 14.000
soldati furono mandati in Africa
ad attaccare Cartagine stessa. I
cartaginesi, presi di sorpresa,
richiamarono Amilcare con il suo
esercito. Vinsero i punici, ma la
mossa permise ad Agatocle, nel 307
a.C. di stipulare un accordo di
pace, che manteneva le rispettive
sfere d’influenza. |
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